Emotions
Capitolo IV
"E non esiste luogo dove non mi torni in mente."
-M.Mengoni-
Il fine settimana avanzò velocemente.
Erano le undici di sera.
-Casty! Ricordati che abbiamo un appuntamento e devi aiutarmi con il catering e gli invitati!-annunciò Paris, rincorrendomi per casa.
Sì, avevo una sorella maggiore oltre a Will.
Paris Carole Smith.
Lei era una organizzatrice di eventi, e santi numi se non adorava il suo lavoro.
Non faceva altro che parlare di shopping e matrimoni.
Era la tipica "Indipendent Lady"con mille cose da fare e un fidanzato fuori città.
-A cosa ti serve il mio aiuto ?-
Mi fermai a due piedi voltandomi verso di lei.
Scosse la liscia chioma bionda alzando gli occhi al cielo e poi su di me.
-Non ti ricordi? Ti eri offerto di aiutarmi con la preparazione del locale dato che hai buon gusto!-
Davvero...?
Per che cazzo di motivo l'ho fatto... ?
Ripresi a camminare verso la mia stanza.
-Hey Giovanotto! Non hai risposto alla mia domanda, ci sarai o no ?-chiese, seguendomi nella sua vestaglia di seta rosa.
Mi sedetti sul letto.
-Paris! Insomma... Non lo so. Ho ricevuto un compito dal mio capo e devo investigare su un nuovo caso e non so se avrò molto tempo libero-confessai sinceramente.
Paris si sedette con me.
-Potevi dirmelo prima, avrei evitato di rincorrerti da un posto all'altro-disse lei guardandosi le unghie rifatte.
-Vuoi che ti metta lo smalto ?- domandò ad un certo punto.
Le lanciai uno sguardo fulmineo.
-E dai! Scherzavo... Ti vedo un pò troppo serio in questi giorni, perché?- chiese lei, marcando le ultime parole.
-Nulla... sono solo stressato-dichiarai, lasciandomi cadere all'indietro sul materasso.
-Non mi stai dicendo la verità...-.
Paris si sporse su di me coprendo la mia visuale del soffitto.
-E' successo qualcosa a lavoro? Oh merda! Ti sei fidanzato e non me l'hai detto?O forse è la tua ex?!-
-No Paris... Nulla di questo, vado a dormire, domani devo andare a lavoro-.
Feci per allungarmi verso la lampada sul comodino.
-Bene... vado a dormire, vuoi il bacio della buona notte?-mi chiese lei, arrivando sulla soglia della porta.
Stavolta la fissai.
La fissai sul serio.
-Paris...Ti prometto che uno di questi giorni quando suonerai il campanello non ti aprirò-dissi stringendo gli occhi in due fessure.
-Oh santo cielo! Tu e Will siete due piaghe!Non vi va bene mai niente!-esclamò chiudendo la porta.
🔸Follies 🔸
Avevo ridotto la mia vestaglia a brandelli, a furia di tirarla e strapparla.
Successivamente, gli impiegati mi avevano severamente sgridata; e solo verso sera era entrata una donna con un'altra vestaglia nuova e io avevo finito per distruggere anche quella.
Per punizione mi avevano lasciata nei miei indumenti intimi a patire il freddo.
E solo verso le prime luci del giorno seguente, si era presentata un'ennesima impiegata con un cambio nuovo.
Non avevo fatto altro che pensare a lui, maledicendomi e insultandomi ripetutamente.
Non occupavo mai la mia mente a pensare alle persone, pensavo solo a come ferirle e distruggerle.
L' avevo odiato dal primo momento che l'avevo visto entrare, perché avevo intuito che era diverso dagli altri detective che venivano qui.
Mi ero mandata a 'fanculo da sola e lui di conseguenza.
Ero rimasta lì: testa china, mascelle contratte, spalle alzate e braccia incrociate attorno alle gambe.
Completamente accartocciata su me stessa a riflettere.
Non avevo mai morbosamente voluto o desiderato la presenza di qualcuno come in quel momento.
🔸CASTIEL 🔸
Quella mattina il cielo era coperto di nuvole e gli alberi in parte spogli disegnavano linee rette contro il grigio.
Stavo fumando l'ennesima sigaretta avvolto nella mia giacca a vento, mentre in preda a uno strano nervosismo aspettavo Dave.
Una volta a destinazione, Dave mi lasciò davanti al manicomio, dovendo sbrigare diverse faccende da un'altra parte.
Mi feci strada all'interno dell'edificio, percorrendo quei corridoi bianchi e malconci, incamminandomi verso la stanza di Ariana.
La Numero nove.
Alle mie orecchie giungevano bisbigli, sussurri, preghiere e lamenti.
Chissà cos'era successo a quelle persone...
