XI

C'è stata una guerra che mi
ha cambiata,
ed è quella che non racconterò
mai a nessuno

Lilith


Mi sveglio di soprassalto.
Cosa sta succedendo? O almeno, che cosa mi sta succedendo.
Non riesco neanche ad alzarmi dal letto dal dolore che sto provando in questo momento, mi fa male tutto.
Perché?
Con gli occhi ancora socchiusi allungo una mano sul comodino, prendo in mano il telefono e mando un messaggio alla prima persona che mi appare sulla rubrica.

Dieci minuti dopo Xavier è sulla soglia della mia camera, non posso neanche andare a salutarlo da quanto sto male.

Dio, peggio della trasformazione.
Ma cosa sta succedendo?

L'ultima cosa che vedo è il contorno sfocato degli occhi di Xavier.

New York, 1975

Indossai gli occhiali scuri e infilai i tacchi, almeno così sarei risultata meno bassa di quanto fossi.
Avrei finto di essere una dipendente della "Grande Mela", per pedinare la persona che mi perseguitava.
Misi la cartellina sotto il braccio, legai i capelli in una coda alta e mi truccai, uscii di casa non prima di aver dato un'ultima occhiata al mio riflesso.

"La signorina Addams?' un uomo seduto dietro ad una scrivania abbassó gli occhiali, annuii decisa.
"Si sono io, ho un appuntamento con il signor Taylor" affermai, "mh, primo corridoio a destra, ufficio 102" "la ringrazio" girai sui tacchi e mi incamminai nella direzione indicata.

Bussai alla porta e una voce maschile mi rispose "avanti", spinsi la maniglia per nulla spaventata.

"Sei tu, strega?" Ringhiò, io sorrisi e tolsi gli occhiali dagli occhi, annuii leggermente, l'uomo scattò in piedi, ma non mi fece paura.

Io ero lì proprio per questo, uccidevo ogni cacciatore di streghe che riuscivo ad individuare, questo era il mio principio morale, da molto, molto, tempo.

Estrassi la pistola dalla fondina e gliela puntanti contro, ma lui fu più veloce, mi prese saldamente per i fianchi e cambiò la direzione dell'arma, non esitò a premere il grilletto e uccidermi.

Presente

Quando apro gli occhi il dolore si è alleviato, ma non svanito.
Sono in infermeria e la stanza è vuota.
Mi metto lentamente seduta, si, va decisamente molto meglio.
Infilo le scarpe, sempre con lentezza mi metto in piedi, dopo un attimo di esitazione muovo un piede, poi un'altro, e riprendo a camminare normalmente.

Mi chiudo la porta alle spalle, osservo la foto appesa al muro e sorrido, mi solleva sempre l'umore guardarla.

Frugo nel cassetto della scrivania.
Dove è finita?
Deglutisco a vuoto e mi guardo intorno, ecco che cos'era quel dolore, la mia collana non c'è più.
E penso anche chi sia stata a rubarmela.

Busso forte, e Enid mi apre la porta, allegra come sempre, "di cosa hai bisogno Lilith?" Squittisce, "dov'è Mercoledí?" Chiedo infastidita, "oh, non lo so, e uscita poco fa".

Mai un po' di fortuna, ovviamente

D'accordo, allora facciamo una "Addams's caccia al tesoro".

Tch.

***

Caffè Wathervine

Ho capito che viene spesso qui, addirittura il caffè che preferisce.
Quadruplo con ghiaccio, ci va giù pesante la stramba.
Sorvoliamo.
Mi guardo intorno, di Mercoledì, neanche l'ombra.
Mi consoleró con qualcosa da bere, poi tornerò in missione.

"Cliente nuova?" Neanche mi sono accorta del cameriere, che beh, non sembra proprio un cameriere, sorrido leggermente, "beh, diciamo di sì" ricambia il mio sorriso, "cosa ti porto cliente nuova?" Rido piano, "un cappuccino di soia e un muffin al cioccolato per favore" annuisce, "posso chiedere il tuo nome?" Annuisco, "Lilith" alzo gli occhi al cielo, "Lilith Addams".
Tre.
Due.
Uno.
"Sei una parente di Mercoledì?".
Bingo.
Sbuffo, "diciamo di sì, molto alla lontana" scrolla le spalle, "piacere, Tyler" annuisco, "frequenti la Nevermore?" "Mi stai interrogando?" "No, assolutamente" ridacchio, "sto scherzando, si frequento la Nevermore, io però indosso la divisa normale" ride ancora, il suono del campanello ci fa voltare.

Eccola lì, la piccola bastarda.

Mi alzo di scatto, ignorando lo sguardo di Tyler, e probabilmente anche quello dei clienti presenti nel locale.

Con una velocità che non sembra umana la afferro per il collo e la sbatto contro il muro, la vedo spalancare gli occhi e dimenarsi dalla mia stretta, senza risultati.

La rabbia si impossessa di me e la trascino fuori dalla caffetteria, la guardo negli occhi sorridendo come una psicopatica, cosa che forse sono, gli occhi in fiamme, nel vero senso della parola.

Il lato oscuro di me sta venendo fuori, e lo vedo riflesso negli occhi di Mercoledì, che annaspa in cerca d'aria, sempre più debole.

"Dov'è?" Ringhio, "c-cosa?" Balbetta, "lo sai benissimo, la mia collana, dov'è?" Si dimena ancora di più, "no no no, non fare la cattiva, oppure" stringo la presa alla sua gola, "t-t-asca sinis-tra" sussurra, tenendo stretta la mano al suo collo infilo la mano dove indicatomi e tiro un sospiro di sollievo quando rivedo il ciondolo che tanto amo.

Il mio sguardo torna serio, Mercoledì sembra sul punto di soffocare, così alzo gli occhi al cielo e la lascio andare, cade per terra tossendo, il segno della mia mano ancora nul suo collo, la osservo senza espressione.

L'ho fatto.
Ho, spento le mie emozioni.
Il demone che è in me si palesa di continuo, anche quando non vorrei, immagini del passato mi attraversano la mente di continuo, senza darmi tregua, così, off, emozioni fuori gioco.
Perché così facendo, anche solo per pochi minuti, posso trovare finalmente una pace interiore che ormai non riconosco più, non esiste più, non so dove sia o se ci sia veramente mai stata.

Ed ecco, on.
Direi che questo è il momento giusto, avevo programmato ogni, singola, cosa.

Sotto lo sguardo terrorizzato di Mercoledì e Tyler, prendo la pistola e mi sparo in testa.

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