33 - Rose Thorns
Capitolo 33
3 agosto 2021
Era riuscito a spegnere la sveglia al primo trillo.
Namjoon si rigirò nel letto e osservò Eve ancora addormentata. Contemplò il viso premuto sul cuscino, le labbra arricciate in una buffa smorfia e i capelli arruffati che le ricadevano sulla fronte e sulle spalle.
Era uno spettacolo comico e lui lo avrebbe visto tutti i giorni.
Si alzò dal letto senza far rumore, nella penombra della stanza cercò la sua biancheria intima e i vestiti da buttare in lavatrice.
Avevano abbandonato la festa salutando velocemente i ragazzi, scappando come due ladri. Trascorsero la loro prima notte di convivenza ufficiale abbracciati, a fare l'amore e parlare di progetti futuri da incastrare nelle loro agende riuscendo, per miracolo, a organizzare un fine settimana da soli subito dopo le riprese del video di My Universe con i Coldplay.
Namjoon raggiunse il bagno di servizio saltellando su un piede cercando di infilarsi il pantalone della tuta pulita, mettere i vestiti in lavatrice e lavarsi. Erano quasi le sette e a minuti sarebbe arrivata l'ordinazione che aveva prenotato quella stessa notte, voleva regalarle una splendida colazione senza il rischio di avvelenarla.
Si specchiò, il viso ancora bagnato d'acqua e accarezzò con due dita il segno violaceo che Eve gli aveva lasciato sul collo.
Andò in sala con l'asciugamano ancora premuto sul viso in attesa del fattorino e si guardò intorno notando i primi cambiamenti dell'appartamento: la libreria ospitava nuovi libri nello spazio che lui le aveva liberato, sul tavolino erano presenti delle candele profumate agli agrumi mentre sul tavolino c'era un quadernetto verde con una buffa penna a forma di cactus e il fermacapelli a forma di farfalla.
Rise, felice.
Una notifica sul cellulare lo avvisò dell'arrivo dell'ordinazione. Si precipitò nell'ascensore per raggiungere il piano terra con la speranza di trovare Eve ancora addormentata al rientro.
Era stata fissata nella tarda mattinata un'importante riunione direttamente da Si-Hyuk insieme a tutti i loro manager ed era leggermente preoccupato. Il lavoro stava proseguendo a gonfie vele, il tour in America - salvo nuove modifiche causa pandemia - era confermato e il progetto del merchandising creato e firmato da loro era già in fase di produzione.
Che l'amministrazione avesse cambiato idea sui due mesi di ferie invernali?
Sbuffò a quel pensiero, tutti loro necessitavano di una pausa. Erano stremati, spolpati fino all'osso senza contare gli innumerevoli impegni già fissati in America fino a dicembre e lui stesso si stupiva di come riuscisse ad avere uno straccio di quotidianità con Eve dato che rincasava sempre verso l'una di notte.
Prese la colazione dalle mani di un ragazzino con gli occhi sgranati nel trovarsi di fronte una celebrità e tornò a casa. Si morse il labbro, affranto: quelle erano le ultime ore di libertà prima di tornare a capofitto nel lavoro.
Entrò in punta di piedi in camera da letto, Eve giaceva ancora addormentata, arrotolata nelle lenzuola in posizione fetale. Era troppo carina e gli dispiaceva doverla destare dal sonno, ma non potevano tardare in agenzia.
«Jagi, svegliati» le sussurrò in un orecchio ricevendo in tutta risposta un brontolio.
«Devo proprio?»
«Sono già le sette passate, quindi sì.»
Eve aprì pigramente un occhio, gli regalò un mezzo sorriso assonnato. «Prima o poi scoprirò il tuo segreto.»
«Quale?»
«Ad essere così bello appena sveglio, di prima mattina» si mise seduta sul letto, sbadigliando e stropicciandosi gli occhi.
Namjoon si sciolse in un sorriso tutto fossette. «Non è vero, tu sei bellissima.»
«Mi pigli per il culo? Il mio viso sembra la Sacra Sindone» si portò le mani tra i capelli per raccoglierli in uno chignon, si sporse verso il comodino per recuperare l'elastico e sgranò gli occhi quando vide un vassoio colmo di croissant al burro, caffè e spremute d'arancia.
«E quello?» chiese, stupita.
«La nostra prima colazione. Volevo qualcosa di speciale» ammirò l'espressione meravigliata di lei. Allungò il braccio verso il vassoio per prendere una rosa rossa nascosta tra i croissant e porgergliela. «E questa è per te»
Eve la prese, la osservò tra le sue dita, ne accarezzò i petali vellutati e le labbra tremarono per l'emozione. «Grazie, yeobo.»
«Ti ho pensata appena l'ho vista» Namjoon giocò con un suo ricciolo. «Per me sei bella, delicata e passionale come questa rosa.»
