Behind the Scene
Le labbra rosee della ragazza, lucide per la spropositata quantità di lip gloss, si muovevano sinuosamente su quelle del collega, le braccia ancorate al collo, il corpo minuto interamente premuto contro l'altro tonico e sodo e gli occhi azzurri schiusi appena, che le donavano un'aria dannatamente innocente.
«Stop! Fermatevi. - la voce del regista interruppe per l'ennesima volta la scena, incrociando le braccia indispettito e puntando sui due attori i suoi occhi argentei inviperiti. - Quante volte pensate sia necessario ripetere questa dannata scena?»
La giovane ragazza diede una scrollata ai suoi capelli dorati, lanciando al coprotagonista un'occhiataccia seccata.
«Non guardarmi così, Historia.» sbuffò in risposta il destinatario di quella che sarebbe stata l'ennesima sfuriata della giornata.
«E come dovrebbe guardarti, Jaeger? È la quindicesima volta che provate questa scena e ogni santa volta l'abbiamo interrotta per colpa tua.» sbuffò il regista, afferrando il termos e versandosi la quarta tazza di caffè della serata.
«Colpa mia? Levi, seguo il copione alla perfezione! I tempi sono giusti, le battute sono giuste, eppure non fai altro che lamentarti» sbottò il giovane attore, affondando le unghie nei palmi delle mani, segnandone la carne per sfogare la frustrazione. Il solo pensiero di dover provare ancora una volta quella maledetta scena gli dava la nausea.
«La baci come se fosse un cazzo di palo della luce. Questa dovrebbe essere una scena passionale, dove i due protagonisti si scambiano un bacio d'addio! Non sanno se riusciranno a rivedersi, quella è la loro ultima occasione, il momento in cui entrambi lasciano cadere la maschera mettendo a nudo i loro sentimenti! Dove sono i sentimenti, Eren?» la voce tagliente, le labbra increspate per il disappunto e la pazienza ormai al limite, di fronte allo sguardo di sfida lanciato dall'altro.
«E adesso, se hai capito che questa non è una recita scolastica, ma un fottutissimo film, mi faresti il sacrosanto piacere di ricominciare?» fece, lasciandosi cadere sulla sedia e gesticolando al cameraman di tenersi pronto.
«Levi, è tardi, lasciamoli andare a casa. I ragazzi sono esausti. - esclamò la produttrice, che fino a quel momento si era tenuta in disparte, poggiando una mano sulla spalla del collega. - E lo sei anche tu.» precisò subito dopo.
«Non finché questa scena non sarà fatta come si deve. E non dirmi che sono stanco.»
«Non riusciranno a farla come si deve, non questa sera. Guardali! Sono stremati e tu lo sai bene. Lavorano da giorni interi senza sosta. Domani inizia il weekend, prendiamoci tutti una pausa e cominciamo di nuovo lunedì. Sono sicura che, a mente fresca, saranno impeccabili.» annuì la donna, sotto lo sguardo speranzoso di tutti e quello furente di Levi.
«Bella idea del cazzo, Hanji.» sibilò a denti stretti.
«La signorina Zoe non ha tutti i torti, signor Ackerman. - s'intromise Oruo, il cameramen. - Non passo un weekend con mia moglie e con i miei figli da mesi ormai.» a queste coraggiose parole seguì un brusio generale, dove tutti, chi più e chi meno, esprimevano la volontà di voler tornare a casa.
Hanji sollevò un sopracciglio, soddisfatta del risultato e dell'approvazione generale ottenuta.
«Coraggio, non comportarti come il Signor Scrooge il giorno di Natale.» gli sorrise la donna, scatenando per l'ennesima volta ilarità nei colleghi.
«Va bene. - sospirò rassegnato il corvino. - Lunedì mattina vi voglio qui tutti, alle otto in punto.» asserì imperativo, alzandosi e dirigendosi verso l'uscita, sotto scroscianti applausi da parte del suo team.
Eren non staccò gli occhi dalla schiena dell'uomo che, abbandonando la sala, non gli aveva dedicato nemmeno uno sguardo, troppo preso a massaggiarsi la fronte e a raccattare le sue cose.
«Tranquillo, Eren. Capita a tutti di non riuscire a dare il massimo in una scena, soprattutto se come te si è stati magistrali in tutte le altre.» lo rincuorò Hanji, avvicinandoglisi e dandogli una pacca sulla spalla. Historia, nel frattempo, aveva lasciato il set con la superba aria da diva di Hollywood, convita che, se fosse dipeso unicamente da lei, avrebbero già finito le riprese da settimane.
Eren ridacchiò, e la sua espressione rilassata colpì la produttrice. Era stato rimproverato per tutta la sera, ma il suo orgoglio non era stato minimamente scalfito. Quel ragazzo dagli occhi di giada aveva un'incredibile fiducia in se stesso e un carisma ineguagliabile.
«Ora capisco da dove nasce l'adorazione di Levi per te.» pensò ad alta voce, facendo nascere un cipiglio tra le sopracciglia dell'attore.
