22 - Feelings
21 giugno 2021
Euforia.
Nessun altro termine poteva descrivere al meglio quello che Namjoon provava in quell'istante.
Non riusciva a distogliere lo sguardo da Eve, accanto a lui. Era seduta sul letto e gli dava le spalle, pronta per alzarsi e infilarsi sotto la doccia. Stava districando i lunghi capelli che le ricadevano disordinati sulla schiena nuda. Namjoon si perse in quei movimenti lenti, aggraziati e le si avvicinò furtivo per tempestare di baci quella pelle bianca seguendo la linea della colonna vertebrale. La sentì ridere, allegra, e fu così che la abbracciò da dietro posando un altro bacio sulla spalla, sulla guancia e trascinarla sul letto insieme a lui.
«Sono un disastro!» brontolò Eve poco convinta che si trovava sotto il corpo di Namjoon che le tormentava il collo con piccoli e leggeri morsi.
«Anch'io.» mormorò lui senza staccare le labbra dalla morbida pelle. «Faremo la doccia insieme.» le strappò un altro sorriso.
Fecero di nuovo l'amore, lentamente, per assaporare ogni bacio, ogni singolo gemito e dedicarsi minuziosamente sui propri corpi senza trascurare un solo centimetro di pelle. Rimasero abbracciati a lungo dopo l'amplesso, Namjoon le baciò i capelli e con il pollice le accarezzava una spalla nuda.
«Ti ho mai detto che mi piacciono i granchi?»
Eve inarcò un sopracciglio e alzò il capo per guardarlo. Scoppiò a ridere e si riappoggiò sul petto muscoloso, disegnando dei cerchi immaginari su quella pelle rovente e leggermente ambrata. «No. Come mai me lo chiedi?»
«Dal momento che stiamo insieme, vorrei condividere con te tutte le mie passioni.»
«Capisco. Beh, non mi fanno impazzire, preferisco gli astici e altri crostacei. Li amo, soprattutto alla griglia e-» si interruppe quando incrociò lo sguardo sbigottito di Namjoon. «Ho detto qualcosa di sbagliato?»
«Veramente non parlavo di cibo e non li mangerei mai.» Gonfiò le guance e mise su il broncio. «Mi piace cercarli nella sabbia, catturarli e osservarli. Li adoro, è più forte di me. Li reputo miei amici.»
Rise. «Sei davvero dolce, lo sai?» Eve si sollevò appena e cominciò ad accarezzare il viso di Namjoon, gli passò le dita tra i capelli spettinati scendendo verso il collo. Rimasero in silenzio per qualche minuto, poi lui la baciò dolcemente, le solleticò l'angolo della bocca con la punta della lingua per farla scivolare tra le labbra, alla ricerca di quella di Eve.
Era mattina inoltrata e nonostante avesse l'intera giornata libera, il cellulare continuava a vibrare, ma a lui non importava di nulla. Si trovava nel letto con la sua jagiya stretta tra le braccia e non aveva alcuna intenzione di interrompere quel sogno ad occhi aperti.
«Yeobo.» mugolò Eve a corto di fiato senza smettere di baciarlo «È tardi e ho bisogno di una doccia.»
Namjoon le morse il labbro inferiore, la guardò con occhi lussuriosi. «E allora andiamo a farla.»
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Serendipity.
In meno di dodici ore, stava provando sulla propria pelle il profondo significato della canzone di Jimin. Ogni oggetto intorno a lui brillava di una luce nuova, il suo appartamento era più bello, la sua esistenza era più ricca e doveva tutto quello splendore alla creatura che stava bevendo una tazza di caffelatte seduta sul bancone della cucina.
Eve indossava la maglietta extralarge che le aveva prestato e un paio di boxer neri. Era serena, i capelli umidi raccolti in una morbida treccia e le guance arrossate.
Avevano fatto l'amore sotto la doccia. Di nuovo.
Namjoon le prese la mano sinistra e le accarezzò l'anulare, osservando il proprio anello che le calzava quasi alla perfezione. La baciò prima di portarsela sulla propria guancia. «Ho così tante domande da porti, ma ho paura di ferirti e rovinare questo momento.»
«Allora lascia che sia io a parlarti.» Eve bevve un altro sorso, si umettò le labbra e posò la tazza sul bancone. «A breve sarà il mio compleanno.» cinguettò regalandogli un ampio sorriso.
«Sul serio? Quando?»
«Il sette luglio.» Eve gli scompigliò i capelli. «E il mio segno zodiacale è il Cancro. Buffo, no? Tu adori i granchi.»
Un enorme sorriso tutto fossette si distese sul viso di Namjoon, che l'abbracciò dalla vita. «Allora dovrò organizzare una bella sorpresa per il mio granchietto. C'è qualcosa che desideri in particolar modo?»
Eve annuì. Gli cinse il collo con le braccia e gli baciò la punta del naso prima di guardarlo intensamente negli occhi. «Vorrei scusarmi con i ragazzi, soprattutto con Jimin. Glielo devo.»
