Chiunque


Una volta atterrata, incontrai mio padre in aeroporto che mi stava aspettando, era arrivato un'ora prima con il suo volo, ma aveva deciso di attendere il mio, così la mamma venne a prenderci insieme, salutandoci con baci e abbracci.

Solo nel momento in cui mi ritrovai tra le loro braccia, mi resi davvero conto di quanto mi fossero mancati e di quanto fossi contenta di stare un po' di tempo con loro, nonostante gli strani comportamenti che contraddistinguevano le loro personalità.

Durante il viaggio in macchina verso casa, parlammo delle novità e mia madre se ne uscì con uno dei suoi soliti commenti a caso: "Liv, tesoro, ti sei tagliata i capelli ancora?"

Seduta sui sedili posteriori, la osservai mentre impugnava il volante con sicurezza e risposi: "No mamma, sono addirittura più lunghi del solito"

"Tuo padre mi ha detto che non sei andata molto bene in matematica" mi riprese subito dopo, assumendo questa volto un tono più severo.

"Papà" sussurrai risentita, era stata una confidenza che speravo restasse tra noi due, sapevo quanto mamma ci tenesse ai miei voti, nonostante non si informasse spesso di quali fossero.

"Faremo qualche esercizio insieme in questo mese" continuò lei mentre metteva la freccia per svoltare in una strada alla nostra sinistra.

"Spero che tu abbia almeno recuperato chimica" continuò mio padre, impedendomi di prendere parte alla conversazione per giustificare le mie mancanze. Anche se le giustificazioni non esistevano, ero stupida e basta. E forse anche un po' pigra.

"Anche chimica ti crea problemi?" esclamò mia madre, voltando leggermente il viso verso di me per lanciarmi un'occhiata preoccupata.

"Mamma guarda la strada" la ammonii, ma le mie parole non furono nemmeno udite dai due occupanti del veicolo perché erano troppo intenti a fare domande e affermazioni frettolose, senza nemmeno ascoltare le mie risposte.

"Forse sei distratta per quel tuo ammiratore segreto?" se ne uscì mio padre, portandosi una mano al mento, pensieroso.

La macchina subì una brusca frenata, inchiodandosi a uno stop mentre la mia testa andava a sbattere contro il sedile davanti, attutita fortunatamente dal rivestimento morbido.

"Che ammiratore segreto?" quasi urlò mia madre, spostando la sua attenzione da me all'uomo seduto di fianco a lei.

"Non è niente di importante, davvero..." provai a dire, ma la mia voce si spense nel retro della macchina perché nessuno dei due mi prestò attenzione.

"Credo si chiami Emilio o qualcosa del genere" continuò mio padre, sollevando gli occhi al cielo per ricordare bene.

"Emiliano?" provò mia madre, cercando di aiutarlo, non avrei saputo dire se spinta da una vera preoccupazione per me o semplicemente da mera curiosità.

"Enrico" mormorai, senza però riuscire a farmi sentire. Era l'unico falso E. di cui mio padre fosse a conoscenza. Non serviva far sapere loro dell'esistenza di Elia o Edoardo. Non serviva far sapere loro nemmeno che il vero ammiratore segreto per me era ancora un mistero. 

"Ernesto?" tentennò mio padre, girandosi verso la moglie con uno sguardo perplesso.

"Eugenio?" tirò a indovinare lei, ancora con la macchina ferma allo stop, in un quartiere che evidentemente era deserto dal momento che non si vedeva anima viva.

"Enrico" ripetei con un sospiro, questa volta con un tono più alto, ma inutilmente.

"Egidio?" domandò mio padre, per nulla convinto.

Sentii la frustrazione montare dentro di me, parlavano della mia vita come se ne fossero al corrente e non si preoccupavano minimante di coinvolgermi nella conversazione. Insomma, perché dovevano sempre essere tanto eccentrici come genitori?