«Come, scusa?» le chiese confuso.
«Niente. - sorrise la donna. - Riflettevo.»
***
Era ormai passata un'ora da quando Levi aveva congedato l'intera equipe, dando appuntamento per l'inizio settimana. Tutti avevano lasciato l'edificio in meno di un quarto d'ora, troppo affrettati di tornare nelle loro case dalle loro famiglie, o semplicemente a riposare, stremati dal duro lavoro.
Eppure Eren era ancora lì, fermo accanto all'ascensore che sapeva sarebbe stato preso dall'unica persona che ancora non aveva abbandonato l'edificio, ormai deserto.
Il suo cuore perse un battito e un sorriso radioso prese possesso del suo volto quando lo vide avanzare, avvolto nel cappotto scuro.
«Che fai ancora qui, Jaeger?» gli chiese, pigiando il pulsante e mettendosi in attesa con le braccia incrociate contro il petto.
«Sei antipatico.» lo punzecchiò il giovane, sfoggiando quel sorriso arrogante che lo caratterizzava.
«Sei tu che non t'impegni. - gli rispose a tono. - Dove avevi la testa, oggi? Scene del genere non ti hanno mai causato problemi.» precisò, tenendo lo sguardo fisso sullo schermo: ancora tre piani e l'ascensore sarebbe giunto a destinazione.
«Probabilmente Hanji ha ragione: sono stanco.» ammise in un bisbiglio.
«Allora riposati, esercitati e lunedì fai del tuo meglio. - sospirò, il viso segnato da profonde occhiaie. - Non voglio che si pensi che ti ho scelto come protagonista solo perché sei mio amico.»
«Attenzione, Levi Ackerman ammette di essere mio amico. - la voce volutamente cantilenante fece levare gli occhi argentei del corvino verso il cielo. - Nessuno lo penserebbe mai, tutti sanno quanto tu sia scrupoloso nelle tue scelte.» lo rassicurò il castano. Ci credeva veramente, sapeva che Levi non faceva favoritismi nel suo lavoro e che, nonostante l'amicizia che li legava da cinque anni, la sua era stata una decisione ben ponderata.
«Mh, come dici tu.» fece con un'alzata di spalle. Le porte si aprirono e i due varcarono la soglia insieme. Le loro mani si sfiorarono per un singolo istante, facendo sussultare entrambi. Si scambiarono una lunga occhiata ed Eren non riuscì ad interpretare lo sguardo criptico del maggiore.
«Allora, sputa il rospo: perché sei rimasto ad aspettarmi?»
«Perché pensi sempre che ci sia un doppio fine?»
«Perché tutte le volte che lo fai, hai bisogno di un passaggio.»
Vero, pensò Eren.
Quello che Levi non poteva neanche lontanamente immaginare era che il castano non prendeva quasi mai la macchina di proposito. Una scusa come un'altra per passare più tempo insieme al suo collega.
«Nessun passaggio questa volta. - sollevò le chiavi dell'auto. - Sono motorizzato.» sorrise all'occhiata poco fiduciosa dell'altro.
«Penso che tornerò a casa questo fine settimana. Non vedo i miei amici da mesi.» mormorò, studiando la sua reazione: vuoto assoluto, come se quella notizia non lo toccasse minimamente.
La delusione si palesò sul viso del minore; solitamente i weekend li passavano insieme: bevevano, andavano al cinema, mangiavano. Si aspettava come minimo una reazione a quella notizia, non quel disinteresse straziante.
«Buon per te. – disse dopo alcuni attimi di silenzio. - Vorrà dire che chiamerò Erwin. Sai, ultimamente non fa che ripetermi che passo troppo tempo con te e che si sente trascurato.»
«No! - gridò subito in risposta a quelle parole. - Nel senso... perché non vieni con me?» chiese, provando a regolarizzare il tono di voce. Immediatamente dopo affondò i denti nel labbro inferiore, studiando la reazione del collega.
«Come?» chiese Levi, inarcando un sopracciglio.
«Hai bisogno di una pausa anche tu, venire con me ti farebbe bene.» la buttò lì così, certamente non poteva confessargli che stare lontano da lui per due giorni interi lo avrebbe depresso all'inverosimile. Senza contare che avrebbe passato quarantotto ore a pensare a lui, a quello che avrebbe fatto in sua assenza. Sicuramente Erwin avrebbe approfittato della sua lontananza e questo non gli andava giù. Quel biondo ossigenato non rientrava certamente nella cerchia delle persone che Eren stimava: lo trovava viscido e odiava il fatto che gironzolasse costantemente attorno al suo amico come una falena con la luce. Il silenzio di Levi lo demoralizzò e, proprio quando il pensiero che avrebbe rifiutato si concretizzò nella sua mente, il corvino prese la parola.
«Quando partiamo?» domandò solamente, ricevendo in cambio un dolce sorriso da parte di Eren.
«Domani pomeriggio.» rispose prontamente, non nascondendo una punta di euforia.
