Cαριƚσʅσ 26

Il viaggio in treno era stato sormontato da pensieri, riflessioni e da un'infinità di aspettative: Jisoo continuava a immaginare la sala d'attesa dell'ospedale, l'ansia di Kai e delle sue amiche, aspettare di avere notizie sul fatto che Jennie e il bambino o la bambina stessero bene.
Già, finalmente avrebbero scoperto il sesso del nuovo arrivato.
Non aveva nulla con sé, nemmeno un misero regalino, tutto era stato talmente veloce da non poter programmare niente.
Sperava solo di arrivare in tempo.

Fissava il finestrino del treno e il paesaggio scorrere veloce sotto i suoi occhi, come stava scorrendo via tutto, così rapidamente da sfuggirle quasi dalle mani.
La sua migliore amica stava diventando mamma, lei aveva ribaltato la sua vita in poco più di un mese, tanto da allontanarsi da tutto ciò che aveva rappresentato la sua esistenza per oltre trent'anni.
Stava cambiando ogni cosa e forse solo allora riusciva veramente a prenderne coscienza: sempre troppo impegnata a vivere o sopravvivere per fermarsi un attimo e capire dove stesse andando o dove il destino avesse deciso di portarla.
La sua vita ora era distante, talmente lontana da dover compiere un viaggio di più di tre ore per tornare a Daegu.
Avrebbe voluto che tutto ciò che considerava "casa" rimanesse ad aspettarla immutato, come un frame di una fotografia cristallizzato, invece stava cambiando anche essa: man mano che il tempo passava avrebbe percepito sempre più quella distanza come invalicabile, le persone sarebbero mutate, come le case, le vie, le esperienze.
E lei non avrebbe potuto far nulla per impedire tutto questo.
Ogni cosa avrebbe seguito il suo flusso, sarebbe semplicemente scorsa in un moto perpetuo.
Jimin l'aveva avvertita: ad ogni ritorno sarebbe stata sempre più una straniera nella sua vecchia vita, sempre un po' più legata a Seoul e meno a Daegu.
E se invece fosse rimasta nel mezzo?
Se non sarebbe riuscita ad appartenere più a nessuno di quei due mondi?

Appoggiò la testa al finestrino accanto a lei, chiuse gli occhi e lasciò che quelle ore scorressero veloci come le domande che continuavano a farsi spazio nella sua mente, non permettendole di riposare.

«All'ospedale, per favore», disse all'autista del taxi che era riuscita a fermare appena uscita dalla stazione di Daegu.

Si era fatta ormai sera e le strade della sua città erano avvolte da una fitta nebbia, tipica dei mesi invernali.
L'umidità le era entrata nelle ossa ed ebbe un moto di sollievo non appena si sistemò sul sedile posteriore, sperimentando il tepore dell'auto.
Il tassista partì senza aggiungere una parola e restò in silenzio per tutto il resto del tragitto.

"Sono a Daegu. Sto arrivando", digitò in un messaggio da inviare a Chaeyoung.

Non aveva neppure avvisato sua mamma del suo arrivo. Le avrebbe fatto una sorpresa quella notte stessa o il mattino seguente.
Cominciò a frugare nella borsetta per cercare le chiavi dell'appartamento che aveva condiviso con la madre prima di andare a vivere da sola.

"Merda! Non ho le chiavi! Le ho lasciate a Seoul! Fantastico, passerò la notte in ospedale", pensò, sospirando rassegnata.

Pochi minuti dopo il Daegu Hospital si stagliava di fronte ai suoi occhi.
Pagò l'autista che con una sorta di grugnito la ringraziò, prima di ripartire una volta scesa dall'auto.
Jisoo si mise subito a correre verso l'ingresso, sperando di ricordare ancora dove fosse il reparto di ostetricia e ginecologia.
Era dalla nascita di JooWon che non rimetteva piede lì.
Arrivò di fronte al reparto trafelata e con i capelli al vento e si diresse verso la sala d'attesa.
Lì venne immediatamente accolta da una serie di occhi che si voltarono verso di lei: Lisa, Chae, i genitori di Jennie e quelli di Kai, tutti segnati dalla stessa apprensione.

«Ce l'hai fatta!», esclamò Chae, sorridendole e andandole incontro per abbracciarla.

«Ho fatto il prima possibile!», rispose lei stringendo l'amica, mentre Lisa si era avvicinata per fare lo stesso.

