.28 - Il padre di mio padre

Alexandra non era mai stata certa di chi fosse. La sua esistenza era sempre rimasta appesa al sottile filo che giace tra il limbo dei mortali e qualunque fosse il vello in cui era stata costretta a vivere. Il dio oscuro non gli aveva mai detto la verità, così come non la aveva mai detta a nessuno dei bambini con cui era cresciuta. L'unica cosa che sapeva era che il loro compito era quello di servirlo, perché così era stato scritto e così sarebbe sempre stato.

Erano i suoi soldati, la sua armata.

Presto avrebbero oscurato il sole come i tempo che fu.

Presto avrebbero camminato ancora tra i mortali, portando di casa in casa il dubbio e le incertezze.

Così era stato stabilito.

Così sarebbe stato.

Icarys aveva rubato a Dixtr il posto che secondo lui gli sarebbe spettato insieme agli dei antichi sul trono dell'isola del sole. Lexys lo aveva costretto a nascondersi nell'arcipelago dell'estremo Nord come un topo. Non lo aveva sconfitto certo, ma lo aveva indebolito a tal punto da far scomparire dalla faccia del pianeta le indecisioni. Elizabeth Antares, una semplice mortale, lo aveva sconfitto, aveva ucciso il suo discepolo e aveva dato il via ad una dinastia che, per natura, lo avrebbe sfidato fino alla fine dei tempi.

Ma come un tempo Olson Phinnys lo aveva ascoltato, presto avrebbe trovato qualcun altro disposto a seguire le sue orme.

Suo figlio.

Suo figlio avrebbe riportato ordine. Niente più Moyer e Oyre, solo paura.

Lo avrebbe aiutato a plasmare il mondo in suo nome.

Avrebbe fatto ciò per lui.

Come tutti i suoi figli, Alexandra era nata per quello. Aveva girovagato tra il mondo degli uomini come un'ombra. Aveva seminato dolore, dubbio e portato morte ovunque lui glielo avesse chiesto. Perché lui sarebbe tornato. Il tempo era ormai vicino.

Lui. L'unica figura che la ragazza avesse mai potuto chiamare padre, ma quale padre avrebbe chiesto a sua figlia di compiere ciò che lei aveva compiuto in suo nome? Il sangue di migliaia di innocenti pesava sulle sua mani come monito di ciò che era, di ciò che era diventata.

Ricordava poco suo padre, il suo vero padre.

Ormai era solo una figura sbiadita dal tempo che le affiorava sotto le palpebre tra il sonno e la veglia. Le ripeteva che sarebbe andato tutto bene. Le diceva che il tempo che avevano avuto era stato un dono. Un dono? Si, un dono, perché loro avevano avuto più tempo di altri. Lui non si era accorto di nulla fino al compimento dei suoi quattro anni. Anche sua madre aveva avuto tempo. Tempo di vederla crescere diceva. Tempo per capire che li suo sacrificio sarebbe servito finalmente qualcosa, perché sua figlia, così era scritto, avrebbe sconfitto Dixtr per sempre. Le ancelle la avevano consacrata alla causa con il volere degli dei.

Alexandra era stata per molto tempo convinta che tutto fosse un sogno. Che in realtà il suo vero padre fosse solo il frutto della sua immaginazione e che le parole dolci di sua madre non fossero altro che il suo desiderio di trovare un posto in cui si sarebbe potuta finalmente sentire al sicuro.

Lui non la faceva sentire al sicuro.

Come avrebbe potuto sconfiggerlo?

Nonostante fosse brava a nasconderlo, celando il tremore delle sue mani con l'abilità da spadaccina, quando qualcosa non andava lui se ne accorgeva sempre. "Sei l a mia prediletta. Mi accorgo sempre se c'è qualcosa che ti turba"

Se solo fosse stata davvero brava, probabilmente sarebbe stata in grado di salvarlo. Di riportare quel ragazzo da suo fratello e di mettere in guardia quel giovane dalle sventure alle porte. Se solo Alexandra si fosse resa conto in tempo del perché lui lo teneva sott'occhio da così vicino. Se solo avesse capito prima. Se solo non si fosse fatta trasportare dalle emozioni. Se solo Maximilian si fosse ricordato di lei come lei si ricordava di lui. Se solo si fosse ricordato di ciò che le ancelle gli avevano fatto.

C'era stato un tempo in cui Alexandra avrebbe fatto tutto ciò che Dixtr gli chiedeva. In quel tempo avrebbe anche ucciso Maximilian Kastrov, se glielo avesse chiesto. Aveva perso tutto e il tempo passato tra le scogliere del Nord l'aveva resa talmente fredda da non sciogliersi nemmeno davanti alla fine del mondo come gli abitanti di Icarys lo conoscevano.

Quella sera, nella Merkal, la ragazza avrebbe voluto ucciderlo, strappargli il cuore dal petto come lui gli aveva ordinato che facesse. Ma non lo aveva fatto. Maximilian la aveva guardata nello stesso modo in cui la guardava quando andava a fargli visita nelle pieghe del sonno e il peso delle coscienze non gravava sul loro fato.

"Chi sei? Come ti chiami?"

Alexandra avrebbe voluto urlare, dirgli che era tutto finito, che presto sarebbero stati liberi.

Ma non lo sarebbero stati.

Il ragazzo della città bianca, Arlo si chiamava, il fratello di quel giovane che non era stata in grado di salvare, aveva bisogno di lui, e così anche Icarys. L'isola del sole avrebbe perso ogni speranza se si fosse rivelata in quel momento. Doveva aspettare. Era forse l'unico modo per dare loro del tempo, anche a sé stessa.

Aspettava da diciassette anni, avrebbe potuto rimanere in attesa ancora un po'.

Comunque fosse, Dixtr non doveva scoprirla, o tutto sarebbe andato perduto.

Angolo autrice 👀👀👀

Mancano un paio di capitoli e siamo arrivati alla fine!
Non alla fine fine, solo della prima parte.
Ho deciso di dividere il racconto perché altrimenti diventa decisamente troppo lungo, anzi lunghissimo.
Zitti zitti siamo arrivati quasi a 350 pagine!

A presto!

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top