«Sono anche piena di spine» rise, mostrandogli una gocciolina di sangue che colava dalla piccola ferita dopo essersi punta.
Namjoon le prese la mano tra le sue, si portò il dito ferito alle labbra per baciarlo e succhiarlo lentamente provocando in Eve un brivido lungo la schiena.
«Curerò tutte le tue ferite» la guardò intensamente negli occhi e posò un ultimo bacio sul polpastrello «ed estirperò ogni spina che troverò sul nostro cammino.»
La vide spalancare gli occhi, umidi da lacrime di commozione e le labbra socchiuse. Le prese il viso con entrambe le mani per darle un tenero bacio. «Che ne dici se ora facciamo colazione?»
Eve guardò di nuovo il vassoio. I cornetti erano caldi così come i due caffè espresso.
«Non c'è nulla di salato, non è da te» mormorò mentre Namjoon si sporse per prendere uno di quei dolci sfornati da poco.
«Stanotte abbiamo parlato dei nostri viaggi, delle stesse città che abbiamo visitato. Ricordi?» la vide annuire e prendere il bicchiere di vetro. «Siamo stati entrambi a Roma e New York, volevo ricreare la stessa colazione di quei paesi. Ho scelto questa perché so che ami il dolce.»
Eve scoppiò a ridere. «Quindi domani mi devo aspettare la zuppa d'avena, uova strapazzate e pane tostato con burro d'arachidi?»
L'enorme sorriso tutto fossette di Namjoon fu una risposta più che esauriente.
«New York. Un mese e saremo lì» Eve bevve un sorso di spremuta e gli pulì con il pollice il labbro sporco di zucchero a velo. «Ci sono tante cose che vorrei mostrarti. Spero di riuscire ad averti tutto per me almeno una sera.»
Il ragazzo annuì con il capo e fissò il proprio caffè. «A tal proposito, forse riusciamo ad avere la stessa stanza senza problemi. È stato prenotato un intero piano solo per noi e i nostri manager.»
«E lo staff?»
«Soggiornerà al piano sotto il nostro» le accarezzò una spalla risalendo verso il collo per giocare infine con i capelli. «Non vedo l'ora di viverti alla luce del sole, senza più nasconderci.»
«Joonie, per ora non possiamo. Lo sai» Eve terminò il suo cornetto. Si era abituata fin da subito a vivere nell'ombra sfuggendo da eventuali paparazzi, curiosi e soprattutto sasaeng al punto che Namjoon si ritrovò a pensare che non le dispiacesse condurre quella vita ricca di privazioni.
«Non ti pesa questa situazione?» era nervoso, prigioniero delle sue insicurezze che - nonostante l'enorme successo riscosso in tutto il mondo e milioni di persone che avrebbero firmato carte false per stare con lui - lo spingevano a sentirsi inadeguato ogni santo giorno. Temeva che quell'esistenza forzata alla clandestinità potesse, nel tempo, logorare il loro rapporto.
Avrebbe voluto prenderla per mano, andare in agenzia in bicicletta insieme percorrendo il sentiero sulle sponde del fiume Han e fare colazione alla caffetteria con lei, con i suoi fratelli e - perché no? - la piccola EunJoo.
Eve gli cinse il collo e lo baciò sulle labbra. Sapeva di zucchero e arancia. «Perché mi fai queste domande stupide quando conosci già la risposta?»
Namjoon l'abbracciò dalla vita, la tirò a sé e rise quando la vide sospirare, scocciata.
«Se devo risponderti in modo sincero, sì. Mi pesa solo e unicamente perché mi rende ansiosa. Non voglio che tu possa avere delle ripercussioni sulla carriera e sulla vita privata a causa delle vostre fan» gli punzecchiò le guance picchiettando l'indice contro quelle morbide fossette. «Credimi, non capirò mai gli Army né gli altri fandom. Lo trovo disumano il vietarvi di crearvi una vita per non scontentare i fan.»
«Ed è per questo che voglio rendere pubblica la nostra relazione prima di partire per New York.» Eve smise di respirare e Namjoon la vide sbiancare.
Non era la reazione che sperava di ottenere da lei.
«Jagi, tutto bene?»
«Non affrettare le cose e sii paziente» si rannicchiò sul petto del ragazzo godendo del calore di quelle braccia che le cingevano le spalle. «E butta via le tue insicurezze.»
Si abbandonarono in quel caldo abbraccio. Namjoon le baciava il capo, pensando a quanto detto qualche minuto prima.
"Non avere fretta", una frase che Eve spesso gli ripeteva: aveva ragione su tutta la linea.
Fin dall'inizio della loro relazione, lui aveva accelerato i tempi e bruciato le tappe a causa delle proprie insicurezze e della gelosia che provava - in particolar modo - nei confronti di Baek.