«Non preoccuparti di questo, va bene?» Le accarezzò il viso, portandole dietro l'orecchio una piccola ciocca sfuggita dalla treccia. «Oggi voglio dedicarmi completamente a te, a noi. Se vuoi, per il tuo compleanno possiamo andare a cena in un ristorante, o un museo, una gita da qualche parte, oppure-»
«Frena, Joonie!» scoppiò a ridere fino alle lacrime. L'entusiasmo di Namjoon era incontenibile ed Eve vide in lui l'euforia tipica di un amore appena nato, un sentimento puro, intenso e ingenuo, di quello che spronava a credere all'amore vero, al "per sempre".
E anche lei fu travolta da quell'euforia, al volersi donare totalmente alla persona desiderata, a cercare in Namjoon un confidente, un amico, un'ancora di salvezza in mezzo all'oceano in tempesta in cui, per troppo tempo, ne era prigioniera.
Lo guardò negli occhi, gli accarezzò la bocca carnosa solleticando col dito quel piccolo solco in mezzo al labbro inferiore che le piaceva da morire.
«Una volta dipingevo.» mormorò all'improvviso attirando l'attenzione di Namjoon. «Trascorrevo interi pomeriggi a dipingere. Avrei voluto studiare arte e letteratura, ma i miei genitori erano contrari.»
Namjoon l'ascoltò in silenzio, approfittando di quel momento più unico che raro. Era la prima volta che Eve gli parlava spontaneamente della propria vita, ad eccezione del piccolo episodio riguardo la fotografia della nipotina. Si lasciò accarezzare, dando dei piccoli baci sulle sue dita ogni volta che lei gli sfiorava le labbra.
«Mi obbligarono ad iscrivermi all'università e mi misero di fronte diversi percorsi accademici, uno più illustre dell'altro.» si interruppe per leccarsi il labbro e riprese ad aprirsi a lui «Ho scelto lingue ed interpretato, dopo la laurea sono scappata a Seoul insieme a Baek. Dio se eravamo giovani, pieni di sogni e aspettative per il futuro.» Eve rise e strofinò il proprio naso contro quello di Namjoon. «Alla fine, li ho fregati, sai? Ho studiato ugualmente letteratura qui a Seoul.»
Il ragazzo vide gli occhi di Eve inumidirsi. Le baciò la fronte e la strinse al petto. «Hai una seconda laurea?»
Annuì. Gli regalò uno splendido sorriso. «Lingua e letteratura coreana. Sono stati gli anni più belli della mia vita, ero finalmente libera.»
Lo baciò sulla guancia e tornò a guardarlo, diventando all'improvviso seria. «Ascoltami, lo so che sei geloso di Baek, ma lui è molto importante per me così come lo sono i ragazzi per te.»
Fu diretta come un fulmine che squarciava il cielo all'improvviso. Le orecchie di Namjoon si infiammarono arrossendo come pomodori. Come diamine faceva quella donna a leggergli nel pensiero? Sì, era geloso, mostruosamente geloso di natura e non gli andava giù quel cordone ombelicale che legava i due ragazzi da chissà quanti anni.
Non era il classico uomo da imporre alla propria fidanzata di limitare o annullare le amicizie maschili, non era più un adolescente insicuro, ma un adulto prossimo ai trent'anni ed Eve non era una donna remissiva da obbedire ciecamente al proprio partner.
Era ribelle, anticonformista e sfuggente come l'aria.
«Non sono geloso.»
«Oh, sì che lo sei e ti dirò...» Eve gli morse il labbro inferiore, succhiandolo e leccando con la punta della lingua quel solco per allontanarsi e fissarlo languido negli occhi. «Lo sono anch'io, soprattutto quando le Army impazziscono per te durante Baepsae.»
Gli prese il viso con entrambe le mani e lo baciò con passione rubandogli tutto l'ossigeno. Namjoon si perse di nuovo in lei, nella sua bocca e in quelle lunghe gambe che gli cingevano la vita facendolo eccitare all'istante. Avrebbe finalmente inaugurato quel dannato bancone da cucina sdraiandola, spogliandola di ogni indumento se non fosse che Eve gli diede un piccolo morso e si allontanò all'improvviso, lasciandolo con le labbra roventi e una pulsante erezione tra le gambe.
«Ma cosa...?»
«Giusto per ricordarti che ora sei mio.» Gli rivolse un sorriso dispettoso e giocò con la ciocca di capelli sfuggita dalla treccia arrotolandola più volte al dito. Saltellò via e raggiunse la parte opposta del soggiorno quando Namjoon tentò ad acchiapparla, riuscendo al quinto tentativo.
«Presa!» esultò felice e gli schioccò un bacio sulle labbra prima di prenderla in braccio.
Avrebbero inaugurato il divano.
E anche il bancone della cucina.
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23 giugno 2021
Responsabilità.
Se qualcuno avesse dovuto identificare in una persona quel termine, la scelta sarebbe caduta sulla figura di Namjoon.
Fin da sedicenne, il ragazzo aveva dismesso gli abiti da adolescente per indossare quelli da leader di un gruppo ancora anonimo, un accrocchio di sette bambini con qualche timido pelo pubico che voleva tentare la fortuna e sognava di essere, un giorno, artisti di tutto rispetto.
