PROLOGO
Non era un gruppo particolarmente numeroso: saranno stati una quindicina di ragazzi e ragazze.
I due medici e i due infermieri li avvertirono di mantenere la distanza fra loro almeno di due metri finché non li avessero chiamati.
Erano veramente pochi per essere un'equipe di medici scelti e specializzati: due medici (un uomo e una donna) e due infermieri (un uomo e una donna).
Qualche persona alzò la mano per chiedere il motivo del fatto che fossero solo in quattro, ma l'infermiere li invitò prontamente ad abbassare le mani: disse che al momento erano impegnati e che avrebbero risposto a tutte le domande una volta in viaggio.
Qualche minuto dopo, il medico uomo salì su una nove posti e l'infermiera disse: «Le persone che sto per chiamare sono invitate a salire ordinatamente a bordo.
Diàz Leon, Flanagan, Kabila D., Robinson, Starosta e Van de Berg.»
Dopo aver fatto l'elenco, la giovane donna salì a bordo sedendosi accanto al dottore.
Anche i ragazzi che erano stati nominati salirono a bordo disponendosi nei posti dietro. Fatta eccezione per un ragazzo alto e di colore che si rivolse ad un'altra ragazza chiedendo: «D sono io, giusto?»
«Si.» rispose lei.
Dopo che anche lui si fu seduto al posto, l'auto partì.
Rimasero quindi nove ragazzi. Davanti a loro la dottoressa e l'infermiere (con delle maschere integrali a coprire il loro volto – sembravano quasi maschere anti-gas) e un minibus.
I ragazzi rimasti dovevano quindi essere i dieci malati che erano stati scelti per ricevere le cure: i migliori della loro generazione.
«Bene, potete salire a bordo. Poi faremo un veloce appello e, durante il viaggio, vi spiegheremo come funziona la vostra cura.» disse la dottoressa prima mettersi alla guida.
Uno alla volta, i malati salirono a bordo.
Un ragazzo biondo dal volto sfregiato si avvicinò all'infermiere e sussurrò: «Nishimura Kuki non verrà.» e si sedette in fondo al mezzo.
💉💉💉💉💉
Erano in viaggio da qualche minuto quando l'infermiera prese una cartella di fogli.
«Ora vi spiegherò in cosa consisterà la cura e quali sono le vostre mansioni. Prima di iniziare ci sono domande?»
Una ragazza dai lunghi capelli rossi disse: «Io ne avrei una: siete solo voi quattro i membri dell'equipe specializzata?»
«Ebbene si. – disse la giovane donna – È stato convenuto che fosse meglio avere un personale ridotto al minimo: due medici e due infermieri.
Ma proprio per questo motivo è stata richiesta la presenza di volontari: essendo in pochi abbiamo bisogno di qualcuno che ci supporti e ci dia una mano il più possibile. E voi che siete stati scelti rimanete comunque un numero molto esiguo. Siete stati scelti voi sei perché siete risultati i più qualificati, o i più responsabili, o quelli che sarebbero stati un supporto migliore per i ragazzi malati, oppure perché le vostre motivazioni personali erano le più giuste.
Ma, ovviamente, voi non starete a contatto con i malati se non per casi di necessità: per esempio alcuni di voi potrebbero dare sostegno o intrattenere i ragazzi malati personalmente ma non vi permetteremo mai di rischiare la vostra vita nell'aiutarli.
Ci è stato chiesto di spiegarvi in cosa consiste la cura: quali medicinali dare ai malati, quando e come, eventuali operazioni necessarie per le cure e via dicendo. È importante che sappiate queste cose: i vostri incarichi potrebbero consistere nel portare i giusti farmaci ai ragazzi o accompagnarli in sala operatoria e spiegare loro a cosa vanno incontro.
Quindi vi chiedo per favore di ascoltare in silenzio e di interrompere solo qualora abbiate dei dubbi.»
La giovane donna rispose a qualche altra domanda prima di iniziare la spiegazione delle cure.