«Piantala di sghignazzare, moccioso.» lo rimbeccò, ottenendo come unico risultato quello di far ridere ancor di più il minore. Le porte dell'ascensore si aprirono sull'atrio principale.
«Passo io dopo pranzo, allora.» prese appuntamento.
Si salutarono sull'uscio dell'ingresso, prendendo strade opposte. Il vento freddo fece rabbrividire il castano, ma solo per un istante. Un moto di eccitazione lo pervase a partire dallo stomaco, facendolo sorridere per l'ennesima volta come un ebete.
Levi gli aveva detto di sì.
***
Il viaggio era stato per lo più silenzioso, la musica country in sottofondo e Levi concentrato sulla lettura di un romanzo. Eren gli aveva categoricamente vietato di portare con se del lavoro da svolgere: doveva godersi quei due giorni.
Arrivarono da Roland's, il bar dove Eren e la sua combriccola avevano passato l'intera adolescenza, tra bevute sconsiderate e partite a biliardo. Il gestore era un certo Hannes, uomo che aveva praticamente visto il ragazzo e i suoi amici crescere e che li trattava quasi come dei figli.
Per Eren fu come tornare indietro nel tempo di otto anni: la musica rock in sottofondo, il profumo di carne alla brace che invitante invadeva le narici, i calici di birra sul bancone e il suo tavolo, occupato da quelli che lui considerava compagni di vita. Il primo ad accorgersi della sua presenza fu il ragazzo bassino dalla testa rasata che, non appena lo vide, s'illuminò di gioia. Scattò in piedi, andando nella sua direzione e dandogli il cinque in un modo talmente buffo che Levi si convinse fosse una specie di saluto segreto.
«Brò, allora ce l'hai fatta!» esultò, l'espressione ancora incredula dipinta sul volto.
«Ma guarda chi ci è venuto a trovare! Sai ero convinto che ormai te la facessi solo con i vip, invece ogni tanto ti ricordi di noi comuni mortali.» lo punzecchiò il ragazzo più alto, ancora seduto allo sgabello di legno e intento ad infilarsi una nocciolina tra le labbra.
«Connie, ricordami come mai Jean fa ancora parte del gruppo.» sorrise Eren, per nulla infastidito dall'affermazione dell'amico con la faccia equina.
«Oh, me lo chiedo da anni. - sorrise il più basso. - Forse questa domanda dovresti porla a tua sorella.» disse, mentre un ragazzo dai capelli biondi si avvicinò timidamente, per poi stringere fraternamente tra le braccia il castano.
«Ehi, Arm! - lo salutò entusiasta, dandogli un'affettuosa pacca sulla schiena. - A proposito di mia sorella, dov'è?» chiese a quel punto, dandosi un'occhiata in giro, alla ricerca della chioma corvina e della sciarpa rossa.
«In bagno con Sasha! Non le abbiamo detto che saresti venuto, come minimo le prenderà un colpo.» sghignazzò Connie, posando poi il suo sguardo sulla figura sconosciuta al fianco di Eren.
«Ragazzi, lui è Levi, il regista del film che sto girando in questi mesi. Levi, loro sono Connie, Armin e Jean.» disse fiero. Quando vide un sorriso nascere sulle labbra di Levi, due emozioni contrastanti s'insidiarono nel suo petto: felicità, perché vederlo così era un evento unico; invidia, perché avrebbe voluto essere l'unico destinatario di quel meraviglioso sorriso.
Connie, espansivo caratterialmente fin da bambino, non si risparmiò di abbracciare il corvino, non sapendo che normalmente questi detestava il contatto fisico. Lasciando completamente di sasso il giovane Eren, Levi non si ritrasse, né si mostrò particolarmente infastidito. Jean si avvicinò, mettendo una pinta di birra rossa tra le mani del più basso.
«Offro io, so cosa vuol dire essere amici di Jaeger. - sghignazzò. - Consideralo come un gesto di solidarietà.» A queste parole Eren lo afferrò per il collo, grattandogli la testa con le nocche del pugno chiuso e scompigliandogli i capelli.
«Non ti spacco la faccia solo perché stai con mia sorella, brutto equino. – Il biondo sollevò entrambe le mani in segno di resa, gentilmente concessa dall'altro. - Se ti sono mancato, basta dirlo.» lo prese in giro.
«Figurati se un fuori di melone come te mi è mancato, non farmi ridere Jaeger.» e quel battibecco, Connie ed Armin lo sapevano bene, sarebbe potuto andare avanti all'infinito, se solo non fosse arrivata Mikasa che, con le labbra spalancate e gli occhi lucidi, saltò praticamente al collo di Eren, stringendolo in un abbraccio.
«Che ci fai qui?» chiese, senza lasciar andare la presa, affondando con il viso nell'incavo del suo collo. Non si vedevano dal giorno di capodanno, ovvero quasi un anno.
«Sorpresa riuscita?» le chiese, carezzandole i capelli e facendola sorridere.