Se i Bangtan Sonyeondan erano diventati delle superstar a livello mondiale scalando ogni classifica immaginabile e continuando la loro ascesa nell'industria musicale, lo dovevano soprattutto a Namjoon.
Li aveva presi per mano, spronati, coccolati e anche ripresi quando necessario. Ci aveva rimesso la faccia, il corpo e il cuore Namjoon quando corse da Bang Si-Hyuk ad implorarlo di rigettare le dimissioni di Hoseok perché "i Bangtan non potevano farcela senza di lui" per poi raccogliere e rimettere in piedi un piccolo Jungkook distrutto dalle lacrime versate nel tentativo di trattenere il suo Hobi-hyung.
Responsabilità. Ormai faceva parte del suo DNA, era appunto responsabile di quei fratelli acquisiti, i suoi sei piccoli miracoli. Li proteggeva dalle critiche feroci trasformando commenti ignobili in complimenti ricchi d'amore, ingoiava in silenzio insulti in inglese fingendo di tradurli per non far cadere nella depressione i suoi ragazzi, soprattutto i più piccoli.
Namjoon aveva ora tra le mani una nuova persona da accudire, coccolare e ricostruire. Eve, il suo piccolo granchietto che nascondeva la propria fragilità sotto un guscio incrinato dalle avversità della vita.
Fin dal primo giorno aveva scrutato in quegli occhi un velo di tristezza, di malinconia e fino all'ultimo confidava che fosse pura nostalgia per la propria terra natia, un luogo ancora sconosciuto, lontano migliaia di chilometri dalla Corea. E invece quegli occhi nascondevano chissà quali orrori, traumi e sofferenze.
Eve era rotta nell'anima, devastata, ma aveva avuto la forza di rialzarsi in piedi e ricominciare da capo una nuova esistenza. Forse aveva sconfitto i suoi demoni uscendone ferita oppure era semplicemente fuggita cercando di cancellare un dolore apparentemente sopito, nascosto come la polvere sotto i tappeti.
A Namjoon non importava quanto fossero enormi i cumuli di macerie celati, lui l'amava e aveva scelto di non scappare, di starle vicino perché così come aveva urlato in faccia a Si-Hyuk, Eve lo faceva sentire vivo.
Ed era proprio di fronte al boss, a PDnim, che Namjoon si torturava le mani come un bambino pronto a consegnare al proprio padre l'esito di un compito andato male.
Era seduto sulla sedia e faceva tremare la sua gamba destra mentre Si-Hyuk finiva di firmare alcuni documenti insieme a Sejin.
«Dev'essere molto importante per averti fatto correre fin qui senza preavviso.» L'uomo si sistemò gli occhiali sul naso e ripose la penna sulla scrivania. «È successo qualcosa ai ragazzi? Jimin?»
Namjoon scosse la testa. Accavallò le gambe e cercò di rilassarsi sulla sedia. «Stanno tutti bene, Jimin si è ripreso completamente. Non ha più dolore, per fortuna.»
Si-Hyuk lo osservò bieco senza scomodarsi dalla scrivania. Sapeva che la sua presenza nello studio non era una semplice visita di cortesia per aggiornarlo sullo stato di salute dei ragazzi, lo conosceva fin troppo bene, forse più dei suoi stessi genitori.
Si sporse in avanti sulla scrivania con le mani giunte guardandolo intensamente. «Figliolo, devi dirmi qualcosa di importante?»
Namjoon annuì. «Ho una relazione con la mia vicina di casa.»
I due uomini non riuscirono a mascherare la propria preoccupazione. Sejin tossì nervoso, si mise a sedere sulla sedia di pelle vicino a Namjoon e seguì con lo sguardo Si-Hyuk, ora in piedi con le mani dietro la schiena ad osservare il panorama della città dalla grande vetrata.
«Da quanto tempo?»
Namjoon ingoiò a vuoto per sciogliere il nodo in gola che gli rendeva difficoltosa la respirazione. «Relativamente poco, qualche giorno. I ragazzi non lo sanno ancora, ho ritenuto importante avvisare voi due, prima di tutto.»
«Almeno sei rimasto con la testa sulle spalle. Non ti nascondo che non sono felice, ma è la tua vita privata.»
«Privata? Ci avete fatto seguire da un investigatore.» Lo sguardo severo che gli rivolse Si-Hyuk lo trapassò e il ragazzo abbassò subito il capo. Sentì una mano posarsi sulla spalla, Sejin gliela strinse forte per poi dargli un paio di pacche di incoraggiamento.
«Ragazzino, il fatto che la chiami ancora Eve significa che non sai nulla di lei.» il manager si appoggiò alla scrivania, con le mani strette sul bordo del mobile di ciliegio. «È carina, te lo concedo e sarai infatuato dal fascino straniero. Ci sono tantissime brave ragazze coreane e anche molto più belle di lei. Perché complicarsi la vita?»
«Perché non la conoscete come l'ho conosciuta io, vi siete basati solo su documenti redatti da un investigatore privato.»