E che cosa le aveva indotto alla disperazione...?
Percorsi il corridoio a passo lento e a testa china. Giungendo davanti alla porta quasi ansimante, come se avessi corso una maratona.
Sistemai la sigaretta dietro l'orecchio e chiusi gli occhi per un'attimo, appoggiando la fronte sulla porta bianca della stanza numero nove e lasciando che passassero alcuni minuti.
Il cuore mi martellava forte nel petto.
-Detective Smith... Tutto bene?-
una voce friabile mi giunse all'orecchio.
Mi voltai trovandomi davanti un'infermiera giovane e minuta.
Aveva due labbra carnose, un naso piccolo e due limpidi occhi azzurri.
I capelli erano raccolti all'interno della cuffia verde, lasciando intravedere solo la frangetta bionda che le incorniciava la fronte.
-Detective Smith?-
Sussultai al contatto della sua mano sulla mia fronte.
-Lei sta male, dovrebbe farsi vedere... Uhm ho il mio studio qui accanto, potrei darle qualcosa per farla stare meglio-suggerì lei, cercando di essere aiuto.
Scossi leggermente il capo.
-No, tranquilla... Sto bene, è solo mal di testa ma comunque grazie- dissi ringraziandola.
-Okay come vuole lei, ma se ha bisogno sono qui alla porta numero undici-mi informò l'infermiera sfoderando un grazioso sorriso.
-Sì, grazie - dissi con fare ammiccante.
Non appena la bionda si allontanò afferrai la maniglia aprendo la porta.
Era sdraiata sul letto.
Su quel letto abbandonato in quella stanza vuota. Vuota come lei.
E non mi guardava e basta ma sembrava vedere di più, sembrava capire qualcosa che io stesso non capivo.
-Salve Follies...-
Lei socchiuse gli occhi in due fessure.
-Riguardo a venerdì, dimentica il fatto di essere professionali, non riesco a comportarmi così con lei, voglio solo che lei scenda a compromessi con me. D'ora in poi diamoci del tu- dissi cordialmente.
Lei si girò completamente verso di me.
Le sue dita giocavano a slegarsi e attorcigliarsi alle sue ciocche scure.
I suoi occhi erano sempre fissi su di me.
Mi convinsi a prendere una sedia e a sedermi.
Ariana si alzò dal letto, sorprendendomi quando venne a sedersi sulle mie gambe, con le sue ai lati delle mie cosce.
Le sue mani erano ancora tra i suoi capelli: arricciava le ciocche sulle dita solo per slegarle di nuovo.
-Follies... Non ti pare corretto sederti su una sedia? Non sarebbe una bella presentazione se qualcuno entrasse-tentai di spiegare, cercando di non farle notare il mio imbarazzo.
Lei mi sorrise maliziosamente inclinando il capo lievemente di lato.
-Era carina la bionda con cui parlavi... Uhm la dottoressa Carly?- mi chiese invece, stroncando la mia richiesta come niente.
Aggrottai la fronte stringendo gli occhi.
-Ma cosa...?-
-Devi solo rispondere-asserì Ariana.
La sua voce era diventata fredda e distaccata.
-Sì lo era, perché?-domandai fissandola.
Non mi stava più guardando.
-Nulla... Era solo pura curiosità-ammise lei portando la sua attenzione su un punto indistinto della stanza.
Che cosa stava cercando di insinuare?
Portò lentamente i suoi occhi su di me, sporgendosi in avanti con il busto fino a premersi contro di me. La pulsazione del mio cuore accelerò quando appoggiò il suo capo sulla mia spalla.
Sentivo il respiro di lei scontrarsi sulla pelle del mio collo.
-Sei molto rigido, rilassati, non mi pare di starti molestando-
Notai una nota di divertimento nella sua voce.
-Follies per favore va a sederti, dobbiamo cominciare l'interrogatorio-dissi seriamente.
- Hai detto di voler scendere a compromessi prima... Giusto?-
Ora le sue labbra sfioravano il mio collo e il suo naso altrettanto.
-Sì l'ho detto ma-
Ariana mi interruppe.
-Se mi lasci rimanere così... Risponderò a tutte le tue domande-concluse, sfiorandomi il collo con il naso in un gesto lento e piacevole.
Mi morsi il labbro inferiore stringendo i braccioli della sedia fortemente.
-Cos'è successo a Gavin? Ti sei poi rivendicata?-la interrogai.
-Sì l'ho fatto...Però sappi che non ero l'unica paziente che lui abusava e non solo io serbavo rancore. La mia è stata legittima difesa. L'ho pugnalato al fianco, ma non abbastanza a fondo da ucciderlo-mi disse Ariana tenendo il tono basso, quasi in un sussurro.