«Kai?», chiese, non vedendo l'amico.

«È dentro con Jennie. Sarà con lei per tutto il travaglio. Manca poco, l'hanno finalmente portata in sala parto», le spiegò Lisa, abbozzando un sorriso che non riusciva comunque a mascherarne la preoccupazione.

Jisoo si avvicinò per salutare i futuri nonni, tutti con i volti tirati e in evidente apprensione.

«Sta andando tutto bene, vero? O ci sono state delle difficoltà?», chiese Jisoo allarmata da quegli sguardi.

«La bambina ha cambiato posizione all'ultimo. È podalica e c'è il rischio che debbano farle un cesareo», rispose mesta Chaeyoung.

«Hai detto "bambina"?», domandò immediatamente Jisoo.

«Sì, è una femmina. Lo hanno inavvertitamente detto a Kai», spiegò Lisa, sorridendo con dolcezza.

Jisoo accolse la notizia con un moto di estrema felicità: il loro gruppo di sole donne si stava allargando e non poteva fare altro che immaginare quel piccolo fagotto rosa, che avrebbe riempito di regali e vestitini di ogni foggia.

«Jisoo, posso parlarti un attimo?», le chiese improvvisamente Chae.

«, certo!», rispose lei, incuriosita da quella richiesta. L'amica si alzò in piedi e lei la seguì fuori dalla sala d'attesa, in disparte.

«Ecco, volevo dirti che non sono venuta da sola questa sera, Hyunjin mi ha accompagnata», confessò in evidente imbarazzo.

«E dove sta il problema? Mi fa piacere rivederlo! Come vanno le cose tra voi?»

«Bene, sorprendentemente bene in realtà», fece Chae arrossendo.

«Ottimo! E dov' è adesso?», domandò Jisoo, sorridendole in modo tale da stemperare lo strano disagio che leggeva negli occhi dell'altra.

«È con... », ma le parole le morirono sulle labbra, appena gli occhi di Jisoo si puntarono su due figure maschili dirette verso di loro.

Hyunjin avanzava spavaldo avvolto in un parka verde militare, i capelli sempre lunghi tenuti dietro le orecchie e i jeans strappati sulle ginocchia.
Dietro a lui un giubbotto nero, e un andatura che Jisoo avrebbe riconosciuto tra altre centomila: Taehyung.

Si trattò di un secondo, un attimo, un battito di ciglia e il suo corpo sembrò irrigidirsi e riempirsi di scariche elettriche.
Non si aspettava di trovarlo lì e di dover combattere con le sue reazioni.
Eppure era oramai di fronte a lei e l'osservava senza dire una parola.
I loro occhi si incrociarono e Jisoo si ricordò quanto fossero belli: quella forma grande e allungata che la fissava ora impassibile, senza tradire la minima emozione.

«Ciao», disse Hyunjin, rompendo il silenzio che era calato tra loro.

«Ciao», rispose Jisoo, allontanando lo sguardo da Taehyung per poggiarlo sul fratello minore.

«Jisoo è appena tornata da Seoul», si affrettò a spiegare Chae.

Da parte di Taehyung nemmeno un misero saluto. Se ne stava alle spalle del fratello senza proferire parola.

«Andato bene il viaggio?», le chiese Hyunjin, quella sera così stranamente loquace.

«Abbastanza», rispose Jisoo, troncando ogni possibilità di mandare avanti quella strana conversazione.

«Beh noi ci rimettiamo seduti», disse Hyunjin rivolto alla sua ragazza.

Chae fece un segno di assenso, mentre i due le passarono di fronte in silenzio.
Una volta allontanati Jisoo riprese a respirare autonomamente.

«Mi dispiace! Non volevo che andasse così! Ti stavo spiegando che quando ho saputo di Jennie ho chiamato Hyunjin, pensando che potesse raggiungermi senza problemi. Invece proprio oggi non ha preso la sua macchina e Tae lo ha dovuto accompagnare!», spiegò Chaeyoung agitata.

«Taehyung ha sempre voluto bene a Jennie e Kai ed è giusto che anche lui sia qui», la tranquillizzò Jisoo.

«Sei sicura di stare bene? Non vi rivedete da così tanto...», le chiese l'amica preoccupata.

«Doveva succedere prima o poi», rispose lei, abbozzando un sorriso poco convincente.

«Te la senti di tornare di là?»