Si-Hyuk si schiarì la voce, lo sguardo ancora fisso sulla vista di Seoul. «Sejin-ssi torna a sedere e tu, Namjoonia, ascoltami bene.» Sospirò sonoramente e tornò a sedersi alla scrivania. «Non voglio esprimermi in giudizi verso una persona che, come ci hai fatto notare, non conosco. Ho notato che entrambi siete stati discreti, attenti a non farvi scoprire quindi mi sento molto tranquillo, ma non mi fido delle sue attività lavorative.»
Namjoon arricciò le labbra e si morse le guance. «Traduce articoli scientifici per il National Geographic, non trovo nulla di preoccupante, anzi. Dovreste vederla all'opera, è molto brava. Yoongi le aveva proposto di lavorare per noi, ma ha rifiutato.» Non notò lo sguardo esterrefatto che Sejin e Si-Hyuk si scambiarono. «E se non vi fidate di lei, fidatevi di me. Ve ne prego.»
«Figliolo, ho solo una domanda da farti. Sei felice?»
Namjoon annuì senza nascondere un enorme sorriso. «Assolutamente sì.»
«Capisco.» Vide Si-Hyuk strofinarsi gli occhi e fargli un gesto con la mano per congedarlo. «Voglio provare a darvi fiducia. Ora vai e goditi a fondo questo momento. Le prime settimane sono le più belle.»
Il ragazzo si inchinò e corse subito fuori dall'ufficio con il cuore più leggero e più gonfio d'amore e speranze.
Non seppe che, appena varcata la porta e chiusa alle sue spalle, Si-Hyuk aprì un cassetto della scrivania e prese una cartellina con alcuni documenti consegnandola al manager.
«Tieni.» Sejin la aprì e sfogliò il contenuto per soffermarsi su una fotografia che ritraeva Baek uscire da un konbini che teneva per mano Eve. «Cerca più informazioni possibili su Chang Baek-Hyeon.»
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25 giugno 2021
Fiducia.
Sia nel mondo animale che umano, la fiducia era da sempre la base di ogni rapporto relazionale e Bang Si-Hyuk aveva riposto la sua intera carriera su quel ragazzino anonimo che si dilettava nell'underground. Lo aveva contattato, proposto un contratto che Namjoon firmò senza interpellare i genitori. Entrambi si fidarono reciprocamente ad occhi chiusi.
Fiducia che, ancora oggi, Hitman Bang, o affettuosamente chiamato PD-nim, riponeva in quei sette ragazzi, i suoi piccoli miracoli da tutelare e proteggere.
Namjoon lo sapeva ed era consapevole che Eve, una perfetta sconosciuta che aveva conquistato il suo cuore con uno solo scambio di sguardi, non era ben accettata dall'amministrazione, ma era appunto fiducioso. Avrebbe dimostrato a tutto il mondo che la sua jagiya non era una minaccia per il gruppo, né un'arrivista né tantomeno un elemento pericoloso.
Si trovava a casa di Eve, seduto sul divano. Beveva una tazza di thè verde caldo e adocchiò degli invitanti biscottini al burro casalinghi.
«Sicuro che la Hybe non si metterà in mezzo?»
Baek osservò di sottecchi il ragazzo mentre sgranocchiava uno di quei dolcetti.
«No, ho parlato direttamente con PD-nim e Sejin-ssi. Hanno approvato la nostra relazione.»
«Ottimo, allora sono più tranquillo.»
Namjoon bevve lentamente il suo thè. Aveva tante domande da porre a quell'uomo che, in qualche modo, gli incuteva timore. Lui, il leader dei BTS acclamato e ammirato da milioni di fan aveva paura di un semplice fotografo del National Geographic.
«Baek-ssi. Posso chiederti una cosa?» si morse la punta della lingua in attesa di un suo cenno di approvazione, che arrivò. Prese coraggio e lo fissò negli occhi. «Perché ti sei rivolto ad Eve chiamandola amore mio?»
Il fotografo espirò rumorosamente, posò la tazza sul tavolino e appoggiò i gomiti sulle proprie ginocchia. «Non sarebbero fatti tuoi, ma conosco la tua natura gelosa.» Alzò il capo per ricambiare lo sguardo indagatore del rapper. «Non ho mai smesso di amarla nonostante la fine della nostra storia.»
Namjoon quasi sbiancò, strinse forte le dita attorno alla tazza per non farla cadere a terra. Cercò di respirare a fondo, calmarsi e sfruttare quel momento di connessione con l'uomo seduto di fronte a lui, propenso a continuare quella discussione. Fiducia, doveva avere fiducia.
«È durata tanto la vostra relazione?»
«Sette anni, escludendo i tre in cui Dalì era ancora minorenne. Ho dovuto attendere il compimento della sua maggiore età prima di sfiorarla.» Baek si grattò il mento e rise a quei ricordi lontani. «I suoi genitori erano contrari. Sono stato costretto ad iscrivermi alla sua stessa facoltà, nel suo paese, pur di vederla.»
La confusione regnava sovrana nella mente del rapper. Si sfregò il collo e si passò la lingua all'interno di una guancia. «Se avete studiato insieme, significa che sei un interprete anche tu?»