Erano entrambi innamorati, felici, si curavano l'un dell'altra; eppure, quel vivere nascosti cominciava a pesargli ogni giorno sempre più.
«Quando la situazione sarà più tranquilla, vorrei pubblicare un libro insieme a te.»
Il progetto editoriale di Eve, il suo sogno.
Non conosceva nulla delle sue reali aspirazioni e la mattina della scorsa settimana, a poche ore dalla partenza alla volta del set di In the Soop, lei gli aveva condiviso quel suo sogno.
Un libro da scrivere insieme per dimostrare al mondo intero il loro amore.
«Non ha mai detto "ti amo" in vita sua, purtroppo non conosce l'amore.»
«Chi se ne frega» borbottò rendendosi conto di aver pensato a voce alta quando Eve alzò il capo per fissarlo, confusa.
Rimase incantato a contemplarle il viso. Agli occhi di un estraneo, Eve era una donna comune e forse non rientrava nei canoni di bellezza del suo paese, ma per lui era la più bella del mondo.
Adorava la fossetta che compariva sulla sua guancia destra ogni volta che rideva, adorava il colore cangiante dei suoi occhi e amava ogni sua imperfezione come le piccole cicatrici che aveva scoperto sul lato sinistro del suo corpo.
La amava oltre ogni misura, eppure non riusciva a esprimerlo a parole.
«Non vedo l'ora di partire per New York» confessò su quelle labbra morbide.
L'avrebbe portata sull'Empire State Building per ammirare insieme l'immensità di quella splendida città e per dedicarle quelle due semplici parole da troppo tempo incastrate nella sua gola.
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Hoseok era svaccato sul divano con il cellulare in mano e la chat con KyungMin aperta. Le aveva inviato un messaggio senza ricevere alcuna risposta e il sangue gli ribolliva nelle vene.
«Fanculo» sibilò tra i denti e si cacciò il dispositivo in tasca. Era incazzato nero.
Di fronte a lui c'erano Jungkook che sgranocchiava delle patatine al formaggio e commentava un video insieme a Seokjin.
«Hoba, tutto ok?»
Hoseok si voltò alla sua sinistra, Yoongi si era seduto vicino a lui. «Una meraviglia.»
Il maggiore rise a mezza bocca, scoprendo le gengive. «La piccola Kim te l'ha messa in culo, eh?»
«Piantala.»
«Aish, vorrei sapere cos'ha di così speciale Baek. Secondo me ha un enorme cazz-»
«Ti ho detto di smetterla, hyung. Non è divertente.»
Yoongi si attaccò alla bottiglietta dell'acqua per bere e tornò serio «Meglio così Hoba, eviti di stare male per nulla.»
Hoseok giocò con il laccio del pantalone della tuta. Si sentiva svuotato, lo stomaco a pezzi come il suo orgoglio ferito. Era consapevole di sbagliare nel provare rabbia e risentimento nei confronti di una ragazza con la quale aveva chattato solo per qualche giorno, tra loro esisteva un'acerba amicizia e forse lui aveva travisato completamente i messaggi che riceveva.
La sua ultima relazione, seppur debole, risaliva a oltre un anno addietro e si era illuso di aver trovato la felicità con quell'Army che era riuscita a intrufolarsi nel backstage alla fine del loro ultimo concerto dal vivo. Due mesi dopo, quella ragazza si rivelò una sasaeng e Hoseok decise di riprendere gli incontri privati con le Army solo e unicamente chiusi in stanza d'albergo con tanto di documento di riservatezza firmato da entrambe le parti.
La risata di Namjoon riecheggiò nel corridoio e Hoseok vide l'amico entrare nella sala d'aspetto di fronte l'ufficio di Si-Hyuk insieme ad Eve.
«Oh, finalmente sei arrivato!» Taehyung cinse il collo del rapper con un braccio e un enorme sorriso quadrato comparve sul viso quando notò il succhiotto in bella vista sulla pelle ambrata. «Direi che qualcuno ha fatto le ore piccole, stanotte.»
«Buongiorno anche a te, Tae» si liberò dell'amico per sistemare al meglio il colletto della felpa sperando di coprire il livido. «Sappiamo qualcosa di questa riunione?»
«Non ci hanno detto nulla, ma credo sia un aggiornamento sulle nostre schedule» Taehyung si infilò le mani in tasca, spostò lo sguardo su Eve e notò solo in quel momento che indossava una giacca di pelle e teneva sottobraccio un casco integrale.
«Wow, ma siete venuti in moto?»
Alla parola moto, Jungkook sollevò il capo dal cellulare e fissò la ragazza in tenuta da motociclista.
«Ciao Noona!» balzò in piedi e le corse incontro felice come un bambino di fronte ad un enorme gelato. «Sei con la tua Kawasaki? Dopo la riunione posso vederla?»