«Direi di sì.» ammise, sciogliendo l'abbraccio e immergendosi nei suoi occhi. Sasha, nel frattempo, intrecciò il suo braccio a quello del castano, cominciando a blaterare qualcosa riguardo una gara a chi beveva più shot di vodka senza vomitare.
«Ragazze, lui è Levi.» e a queste parole gli occhi della castana s'illuminarono. Era l'unica della combriccola interessata al mondo del cinema.
«Levi Ackerman! Oddio, tu sei il mio idolo! Ho visto tutti i tuoi film, sono pazzeschi. Non riesco a crederci, sono così emozionata che potrei mangiare un tacchino intero.» disse euforica, afferrando la mano libera del corvino e sorridendogli ammirata.
«Già, ma io ed Eren siamo qui per staccare la spina, quindi vi avviso: il primo che parla del nostro lavoro, beve per penitenza.» asserì serio, completamente a suo agio in quell'ambiente nuovo, talmente tanto da far vibrare il cuore di Eren. Tante volte aveva immaginato di presentarlo ai suoi amici e in ognuna delle sue fantasie non era mai capitato di pensare ad un Levi così rilassato. A quella frase Connie allargò entrambe le braccia, profondamente colpito.
«Mi piace come ragiona questo ragazzo, Eren, dove lo tenevi nascosto?» chiese, sinceramente colpito.
«Forse voleva tenerlo tutto per sé.» ipotizzò Sasha, sorridendo maliziosamente e facendo arrossire il castano.
«M-ma che dici?» chiese, la voce improvvisamente incrinata che fece nascere sul volto di Levi un'espressione curiosa. Espressione che Eren s'impegnò di evitare.
«Non prendetevela, Eren s'imbroncia anche quando passo del tempo con i miei amici.» lo prese in giro il corvino, scatenando l'ilarità generale, eccetto quella di Mikasa, che semplicemente si limitava a scrutarlo dubbiosa.
«Questo non è vero. - si difese prontamente il ragazzo, ricevendo in cambio uno sguardo eloquente. - Siete noiosi. E poi dov'è la mia birra? Perché ancora nessuno me ne ha offerta una?» continuò, provando a sviare il discorso. Per sua fortuna Armin, suo unico alleato, subito gli si avvicinò con una pinta bionda tra le mani.
«Vedete? Prendete esempio. - li prese in giro, voltandosi poi verso quello che da anni era il suo migliore amico. - Sei il migliore, come sempre.» gli sussurrò.
«E tu sei un lecchino.» asserì, facendo ridere tutti per l'ennesima volta.
«Allora Eren, a cosa stai lavorando?» gli chiese la sorella, sedendosi sulla panca legnosa; ma prima che l'interlocutore potesse rispondere alla domanda, Levi prese parola.
«Ti tocca bere.» esordì divertito, facendo schiudere le labbra di Mikasa per la sorpresa e facendole arrivare un shot di vodka liscia. La ragazza guardò titubante il bicchiere ma, esortata dal resto del gruppo che aveva avviato un ripetitivo coro di "Giù", sollevò il bicchiere.
«Alla vostra.» fece ironica, ingoiando il liquido in un solo sorso e provocando un applauso generale, che si estese anche al resto della clientela del pub. Preso dall'euforia del momento, Connie buttò giù il resto della birra del suo boccale, chiamando subito dopo un cameriere per farselo riempire nuovamente.
«Complimenti, far bere Mikasa è sempre una vera e propria impresa.» gli sussurrò Eren, mentre Jean parlava animatamente con Armin, facendogli notare quanto cazzuta fosse "la sua donna". Levi gli lanciò uno sguardo divertito, che ben presto sfociò in una risata.
«Adesso che ti prende?» domandò il castano, inarcando un sopracciglio. Erano seduti dannatamente vicini, le loro spalle e le loro cosce si toccavano in ogni singolo punto. I meravigliosi occhi argentei di Levi si specchiarono nei suoi, ma il cuore di Eren cominciò seriamente a galoppare quando quelle iridi si spostarono sulle sue labbra, osservandole con... quella era malizia?
«Hai i baffi di birra.» lo prese in giro, passando un dito sulla schiuma depositata sulle sue labbra. Che stava succedendo? Levi non si era mai comportato in quel modo. Erano amici da cinque anni e da altrettanti Eren nascondeva la cotta colossale che aveva per lui, anche con una certa maestria a dire il vero. Ora però il suo autocontrollo era seriamente messo a dura prova. Le labbra scottavano nei punti in cui pochi secondi prima si erano depositate le dita di Levi, gli occhi imbambolati su quella bocca che da troppo tempo ormai bramava di assaggiare. Le mani di entrambi, poggiate sul legno della panca, s'incontrano, e ad Eren vibrò l'intero corpo a quel gesto improvviso e non programmato. Un tarlo s'insidiò nella sua mente: davvero non era stato un gesto premeditato? E se il maggiore lo avesse fatto di proposito? Se così fosse stato, lui come avrebbe dovuto reagire?
Una mano sulla spalla spezzò quell'incantevole bolla di sapone, dove per alcuni istanti si era rintanato con il corvino.