L'uomo scoppiò a ridere. «Di base sono un traduttore da russo e inglese a coreano, l'interpretato non fa per me. È lei il genio, non io.» Prese un altro biscotto, lo sgranocchiò con gusto e scosse il capo quando vide l'espressione stranita del giovane. «Fidati, tra noi due non c'è nulla di sentimentale, solo sesso e basta. Poi sei arrivato tu.»
Allentò la pressione delle dita e la tazza scivolò dalle mani di Namjoon, rompendosi. Guardò i cocci sparsi a terra mescolati con il thè, ormai freddo. «Quindi voi...» Gli tremò la voce. Si passò le dita tra i capelli, nervoso.
«Ehi, tranquillo. Lei ha occhi solo e unicamente per te.» Gli strinse una spalla e lo obbligò a guardarlo. «Siamo adulti, vaccinati e fino a qualche giorno fa entrambi liberi. Anche tu avrai avuto delle avventure con delle donne, è naturale. Lei non mi ama, ormai mi vede come un fratello da diversi anni. Fidati.»
«Io non faccio sesso con mia sorella.»
«Aish, sarò brutale allora. Quando sono rimpatriato, abbiamo festeggiato, ci siamo ubriacati e le sono saltato addosso.»
«Perché me lo stai raccontando? Non credo di voler-»
«Allora non ti interessa sapere che mi ha chiamato col tuo nome?» Baek si chinò per raccogliere i cocci di ceramica e tamponare il pavimento con dei tovaglioli di carta. «Io la vedo felice solo quando è insieme a te. Non farti influenzare dal nostro passato, goditi il presente e il futuro. Ora lei e la tua ragazza.»
La porta d'ingresso si aprì, Eve rincasò trascinandosi quattro grandi buste della spesa. «Oppa! Mi aiuti che 'sti sacchettini di merda di pseudo plastica si stanno spaccando?» Le poggiò bruscamente a terra per massaggiarsi i palmi delle mani rese rosse per il peso e sorrise quando scorse la figura di Namjoon dietro le spalle di Baek.
«Ciao, yeobo!» Lo raggiunse per abbracciarlo e dargli un bacio a stampo sulle labbra. «Scusa il ritardo. È da tanto che mi aspetti?»
«Pochi minuti.» mentì. Non voleva farla sentire in colpa e dirle che sì, la attendeva da oltre un'ora visto che lei si era dimenticata dell'orario e che era stato costretto ad intrattenersi con Baek in quella che sembrava essere una confessione del fotografo. La guardò in viso, specchiandosi in quelle iridi che brillavano di gioia. «Quanto ti serve per prepararti?»
«Il tempo per cambiarmi la maglietta, anzi. Vieni con me un attimo?»
Si lasciò prendere per mano dalla ragazza che lo trascinò verso la propria camera da letto. Riuscì a incrociare lo sguardo divertito di Baek prima di entrare, per la seconda volta in assoluto, in quelle quattro mura.
Appena la porta di chiuse, si ritrovò Eve abbracciata a lui che lo baciava con passione. Le cinse la vita, sorpreso da quel bacio improvviso e scese lentamente verso il suo sedere morbido.
«Ti ho già detto che mi piaci con i capelli così corti?» gli mormorò senza staccarsi da quelle labbra carnose.
«Almeno sette volte, otto con oggi.» Namjoon rise, le diede una pacca su una natica. «Dai, vai a cambiarti o faremo tardi!»
La vide scomparire dentro la cabina armadio. Colse l'occasione per guardare meglio quella stanza.
Le pareti erano bianche tranne quella lilla a ridosso del letto matrimoniale. Si avvicinò alla scrivania bianca che ospitava diverse fotografie incorniciate e cominciò ad osservarle. Una di esse ritraeva Eve che stringeva tra le braccia una neonata, sua nipote. A Namjoon si strinse il cuore.
Amava i bambini e sognava di diventare padre in futuro. Per una frazione di secondo si immaginò abbracciare Eve che teneva in braccio un bambino dai tratti asiatici, loro figlio.
«Frena, Nam! È ancora presto!» Si massaggiò gli occhi e cercò di tornare razionale.
«Per cosa è presto?»
Sobbalzò e si voltò verso la cabina armadio. Eve era stata di parola e si era cambiata alla velocità della luce.
«No, nulla.» Scosse la testa quando la vide indossare una maglietta nera senza maniche con in bella vista il logo del liquore Jack Daniel's sopra un paio di pantaloncini in jeans. Le diede un bacio. «Perché non ho voglia di rimandare, ma sono tentato di portarti a casa mia e strapparti gli abiti di dosso.»
«Se ti va, possiamo andare da te quando torniamo.» Eve disegnò dei cerchi con un dito sul petto di Namjoon. Arricciò le labbra, pensierosa. «Secondo te andrà bene?»
«Certo.» Le prese il viso con entrambe le mani e la fissò negli occhi. «Fidati di me.»
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sera del 25 giugno 2021
Paura.
L'inizio di una relazione tra due individui poteva essere fonte di gioia per i diretti interessati e causa di disequilibrio per chi li circondava.
Namjoon lo sapeva perfettamente ed era per questo motivo che, insieme ad Eve, aveva deciso di non rivelare nulla ai ragazzi lasciandoli all'oscuro di tutto.