«Certo! Voglio avere notizie di Jennie e della piccola. Sii sincera: ci sono complicazioni?»

«Speriamo di no. Devono solo riuscire a rigirare la bambina, ma per queste manovre occorre un po' di tempo e di pazienza. Lo sai però, Jennie è una leonessa, sono sicura che riuscirà a sopportare tutto», fece Chae.

«Lo spero con tutta me stessa. Vorrei poter fare di più per lei»

«Possiamo solo stare qui e farle sentire la nostra presenza e il nostro affetto», rispose Chae, mettendole un braccio attorno alla spalla.

«Già, hai ragione», disse Jisoo, prima di lasciarsi accompagnare dall'amica verso la sala d'attesa.

Taehyung era seduto su una delle scomode seggioline della stanza con lo sguardo basso, intento a guardare il cellulare.
Accanto a lui Hyunjin che subito sorrise a Chaeyoung una volta entrate nella stanza.
L'amica prese posto accanto al ragazzo e a Jisoo non rimase che sedersi accanto a lei, a sole due postazioni da Taehyung.

Nella sala regnava il silenzio: tutti erano in tensione per il lieto evento e ciò le permetteva di nascondere il disagio che provava per la presenza del suo ex a pochi centimetri di distanza da lei.
Non poteva negare la miriade di sensazioni che aveva provato e cercato di ammutolire in quel momento: l'indifferenza non poteva appartenere a chi si era amato come loro.
Eppure lui non le aveva rivolto parola, le era passato accanto come un alito di vento, degnandola solo di quello sguardo intenso che lei però non era riuscita a decifrare.
Erano diventati tutto ciò che non avrebbe mai voluto che fossero: due estranei che si conoscevano meglio di chiunque altro.
Era così lontano da lei, che sembrava che quei pochi centimetri che li dividevano fossero in realtà invalicabili, come la distanza che avevano frapposto tra loro.

Rimasero così per almeno un'ora, segnata inesorabilmente dalle lancette dell' orologio appeso alla parete della sala.
Jisoo percepiva l'ansia crescere ad ogni rintocco e alla fine sentì di aver bisogno di un po' d'aria.

«Vado un attimo fuori», disse alle amiche, che fecero un segno di assenso con il capo.

Raggiunse a passo lento l'uscita, domandosi per quanto ancora la bambina si sarebbe fatta attendere da tutti loro.
Era ormai mezzanotte e la strada di fronte all' ospedale era deserta.
Jisoo si strinse nel cappotto scuro, facendo un profondo respiro e chiudendo gli occhi, nel tentativo di scacciare l'oppressione percepita fino a pochi attimi prima.

Sentì una presenza alle sue spalle che la costrinse a voltarsi: Taehyung stava avanzando lentamente verso di lei, pronto ad accendersi la sigaretta che teneva serrata tra le labbra.
Jisoo si sentì in trappola: non poteva far finta di niente, non poteva fingere di non averlo visto, erano lì da soli, ed era impossibile ormai ignorarsi.
Lui si fermò in silenzio a poca distanza da lei e fece scattare la scintilla dell'accendino con le sue lunghe dita affusolate, avvolte attorno alla cicca per ripararla dal vento.

«Ciao comunque», disse lei, girandosi verso di lui, mentre i lunghi capelli le sferzavano il viso.

«Ciao», rispose Taehyung con la sua voce profonda, dopo aver rilasciato il fumo della sigaretta.
Il ciuffo nero come la pece gli ricadeva sugli occhi e la sua pelle d'ebano risplendeva anche al buio, illuminata dalla luce dei lampioni.

«La piccola non ha proprio voglia di nascere a quanto pare», disse Jisoo, spinta dalla necessità di non far cadere nell' oblio quella misera conversazione.

«La pancia della mamma è meglio di tutto questo», ribatté lui, guardandosi intorno tranne che nella direzione di Jisoo.

Quella frase non le permise di poter aggiungere alcunché e cadde il silenzio come un macigno pesante.
In quel momento il cellulare che teneva nella mano destra si illuminò per l'arrivo di un messaggio da parte di un numero sconosciuto:

"Sono Haein. Ho preso il tuo numero dal curriculum, spero non ti dispiaccia.
Volevo solo sapere se il viaggio è andato bene e se sei riuscita ad arrivare in tempo"

Jisoo rimase per un attimo interdetta e sorpresa da quel gesto inaspettato, tanto da non riuscire a digitare nulla in risposta. Spense lo schermo del display e ricacciò il cellulare nella tasca posteriore dei jeans.