Di fronte a quell'entusiasmo genuino, Eve scoppiò a ridere. «Se non sei impegnato ti faccio fare un giro stasera.»
«Me la farai provare?»
«Jungkookie, lo sai che non puoi» la ramanzina di Namjoon non tardò ad arrivare. Jungkook arricciò le labbra in una smorfia di disappunto. Regole, divieti, imposizioni del cazzo. La sua intera vita era pianificata nei minimi dettagli e non solo quella professionale, ma anche quella privata.
I suoi tatuaggi avevano creato scalpore tra i più conservatori, contrari di quell'inchiostro iniettato sottopelle da sempre attribuito alla malavita.
«Dovete essere un esempio per i più giovani, siete un gruppo family friendly» e via un'infinita serie di cerotti color carne da applicare sulle mani, maniche lunghe anche in piena estate per coprire il braccio e scomodissimi guanti utilizzati durante i Bon Voyage.
Ed infine, i piercing.
«Come li copriamo quelli?» aveva tuonato il manager esasperato dall'ultima bravata del Golden Maknae.
Il piccolo di casa Bangtan si era rotto i coglioni.
«Non credo che un giro in moto gli possa compromettere la carriera e poi la guido io, non lui. Non è semplice portarla senza aver preso lezioni» Eve si avvicinò a Jungkook per dargli un buffetto sulla guancia.
«Siamo sicuri?»
«Dio, Joonie! È una moto da corsa, non uno scooter per la consegna delle pizze!»
«Che ti aspettavi da uno che non ha manco la patente?» all'esternazione di Yoongi, tutti i ragazzi scoppiarono a ridere, tranne Namjoon che guardò Eve fingendosi offeso.
«Me la paghi. Stanotte ti punirò per bene» le sussurrò nell'orecchio con un tono così profondo che le provocò un piacevole crampo nel basso ventre.
«Non vedo l'ora.»
Il cervello di Jungkook andò in bianco. Aveva involontariamente ascoltato lo scambio di battute della coppia e cercò di non immaginarli a letto mentre scopavano. Era già fin troppo in imbarazzo nel vedere il livido sul collo del suo hyung - non che in quegli anni non avessero parlato tra di loro delle varie fantasie ed esperienze sessuali vissute - e non voleva ulteriori dettagli su quello che avevano o avrebbero fatto tra le lenzuola.
Abbassò il capo per fissarsi le scarpe e notò che i polsi di Namjoon riportavano delle leggere escoriazioni sulla pelle riconoscendo in essi dei segni di lacci, cinture o manette: Jungkook.exe smise di funzionare.
«Ragazzi, ci siete tutti?» Sejin fece capolino dalla porta dell'ufficio di Si-Hyuk, scrutò con lo sguardo i presenti e si fermò sulla figura di Eve. «Oh, che ci fai qui? Non è il tuo giorno libero?»
«Il bambino era in ritardo» con un dito gli indicò Namjoon e poi il casco integrale.
«Capisco. Venite che la riunione comincia. Anche tu, Eve-ssi.»
Il rapper spalancò la bocca, sconcertato. «Perché anche lei? È successo qualcosa di grave?»
Sejin non rispose, si mise al lato della porta e invitò i ragazzi ad entrare nell'ufficio.
Namjoon prese per mano Eve, la strinse forte ed entrambi si guardarono, preoccupati. Avevano uno strano presentimento.
Si-Hyuk era in piedi dietro la vetrata ad osservare il panorama della città, le mani intrecciate dietro la schiena un po' curva, appesantita da anni di duro lavoro e sacrificio.
«Non dovevano esserci anche Hobeom, Jigaemae e Hyunsoo?» Seokjin prese possesso della poltrona vicino la scrivania. Non aveva voglia di presiedere una riunione di cui non conosceva nemmeno l'argomento e i quattro giorni di puro relax appena trascorsi avevano alzato al massimo il suo livello di pigrizia.
Eve rimase in piedi vicino la consolle di noce. Posò il casco sulla superficie liscia e incrociò le braccia. Era nervosa e Namjoon notò come lei si stava torturando il labbro inferiore.
Decise di non sedersi e rimanere accanto a lei cingendole la vita con un braccio.
"Almeno non devo fingere di non conoscerla" pensò e tornò ad incrociare con lo sguardo quello di Eve.
«Tranquilla, ci sono io» sussurrò e le strappò un sorriso.
Con un colpo di tosse, Si-Hyuk richiamò all'attenzione i ragazzi. Si staccò dalla parete di vetro e con passi molto lenti si trascinò fino alla poltrona. Era molto stanco, le palpebre pesanti come le borse che spiccavano sotto gli occhi arrossati.
«Vedo che abbiamo anche la signora Kim con noi» scherzò cercando di alleggerire l'atmosfera.
«A saperlo, avrei indossato qualcosa di più adatto.»