Tutti tranne Yoongi, complice di quella fuga subito dopo le riprese di Butter e l'unico ad aver intuito la riappacificazione di quella coppia.
I Bangtan erano ancora scossi per gli avvenimenti di quella maledetta sera, soprattutto Jimin che si ritrovò ad urlare nel cuore della notte in preda ad una serie di incubi, grida che terrorizzarono i ragazzi subito accorsi nella sua camera.
In quei frangenti Seokjin lo abbracciava, gli accarezzava la schiena per farlo calmare e in un'occasione rivolse uno sguardo severo a Namjoon che lo interpretò come un'accusa diretta contro la sua persona.
«Io non so dove tu possa trovare il coraggio di voler stare con lei.» Hoseok stringeva tra le mani il suo caffè americano. «Non metto in dubbio che l'amore rende ciechi, ma rischi di svegliarti con un pugnale nel petto.»
«Non essere melodrammatico, Hobi.» Yoongi, solitamente taciturno e disinteressato dei problemi altrui, si intromise in quella sorta di processo nei confronti di Eve. «Quello che è successo è sicuramente grave, ma converrai con me che lei è sempre stata paziente e gentile con tutti noi.»
«Hai ragione hyung. Sarò pure esagerato, ma non ero io a premere contro la gola di Baek quel fottuto coltello e scusa se non sono come voi due che ragionate con il cazzo e non più col cervello.» Hoseok lasciò il bicchiere sulla penisola della cucina. «Finitelo voi se volete. Mi è passata la fame.»
Paura. I ragazzi avevano paura di quella piccola crepa all'interno del proprio gruppo che si stava pian piano espandendo sempre di più. Erano combattuti con i propri sentimenti perché, in fondo, amavano la loro Noona e volevano aiutarla, salvarla dai propri demoni e restituirle il sorriso.
In cuor suo, Seokjin sapeva di aver delle responsabilità per quanto accaduto. Era il più grande del gruppo, il papà chioccia che aveva adottato quei sei piccoli farabutti e non aveva mosso un dito quando Taehyung aveva deciso di rovinare il primo e vero appuntamento della coppia. Doveva chiudere a chiave la porta d'ingresso del dormitorio, radunarli tutti in soggiorno e ordinar loro di non rompere i coglioni e starsene buoni. E invece cedette ai visi angelici della maknae line.
Erano trascorsi ormai dieci giorni da quella notte infernale e i ragazzi erano stati invitati da Namjoon a raggiungerlo in dormitorio. Come ogni venerdì sera, erano tutti sparpagliati in diverse zone della città. Seokjin era sovente frequentare ristoranti alla moda per assaggiare nuove pietanze e soddisfare il suo palato, la maknae line prenotava il solito privé nel club esclusivo frequentato dalla Seoul bene, mentre Hoseok sfruttava la serata libera per far visita a sua sorella Jiwoo. L'attività di Yoongi, invece, non era pervenuta.
Si trovarono così svaccati sul divano del soggiorno, Jungkook era immerso nel suo cellulare mentre annullava la serata alcolica con gli amici della 97line ed era così concentrato che non si accorse dell'arrivo di Namjoon, uscito dalla propria camera da letto.
«Yah, spero sia una cosa veramente importante. Ho dovuto rinunciare ad una gustosa cena insieme a mio fratello.» Seokjin incrociò le braccia al petto e fece schioccare la lingua. «Ah, se penso a quel filetto di kobe...»
«Mi dispiace aver rovinato i vostri programmi, ma ho bisogno di parlare con tutti voi con calma.» Namjoon rimase in piedi, spostò il peso del proprio corpo da una gamba all'altra. «Non abbiamo avuto modo di discutere su quanto accaduto a Jimin, a tutti voi e a me.»
Prese un profondo respiro e guardò i ragazzi uno ad uno negli occhi, soffermandosi su Yoongi che gli fece un impercettibile segno col capo. «Anche se non abbiamo legami di sangue, per me siete la mia famiglia e darei la mia vita per voi, ma in questo periodo mi sono reso conto di essere stato un egoista perché mi sono dedicato solo e unicamente a Eve.» Si passò la mano sul collo e si morse le guance.
«Joonie, ne abbiamo già parlato. Sei libero di frequentare chi vuoi, ma ho dei seri dubbi sulla sua sanità mentale. Ieri era un coltello, domani potrebbe essere una pistola.»
«Jin- hyung, stai paragonando Noona ad una pazza.» Taehyung urlò, furioso. «Non la sto giustificando solo perché le voglio bene, sappiamo tutti che non è cattiva. Era terrorizzata per qualcosa e noi ci siamo trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato.»
«Tae, ha accoltellato Jiminie. Ti sembra una cosa normale?» rincarò Hoseok.
«Adesso basta!» Jimin balzò in piedi e rivolse la propria attenzione a tutti i ragazzi seduti sul divano, dando le spalle a Namjoon. «La colpa è di tutti noi. Non dovevamo andare a casa di Joonie-hyung. Ha ragione Yoongi-hyung quando diceva che dovevamo farci i cazzi nostri e invece abbiamo fatto di testa nostra come al solito.»
