Ti Odio, Ma Sei Qui
Carl è tra le mie braccia.
Lo stringo come se potesse sparire di nuovo, come se il solo fatto di lasciarlo andare potesse farmelo perdere.
Non importa che lo abbia preso a pugni.
Non importa che sia ferito, sporco di sangue, distrutto.
Lui è qui.
E io non riesco ancora a crederci.
Carl si scosta appena.
Mi fissa, il suo sguardo più morbido del solito.
E solo allora mi rendo conto di una cosa.
Ho gli occhi lucidi.
Non sto piangendo davvero.
Ma la paura, il sollievo, il casino che ho in testa...
È tutto lì, nei miei occhi.
Carl lo vede.
E il suo respiro cambia appena.
Mi alza il mento con due dita, studiandomi.
«Stai piangendo per me, Fenice?»
La sua voce è bassa.
Quasi divertita.
Quasi tenera.
Io mi scosto di scatto, cercando di coprire il momento.
«Ti odio.»
Carl sorride appena.
«No, non mi odi.»
Lo guardo male.
«Ti odio.»
Lui scuote la testa.
«No, perché se mi odiassi davvero, non saresti fuori di testa perché pensavi di perdermi.»
Stringo i denti.
Lo odio davvero.
Ma lo odio perché ha ragione.
Carl solleva appena un angolo della bocca, il solito sorriso da stronzo sicuro di sé.
Poi, senza darmi il tempo di rispondere, mi sfiora la guancia con il pollice.
Un tocco leggero.
Un tocco troppo sicuro.
E sussurra:
«Comunque, ti stanno bene gli occhi lucidi.»
E in quel momento, lo prendo a pugni di nuovo.
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