Conclusione: ...e sul perché sia stata colpa d'Alfredo
È uno stridio assordante d'ingranaggi, quello che gli sminuzza il cervello quando il mattino dopo, diretto al lavoro con una nuvola nel petto – sempre la solita, in apparenza, ma in realtà più leggera, più cotonata e non temporalesca – si ferma di colpo in mezzo alla strada; impalato, come un perfetto baccalà.
«Addò tenete 'a capa, scimunito!»
Bruno sbatacchia gli occhi, sfiorato da una bicicletta di passaggio e da uno stridio di pneumatici. È sicuro gli stia per prendere un infarto, mentre si scansa a ridosso del muro per non intralciare il via vai mattutino – ma, per buona misura, siccome i medici sono i peggiori pazienti di se stessi, si tasta il braccio sinistro e s'allenta il colletto della polo.
Sfiata con due dita premute sul polso, a registrarne il battito forsennato – e fisicamente sta una chiavica, ma anche una favola; e capisce, in un battito di ciglia sfarfallante, che alla lista degli sconvolgimenti che gli hanno segnato la vita finora, deve aggiungerne un terzo; questo, che l'ha fulminato a ciel sereno in mezzo alla strada, fiondandogli l'anima nei talloni e il cuore dietro l'ugola.
E la ragione è una sola, sempre la stessa. Prende a pensare a ritroso, sulle orme indistinte dei ricordi semicancellati dalla risacca della vita; e lo trova, quello sconvolgimento. Lo trova, limpido e cristallino, e capisce perché non lo abbia mai riconosciuto prima; e capisce altresì che non può ritener del tutto certe nemmeno le poche certezze che ha nella vita – anche se di quella di non portar la cravatta e andar controcorrente si priverebbe assai malvolentieri.
Torna, però, allo sconvolgimento: non l'ha mai riconosciuto finora perché, semplicemente, non è un istante distinto nel tempo; non è una chiave che s'infila nella serratura di uno scrigno a scoperchiare qualcosa. Non è la lettera di Ettore arrivata troppo tardi dal fronte, quando lui era già un ricordo, e non è nemmeno quel frammento osceno da bordello che gli si è incuneato in schegge di vetri rotti nelle sinapsi.
È stato un qualcosa di lento, d'indistinguibile – un affastellarsi di pennellate macchiaiole prive di senso, almeno finché non prendono man mano corpo e s'osservano da lontano.
Ripensa a Ricciardi – non ai suoi baci, non alle sue mani, non al suo corpo nudo che ha stretto a sé quella notte – ma a tutto il resto che c'era anche prima; e credeva d'avervi già pensato, ma forse vi aveva solo dato una fugace sbirciata da dietro un vetro appannato – aveva visto macchie, appunto, non forme riconoscibili.
Ripensa, dunque, al prima. Alle sue parole, ai suoi sguardi, al sorriso da folletto che rifila agli altri e a quello dolce che gli grazia le labbra, punteggiato da una fossetta, quando è con lui. Pensa alle sfogliatelle offerte e alle cene proposte; a quegli occhi cangianti, caleidoscopi di cielo e mare, di cui riserva sempre a lui la vista; alle confessioni, agli spiragli, alle aperture, al mettersi a nudo dinanzi a lui senza nemmeno mai togliersi la camicia.
E non c'è nulla di nuovo, in tutto questo. La stranezza si cela in quanto appena accaduto tra loro nel segreto di una stanza – ed è nuova la maniera, forse, ma non l'intenzione appena dietro.
Perché Ricciardi lo guarda così – ricambiando il suo sguardo e offrendogli il proprio – da un pezzo; da mesi, da anni. E lui non ci ha voluto credere, all'inizio, non l'ha voluto vedere. Altro che tenere problemi agli occhi: lui il problema lo tiene in capa e la diagnosi è orgoglio marcio, imbecillità patologica e cecità selettiva. Ricciardi gli parla così – lo chiama – da molto più di qualche giorno, pure se lui non gli ha mai voluto rispondere né prestare orecchio.
Adesso, ha solo deciso di farlo a voce più alta e con sguardi più chiassosi, perché, forse, s'è reso conto d'avere a che fare con uno duro d'orecchi e cinico di spirito.
L'unica differenza tra il prima e il dopo è che a lui, Bruno Modo, s'è capovolto il mondo in un istante per un bicchiere di troppo; e poi s'è messo a far casini a destra e a manca, a far male agli altri solo per cercare di raddrizzarlo – senza rendersi conto che a esser storto era proprio lui stesso, ormai.
S'è sbilanciato, insomma, e ha dato infine risposta, urlando, a quegli sguardi interrogativi, a quelle domande inscatolate in frasi qualunque – e chissà da quanto tempo la aspettava Ricciardi – e chissà da quanto tempo gliel'ha offerta lui, pur non sapendolo – pur non sapendo un bel niente entrambi.