«Ragazzi, ci siete per una partita a biliardo? Io e Jean contro voi due.» fece Connie, alternando lo sguardo tra quello confuso di Eren e quello del tutto disinvolto di Levi.
«Certo, chi perde paga da bere.» rispose subito Levi, squadrando divertito Eren.
«Amico, dove sei stato per tutto questo tempo?» fece Connie, battendo le mani divertito.
Il tavolo da biliardo si trovava nell'angolo della sala, proprio a fianco al vecchio, ma ancora funzionante, jukebox. Connie trascinò Eren con sé qualche passo più avanti, afferrandolo per il collo e costringendolo ad abbassarsi alla sua altezza.
«Brò, dimmi la verità, tu e Levi...» non continuò la frase, si limitò ad ammiccare con un sorriso sornione stampato sul volto.
«Non è come credi. - si giustificò subito. - Siamo solo amici.»
«Eren, io e te siamo solo amici, infatti tu non mi guardi come volessi saltarmi addosso da un momento all'altro.» gli fece notare.
«Non lo faccio nemmeno con Levi.» e a quest'affermazione, Connie scoppiò a ridere come se avesse sentito la battuta del secolo.
«Stammi a sentire, amico: oggi o mai più. Fidati del vecchio Connie. - l'ennesimo occhiolino, poi si voltò verso gli altri due. - Ragazzi, spacco io!» esclamò, inserendo i soldi e cominciando a posizionare le palline nel triangolo.
Dopo appena qualche turno, Armin e le ragazze si avvicinarono ai compagni, portando loro l'ennesima birra della serata, e prendendo subito dopo ad armeggiare con il jukebox. Dopo un'agguerrita conta, Sasha si aggiudicò il diritto di scegliere la canzone che, per la gioia di Mikasa, fu Candyman di Christina Aguilera. Le due cominciarono a ballare, cantando quelle parole come un vero e proprio inno, spronate dai fischi e dagli applausi del resto della clientela. Quello che ne pagò le conseguenze fu Jean che, troppo impegnato a guardare in cagnesco ogni singolo ragazzo che osasse posare gli occhi sulla corvina, sbagliò il tiro, mandando a segno una delle palline piene appartenenti all'altra squadra.
Fu il turno di Eren che, chiudendo un occhio, si piegò sul tavolo verde, stando ben attento a prendere la mira. Sussultò nel momento in cui sentì una mano poggiarsi sul suo fianco e l'altra percorrere il braccio che maneggiava la stecca. Le labbra di Levi s'avvicinarono al suo orecchio.
«Stai attento, così rischi di mandare in buca l'otto.» gli fece notare, indicando la sfera nera, troppo vicina all'angolo. Il corpo del corvino completamente premuto contro il suo, le mani tremanti, ormai completamente inutili ai fini del gioco: in quelle condizioni non sarebbe riuscito nemmeno a colpire quella bianca. Questa volta non si stava immaginando tutto, Levi lo stava volutamente torturando.
«Colpisci in quel punto. - gli suggerì dunque, soffiando contro il suo lobo e facendolo rabbrividire- Così non dovresti avere problemi.» lo sentì, a quel punto, sorridere contro la sua pelle. Era troppo da sopportare persino per lui. Non riuscì a spiegarsi con quale forza d'animo riuscì a mandare a segno quel punto, sotto gli occhi divertiti di Connie e un Jean troppo preso dalla sua ragazza per rendersi conto della situazione che lo circondava.
***
La serata si concluse verso le tre, i ragazzi del gruppo tutti estremamente alticci si trascinarono fuori il pub. Mikasa, completamente brilla, appesa al braccio di Levi provava a ripetere uno scioglilingua, sfidata proprio da quest'ultimo, ma del tutto incapace di arrivare anche solo a metà frase. Alla prima protesta di gelosia da parte di Jean, si separò dal ragazzo per fiondarsi tra le braccia del biondo, zittendolo con un bacio talmente languido e passionale da guadagnarsi un fischio da parte di Connie e un "prendetevi una stanza" da Sasha. La corvina si voltò poi nella direzione di Eren, puntandogli un dito sul naso e guardandolo grave.
«Non sparire per un altro anno, intesi? Non costringermi ad organizzare un matrimonio solo per poterti vedere. - biascicò singhiozzando. - E porta il tuo ragazzo con te. Non al matrimonio, cioè non solo. Portalo con te e basta.» concluse, aggrappandosi al braccio del compagno e nascondendo il volto contro la sua maglietta.
«Direi che è arrivato il momento di tornarcene a casa.» le suggerì Jean, posandole un bacio tra i capelli e ricevendo in cambio un sorriso allegro.
Per fortuna Eren, già consapevole di come sarebbe finita la serata, aveva prenotato la stanza in un albergo a due passi da lì, facilmente raggiungibile a piedi. In quel momento nessuno di loro era nelle condizioni adatte per guidare un'automobile. Salutati affettuosamente i suoi amici d'infanzia, lui e Levi s'incamminarono vero la struttura.
