Fifteen
Le luci si riaccendono. Sono sola nella stanza vuota con le pareti di cemento, e sto tremando. Cado sulle ginocchia, stringendomi le braccia intorno al corpo. Non faceva freddo quando sono entrata, ma ora sono scossa dai brividi. Mi strofino le braccia per farmi passare la pelle d'oca.
Non ho mai provato tanto sollievo in vita mia. Sento i muscoli rilassarsi, tutti insieme, e riprendo a respirare liberamente. Non riesco a immaginare di attraversare lo scenario della paura nel tempo libero, come fa Tobias. Prima mi sembrava coraggioso, adesso mi dà più l'idea del masochismo.
La porta si apre e mi alzo. Max, Eric, Tobias e alcuni altri che non conosco entrano e si fermano davanti a me. Tobias mi sorride.
-Congratulazioni, Tris- esclama Eric. -Hai completato con successo l'esame finale.-
Provo a sorridere, ma non ci riesco. Non ce la faccio a liberarmi del ricordo della pistola contro la testa. Sento ancora la canna sulla fronte. -Grazie.- bisbiglio.
-Il banchetto è tra due ore.- mi informa mentre esco e ritorno con gli altri iniziati. -La classifica generale degli iniziati, interni compresi, sarà annunciata allora. Buona fortuna.-
Il gruppetto esce ordinatamente dalla stanza, ma Tobias indugia. Si ferma accanto alla porta e mi fa segno di seguirlo. Il salone di vetro sopra il Pozzo è pieno di Intrepidi, alcuni camminano sulle corde sospese sopra le teste, altri parlano e ridono in piccoli crocchi.
Tobias mi sorride, evidentemente non ha assistito alla mia prova. -Mi hanno detto che hai dovuto affrontare solo sette ostacoli- dice. -Praticamente un record.-
-Be', sette paure non sono proprio come quattro- rispondo io -ma dovrebbero bastare.-
-Mi sorprenderei se non ti assegnassero il primo posto!-
Entriamo nel salone di vetro. C'è ancora folla, ma si è diradata ora che anche l'ultima persona, cioè io, ha finito.
Dopo qualche secondo la gente comincia a notarmi. Io rimango accanto a Tobias mentre loro mi indicano, ma non cammino abbastanza veloce da sfuggire a qualche grido di approvazione, a qualche pacca sulle spalle, a qualche complimento. Guardo le persone che mi circondano e penso a quanto apparirebbero strane a mio padre e mio fratello, e a quanto – invece – sembrano normali a me, con tutti i loro piercing di metallo sulla faccia e i tatuaggi su braccia, colli e petti. Rispondo ai loro sorrisi.
Mentre scendiamo le scale verso il Pozzo, dico: -Domanda...- Esito un po' prima di continuare. -Che cosa ti hanno raccontato del mio scenario della paura?-
-Niente, in realtà. Perché?-
-Tanto per sapere.- Con il piede spingo un ciottolo sul bordo del canale.
-Devi tornare al dormitorio? Perché se vuoi stare un po' tranquilla e in pace fino all'ora del banchetto, puoi venire da me.-
Sento una contrazione allo stomaco.
-Che c'è?- mormora.
Non voglio tornare al dormitorio, e mi rifiuto di aver paura di lui.
-Andiamo- lo esorto.
•••
Tobias chiude la porta e si sfila le scarpe.
-Vuoi un po' d'acqua?- dice.
-No, grazie.- Tengo le mani intrecciate davanti a me.
-Va tutto bene?- mi domanda, sfiorandomi una guancia. Fa scivolare le lunghe dita tra i miei capelli, cullando il mio viso nella mano. Sorride e mi bacia, la mano dietro la mia testa. Un calore si diffonde lentamente dentro di me. E con il calore la paura, che vibra come un campanello di allarme nel mio petto.
Con le labbra ancora sulle mie, mi accarezza le spalle fino a prendere tra le mani la cerniera del giubbino. È come nella simulazione, sussulto e spingo via Tobias, gli occhi che bruciano. Non so perché mi sento in questo modo, non mi sono mai sentita così con lui. Mi copro la faccia con le mani.
-Cosa c'è che non va?- chiede insicuro.
Scuoto la testa.
-Non dirmi che non c'è niente.- La sua voce è fredda.
Mi tolgo le mani dalla faccia e lo fisso. Il dolore che leggo nei suoi occhi e la rabbia nei suoi lineamenti contratti mi sorprendono. -A volte mi domando- sussurro, cercando di essere più calma possibile, -che cosa ti aspetti da tutto questo. Questo... qualunque cosa sia.-
-Che cosa mi aspetto da questo?- ripete lui, poi fa un passo indietro, scuotendo la testa. -Sei un'idiota, Beatrice.-
-Non sono un'idiota- scatto. -Ed è proprio per questo che trovo bizzarro che tu, tra tutte le ragazze che potevi scegliere, abbia scelto me. Perciò, se stai solo cercando... ehm, lo sai... quello...-
-Cosa? Sesso?- mi aggredisce con rabbia. -Sai, se volessi solo quello, probabilmente non saresti la prima persona da cui andrei.-
Mi sento come se mi avesse appena dato un pugno nello stomaco. Ovvio che non sono la prima persona da cui andrebbe, non la prima, né la più carina, e nemmeno la più desiderabile. Mi premo le mani sulla pancia e distolgo lo sguardo, cacciando indietro le lacrime. Non sono il tipo che piange, e non sono neanche il tipo che urla. Sbatto gli occhi un po' di volte, abbasso le mani e lo fisso.
