10. Pace con un diamante

Pov Sara

"È un cazzo di scherzo?" mi disse senza fiato.

"No, faccio sempre quello che dico, ricordi?" dissi incrociando le braccia al petto.

Mi fece un sorriso a trentadue denti.

"Allora serve un anello" esclamò.

"Sei sempre così formale, tu? Non ce n'è bisogno" cercai di dissuaderlo.

Non volevo un anello al dito.

"Oh sì che ce n'è bisogno" disse inforcando le scale di corsa.

"Perché stai correndo?" chiesi roteando gli occhi.

"Perché ho paura che la gioielleria chiuda".

Lo seguii senza fiato e lo vidi aprire la macchina.

Decisi di giocare d'azzardo.

"Accetterò l'anello solo se mi fai guidare la macchina".

Si bloccò di colpo sul posto, si girò a rallentatore e mi guardò con un sopracciglio alzato.
"È un ricatto?".

"Prendilo come vuoi".

Mi squadrò di nuovo e congiunsi le mani sotto il mento e feci il broncio.

"Giuro che non te la faccio fuori" dissi con voce cantilenante.

Mi guardò ancora titubante e rincarai la dose.
"Dai ti prego, ti prego, ti prego".

Mi lanciò le chiavi con occhio torvo e mi disse, borbottando: "fino al cancello".

Saltai di gioia ed entrai sul posto di guida, wow era un sogno.

Spostai il sedile e lo vidi allacciarsi la cintura e farsi il segno della croce.

"Non pensavo fossi religioso" lo presi in giro mentre accendevo il motore.

"Non lo sono infatti, ma nessuno ha mai messo il culo su quel sedile tranne me e ti sto dando in mano 280mila euro, chiunque diventerebbe religioso".

Risi di gusto mentre testavo la sensibilità dell'acceleratore, se era vero che nessuno aveva mai guidato la sua macchina tranne lui, dovevo fargli un bell'effetto.

"Cristo Dio, vai piano!" disse tenendosi saldo con una mano allo sportello.

Risi di nuovo mentre vedevo il tachimetro digitale segnare i 140 su un massimo di 320.

Vidi il cancello davanti a me e lo sentii urlare:

"SARAAA! PORCA PUTTANA, FRENAA! SARAAAA!".

Frenai di botto fermandomi a due metri dal cancello.

"Ti giuro che sei una pazza e forse sono più pazzo io ad averti dato le chiavi" urlò, buttando fuori il fiato che aveva trattenuto.

Risi di nuovo, l'adrenalina era schizzata a mille e mi ero divertita troppo.
"Dai che ti sei divertito" dissi tra le risate mentre lo guardavo ed era allibito.

"No" mi disse guardandomi male.

"Sicuro sicuro?" lo pungolai mentre ridevo.

Si lasciò andare sul sedile e scoppiò a ridere pure lui:
"Forse sì, dopo aver perso altri quaranta anni di vita".

Scesi dal posto di guida e facemmo a cambio.

"La prossima volta ti regalo un giro in pista su una supercar, mi sa che tuo padre era Schumacher" disse riaggiustando il sedile.

"Spero di non fare la sua fine" dissi ridendo.

"Prima farai crepare me".

"Se mi avessi fatto guidare più a lungo non avrei corso" sottolineai.

"Ah, sarebbe colpa mia adesso?".

Mi accomodai meglio sul sedile e guardai l'orologio, era l'una e mezza.

"Ho fame" mi lamentai.

"Di nuovo?"

"Ho fatto colazione alle dieci" mi giustificai.

"Prima dobbiamo comprare l'anello" disse guardando il rolex.

"Ah, me lo vuoi ancora comprare dopo che ti ho fatto prendere un colpo?" lo punzecchiai.

Sorrise ironico.
"Era una tattica per rifiutarlo?"

"Ci ho provato" dissi sorridendo a mia volta.

Era troppo divertente.


Pov Michele

Litigammo un po' per via di quella maledetta cintura di Vuitton, poi alla fine la provò.

Mi stavo obbligando a non fissarla mentre si preparava ma era come una calamita.

La allacciò sul punto vita e le stava persino meglio di come avevo immaginato, era un gioiellino indosso a lei e mi uscì un involontario "sei uno spettacolo" con voce roca.