"Emanuele?" chiese mia madre, rivolgendosi sempre al marito e ignorando il mio sbuffo di rabbia.

"Insomma!" gridai questa volta, facendo rimbombare la mia voce nell'abitacolo e richiamando la loro attenzione "Si chiama Enrico!"

Loro mi fissarono un po' sorpresi per quella reazione, mentre io respiravo con un po' di affanno, poi mio padre esclamò: "Ma certo, Enrico! Quel caro ragazzo"

"Liv, ha un ragazzo quindi?" si informò mia madre, riprendendo a guidare finalmente.

"È così educato e posato" lo elogiò lui, sorridendo debolmente al ricordo della cena che avevamo fatto noi tre.

"Non è il mio ragazzo" mi intromisi, ma la mia protesta non destò particolare interesse.

"Le manda dei bigliettini così dolci" rincarò la dose papà e mi portai istintivamente una mano sulla fronte. Era un vero incubo questo viaggio ed eravamo solo all'inizio.

"Che tenerezza" commentò mamma, imboccando il vialetto di casa.

"Non è neanche il mio ammiratore segreto" confessai, ma non aveva molto senso continuare ad aprire bocca, dal momento che ignoravano qualsiasi cosa vi uscisse.

"Dovresti farmelo conoscere" se ne uscì lei mentre parcheggiava la macchina nel garage di sua proprietà.

"Non è necessario. È solo un amico. Davvero..." dissi con nonchalance, sicura che tanto non avrebbero udito mezza parola e infatti mio padre continuò imperterrito: "Potremmo fare una videochiamata"

Che idea orrenda...

"Che idea splendida" esclamò mamma, spegnendo il motore del suv nero e girandosi verso di me "Che ne dici, tesoro?"

Sospirai sconfitta, poi un pensiero balenò nella mia testa: "Non esiste nessun ammiratore segreto, in realtà..." feci una pausa ad effetto e poi continuai: "In realtà si tratta di un'ammiratrice segreta, si chiama Elisa"

Mia madre corrugò le sopracciglia confusa mentre mio padre strabuzzò gli occhi, evidentemente sorpreso da quell'inaspettata rivelazione.

Va bene, era un'invenzione bella e buona, ma ero stufa di sentirli parlare della mia vita sentimentale nonostante non fossero a conoscenza di nulla, perciò volevo semplicemente lasciarli senza parole. A quanto pare ci ero riuscita.

Quasi.

"Ma..." esordì mia madre con qualche difficoltà "io non capisco..."

"E-elisa?" balbettò mio padre con gli occhi ancora spalancati e il viso un po' pallido.

Cercai di trattenere una risata mentre immaginavo quali pensieri si stessero formando nella loro mente, anche se mi sentivo leggermente in colpa per quella bugia, ma in fondo che ne sapevo io? Magari il mio E. era davvero una ragazza.

Oh accidenti, non ci avevo mai pensato veramente, ma poteva essere no?

Improvvisamente mi lasciai catturare dalla fantasia e cominciai a provare anche un senso di panico crescente, avevo deciso di porre fine a questi bigliettini e perciò volevo davvero scoprire chi fosse il mittente. Ma oltre ai maschi, dovevo considerare anche le femmine forse? 

Sarebbe stata un'impresa impossibile!

Mentre ragionavo sulle mie possibilità, aprii la portiera della macchina e mi avviai verso la porta di casa, seguita dai miei genitori che pronunciavano frasi sconnesse con una certa apprensione.

"Liv, tesoro mio" stava sussurrando mia madre "devi forse dirci qualcosa?"

"Non capisco, io non capisco" mormorava mio padre "Elisa?"

Non feci caso ai loro vaneggiamenti, ero troppo presa dai miei: se le possibilità erano tanto vaste, allora E. poteva essere davvero chiunque!