-Me ne vado.- bisbiglio, voltandomi verso la porta.
-No, Beatrice.- Tobias mi afferra il polso e mi tira indietro.
Io lo spingo via con forza, ma lui mi afferra l'altro polso, tenendomi ferma con le braccia incrociate.
-Lasciami. Ora.- dico.
-Fammi parlare.- mi anticipa lasciandomi andare.
-No, hai detto abbastanza.- dico, ferita. Apro la porta e, riprendendomi le scarpe, esco.
Una parte di me spera che mi segua, che mi fermi. L'altra invece è terribilmente ferita da quello che ha detto. A che scopo mettersi con me, se non sono la prima da cui andrebbe? Mi siedo in un angolo e mi infilo le scarpe.
Quando alzo lo sguardo però, Tobias sta venendo verso di me.
-Beatrice.- mi chiama, ma io lo ignoro.
-Lasciami finire di dire quello che devo dire.- mi dice.
-Hai detto a sufficienza, Tobias. Non ho bisogno di sentire altro.- sussurro.
Lui sbuffa.
-Diamine Tris, ascoltami!- mi supplica. Mi fa così strano vederlo in questo modo che lo guardo davvero, in attesa.
-Possiamo rientrare un secondo?- chiede, e io annuisco. Quando chiude la porta si gira verso di me con un sorriso di scuse.
-Quello che intendevo dire è che non andrei da te perché non sei quel tipo di ragazza. L'ho capito subito, dalla prima volta che ti ho vista.-
Mi viene da piangere, ma non sono sicura del perché.
-Sei stato un'ostacolo del mio scenario, lo sapevi?- chiedo.
-Cosa?- ora è ferito, glielo leggo negli occhi blu, -Hai paura di me?-
Scuoto la testa.
-Non ti te, ma di stare con te. Di stare con chiunque in realtà.- dico -Io.. non ho mai avuto una storia prima, e come.. beh, come sai, gli Abneganti di certe cose non parlano, non fanno nulla in mezzo alle persone, neanche tenersi per mano. I miei mi hanno sempre messa così in guardia sui rapporti fisici, che non sapevo quanto fosse profonda la mia diffidenza... e tu sei più grande e io... non so quali siano le tue aspettative...-
Mi trema il labbro.
-Beatrice,- dice prendendomi le mani, -non so che strane idee tu ti sia fatta ma tutto questo è nuovo anche per me.- dice.
-Strane idee?- ripeto. -Vuoi dire che tu non hai mai...- Inarco le sopracciglia. -Oh. Oh. Credevo...- Che poiché io sono così presa da lui, dovessero esserlo anche tutte le altre. -Ehm, hai capito...-
-Be', credevi male.- Abbassa gli occhi. Ha le guance rosse, come se fosse imbarazzato. -Puoi dirmi tutto, lo sai- continua, incorniciandomi la faccia con le mani. Ha le dita fredde e i palmi caldi. -Sono più gentile di quello che sembravo durante l'addestramento, te lo giuro.-
Gli credo. Anche se questo non ha niente a che fare con la gentilezza. Mi bacia sulla fronte e sulla punta del naso, poi appoggia delicatamente la bocca sulla mia. Sono tesa: nelle mie vene scorre elettricità al posto del sangue. Voglio che mi baci, lo voglio sul serio, ma ho anche paura di dove i suoi baci ci porterebbero.
-Ti sto spaventando?- mi chiede. È davvero così percepibile il mio nervosismo? Scuoto la testa.
-No, io... ho paura di quello che voglio.- dico mordendomi un labbro.
-E cosa vuoi?-
Che imbarazzo.
-Te.- sussurro, così piano che quasi non mi sento io. Ma lui sente e sorride. Questo un po' mi tranquillizza.
-Andremo con calma, sempre e in qualunque cosa. Detterai tu i tempi. E se... se un giorno ancora mi vorrai, allora potremo... potremo...-
Lo guardo.
-Anche tu hai paura di me, Tobias?- chiedo.
-Sono terrorizzato.- confessa ridendo.
Ridiamo entrambi, poi lui si siede sul letto dietro di lui.
-Posso baciarti? Senza andare oltre.- mi chiede. Annuisco.
-Se preferisci mi siedo su una sedia.- dice. Sorrido.
-Non è necessario.- gli rispondo sedendomi accanto a lui.
Lui mi incornicia la faccia tra le mani, facendo scivolare le dita dietro le mie orecchie, e avvicina la mia bocca alla sua.
Trattengo un sospiro: lo desidero, lo desidero troppo.
Una volta lui mi ha detto di essere coraggiosa, e anche se sono rimasta ferma mentre mi lanciavano addosso dei coltelli e sono saltata giù da un tetto, non ho mai pensato che avrei avuto bisogno di coraggio per i piccoli momenti della vita. Invece è così.
Mi sposto, ruotando una gamba in modo da trovarmi seduta su di lui, e con il cuore in gola lo bacio. Lui si siede più dritto e sento le sue mani sulle mie spalle, le sue dita scivolano lungo la mia colonna vertebrale e un brivido le segue giù fino alla vita. Mi circonda la vita con un braccio mentre con l'altro si puntella per stare su.
Ci baciamo di nuovo, e questa volta mi sento a mio agio. So già perfettamente come si incastrano i nostri corpi, le sue braccia intorno alla mia vita, le mie mani sul suo collo, la pressione delle sue labbra sulle mie. Ci siamo studiati a memoria l'un l'altra.
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