«La colpa è solo e unicamente mia.»
Jimin trasalì quando sentì una voce femminile alle sue spalle. Si voltò lentamente e come per gli altri ragazzi, il suo bellissimo volto impallidì.
Eve era lì, nel dormitorio, e aveva raggiunto silenziosamente Namjoon che la prese per mano.
«Joonie, tu...lei...» boccheggiò all'improvviso. Jimin non era pronto a vederla perché ogni volta che sentiva nominare il nome della ragazza, la sua mente gli proiettava i ricordi di quello sguardo omicida e della lama che gli tagliava la carne. Il suo corpo tremò, gli urlava di scappare e mettersi al sicuro, ma lui rimase immobile come una statua di sale.
«Jiminie, scusami.» mormorò Eve con voce tremante. Lasciò la mano di Namjoon e corse verso il ragazzo per abbracciarlo. Jimin rimase pietrificato quando sentì le braccia di Eve cingergli le spalle e il viso premuto contro la sua spalla. La sentì singhiozzare e sciogliersi in un pianto disperato.
«Perdonami, ti prego. Io non volevo.»
Lentamente Jimin ricambiò quell'abbraccio. La strinse forte e pianse con lei. «Ti ho già perdonato, Noona.» Alzò lentamente il viso bagnato di lacrime e vide Namjoon che li osservava con un sorriso triste sulle labbra.
Taehyung si unì a quell'abbraccio, cinse con le braccia i due ragazzi e diede un bacio sul capo di Eve. «Non ti odiamo Noona, noi siamo qui per te.»
«Ehi, ci sono anch'io!» brontolò Jungkook saltando giù dal divano. Prese la ragazza strappandola dalle braccia dei suoi hyung e la strinse forte al petto. «E poi non puoi scappare via. Mi devi una di quelle torte di patate.»
Eve rise tra i singhiozzi e le lacrime. Si asciugò il viso con il dorso delle mani cercando di calmare il pianto. Jungkook sciolse lentamente l'abbraccio per affidarla a Namjoon. Le labbra si curvarono in un dolce sorriso scoprendo leggermente quei denti da coniglietto. Aveva riconosciuto l'anello che Eve portava al dito e aveva notato la delicatezza che Namjoon aveva usato con lei per stringerla a sé tenendola dalla vita.
«Rapmon-hyung. Ci devi dire qualcosa?» cinguettò felice attirando l'attenzione di tutti gli altri ragazzi.
Namjoon annuì, rivolse uno sguardo carico d'amore verso Eve e le regalò uno splendido sorriso. «Stiamo ufficialmente insieme.»
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28 giugno 2021
Disillusione.
L'amore aveva diverse fasi e la disillusione era una di queste. Solitamente questo passaggio avveniva quando l'innamorato si rendeva conto che la relazione non procedeva come da lui desiderato. Ma Yoongi non aveva alcuna relazione, solo l'illusione di poter essere ricambiato da una donna che realizzò, una notte, non essergli mai appartenuta.
Tre sere prima Namjoon li aveva chiamati a rapporto e indetto un'improvvisa riunione di famiglia riguardo quell'infausta serata per annunciare, a fine discussione, l'ufficializzazione della sua relazione con Eve.
Da ragazzo responsabile qual era e come leader del gruppo, aveva messo al corrente Si-Hyuk e Sejin.
Come per incanto i ragazzi, compresi i più scettici Seokjin e Hoseok, si rilassarono gettandosi alle spalle quelle loro paure perché consci che Namjoon li avrebbe protetti.
Avevano ordinato il pollo fritto e i japchae per festeggiare quella riappacificazione.
Inizialmente Eve era silenziosa e a disagio per quanto accaduto. «Prima o poi vi racconterò tutto.» si era limitata a dire e Namjoon le cinse le spalle con un braccio e le diede un bacio sulla guancia di fronte a tutti.
Ne seguirono dei fischi e delle esclamazioni di stupore. Il rapper non era avvezzo a pubbliche manifestazioni d'affetto e non amava il contatto fisico con il prossimo ad esclusione di loro sei, ma l'amore era in grado di trasformare le persone più glaciali rendendole malleabili, compreso lui.
Dopo cena, Namjoon ed Eve salutarono i ragazzi. Avevano voglia di trascorrere il resto della serata da soli come giusto che fosse per una coppia appena formata.
Yoongi li seguì con lo sguardo, vide l'amico pizzicarle una guancia e darle un bacio veloce sulle labbra mentre lei cercava di allacciarsi le converse rosse.
Converse High.
Quando voleva, il destino sapeva essere davvero bastardo. Pensò al testo di quella canzone che scrissero anni addietro sul feticismo di Namjoon per quelle scarpe rosse e rise quando ricordò la strofa che dovette cantare.
"Le Converse uccidono il tuo fascino. Comunque, quando ci incontriamo, non indossare le Converse. Sono troppo difficili da togliere."
Yoongi rise perché le scarpe, ad Eve, gliele aveva realmente sfilate insieme ai vestiti.
Un mese prima lei litigò con Namjoon, aveva bisogno di una spalla su cui piangere che non fosse di Baek e lui colse l'occasione per infilarle la lingua in gola.