Mi sarei voluto mangiare la lingua, che diavolo mi era saltato in mente?
Avevo perso il filtro bocca-cervello?

Subito dopo volle vedere la casa e la guidai per le stanze.

Io ero venuta già a vederla una volta.

Quando in quella stanza polverosa vide la foto della nonna e iniziò a tremare mi si strinse il cuore, sembrava così fragile e avrei voluto abbracciarla per consolarla.

Mi limitai a sorreggerla quando vidi le sue gambe essere meno stabili.

Da una parte ero tentato di lasciarla sola in quel momento affinché potesse riprendersi senza sentirsi a disagio, dall'altro la vedevo così sconvolta che mi sarei sentito uno stronzo ad andarmene.

Glielo chiesi e mi rispose che avrei dovuto stare con lei.

Rifiutavo di credere al fatto che potessimo essere cugini, non poteva essere stato così perverso.

Me l'aveva fatta conoscere per poi farmi scoprire che i pensieri che avevo avuto e quello che avevo fatto stamattina in bagno da solo era incestuoso?

Rabbrividii solo al pensiero.

Iniziò a leggere la lettera e le lacrime iniziarono a scorrere sul suo volto.

Ero tentato di asciugarle, vederla così mi faceva soffrire, inoltre era un momento troppo delicato.

Sarei rimasto fuori la porta, se avesse avuto bisogno sarei entrato.

Presi una sigaretta in mano senza accenderla, ero nervoso.

In una sola giornata era di nuovo cambiato tutto.
Avevo aperto un po' il mio cuore e le avevo detto che, al di là dei soldi, mi sarebbe piaciuto conoscerla.

Prima di quel momento non lo avevo ammesso neanche a me stesso.
Mi limitavo ad affermare che la volessi solo a livello fisico.
Anche se la gelosia che avevo provato quando l'avevo vista con la scatola di cioccolatini di un altro in mano doveva essere un bel campanello di allarme.
Inoltre, se non mi obbligavo ad andare dai miei, sceso dall'aereo mi veniva spontaneo andare a Perugia. Anche questo doveva essere un segnale del fatto che mi intrigava. Erano duecento chilometri all'andata e duecento al ritorno per essere insultato o per parlarci mezz'ora.

Ma ieri mi si era parato davanti quello che provavo in maniera palese quando l'avevo vista frenare in quel modo.
Solo il pensiero di vederla con qualche graffio o con l'airbag che le era scoppiato in faccia mi aveva fatto sentire male.

Un quarto d'ora dopo uscì dalla stanza con gli occhi arrossati e mi annunciò che ci saremmo sposati.

La notizia mi arrivò come una doccia gelata, per lo shock lasciai cadere la sigaretta come un coglione e rimasi a bocca aperta.

"È un cazzo di scherzo?" le dissi mentre lei rideva perché probabilmente sembravo un pesce lesso.

Appena mi disse di no, l'istinto fu quello di prenderla in braccio e farla girare per tutto il corridoio, ero l'uomo più felice d'Italia e forse non perché avrei ereditato trenta milioni.

Pensai subito al fatto che avrei dovuto comprarle un anello.

In giardino mi ricattò dicendomi che l'avrebbe accettato solo se le avessi fatto guidare la macchina.

La guardai torvo, nessuno aveva mai osato chiedermelo e non avrei dato il permesso a nessuno, quella macchina era la mia bambina e ne ero tremendamente geloso.

Nemmeno mio padre l'aveva mai guidata e quando me l'aveva chiesto gli avevo risposto che, se l'avesse voluta guidare, se ne sarebbe dovuta comprare una uguale.

Congiunse le mani sotto il mento e con il broncio mi pregò.

La guardai di nuovo, era bellissima e probabilmente non sarei riuscito a dire di no a un visino del genere e a quegli occhioni color smeraldo.

Quando le lanciai le chiavi borbottando e la vidi seduta sul sedile del guidatore mi resi conto che ero fregato, fottuto, completamente andato.