«Non preoccuparti, ti avrei convocata domani. Abbiamo risparmiato entrambi del tempo prezioso» Si-Hyuk si passò una mano tra i capelli, picchiettò con un dito la superficie della scrivania e leggeva quello che sembrava essere un contratto.
«Se vi ho riuniti qui è per avvisarvi che i vari appuntamenti fissati in America sono del tutto confermati, così come le vostre più che meritate ferie.»
Taehyung e Jimin risero felici beccandosi un'occhiata di fuoco da Namjoon per esortarli al silenzio.
«Abbiamo inoltre acquisito una piccola agenzia portandola sotto la nostra etichetta» continuò Si-Hyuk senza distogliere lo sguardo dai sette idol. «Per ora figurerà come un ramo aziendale, ma non escludiamo la possibilità di sottoscrivere un contratto con gli artisti direttamente come Hybe.»
«Beh, è un'ottima notizia. Più cantanti, più lavoro e più profitto» Yoongi si leccò le labbra pensando ad un ulteriore incremento del proprio guadagno annuo grazie alle quasi settantamila azioni di capitale in suo possesso.
«Sono ragazze molto giovani che non hanno ancora debuttato. Ci sarà da lavorare parecchio, ma credo che potremo ottenere ottimi risultati. Domande?»
La maknae line borbottò qualcosa. Jimin era seriamente preoccupato per l'introduzione di artisti di sesso femminile all'interno dell'azienda a causa di possibili scandali inventati dalla stampa o una reazione avversa delle sasaeng.
«Per ora si tratta di trainee, vogliamo studiare le loro abilità e vedere cosa possiamo ricavare.» Sejin si allungò sulla poltrona girevole e, con un piccolo movimento, si girò verso Hoseok e Jimin. «Vi andrebbe di testarli sulla danza?»
Il coreografo incrociò le braccia. Erano già pieni di impegni senza contare gli studi universitari per terminare il master da integrare alla loro laurea. Dove avrebbero trovato il tempo per stare dietro anche ai trainee?
«Va bene.» sbuffò, arrendendosi all'espressione implorante del manager. Alla fine, si trattava di un solo pomeriggio da buttare via e due giorni di lavoro da riorganizzare.
Namjoon si sentiva inquieto. Lo stomaco continuava ad attorcigliarsi e un peso al petto cominciava a farsi spazio diventando sempre più insopportabile. C'era qualcosa che non filava per il verso giusto in quella riunione, lo percepiva dal tono di voce di PDnim, dal viso stanco e provato, da quel documento che - di tanto in tanto - guardava con astio per poi rivolgere l'attenzione su tutti loro con un'espressione colpevole.
Aumentò la stretta attorno alla vita di Eve. Voleva averla vicino a sé, in qualche modo proteggerla da quel brutto presentimento che entrambi provavano.
«Ci sono altre novità?» chiese infine sperando in una risposta negativa, ma il profondo respiro che prese Si-Hyuk prima di guardarlo in viso lo preoccupò non poco.
L'uomo fece segno col capo a Sejin che si alzò dalla poltrona per uscire dall'ufficio senza proferire parola.
«Vedete, l'agenzia aveva sotto contratto sia trainee che un paio di artisti con esperienza pregressa alle spalle. Due attori, per essere precisi. Solo uno ha accettato, ieri mattina ha firmato il contratto direttamente con Hybe.»
Il rumore della maniglia spinse i ragazzi a voltarsi verso la porta d'ingresso che si aprì rivelando, al fianco di Sejin, l'ultima persona che tutti loro si aspettavano di trovarsi di fronte: Lee MinHee.
«Cosa ci fa quella?» Seokjin indicò la ragazza che, in tutta risposta a quella reazione, gli sorrise educatamente.
«Da oggi saremo colleghi» fece un piccolo inchino per salutare i presenti e quando tornò in posizione eretta rivolse un ampio sorriso a Namjoon. «Ciao, Oppa.»
Le viscere gli si contorsero tra loro come un nodo di serpenti e il rapper si morse l'interno della guancia, furioso. Sentì il braccio di Eve cingergli la vita, le dita conficcarsi nella carne e la vide immobile al suo fianco che fissava con astio MinHee. Notò le vene del collo pulsarle e il suo sguardo scurirsi dall'ira. Era incazzata oltre ogni misura, come lui. Come tutti.
«Dunque, con l'acquisizione dell'agenzia abbiamo assunto tutti i loro dipendenti, compresa la signorina Lee» riprese il discorso Si-Hyuk picchiettando il contratto di lavoro sul piano della scrivania. «Stiamo vagliando la possibilità di investire nel campo della moda e della televisione e lei è già esperta del settore.»