«Merda, mi sta scoppiando la testa.» mormorò il corvino, poggiandosi contro la spalla del compagno, facendo sussultare per l'ennesima volta il suo povero cuore.
«Se avessi bevuto di meno.» lo canzonò Eren, sorridendo.
«Stai zitto, tu hai bevuto di più.» mormorò, tirandogli debolmente un pugno contro il petto e scoppiando a ridere. Tra una battuta e l'altra arrivarono in albergo e, trovando l'ascensore guasto, furono costretti a risalire le scale a piedi, non con poca fatica.
«La 111 è la mia.» bisbigliò Levi, estraendo dalla tasca la tessera magnetica.
«Allora sei arrivato...» fece lui, posizionandosi di fronte al corvino, appoggiato con il corpo contro la porta bianca della camera.
«Sono arrivato.» affermò, accennando un sorriso, senza smettere di guardarlo negli occhi. Eren ricambiò con un sorrisone inebetito. Le parole di Connie gli frullarono nella testa.
Ora o mai più.
Ma come avrebbe potuto baciarlo, se nemmeno era sicuro del suo orientamento sessuale? Eppure era lì, sorridente, le labbra umide e invitanti da morire, le pupille degli occhi leggermente dilatate e le guance arrossate. Incantevole come poche creature al mondo, e tutto quello che avrebbe voluto fare era saggiarne il sapore.
«Eren? - richiamò la sua attenzione, percorrendo il suo petto con due dita, fino ad arrivare alla base del collo ambrato. - Vediamo se riesco ad insegnarti come si fa.» e dette queste parole, azzerò del tutto le distanze, avventandosi sulle labbra carnose del castano, totalmente sconvolto. Fu uno scontro inizialmente dolce, dettato unicamente da movimenti perfettamente lenti e calcolati. Levi si fece spazio nella sua bocca, le loro lingue si cercarono fameliche, s'incontrarono bisognose e più il bacio si prolungava, più i movimenti diventavano imprecisi, veloci, ambiti. Quando il più basso morse il labbro di Eren, quest'ultimo non riuscì a trattenersi, liberando un gemito gutturale, premendo il suo corpo contro l'altro e incastrandolo tra se stesso e la porta. Si separarono, i respiri irregolari s'infransero l'uno contro l'altro, i nasi si sfiorarono.
«Levi...»
«Allora è solo Historia che non riesci a baciare, Eren?» gli chiese languido, con la voce divertita.
«Non se ci sei tu a guardarmi.» ammise ad un soffio da quelle labbra, che non avrebbe voluto far altro che martoriare con i denti e con la lingua. Ora che aveva scoperto quanto dolce fosse quel frutto che fino al giorno prima aveva considerato proibito, sentì di esserne diventato dipendente, che senza quella bocca sulla sua sarebbe presto arrivato alla pazzia totale.
«Non se a guardarmi c'è l'unica persona che vorrei baciare sul serio.» precisò poi, ricevendo come ricompensa a quella dichiarazione tanto sincera l'ennesimo bacio. La mano di Levi scivolò distrattamente sulla serratura elettronica, aprendo la porta e tirandolo con sé al suo interno. Eren inciampò nei suoi stessi piedi, cascando sul materasso e trascinando con sé Levi, che cadde a cavalcioni su di lui. Le mani del maggiore s'insidiarono sotto la felpa del castano, percorrendo i muscoli tonici dell'addome a mani aperte e scendendo poi sul ventre fino alla vita bassa, mentre con i fianchi si dondolava peccaminosamente sull'intimità già turgida del ragazzo.
«Non lo stai facendo perché sei ubriaco, vero?» gli chiese Eren in un attimo di lucidità. Levi si abbassò sulle sua bocca.
«Lo sto facendo proprio perché sono ubriaco.» confessò, leccandogli languidamente le labbra, scendendo poi lungo la gola e lambendone la pelle.
«Non voglio che sia l'alcol a... A-ah, Levi.» denti e lingua dell'altro presero a giocare con il lobo tenero dell'orecchio, una tortura ben apprezzata dall'altro.
«Da sobrio non avrei mai potuto farlo. Nemmeno immaginavo che tu fossi gay.»
«Ma se non ho occhi che per te... da anni. Io-»
«Eren, chiudi il becco.» gli intimò, assicurandosi con l'ennesimo, dolcissimo bacio, che il ragazzo la smettesse di blaterare. Quanto aveva desiderato di stringere a sé quel corpo, quanto aveva invidiato tutte le donne che, anche se solo per lavoro, gli si erano strusciate addosso senza alcun freno inibitorio.