Quando spinse l'acceleratore su quel vialetto iniziai a pentirmi di averle dato la libertà, quella ragazzina non aveva freni, in tutti i sensi, e non sapevo se fossi più preoccupato per la mia macchina o per noi due all'ospedale come due imbecilli quando ci saremmo schiantati contro il cancello.

Dopo che le urlai si fermò ridendo e, eliminata la paura, a macchina ferma mi rimase in corpo solo l'adrenalina e mi venne da ridere, quella peste mi stava facendo saltare tutti i paletti e mi piaceva da matti quella sensazione.

Mentre guidavo l'avevo guardata di sottecchi e con quella cintura e con il mio maglione stava benissimo su quel sedile, sembrava una bambolina.

Entrammo in gioielleria e la commessa mi guardò curiosa.

"Vorremmo vedere un anello di fidanzamento" dissi sicuro.

La ragazza tirò fuori tutti gli anelli e io la osservai, era visibilmente a disagio.
"Ci lascia un po' di tempo per scegliere?" dissi alla commessa alludendo che doveva lasciarci da soli.

"Che hai?" le chiesi sotto voce.

"Non lo so" disse guardandosi intorno.

"Se ci sposiamo dovrai abituarti" le dissi io, dolcemente.

"Mi sarebbe andata bene anche una cosa un po' più tranquilla" confessò.

"Mi fa piacere, e poi avevi promesso che l'avresti accettato".
Che cosa avrei dovuto fare?
Farla girare con un anello di bigiotteria al dito?

"Quale ti piace?" le dissi mentre guardava un solitario su una scatolina rossa di velluto.

"Mi piacciono tutti, scegli tu" mi rispose, lavandosene le mani.

"Ti piace quello?" e indicai l'anello che aveva osservato prima.

Mi guardò negli occhi senza rispondere e arrossì. Dio, era così tenera che l'avrei voluta prendere in braccio.

Non l'avevo mai vista a disagio, di solito mi urlava contro senza ritegno.

"Me lo puoi dire" la rassicurai sottovoce.

Annuii dicendo: "sì, è molto carino".

"Okay, prendiamo quello allora".

"E tu?".

"Io cosa?".

"L'anello di fidanzamento si porta in due" disse sorridendomi.

Eccola, ora la riconoscevo.

Feci cenno alla commessa che tornò da noi.
"Prendiamo quello, e anche la versione per me".

"Certo, forse va ristretto o allargato, se lo provi signorina così possiamo mandarlo in produzione".

Lei allungò la mano e se lo fece infilare al dito, scivolò sopra perfettamente.
"Oh" esordì la commessa incredula, "un ditino da campionario, sono decisamente rari".

Poi tirò fuori gli anelli maschili, era un cerchio d'oro bianco con dei diamantini al lato, provai le taglie e scelsi il mio.

Lei si guardò il dito e il diamante scintillò sotto la luce, le stava benissimo, pensai.

Mi spostai in cassa per pagare e lei mi disse: "esco, non voglio sapere quanto costa".

Le sorrisi e pagai, avevo fatto volare cinquemila euro per un matrimonio finto.

La trovai davanti l'ingresso a rimirarsi la mano.
"Non avrei mai pensato di indossarne uno" mi confessò.

"Neanche io" mi ritrovai a dire.

"E che cosa ne penserà la ragazza a cui regali le borse?" mi punzecchiò, sorridendo.

Aia.

Non avevo minimamente pensato a Ilaria, era pure da un po' che non la vedevo.
Alzai le spalle.
"Finché continuerò a regalarle borse non credo che si farà problemi".

Subito dopo rincarai la dose.
"E quello dei cioccolatini?".

"Leo? Lo sa che non ha l'esclusiva".
Che cazzo significa che lo sa che non ha l'esclusiva?

Leo, che nome di merda.

"Ah, non è il tuo fidanzato?" e sperai che mi dicesse che non lo era.

"Decisamente no" mi rispose, guardandomi male.

Esultai mentalmente.

"E io ho l'esclusiva?" la provocai, indicando l'anello.

"Mhh, no, non sono pronta a lasciare i sabato sera" esordì divertita.

La immaginai com'era vestita la sera di Halloween e non mi piacque molto la scena.

"E Leo?" la scimmiottai io, facendole il verso.

Sperai che almeno lui si levasse di mezzo con quell'anello.