«E la sentenza in tribunale?» ringhiò Hoseok puntando uno sguardo infuocato verso il manager che, avvilito, rivolse l'attenzione altrove. «Non la vogliamo in mezzo al cazzo.»
«Linguaggio, Hobi. Ci sono delle signore qui presenti» lo riprese Si-Hyuk, amareggiato per quella situazione che mai avrebbe voluto trovarsi.
«L'unica signora qui presente è la nostra Noona» fissò con astio MinHee che continuava a guardarlo con espressione affranta e in Hoseok aumentò la voglia di prenderla a schiaffi «e non ho intenzione di lavorare con la feccia.»
«Hobi Oppa, sono davvero dispiaciuta per quanto accaduto in passato. Ho già avuto modo di scusarmi personalmente con Namjoonie e mi pento per quanto accaduto. Voglio cogliere l'occasione per chiedere umilmente perdono a tutti voi, purtroppo sono stata imbeccata dal mio ex manager che mi ha spinto a-» un singhiozzo le spezzò la voce. Scoppiò a piangere e si mise in ginocchio posando la fronte sul pavimento.
«Su, non faccia così signorina» Sejin, imbarazzato, si piegò sulla ragazza per aiutarla a rialzarsi, ma lei continuò a piangere aggrappandosi al braccio del manager.
«Non volevo che le cose andassero così, sono stata una stupida a fidarmi di persone sbagliate» cercò di asciugare le lacrime con le mani e tirò indietro i capelli scoprendo interamente il suo collo per mettere in luce quella sottile collana d'oro bianco con due fedine d'argento.
Il sapore acido dei succhi gastrici impastò la bocca di Namjoon che, impotente in quell'ufficio per il ruolo che ricopriva all'interno del gruppo, fu costretto a osservare quel patetico teatrino senza proferire parola alcuna.
MinHee lo stava guardando, in lacrime, gli si avvicinò cercando un contatto sia visivo che fisico.
Era sempre stata una bella ragazza e in quei tre anni di lontananza lo era diventata ancora di più. Negli anni passati Namjoon ne era rimasto folgorato da quella bellezza che si rivelò letale, trascinandolo in una relazione di due anni in cui lui aveva riposto interamente il proprio cuore per poi essere profondamente ferito.
MinHee gli era di fronte a meno di mezzo metro di distanza e provò a prendergli la mano, contatto che fu evitato quando lui fece un passo indietro.
«Volevo scusarmi ancora con te e questa volta di fronte a tutti, ai tuoi amici e collaboratori» puntò i suoi grandi occhi scuri lucidi dalle lacrime che tornarono a rigarle il volto. «So che non sarà come prima, ma vorrei riallacciare un rapporto con tutti voi, soprattutto con te e se non sarà di amicizia, almeno spero di instaurarlo sul lato professionale.»
Namjoon non rispose. La fissò con astio, incapace di formulare una qualsiasi frase e un imbarazzante silenzio calò nell'ufficio che venne interrotto dalla vibrazione di un cellulare.
Eve recuperò dalla tasca della giacca il dispositivo e cercò nello sguardo di Si-Hyuk il permesso di abbandonare lo studio, che arrivò.
Namjoon la osservò allontanarsi e dovette frenare l'istinto di seguirla, correrle dietro per abbracciarla, dirle di stare tranquilla, ma dovette restare in quell'ufficio insieme ai ragazzi.
«Oppa» sussurrò con un singulto MinHee riuscendo a sfiorargli la mano in un momento di distrazione «Vorrei parlarti in privato.»
«Io no.»
L'ennesimo colpo di tosse di Si-Hyuk riportò all'ordine la riunione. Continuarono a discutere dell'assorbimento della piccola agenzia e del contratto di lavoro della ragazza, ma la mente di Namjoon era altrove.
Si chiese se PDnim e l'intera amministrazione fossero impazziti per aver assunto una mina vagante come MinHee annullando così l'accordo in tribunale.
Mesi di cause giudiziarie, incontri con avvocati e diversi assegni compilati vanificati in meno di un'ora.
Gli mancava l'aria e voleva scappare via.
Rivolse l'attenzione verso i propri compagni trovandoli sconvolti da quanto accaduto.
Hoseok era nero in volto come Yoongi e Seokjin. Taehyung e Jimin sembravano impassibili, ma il linguaggio del corpo mostrava una profonda rabbia.
Jungkook era bloccato sul luogo. Guardò i suoi hyung, sconcertati per quella scena surreale. Non le piaceva quella ragazza, non si fidava e non aveva creduto ad ogni singola parola.
In passato lei era riuscita ad entrare nelle grazie di Hoseok sfruttando le sue debolezze, le paure diventandone amica per poi colpire il fulcro della loro band: Namjoon.
Aveva destabilizzato il gruppo, distrutto emotivamente Hoseok e devastato del tutto il suo leader.
Cercò con lo sguardo quello dei suoi fratelli, incrociando Taehyung.