- E' morto dissanguato poi? -chiesi concentrandomi sulle informazioni che mi avevano detto.
-Sicuramente saprai che oltre al mio colpo, è stato pugnalato più volte al cuore-mi riferì Ariana trascinando le sue dita sul mio torace.
-Sai chi è stato?-
Ariana socchiuse gli occhi.
-Hai mai sentito quel detto che dice"A volte gli psichiatri sanno essere più pazzi dei pazienti stessi"?-mi domandò lei portando i suoi occhi su di me.
Scossi il capo.
-Sai... Non tutti gli impiegati che lavorano qui hanno buone intenzioni, e ti confesso che nemmeno io ho buone intenzioni-ammise lei.
Sgranai gli occhi guardandola attonito.
-Cosa intendi dire...?-
Ariana mi sorrise: le sue mani sui miei capelli, intenta a tormentarli delicatamente.
-Volendo avrei potuto ucciderti e nessuno ti avrebbe sentito gridare, non devi mai abbassare la guardia- Ariana prese una pausa prima di proseguire.
-Ti giuro che... Voglio ammazzarti, torturarti e farti tanto male, vorrei averti in tutti i modi possibili, mentalmente e fisicamente. Vorrei farti impazzire, ansimare e gridare il mio nome. Di conseguenza vorrei odiarti e poi amarti, spezzarti e poi ricomporti. Voglio tutto e niente da te ma soprattutto vorrei che tu fossi immortale per ripetere tutto da capo-.
Ero sbiancato.
La fissai a lungo senza proferire parola. Nessuno mi aveva mai fatto provare tante emozioni in una volta sola.
Dire che ero scioccato era ben poco.
Fui invaso da forti fitte di piacere, intrecciate con la più vivida paura. Non volevo guardarla perché sapevo che non avrei retto.
Mi sentivo soffocare dall'interno.
Come cazzo faceva? Come cazzo riusciva a confondermi così ?
-Tu sei folle...-risposi quasi in un sussurro.
-Esatto, non avresti potuto dar più bella definizione - replicò Ariana.
E bastò quello a farmi perdere il controllo.
La allontanai da me balzando in piedi e marciando verso la porta.
Dovevo andarmene.
🔸 Follies 🔸
Scattai dopo di lui trattenendolo per il polso in una stretta glaciale. Tentò subito di liberarsi di me, ma non mollai la presa.
-Non eri tu che volevi che parlassi?!-
Ascoltai il suo respiro, assieme ai battiti accelerati del suo cuore.
- Sei perdutamente folle... Non puoi dire certe cose a qualcuno che nemmeno conosci bene -aggiunse lui tradendo orrore nella voce.
Lo guardai, leggendo paura e passione nei suoi occhi.
-Dimmi una cosa Castiel... Come mi faccio chiamare dalla gente in questo luogo?-
Abbozzai un sorriso sinistro.
-Follies...-rispose.
-Esatto... Sono un insieme di follie e non dovresti stupirti di cosa esce dalla mia bocca-decretai distaccata.
Mi passai le dita tra i miei lunghi capelli cercando di sopprimere la tentazione di raggiungerlo e farlo restare.
-E voglio che tu sappia un'altra cosa... Mi piaci Castiel, maledettamente tanto e non ho buone intenzioni verso di te- detto questo lui uscì sbattendo la porta.
Sorrisi.
Era facile spaventarli.
Molto facile.
🔸CASTIEL 🔸
Composi frettolosamente il numero di Dave.
-Hey Buddy! Hai finito così in fretta oggi ?- mi domandò dall'altra parte della linea telefonica.
Stava ridendo con qualche collega, dato che sentivo più voci.
-Dave vieni subito, non voglio stare più di un secondo qui. Sto impazzendo-dissi con tono stanco.
-Hey Casty... Tutto bene?-chiese ora Dave preoccupato.
- Dave muoviti-dissi chiudendo la linea.
Mi lasciai sostenere dal muro alle mie
spalle, cercando di tenere a bada l'emicrania.
***
Durante il tragitto verso casa mia, Dave non fece altro che tempestarmi di domande.
-Dave... Ti ho detto che non ho voglia di parlarne-protestai arrabbiato.
-E' da un pò di tempo che hai smesso di raccontarmi di te, continui a inventarti scuse e rimandare, non ti confidi più come una volta Castiel! Ci eravamo promessi niente segreti-disse Dave irritato.
-Dave... Non capisci, non ho detto che non voglio spiegarti nulla, solo non ora-protestai, portando una mano sulle tempie. Attraversato da un colpo di mal di testa.
Dave sbuffò portando le sue mani attorno al volante.
-Va a riposare, non hai una bella cera. Ci vediamo domani-disse fingendosi indifferente.