Eve aveva bevuto e il suo raziocinio l'aveva abbandonata da un bel pezzo.
Yoongi la portò nel suo appartamento privato e quando si chiuse la blindata alle spalle, la spinse sul divano per baciarla con più foga. Si eccitò quando sentì Eve rispondere intrecciando la lingua con la sua e assaporò quella bocca al gusto di nicotina e birra.
Non era innamorato, ma lei non gli era del tutto indifferente e non ci pensò due volte a infilarle una mano sotto il vestito per toglierle le mutandine.
Eve non oppose alcuna resistenza, la mente alleggerita dall'alcol e dalla rabbia. Yoongi le levò rapido il vestito rischiando di strapparlo e si tolse la maglietta, rimanendo a petto nudo. Era affamato come un lupo costretto a un lungo digiuno di fronte ad un agnello che lo invitava a mangiarlo.
Scollegò del tutto il cervello e in quell'istante prevalse il suo egoismo. Non pensò ai sentimenti che quell'ottuso di Namjoon continuava a negare, inoltre non stava facendo nulla di male. Eva era adulta, single e lui aveva un debole per lei oltre ad una voglia matta di infilarsi tra le sue cosce.
Le si avventò sul seno, lo morse mentre la toccava in mezzo alle gambe sentendola rovente e bagnata. Eve gli afferrò le spalle, conficcò a fondo le unghie cercando di trattenere, senza successo, i gemiti che le sfuggirono dalle labbra. Yoongi la stava torturando senza pietà stimolandola con le dita e non aveva alcuna intenzione di fermarsi.
Fu quando il ragazzo si abbassò i pantaloni insieme ai boxer per accostare il proprio membro alla sua femminilità, pronto a penetrarla, che accade l'impensabile. La baciò infilandole la lingua in bocca senza cerimonie e affondò in lei con un'unica spinta, vedendo compiaciuto Eve che reclinava la testa alla ricerca di ossigeno. Cominciò a muoversi rapido e deciso in lei, ad afferrarle saldamente i fianchi per spingersi più a fondo mentre con la lingua le lambiva il collo.
«Oddio, Joonie.» gemette all'improvviso Eve ad alta voce senza più trattenere il piacere che stava provando in quel momento.
Joonie.
Yoongi si bloccò all'istante e fissò negli occhi Eve, tornata improvvisamente lucida. Fu per entrambi una doccia gelata, un risveglio traumatico.
La ragazza arretrò cercando di coprire le proprie nudità con un cuscino del divano, totalmente a disagio e imbarazzata. «Io non... Oh, shit!» Nascose il viso con le mani mentre Yoongi recuperò il suo vestito per porgerglielo.
La vide infilarsi rapida gli abiti, le guance rosse rigate dalle lacrime e i capelli in disordine.
«Non è colpa tua.» Si inginocchiò vicino a lei per cercare il suo viso, nascosto dai capelli. «Avevi bevuto e io sono stato un perfetto stronzo a non fermarmi.»
«Non è solo per quello.» mormorò tra le lacrime. Cercò di trattenere un singhiozzo mordendosi il labbro. Si asciugò col dorso della mano e si torturò le dita, nervosa.
Yoongi sentì un vuoto improvviso in mezzo al petto, i polmoni faticavano ad espandersi. Era stato un perfetto idiota. Era deluso, incazzato nero con sé stesso e voleva dare ad Eve la colpa di quel suo stato d'animo, ma sapeva che era solo e unicamente sua. La osservò e vide solo le labbra rosse e gonfie tremare e nuove lacrime che rigavano quelle guance arrossate coperte dai lunghi capelli.
«Perché non riesci ad essere sincera con te stessa?» Le alzò il viso per incrociare il suo sguardo. Prese un profondo respiro consapevole che quello che stava per fare avrebbe, forse, compromesso per sempre il suo legame con lei, ma in parte anche lui aveva bisogno di avere delle risposte al dubbio che da tempo aleggiava nella sua testa. «Quando ammetterai di essere innamorata di Namjoon?»
Eve non rispose, si limitò a fissarlo sgranando gli occhi e per Yoongi quella sua reazione fu una risposta.
Lei apparteneva a Namjoon fin dal loro primo incontro e lui era il terzo incomodo, un intruso che si stava dannatamente innamorando della donna sbagliata.
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Angolo Autrice
Ed ecco qua con questo lungo, infinito capitolo. Scusate se mi sono dilungata così tanto, ma gli eventi da narrare non erano pochi e ho deciso di racchiuderli tutti qui divisi in paragrafi in più era da tanto che volevo scrivere qualcosa di introspettivo.
Bene, ci sono molte fasi nella vita come l'euforia o la depressione e, mi piange lo cuore e lo ammetto, l'ultima fase è toccata al mio povero Yoongi.
Alla fine, è vero quello che si dice, per quanto si imposti una storia, i personaggi acquisiscono una propria vita e intraprendono da soli la propria strada. Non era previsto un Yoongi così stronzo né un Baek così magnanimo, ma sono spuntati fuori così.
Spero che vi piaccia e non risulti noioso o altro.
A presto!
Borahae 😊💜
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