"Nemmeno, mi piace l'idea di avere qualcuno su cui contare in mezzo alla settimana".

Serrai la mascella, stava alludendo che loro due scopavano spesso durante la settimana?

Mi salì la bile allo stomaco a pensarla nuda con chiunque fosse quel dannato Leo.

"Sei geloso?" mi punzecchiò, perfida.

"No" mentii, rilasciando la mascella.

Fanculo.

Mi avviai verso la macchina e lei mi seguì, si era fatto tardi ed era meglio che non partisse con il rischio che tramontasse il sole mentre guidava.

Passammo dal meccanico e mi avvicinai per pagare senza essere visto.

"Non ci provare" mi minacciò lei.

"Okay, mi arrendo" dissi, alzando le mani in segno di resa.

Salì sulla macchina e, salutandola, notai ancora una volta il diamantino scintillare.

Trenta secondi dopo scese di nuovo dall'auto e mi preoccupai.
"La macchina non va?" chiesi allarmato.

La vidi andare verso la bauliera e prendere una busta.
"Ti avevo fatto anche io un regalo di Natale".
E mi porse un pacchetto marroncino di cartone con un sorriso adorabile.

Allungai la mano per prendere il sacchettino senza parole, non mi aspettavo una cosa del genere. Non sapevo cosa fosse ma ero sicuro che sarebbe stato il regalo più carino del mondo, solo sapere che era andata in giro per negozi pensando a me, mi faceva gongolare.

Iniziai ad aprirlo, impaziente.

"Lo apri a casa" mi ordinò con uno sguardo birichino.
"Buon Natale, in ritardo" disse salutandomi.
"Buon Natale, in ritardo" le feci eco io come un cretino.

Quando faceva così mi lasciava senza parole.

Salii in macchina appoggiando con cura il sacchetto sul sedile a fianco al mio.

Ispirai a fondo il profumo che aveva lasciato nella mia auto, era letale.

Mentre guidavo non potei non fare caso a quell'anello che scintillava sull'anulare sinistro.

Mi fiondai in camera mia e aprii subito il regalo prima ancora di togliermi il cappotto.

Era una sciarpa grigio scura ma la cosa che mi mandava più fuori di testa era che avevo aperto la busta ed era salito il suo profumo, la portai al viso per annusarla e sentii che era molto morbida.

Quel profumo mi avrebbe mandato all'inferno, era la prima cosa che avevo notato e probabilmente mi aveva stregato.


Pov Sara

Guidavo tranquilla, il mood era completamente diverso da quello dell'andata.

Avevo la mano sinistra sul volante e non potevo fare a meno di notare l'anello che avevo al dito.

Non avrei mai pensato di finire così.

La lettera di mia nonna mi aveva scosso, era innegabile, ma al tempo stesso mi aveva rassicurato e aveva risposto a tante domande.

Sapere che, dietro quei milionari arroganti che mi avevano messo in mezzo al loro gioco, c'era lei mi aveva tranquillizzato.

L'unica cosa che mi rendeva perplessa era l'aver accettato tutti quei soldi e l'aver accettato di sposare un uomo di cui non sapevo se fossi innamorata o no.

Avevo sempre asserito di non avere tempo per le relazioni, che probabilmente non mi sarei sposata mai e che gli uomini mi piacevano solo come divertimento.

Indubbiamente con Michele stavo bene, dopo le prime due volte in cui avevo odiato quando era sotto casa, mi ero abituata a quella presenza che arrivava a intermittenza senza avvertire.

Scambiare battute con lui era piacevole, non avevo mai avuto dei flirt così lunghi e complessi e fisicamente non potevo negare che mi piacesse, anche se forse era lui a starmi sotto molto di più.

Lo stavo facendo entrare poco per volta nella mia vita, avevamo dormito insieme, gli avevo permesso di vedermi piangere, sapeva di mia nonna e gli avevo accennato della mia infanzia un po' difficile.

Inoltre era il primo con cui non avevo fatto nulla nonostante fisicamente mi attraesse, non sapevo perché ma vederlo togliere lo sguardo da me dopo che lo provocavo mi faceva sentire importante e non avevo intenzione di smettere quel gioco.