«Torno dentro», annunciò Jisoo dopo poco, percependo che Taehyung non avesse alcuna voglia di parlare.

«Come stai?», le chiese, facendola fermare di botto.

Una domanda semplice, di certo non elaborata, ma quella che contava di più e a cui lei stessa non riusciva a dare una vera risposta.

«Tutto ok», fece vaga, sperando che quella mezza risposta gli bastasse.

«Non hai mai saputo mentire», disse lui, riuscendo come sempre a scavalcare il suo sguardo e a guardarle dentro.

"Cosa vuoi Taehyung?
Che ti dica che nemmeno io so più decifrare come sto? Che cerco di silenziare tutti i miei timori e i miei stati d'animo per andare avanti e non fermarmi troppo a pensare?
Vuoi che ti dica che ho sbagliato a partire?
Che restare qui con te sarebbe stato meglio?
Beh, in realtà non lo so!
Quindi levati di dosso quell'atteggiamento da duro e strafottente che cerca solo di mettermi in difficoltà, sopportiamoci per qualche ora e torniamo alle nostre vite" .

Questo avrebbe voluto rispondere Jisoo in quel momento, mentre il disagio la stava invadendo, trovandosi di fronte non più il Taehyung che aveva sempre conosciuto e amato, ma una statua di sale che si rivolgeva a lei a monosillabi.
Invece decise di contrattaccare:

«E tu come te la passi?»

«Tutto sommato bene. Ah, sto ancora cercando casa. Ne vorrei trovare una a metà strada tra i due locali, per questo non ho ancora lasciato l'appartamento...»

«Non ho fretta, prenditi il tempo che serve», rispose Jisoo mesta, pensando al luogo dove avevano trascorso la maggior parte della loro vita insieme.

«Fa freddo. Vado...», disse Jisoo, prima d'incamminarsi di nuovo all'interno dell'ospedale.

Parlare con Taehyung le aveva lasciato addosso una strana sensazione, come una cappa nera che le si era appiccicata alla pelle e che le faceva percepire quanto oramai non avessero più nulla a che fare l'un con l'altra.
Raggiunse pensierosa la sala d'attesa e questa volta trovò tutti gli altri in piedi e sorridenti.
Li guardò speranzosa e Lisa le andò incontro con un gran sorriso:

«È nata! Stanno bene!»

«Oh grazie al cielo!», esclamò Jisoo rincuorata da quelle parole.

«Kai ha detto di tornare domani per vederla. Le stanno riportando in camera ora, ma Jennie è molto stanca», aggiunse Chae, stretta alla vita di Hyunjin.

Vederli insieme sortiva in Jisoo ancora una sorta di confusione, ma doveva ammettere che sembravano stare veramente bene insieme.

«Tanto io sarò qui. Ormai è tardi e non ho le chiavi per andare da mia mamma.
Mi sistemerò su queste sedie e prima di ripartire cercherò di entrare per vederle»

«Jisoo, non se ne parla! Vieni da me!», fece Lisa.

«Ti sei appena trasferita e dormi per terra», ribatté Jisoo sorridendo.

«Beh il pavimento è sempre meglio della sala d'attesa dell'ospedale!»

«Hyun dorme da me stasera, quindi ecco non so come... », iniziò Chae.

«Dormi a casa tua», commentò una voce profonda alle loro spalle.

Si girarono tutti verso Taehyung che li aveva appena raggiunti.

«Io andrò da Seojoon e ti lascio l'appartamento», aggiunse.

Jisoo non poté fare a meno di notare le facce sconvolte delle sue amiche: era evidente che non sapessero come reagire a quella proposta inaspettata, proprio come lei, d'altronde.
Ebbe un attimo di esitazione ma poi pensò che il suo vecchio letto era sicuramente meglio di quelle sedie scricchiolanti, che lui non sarebbe stato lì ad imporle la sua presenza ingombrante e che dopotutto si trattava solo di una notte, anzi di poche ore visto che sarebbe ripartita l'indomani.

«Ok», disse semplicemente, mentre un silenzio d'imbarazzo palpabile era calato su tutti loro.

Woowoow, è tornato qualcuno! Vi era mancato il nostro Tae? 🫶🏻

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