«Hyung, che facciamo?» bisbigliò preoccupato e ignorando il discorso di Si-Hyuk.
«Teniamola d'occhio» gli fece un lieve cenno col mento invitandolo a guardare Namjoon di fronte a loro che cercava di stare in più lontano possibile da MinHee che, nel mentre, si era messa al suo fianco «e cerchiamo di non lasciarla da sola con lui.»
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«C'era un fottuto accordo!»
«Urlare non servirà a nulla» Eve era seduta sulla scrivania del Rkive e osservava Namjoon camminare nervoso per tutto lo studio. Sembrava una tigre in gabbia, pronta a uscire per sbranare il primo essere vivente che gli capitava sotto tiro.
«Lo sapevo che in quella riunione ci avrebbero dato solo brutte notizie, me lo sentivo» ringhiò, incazzato come non mai e si liberò della felpa per lanciarla con stizza contro il divano alle sue spalle, insieme alle loro giacche tecniche di pelle. Gli mancava l'aria dai nervi. «Con l'assorbimento di quell'agenzia si è annullato in automatico quell'accordo e ora ci ritroviamo quella stronza tra i piedi.»
Eve si strinse le braccia, le unghie conficcate nella propria carne e le lacrime pronte a rigarle il viso. Era furiosa per quella situazione di merda, per aver ceduto al ricatto di MinHee, per essere lei stessa la causa della sofferenza di Namjoon.
Lo guardò gesticolare tra le imprecazioni, il viso stravolto in una smorfia contrita e in lei aumentò la rabbia e il senso di colpa.
«Joonie, calmati per favore.»
«A volte mi chiedo se sia realmente pentita» sibilò tra i denti e si lasciò cadere pesantemente sulla sedia imbottita. «Quando le ho visto la collana, mi è venuto da vomitare.»
«Quale collana?»
«Ha una sottile catena con due anelli» puntò lo sguardo a terra, incapace di terminare la frase.
Non voleva arrecare ulteriore dolore alla sua ragazza, non quel giorno così speciale per loro due.
Distese le braccia per prendere Eve dai fianchi e stringerla a sé. Premette il volto contro il suo stomaco e le cinse la vita, aggrappandosi a lei.
Si sciolse in un pianto, silenzioso.
Era emotivamente distrutto.
MinHee gli aveva rovinato l'esistenza, annientato la sua già scarsa autostima e giocato con i suoi sentimenti.
Aveva impiegato quasi tre anni per riprendersi e finalmente era un uomo nuovo, felice grazie ad Eve, quella donna che - come lui - aveva profonde cicatrici scolpite nell'anima.
Sentì le mani di lei accarezzargli il capo, le guance bagnate di lacrime e una leggera pressione delle sue dita lo obbligò ad alzare il viso e guardarla.
Eve non proferì alcuna parola. Si chinò su di lui per posargli un bacio sulle labbra tremanti.
Namjoon aumentò la stretta, la fece sedere sulle due gambe e si abbandonò completamente in quel bacio amaro, triste e sofferto.
«Non le permetterò di rovinarti ancora la vita» Eve gli infilò le dita tra i capelli «dovrà prima passare sul mio cadavere.»
«Dovrei essere io a proteggerti» le abbozzò un sorriso stentato.
«Questa volta dovrai farti da parte» continuò senza smettere di accarezzargli il capo «Non voglio che quella ti rovini ancora la vita. So perfettamente come ci si sente ad essere usati dal proprio partner ed è per questo che farò di tutto per proteggerti da quell'arpia»
«Non avrò nulla a che fare con lei, te lo prometto, però mi chiedo se sia realmente pentita o se quella sia stata solo una recita» si bloccò quando vide Eve alzare un sopracciglio. Lo sguardo che gli rivolse era serio e Namjoon provò uno strano brivido in corpo. Erano poche le volte che aveva visto quell'espressione gelida e tagliente, una smorfia che - per lui - poco di addiceva ad una ragazza dolce, sensibile e delicata come lei.
«La gente non cambia. Un lupo travestito da agnello rimane sempre un lupo» lo abbracciò, sdraiandosi su di lui con il viso posato sull'ampio petto «e questa volta tocca a me imbracciare il fucile e braccarlo fino alla morte.»
«Jagi...»
Non gli rispose.
Rimasero abbracciati sulla poltrona. Namjoon le accarezzava il fianco da sotto la maglietta sentendo il calore della sua pelle.
Era un gesto che lo rilassava.
Non era un amante del contatto fisico con altre persone, nemmeno con i parenti più stretti come la sorella o i genitori, ma con Eve era tutto diverso.
Amava la sua pelle liscia, morbida e calda e ogni volta che si trovava in sua compagnia sfruttava ogni singolo istante per abbracciarla, prenderla per mano o accarezzarle il viso o il fianco.
