Bambina

Il lunedì mattina mi svegliai con quella parola ancora impressa nella mente. Era già la seconda persona che mi definiva buffa. Non riuscivo a prenderlo come un complimento, probabilmente perché non lo era.

Mi feci una rapida doccia e indossai un vestito leggero, a maniche corte, con una fantasia floreale e delle scarpe da ginnastica. Era quasi giugno e faceva già troppo caldo per mettere i jeans tutto il giorno.

Presi l'autobus con calma ma nonostante questo, quasi inciampai sullo scalino che conduceva sul mezzo e per poco non finii per terra. Fortunatamente riuscii ad aggrapparmi con la mano alla sbarra che si trovava davanti a me ed evitai di mostrare le mie mutande a tutti quanti. 

Quando alzai lo sguardo sui passeggeri, sperai che fossero pochi ad aver assistito alla scena, ma dovetti ricredermi non appena notai l'espressione divertita di Enrico, seduto poco più avanti, con il viso rivolto nella mia direzione.

Lo raggiunsi a testa bassa, imbarazzata per quella figuraccia alla quale ormai Enrico si era abituato, erano più le volte che cadevo di fronte a lui, rispetto a quelle in cui stavo in equilibrio.

"Tutto bene?" domandò gentilmente, spostando lo zaino che aveva appoggiato sul sedile di fronte a lui per tenermi il posto.

Annuii e subito quella parola tornò a invadere la mia testa. Decisi di approfondire la questione e trovai il coraggio per chiedere: "Tu... mi trovi buffa?"

Enrico stinse gli occhi confuso da quella domanda improvvisa, poi piegò la testa di lato e mi studiò per qualche secondo, infine rispose: "Forse maldestra più che buffa"

Maldestra? Quindi ero buffa e adesso anche maldestra?

"Ma ti ho fatto ridere prima" sottolineai, ricordando la sua espressione subito dopo la mia quasi caduta.

Enrico tornò a sorridere divertito, nascondendo la bocca dietro la mano per mascherare quel cambiamento nel suo viso.

"Scusa... effettivamente sei stata proprio buffa" disse con una sorta di colpevolezza negli occhi. Feci una smorfia di disappunto e spostai la mia attenzione fuori dal finestrino.

Quindi, per concludere, tutti e tre i miei possibili spasimanti mi trovavano buffa... non mi sembrava una buona notizia.

***

"Perché devo essere tanto imbranata?" mi lamentai con Benedetta all'intervallo, abbandonando la testa sulla sua spalla. Eravamo sedute sulle panchine del cortile esterno, intente a goderci un po' di aria, non troppo fresca.

"Buffa" ripetè la mia amica, memore del resoconto che le avevo appena fatto "è decisamente l'aggettivo che ti descrive meglio"

Mi sollevai di scatto, rifilandole un'occhiata risentita: "Non dirlo anche te!"

"Però nonostante abbia detto che sei buffa, Elia ha anche detto che si diverte a passare il suo tempo con te" precisò Benedetta, riacquistando la mia totale attenzione.

"Credi che sia lui E.?" chiesi speranzosa, allargando le labbra in un sorriso entusiasta.

"Sicuramente ti tratta in modo diverso dalle altre ragazze. Non sempre meglio, ma comunque diverso" si mise a riflettere la mia amica, sollevando gli occhi verso il cielo.

"Se solo i bigliettini fossero più chiari, avrei già risolto questo mistero" sospirai sconfortata, imitandola e volgendo la testa all'insù.

"Pensandoci però, uno dei primi bigliettini che hai ricevuto riguardava la tua caduta, e sappiamo che Elia ti ha visto" cominciò a dire Benedetta, per la prima volta realmente interessata alla vicenda.

"È vero, e poi ho ricevuto quella poesia di Neruda, e lui aveva un libro con le sue poesie" continuai, sempre più convinta.

"Inoltre nell'ultimo biglietto si parlava di pesche, subito dopo che tu gli hai regalato quel succo" concluse Benedetta.

"Credi davvero che Elia sia E.?" azzardai, fissandola negli occhi.

"C'è solo un modo per scoprirlo" affermò lei, aprendo le sue labbra in un sorriso enigmatico.

La guardai perplessa, chiedendomi dove volesse arrivare, ma non credevo che dalla sua bocca sarebbe uscita una farse del genere: "Devi chiederlo direttamente a lui"

"Cosa devi chiedere direttamente?" Edoardo arrivò alle mie spalle e si chinò in avanti, piazzando il suo viso tra me e Benedetta e facendomi sobbalzare per lo spavento.

Non aveva sentito la nostra conversazione, vero?

"Come si può recuperare un brutto voto in educazione fisica" inventò Benedetta, nonostante fosse vero che dovevo recuperare quel brutto voto.

"Anche in educazione fisica vai male?" continuò Edoardo, rivolgendo la sua attenzione su di me e facendomi sentire tremendamente a disagio.

"Ehm..." balbettai, cercando un modo per cambiare argomento "Ti serve qualcosa?"

Il ragazzo si raddrizzò e infilò le mani nelle tasche, poi chiese con tutta la naturalezza del mondo: "Questa domenica mi accompagni a comprare un regalo?"

"Un regalo?" ripetei confusa, giocando con il bordo del mio vestito.

"Sì, sono diventato zio, mio fratello ha avuto una bambina. Devo prenderle qualcosa, ma non sono molto bravo" si giustificò Edoardo, spostando svogliatamente un sassolino con il piede.

"Perché proprio io?" provai a chiedere, insicura su come interpretare questo invito.

Edoardo tornò a guardare me, come se la risposta fosse ovvia, e disse: "Mi ricordi tanto una bambina"

Come?

Lo guardai basita mentre Benedetta tentava di trattenere una risata, ma Edoardo non sembrava capire che quello che aveva appena detto non era affatto carino.

"Dammi il tuo numero, così ci mettiamo d'accordo" continuò il ragazzo, tirando fuori il cellulare dalla tasca dei jeans. Mi rifiutavo di lasciarglielo, non dopo la sua spiegazione, ma Benedetta intervenne e gli dettò numero dopo numero il mio contatto completo, sotto il mio sguardo scioccato.

"Bene, ci vediamo angelo" concluse Edoardo soddisfatto, allontanandosi mentre ci salutava con la mano. Saluto che non ricambiai, intenta com'ero a fulminare con lo sguardo la mia cosiddetta amica.

"Che c'è?" domandò lei con un'espressione innocente stampata sul volto, rovinata solamente da un accenno di sorriso divertito sulle labbra.

"Traditrice" mormorai, spostando la mia attenzione al cielo sopra di me.

"Bambina" tagliò corto Benedetta, non riuscendo però a trattenersi e scoppiando a ridere questa volta.

Oltre che buffa, ero anche una bambina... ma un complimento mai? 

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