Solo che è la risposta più sbagliata che possa esistere – e, per questo, forse anche la più giusta, poiché è l'unica possibile. Gli verrebbe da ridere, se la cosa non fosse drammatica e se non avesse ferito fin troppa gente nel trovarla, quella sfaccimma di risposta – anzi, no: gli vien da ridere sul serio.
E quindi ride, sommesso; ride tra sé, di sé e in faccia alla gente, incurante degli sguardi – delle chiacchiere, delle false idee, degli errori che lo roderanno da dentro a vita, del suo cuore incastrato a metà del petto – col ghigno irriverente d'un guagliuncello infatuato che ha appena scoperto come si vive, ma non ancora chi è davvero e come esserlo.
In fondo, però, lui è quello che è sempre stato – e di quest'unica certezza può fregiarsi, almeno: un uomo che se ne va in giro senza cravatta, in chiassosa e beffarda direzione contraria al mondo. Ma lui s'è sempre divertito, ad andar controcorrente; e forse ieri sera ci ha soffiato dopotutto la verità, su quelle labbra che lo hanno aspettato così a lungo.
Riprende il cammino con passo leggero: una nuvoletta di fumo a inseguirlo, gli occhi che brillano un poco annacquati e un vuoto allo stomaco che forse è solo fame, o forse no – ma, tanto, stasera lo aspettano per cena.
Nel frattempo, ha un'altra delle sue poche certezze da riscrivere nel proprio sgangherato corollario di vita a cui appellarsi nei momenti di pazzaria – anzi, ben due.
Primo: che ha tutte le intenzioni di proseguire ancora a lungo in quel brioso, beffardo andar controcorrente che trascina da sempre la sua esistenza dalla foce all'insù come una barchetta storta e capovolta.
Secondo: che far tutta quella strada coi piedi a mollo nell'acqua gelida e i flutti contro prima o poi diventa assai stancante e pure noioso, da soli; e, se infine l'ha capito, è stata tutta colpa d'Alfredo.
Note finali ♥ :
Cari Lettori,
ebbene sì, siamo davvero alla fine. Stento quasi a crederci :')
Questa storia doveva essere lunga tre capitoli e trattare un'unica scena che, alla fine, non ho nemmeno inserito (me la tengo per una shot a parte un po' steamy eheh). È stata una palestra di scrittura e un terreno di prova per abbozzare alcune vicende e dinamiche in previsione di "Teatro d'Ombre", attualmente in stesura. È stata un po' di tutto, soprattutto ciò che non sarebbe dovuta essere, e ci sarebbe tantissimo da correggere, limare, migliorare... ma, in fin dei conti, penso che sia una di quelle storie che funziona così com'è, esattamente tale e quale mi è uscita dalla penna e con tutti i propri difetti. E io mi sono divertita tantissimo a scriverla ♥
Ringrazio di cuore chi ha letto, seguito e commentato fin qui. In particolare, PhoenixoftheParadise, Cossiopea, Lachan777, Stefibonns, AlissaAuburn, BooksAddicted96 e silencedreams_, colonne portanti di tutte le storie che riguardano questi due Polli Partenopei che, ormai, a me sono entrati nel cuore e che sono contenta di avervi fatto amare almeno un pochino ♥
Un grazie non esprime quanto mi rendete felice coi vostri commenti ♥
E ora vi lascio, almeno per il momento... ma non così a lungo. Aggiungo qui un piccolo specchietto di cosine in stesura per tenervi compagnia fino al sequel. Non rimarrete a bocca asciutta ;)
- "Io lo dissi al vento": La famosa one shot sui fratelli Modo, di fatto un'originale al 100% se non per il nome di Bruno. Uscita prevista per Natale, anche se è quanto di meno natalizio potrebbe esistere. Mi sta lacerando l'anima e vi chiedo scusa sin da ora. Qui accanto nel commento trovate uno sneak peek sulla copertina ♥
- La sopracitata shottina erotica che arriverà penso a dicembre.
- Un paio di flash sparse nella raccolta "Il nome che ti darò domani". Piccoli frammenti, scarti, scene rielaborate o tagliate dalle altre storie che mi dispiaceva sprecare.
- Un "Trailer" di "Teatro d'Ombre": ho intenzione, in data da definirsi, ma sicuramente entro quest'anno, di pubblicare il prologo di "Teatro d'Ombre" come capitolo extra de "La Ruota degli Angeli". È già pronto e volevo darvi un piccolo assaggio di quello che vi aspetterà, oltre a raccogliere un po' di feedback per indirizzare meglio il mood della storia :P
That's all, folks!
Ci vediamo prestissimo!
-Light-
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top