Erano entrambi psicologicamente stremati. Eve si era chiusa in un preoccupante mutismo e in lui crebbe la paura di un eventuale crollo psichico.
«Se vuoi, possiamo spostarci nell'altro studio, dove c'è il pianoforte» le posò un bacio sulla guancia.
La sentì ridere «Ormai sono come un libro aperto per te.»
«Anche se vuoi nascondermelo, sei incazzata nera e si vede. Dovresti sfogarti.»
«Lo so, ma questa volta il piano non è sufficiente» gli sorrise «Dovrei riprendere ad allenarmi in palestra con Baek. Ne conosci una valida?»
Gli occhi di Namjoon si allargarono, curiosi. «Non sapevo tu fossi anche sportiva. E in cosa vorresti allenarti?»
«Autodifesa personale» gli accarezzò il viso con un dito seguendo la linea della mandibola «Sono stata costretta ad imparare a difendermi. Mi sono spesso ritrovata a lavorare in paesi ostili e poco sicuri come l'Iraq, per esempio.»
«Stai scherzando, spero.»
«Sono seria. Noi interpreti non lavoriamo solo in studi televisivi o dietro comode scrivanie. Collaboriamo con diversi professionisti come giornalisti, inviati di guerra, fotografi. Io e Baek abbiamo seguito dei corsi di arti marziali, ma sono quattro anni che non entro in una palestra e vorrei togliere un po' di ruggine.»
Namjoon si rabbuiò. «Non vorrei entrare nell'ambito del tuo lavoro, ma-»
«Mi vuoi impedire di partire nel caso chiedano la mia presenza in Afghanistan o in Congo?»
«Non lo farei mai» le portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio «Confesso che saperti in un luogo pericolo mi terrorizza, ti chiedo solo di stare attenta e tornare sempre da me.»
Eve si sciolse a quella dichiarazione. Tornò a posarsi sul suo petto e stringersi in un nuovo abbraccio «Ti va di unirti a noi?»
«Non so nulla di arti marziali»
«Te lo insegno io, così se Baek è impegnato o in viaggio posso sempre allenarmi con te»
Il ragazzo pensò a quell'insolita proposta. Taehyung e Jungkook praticavano da tempo le arti marziali e avevano cercato più volte di coinvolgerlo, ma lui preferiva trascorrere ore intere in palestra tra pesi, bilancieri e altri esercizi per modellare il suo fisico.
Guardò Eve, il suo corpo per lui delicato e tremò all'idea di doversi allenare con lei con il rischio di farle male.
«Rompo tutto quello che tocco e ho paura di ferirti» confessò infine.
Scoppiarono a ridere e la tensione accumulata fino a quel momento si allentò leggermente. Namjoon le strinse ancora la vita con un braccio mentre la mano libera si inoltrava in quella lunga chioma che amava fin dal loro primo incontro.
Cercò le sue labbra per un bacio, voleva perdersi in lei, nel suo sapore e quando si inebriò del calore di quella bocca morbida e invitante, si sentì in Paradiso.
Il mondo circostante era svanito, esistevano solo loro due, stretti in quell'abbraccio mentre si consumavano in un bacio disperato e sempre più vorace.
Namjoon sentì in quel bacio tutta la tensione e la tristezza che Eve aveva accumulato. Era nervosa, piena di rabbia e profondamente preoccupata per la situazione che si era creata con l'assunzione di MinHee.
Le morse il labbro trattenendolo con i denti per succhiarlo, leccarlo appena con la punta della lingua prima di farla scivolare nella bocca di lei per approfondire quel contatto.
Eve era la donna per quale avrebbe mandato all'aria l'intera carriera, non MinHee.
La sollevò dai fianchi per permetterle di sedersi a cavalcioni su di lui, per stringerla maggiormente a sé e sentirla il più vicino possibile.
«Non permetterò a nessuno di intromettersi tra di noi» mormorò baciandole l'incavo del collo.
«Nemmeno io» rispose Eve fissandolo con uno sguardo carico di rabbia «Le farò pentire di aver solo osato mettere gli occhi sul mio uomo»
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Angolo Autrice
I tempi di aggiornamento si sono allungati, ma preferisco diminuire il ritmo e scrivere con calma per evitare di fare tutto di fretta (visto che ho anche un altro titolo da mandare avanti oltre gli edit di immagini)
Pensavate davvero che la minaccia di MinHee fosse caduta nel dimenticatoio? Eh, diciamo che quando i ragazzi erano via per le riprese di In The Soop si sono attivati alcuni ingranaggi.
L'iniziale felicità di Namjoon è svanita come una bolla di sapone volata via e scoppiata.
Cosa succederà con il ritorno dell'ex ragazza di Joonie con tanto di contratto firmato?
A presto!
Borahae😊 💜
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