«Solo Dio sa quanto mi fai sesso con questi jeans addosso. - gli confessò, passando le dita su quei pantaloni, talmente attillati da sembrare cuciti addosso, fino ad arrivare al cavallo gonfio e stringere con una mano quello che bramava da una vita. - Hai la minima idea di quanto sia stato frustrante per me vederti costantemente piegato su quel maledetto biliardo?» gli domandò tirandogli i capelli, costringendolo ad inarcare la schiena. Lo trascinò su con sé, facendolo sedere solo per avere libero accesso alla maglietta, che in pochi secondi fu sfilata, rivelando la pelle naturalmente scura. I versi che riuscì ad ottenere da quel corpo, vezzeggiandone i capezzoli rosa con la lingua, furono vera e propria musica per le sue orecchie. Ogni singolo gemito, scandito come un vero e proprio mantra, lo incitava a continuare quel lavoro così ben fatto.
Ti prego, non fermarti, pareva urlargli quel corpo con ogni singola cellula, mentre con foga prese a spogliarlo da quei jeans che, per quanto sexy, erano diventati un vero e proprio intralcio al suo fine ultimo. Bramava quel corpo nudo e alla sua mercé da così tanto tempo che averlo lì, sotto di sé, quasi gli sembrava un sogno. Eppure stava succedendo sul serio: Eren si contorceva ad ogni suo minimo tocco, ansimava per ogni singola attenzione che gli dedicava. Nemmeno nelle sue fantasie più erotiche, quelle che faceva di notte e protetto dal buio della stanza, aveva immaginato tali reazioni da parte del castano. Ma se c'era qualcosa che aveva imparato del ragazzo in quegli anni di amicizia, era proprio la sua imprevedibilità. Levi fece scorrere i suoi occhi su quel corpo scultoreo, imprimendo a fuoco nella sua mente ogni singola sporgenza e mordendosi poi le labbra per evitare di gemere troppo forte. Le dita di Eren, impazienti di dimostrare che quella non era fantasia, bensì meravigliosa realtà, si mossero sotto l'elastico dei pantaloni del corvino: afferrò il sesso del compagno, umido e bollente.
Levi grugnì in risposta, un gemito roco, un misto di sorpresa ed eccitazione. Quel contatto non bastò a nessuno dei due, troppo impacciato per via dei vestiti, ancora indossati dal corvino. Fu proprio quest'ultimo ad interrompere la frenetica mano che lo torturava a dismisura, svestendosi nel modo più veloce possibile, sotto gli occhi compiaciuti del castano. Le loro erezioni si scontrarono, un bisognoso attrito che fece girare la testa ad entrambi. Le mani del maggiore si fecero spazio tra quelle cosce toniche, allargandole il giusto per potersi posizionare tra di esse.
«Eren, voglio entrare dentro di te.» e a quelle parole, il castano ringrazio se stesso per l'autocontrollo che riuscì a mantenere; venire solo per una frase sussurrata in modo così seducente sarebbe stato troppo imbarazzante.
Le labbra di Levi si mossero, la sua lingua disegnò cerchi umidi intorno l'ombelico, scendendo poi sempre più giù, fino ad arrivare a quella meta tanto ambita.
«Cristo santo.» boccheggiò il minore, quando le labbra umide del compagno circondarono la sua erezione, accogliendola dolcemente in quell'antro cocente e bagnato. La lingua di Levi avvolse la punta, leccandone via gli umori, per poi scendere lentamente fino alla base. Gli occhi argentei puntati in quelli completamente incantati di Eren per tutto il tempo, la sua bocca che si muoveva via via più veloce lungo l'asta, accompagnata dalla mano nei punti in cui gli era impossibile arrivare. Le dita di Eren s'intrecciarono alle ciocche corvine, incitando il suo amante con una leggera pressione a continuare quel lavoro così ben fatto. Quando lo sentì succhiare, cominciò ad avvertire la familiare sensazione dell'orgasmo montare nel basso ventre, costringendolo a ricadere sulle lenzuola e ad inarcare la schiena. Proprio quando si sentì al limite, quando il suo respiro irregolare e i suoi gemiti incontrollati erano gli unici suoni a riempire quelle quattro mura, Levi si allontanò, negandogli quella gioia tanto attesa. Il lamento di disappunto durò solo per pochi secondi, sostituito subito da un roco grugnito di sorpresa: il corvino non aveva finito con lui, semplicemente aveva deciso di vezzeggiare con la lingua un'altra zona, facendogli perdere completamente il lume della ragione. Averlo lì, a stimolare il punto più caldo e nascosto di sé, non gli parve vero; come gli parve assurdo sentire quelle dita farsi largo tra le sue carni strette, modellandole a suo piacimento. Quando sentì un verso dolorante, il corvino s'immobilizzò, riavvicinandosi al volto del compagno.
«Ti faccio male?» gli chiese, scostando le ciocche incollate alla fronte imperlata di sudore.
«No, sto bene. Ti prego non fermarti.» provò a rassicurarlo.
«Eren!» lo richiamò.
«Sono un po' fuori allenamento, ok?» sbuffò, provando a baciarlo ma venendo scansato.
«Da quanto tempo?» sussurrò quella domanda a fior di labbra.
«Cinque anni.» ammise, e Levi sapeva benissimo cosa quell'affermazione significasse per il minore ma, nonostante ciò, voleva comunque sentirglielo dire; così rimase in attesa, fronte contro fronte, occhi negli occhi.