***

I giorni seguenti tranquillizzai i miei genitori, spiegando loro il mio scherzo, ma avevo raggiunto comunque il mio scopo perché nessuno dei due fece più domande o ipotesi su questo ammiratore segreto o sulla mia vita sentimentale. 

Passammo le prime settimane insieme, quasi tutti i giorni, a parte quando mamma veniva chiamata per qualche emergenza, ma riuscimmo a visitare diversi musei e mangiare in tanti ristornati, oltre che dedicarci a uno shopping sfrenato.

Erano diversi anni ormai che venivo in America per l'estate, ma nonostante questo c'erano sempre posti nuovi da scoprire o esplorare e, distratta com'era dalle novità, riuscii a liberare un po' la testa e pensai meno ai miei guai in amore, anche se Elia, Enrico e Edoardo si fecero sentire qualche volta per messaggio.

Benedetta invece mi chiamava quasi tutte le sere e spesso mi aggiornava sulla sviluppo della sua relazione con Riccardo, ovvero entrambi facevano finta che il loro bacio non ci fosse mai stato: sembravano due bambini delle elementari.

Lui probabilmente non sapeva come affrontare la situazione ma allo stesso tempo aveva paura di rovinare la loro amicizia, mentre lei era troppo imbarazzata per tirare fuori l'argomento, quindi avevo semplicemente deciso di cancellare quel momento.

Pessima idea: mi stavo rendendo conto che, per quanto si provasse a ignorare qualcosa nella mente, questa restava sempre presente nel cuore e prima o poi faceva la sua comparsa, scombussolando tutto il sistema nervoso.

Io stessa stavo cercando di pensare sempre meno ai miei tre E, ma ogni piccolo dettaglio finiva per ricordarmi uno o l'altro, inconsapevolmente.

Eravamo stati al parco a fare una passeggiata domenica e, quando avevo visto un gruppo suonare vicino ad una radura, immediatamente mi ero ritrovata a pensare come stavano andando le lezioni extra di violino di Enrico e in pochi secondi il suo viso angelico e sorridente era apparso davanti ai miei occhi, con la pelle candida illuminata dal sole e i riccioli mossi dal vento.

No, Liv, riprenditi!

Un pomeriggio papà aveva scovato un posto grazioso dove fare merenda, sembrava il paese delle bambole, con le pareti rosa pastello e i tavolini bianchi ricoperti di tovaglie di pizzo. Ci eravamo seduti tutti e tre per ordinare deliziosi dolci e bere qualcosa, ma quando era arrivata la mia fetta di torta, improvvisamente avevo avvertito il tocco delle labbra di Edoardo sulla mia guancia, come se lui fosse esattamente di fianco a me in quel momento.

Istintivamente mi ero portata una mano sul viso, persa nei ricordi, ma poi mi ero ripresa e avevo cominciato a colpirmi con leggeri schiaffi per cancellare quelle visioni.

Via, via, lasciatemi rilassare in santa pace!

Una sera mamma si era tagliata sulla mano con un coltello mentre preparava le verdure, c'era stato un po' di panico, papà aveva cominciato a gridare e girare per la cucina senza un vero senso, mentre mamma aveva recuperato uno strofinaccio per tamponare la ferita e poi aveva provato a calmarlo.

Quando la situazione si era stabilizzata, avevamo constato che era un taglio profondo e servivano i punti, così avevamo accompagnato mamma al suo ospedale e l'avevano mendicata. 

Lei ne aveva approfittato per presentarci a tutto il suo staff e quando un giovane medico con i capelli scuri si era avvicinato a me, avvolto nel suo camice bianco, il mio cervello aveva immediatamente sostituito il suo viso con quello di Elia e io mi ero sciolta di fronte alla sua aria così attraente e ai suoi occhi tanto penetranti.

Oh cavolo, avevo bisogno di una barella anch'io forse, ma non avrei saputo dire se fosse stato meglio portarmi in rianimazione o in psichiatria.

Sarei arrivata a fine vacanza esaurita o pazza? 

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