Forse mi sarei pentita del rapporto che gli stavo permettendo di avere e probabilmente stavo giocando in un gioco molto più grande di me, ma come aveva scritto mia nonna se ti intriga, provaci e io mi fidavo di lei.

E sì, mi intrigava decisamente.
Anche se avevo la netta sensazione che ci saremmo fatti male.
O che lui avrebbe fatto male a me.

Chissà come era il suo rapporto con il nonno di Michele, aveva scritto che era stato un grande amore platonico durato venti anni; magari avrebbero potuto sposarsi e stare bene insieme al posto di scriversi solo lettere d'amore.

Poi però, pensai, che io non avrei mai potuto flirtare con lui se fossimo stati parenti e mi sarebbe dispiaciuto rinunciare a quel brivido.

Per una volta stavo cogliendo le opportunità che la vita mi riservava e dovevo smettere di pensare di essere una cattiva persona o un'approfittatrice per questo, non avevo chiesto io di essere messa in mezzo e avevo pure provato a rifiutare.

Arrivai a casa e fui accolta dalle mie due amiche che mi abbracciarono.

Subito dopo si accorsero di quell'anello al dito e, dopo un primo momento di silenzio sbigottito, urlarono così forte da dovermi tappare le orecchie.

"Tu sei uscita incazzata nera ieri con l'intento di non vederlo più e oggi mi torni mezza sposata con un anello di diamanti al dito?" mi guardò a bocca aperta Giulia.

"Pensi sia un diamante?" dissi agitando il dito sotto la lampadina, vedere come brillava mi piaceva da morire.

"Da come brilla penso proprio di sì".

"E il maglione con la cintura?" mi rimbeccò Francesca.

"Il maglione è suo".

"Sì, avevo notato" mi rispose sardonica.

"Sulla cintura avevo fatto una dietrologia".

"E quindi era sincero".

"Ce l'aveva nel bagagliaio da settembre, l'ha comprata subito dopo avermi vista al testamento".

"L'hai stregato mi sa".

Alzai le spalle, se sapessero come mi aveva guardato stamattina e che mi aveva fatto guidare la sua macchina probabilmente avrebbero bucato il soffitto per i salti di gioia.

Raccontai di come avevo cambiato idea dopo la lettera di mia nonna e ci ritrovammo abbracciate tutte e tre a piangere.

Ripresi il telefono e trovai due messaggi da un numero sconosciuto.
"Sei arrivata?" due ore fa.
E mezz'ora fa: "la sciarpa è morbidissima".

Cliccai sull'immagine del profilo e lo vidi in giacca e cravatta, in piedi, di fronte al Colosseo, con la sigaretta accesa in mano e un sorriso malizioso.

Salvai il numero sospirando, appena avevo abbassato le difese mi stavo rendendo conto che mi eccitava e giocarci era un'arma a doppio taglio.

Risposi al primo messaggio: "sì, da un pezzo".
E al secondo: "ti è piaciuta?".
Cinque minuti dopo sentii di nuovo la suoneria.
Che velocità, pensai.
"Sì, molto".
"Ed era profumata?" lo stuzzicai per messaggio.

Visualizzò e dopo due minuti rispose:
"Non sai quanto, forse troppo".

Forse avevo colto nel segno.

Il giorno dopo andai al lavoro e mi subii le domande sul mio anello, non volevo far sapere i fatti miei e inventai che era un regalo di Natale.

La sera uscii con Leonardo e anche lui mi chiese da dove spuntasse e risposi anche a lui che era un regalo di Natale.
"Un regalo abbastanza costoso" mi fece notare, scuro in volto.

"Non so, non sono andata a chiedere il prezzo" e pensai tra me e me che non volevo sapere quanto gli fosse costato quel diamante.

"Stai uscendo con qualcun altro?" mi accusò Leonardo.

"Non hai l'esclusiva, posso uscire con chi voglio" dissi ferma.

"Già" sputò acido lui.

Mi avvicinai e lo baciai sul collo sussurrando:
"Non ti innervosire, adesso sto con te".

La provocazione ebbe il suo effetto, non disse più una parola perché fu impegnato a fare altro per l'ora successiva nella mia macchina.

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