«Da quando ti conosco.» mormorò, sentendo le guance prendere ancor più colore. Il corvino non voleva metterlo in imbarazzo, ma aveva bisogno di sentirglielo dire.
«Perché?» soffiò al suo orecchio, mentre con estrema lentezza riprese a muovere le dita, facendo contorcere il minore.
«M-mh, Levi...» ansimò, andando incontro a quelle dita, pretendendo maggiore velocità; quel premio però, lo sapeva bene, gli sarebbe stato concesso solo ed unicamente se avesse risposto in modo adeguato alla domanda.
«Dimmelo Eren, ho bisogno di sentirtelo dire.» il ritmo scandito dai polpastrelli che aumentava ad ogni scoccata.
«Perché mi sono innamorato di te.» disse seguito da un gemito strozzato, nel momento esatto in cui Levi riuscì a toccare e a martoriare il suo punto di massimo godimento.
«Voglio fare l'amore con te, Eren.» biascicò il corvino, e il solo annuire del più giovane gli bastò come permesso. Scivolò tra le sue carni, gli occhi di entrambi spalancati, il respiro bloccato all'altezza della gola. Ripresero ad ansimare nell'esatto momento in cui cominciò ad entrare ed uscire dal suo corpo, inizialmente piano, con estrema cautela, così da far abituare l'amato alla nuova e più imponente intrusione. L'espressione del più piccolo si trasformò presto da infastidita ad appagata. I suoi ansiti riecheggiarono tra le pareti, mescolati ai suoi incoraggiamenti. Le sue mani si aggrapparono alle spalle forti del più grande, graffiandole con le unghie, segnandole, mentre il bacino si alzava in risposta ad ogni singolo affondo che colpiva e stimolava precisamente la prostata. Sembravano essere diventati un corpo solo, tanto si muovevano e respiravano in sincrono.
Fu nell'esatto momento in cui gli affondi divennero più imprecisi e irregolari che Eren, baciando a bocca aperta il suo amante, gli sussurrò quanto lo amasse.
«Ti amo, Eren. Ti amo anch'io.» e solo all'udire quelle dolci parole, sussurrate con quella voce calda e arrochita, Eren venne, gemendo quello che sarebbe dovuto essere il nome dell'altro, completamente distorto dall'eccitazione del momento. Levi lo seguì dopo appena due spinte, accasciandosi contro il suo petto e stringendolo tra le sue braccia. Pelle contro pelle, i respiri andarono scemando sempre di più, ed il cuore martellante di entrambi prese a battere normalmente dopo pochi minuti.
«Sappi che ormai ti ho incastrato, non ti farò allontanare da me tanto facilmente.» sussurrò contro il suo collo chiudendo gli occhi.
«Tranquillo. - sorrise Eren. - Non ne ho alcuna intenzione.»
***
Afferrò la ragazza per la vita, stringendo tra le mani i fianchi minuti e accostandola contro il proprio corpo. Le dita le sfiorarono le guance arrossate, passando poi ad accarezzare il labbro inferiore umido, facendola sobbalzare per la sorpresa. Prima di azzerare del tutto la distanza tra le loro labbra, i suoi occhi s'immersero in quelli del regista che, assolutamente impassibile, si limitava a fissare la scena. Abbozzando un sorriso, Eren s'impossessò della labbra delicate della ragazza, chiudendo gli occhi e passando una mano tra le ciocche dorate. Nascose abilmente la spiacevole sensazione del lipgloss sulla sua carne, troppo appiccicoso ed estremamente profumato. Sentì chiaramente Historia trattenere il respiro e vibrare tra le sue braccia, colta del tutto alla sprovvista da quel cambiamento radicale. Hanji fischiò con le dita, facendo subito dopo un sonoro applauso ai due attori.
«Buona la prima.» asserì il regista e quando Eren si voltò a guardarlo, notò quanto i suoi occhi fossero assottigliati e le sue labbra increspate. Alzando entrambe le sopracciglia, sorrise divertito a quell'indecifrabile espressione stampata sul suo viso.
Improvvisamente Historia intrecciò le sue dita sottili con quelle del castano e, guardandolo con due occhioni languidi, si complimentò con lui per la performance impeccabile. Fu nell'esatto momento in cui la mano della ragazza si poggiò sul petto di Eren, che Levi s'intromise con un colpo di tosse.
«Beh, Jaeger, direi che le mie lezioni hanno dato un risultato quantomeno soddisfacente.» constatò, marcando ogni singola parola e scandendo lentamente ogni singola lettera. Le labbra spalancate dell'attrice bionda furono una gioia per gli occhi del corvino.
«Non saprei. - rispose il castano, decidendo di stare al gioco. - Forse avrei bisogno di ripassare... Sai, non vorrei sbagliare di nuovo.» un sorriso complice nacque sul suo viso.
«Quando vuoi.»
Angolo Autrice
Un grazie speciale, come sempre, alla beta del mio cuore _selenewhite_ , ormai una costante nella mia vita e nelle mie storie.
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