Uscii dall'auto dirigendomi davanti al portone di casa mia. Non appena varcai la soglia del mio appartamento fui sorpreso di trovare anche Will oltre a Paris.
-Bentornato Casty!-gridò Paris dalla cucina.
-Hey sherlock!-esclamò Will venendomi incontro con un ghigno sulle labbra.
-No ti prego... Ho mal di testa-dissi fermandolo dal volermi tirare un pugno sulla spalla a mo' di saluto.
Il ghigno di Will si spense quando notò la mia espressione.
-Hey Castiel... Tutto okay?- mi chiese allarmato.
Annuì velocemente tentando di raggiungere la mia stanza per starmene in santa pace, ma fui bloccato da mio fratello che mi mise con le spalle al muro.
-Minchia Will! Lasciami stare -dissi gelido, a tal punto da sorprendere anche Paris che si era avvicinata per capire che cosa stesse succedendo.
-Non solo è di cattivo umore, è anche stronzo- osservò, riferendolo a mia sorella.
Paris posò la sua mano sulla mia fronte scendendo sul mio collo.
-Hai preso freddo-dedusse Paris guardandomi preoccupata.
-Va a riposare ti porto qualcosa -mi ordinò trascinandosi Will con sé in cucina.
Mi tolsi la cravatta sbottonando i primi bottoni della camicia prima di buttarmi sul letto.
Chiusi gli occhi permettendo a Morfeo di trascinarmi in un lungo sonno.
***
Mi risvegliai più tardi. Quando il sole era ormai tramontato e la luna aveva preso il suo posto nel cielo.
Sbattei le palpebre diverse volte mettendo a fuoco la stanza oscurata, disfandomi completamente della camicia e delle scarpe; rimanendo soltanto nei miei pantaloni di velluto. Dopodiché, afferrai una sigaretta dal tavolino avvicinando il posa cenere e l'accendino.
"Di conseguenza vorrei odiarti e poi amarti, spezzarti e poi ricomporti.
Voglio tutto e niente da te, ma soprattutto vorrei che tu fossi immortale, per ripetere tutto da capo".
Le sue parole mi balenarono di nuovo in testa.
Era molto brava nel manipolare la mente delle persone e mi chiedevo se ci fosse qualcosa di vero in tutto quello che mi aveva detto, o se mi stesse soltanto prendendo in giro.
Alla fine sapevo solo che erano morti cinque impiegati tra cui Gavin Harper: un uomo turbolento, riservato e stupratore di pazienti.
Ariana aveva detto di averlo pugnalato ma non ucciso.
Allora chi altro poteva essere stato?
🔸FOLLIES 🔸
-Cos'hai fatto al detective?Perché è uscito così frettolosamente? Ti diverti a spaventare la gente! Non è così?!-mi urlò contro la dottoressa Carly Melodie.
Dovevo constatare che si era presa una cotta per l'affascinante Detective Smith.
-Sei preoccupata per lui?-domandai sfoderando un sorrisino divertito.
-Devi solo vergognarti della folle persona che sei! Non fai altro che mandare via chi cerca di aiutarci!-continuò lei ignorando la mia domanda.
La guardai a lungo, lasciando che si sfogasse dei suoi problemi.
Certo che... un'infermiera che si sfogava con i suoi folli pazienti non era nient'altro che folle al quadrato.
-Mi stai ascoltando?!-
Il flusso dei miei pensieri venne interrotto e mi ritrovai a guardare Carly di nuovo.
-Non è andato via per sempre... Tornerà domani Smith-risposi alzando gli occhi verso la finestra.
-Uhm... Davvero?-mi chiese lei tornando a possedere un tono gentile.
Annuii lentamente abbozzando un lieve sorriso. Che stupida.
-Okay... Allora buona notte Follies-disse lei uscendo e chiudendo la porta.
Lasciai che i miei pensieri vagassero nel passato. Lasciai che tornassero indietro.
🔸🔸
-Ariana! Ari! Vieni qui-disse la madre adottiva afferrando la mano della figlia.
La madre portò gli occhi su quella bella bambina che dentro sapeva essere spietata.
Spesso aveva scrutato quei grandi occhi scuri, che poi scuri non erano ma variavano a seconda delle emozioni che provava.
Quel visino gentile e delicato, dalle mani curate al grazioso vestitino.
-perché la maestra a scuola si lamenta che mentre gli altri lavorano tu non fai nulla?-domandò la madre.
-A me piace osservare, mi piace osservare cosa fanno gli altri-rispose Ariana innocentemente.
-A quale scopo tesoro?- chiese dubbiosa la signora Clark.
-Non ogni cosa che faccio ha uno scopo-
La signora Clark era rimasta troppo attonita da cosa volesse intendere la figlia che non chiese più nient'altro a riguardo.
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