La spiegazione durò più di un'ora, ma nessuno dei ragazzi osò parlare. Rimasero in silenzio ad ascoltare.
Alla fine della spiegazione l'infermiera disse: «Probabilmente altre informazioni ci verranno date dal medico che ha trovato la cura quando arriveremo, ma questo è quanto.
Ci sono domande? – chiese e, non sentendo niente, aggiunse – Bene. Da quanto ci risulta, nessuno di voi ha ancora preso un vaccino. Quindi vi consigliamo di prenderlo ora.»
Porse loro una scatola contenente sei siringhe dicendo: «Inserite la punta nel polso e iniettatevelo: se non riuscite da soli, fatevi aiutare dal vostro vicino.»
I ragazzi obbedirono e, pochi minuti dopo, iniziarono a sentirsi deboli. I muscoli rilassati e le palpebre pesanti.
L'infermiera li vide e disse: «Dottore, si sono addormentati tutti.»
«Non si preoccupi: non credo che li abbia annoiati così tanto.» scherzò l'uomo.
«Non è quello che mi preoccupa, dottore: si sono addormentati tutti insieme. Non è normale.»
«Siamo quasi arrivati, non appena parcheggeremo faremo loro dei controlli per assicurarci che stiano bene.
Lei intanto contatti il resto dell'equipe.»
«Si, dottore.»
La giovane infermiera chiamò il suo collega che si trovava sul minibus e gli riferì ciò che era successo. E la risposta la sconvolse.
«È successa la stessa cosa qui.»
«Com'è possibile? – chiese lei – Sa dirmi cos'è successo?»
«Non lo so: io ho dato loro la prima pasticca come ci era stato detto e il tempo di darla agli ultimi che i primi si erano addormentati. Perfino quello che soffre di insonnia.»
«Che sia la medicina? Forse è un effetto collaterale.
Ma i volontari...»
«Loro hanno preso qualcosa?» chiese l'uomo dall'altra parte della linea.
«Il vaccino. Esattamente come noi.
Ma nessuno che abbia mai preso questo vaccino ha riscontrato questo effetto collaterale.»
«Siamo arrivati, signorina. – la avvertì il dottore – Cerchiamo di aiutarli.»
Lei chiuse la conversazione e i due scesero dall'auto, affrettandosi a controllare i sei ragazzi che dormivano dietro di loro.
«Il respiro e il battito sembrano nella norma.» disse l'uomo controllando il polso a uno dei ragazzi, un ragazzo biondo.
L'infermiera stava controllando una ragazza dai lunghi capelli viola legati in una treccia e disse: «Anche per lei.» ma non fece in tempo a finire la frase, perché sentì un forte rumore provenire da lontano.
Rivolse lo sguardo verso il medico, giusto in tempo per vederlo cadere a terra con un grosso foro sulla tempia.
Urlò.
Qualche istante dopo, lo stesso destino capitò anche alla giovane donna.
💉💉💉💉💉
La ragazza aprì gli occhi improvvisamente. Quando si era addormentata?
E poi perché si era addormentata su una sedia non particolarmente comoda?
Dove si trovava?
Si guardò intorno e si rese conto di essere in quella che sembrava essere una stanza di ospedale. Quindi erano arrivati a destinazione. Ma quando?
Era una camera doppia e la sua sedia stava proprio fra i due letti: su quello alla sua destra dormiva una ragazza, mentre su quello alla sua sinistra un ragazzo.
A parte loro due, non sembrava esserci nessun altro nella stanza.
Si strofinò gli occhi notando, per la prima volta, la presenza di un bracciale nero che aderiva al suo polso destro.
Aveva uno schermo nero come se fosse un orologio sul quale, invece dell'ora, scorrevano scritte in rosso le parole "HELENA VAN DE BERG".
Non ricordava di avere niente del genere, quindi si fermò a guardarlo: vicino allo schermo c'era un tasto ma premendolo non succedeva niente, era completamente inutile. Inoltre il bracciale sembrava impossibile da togliere.
Era aderente, quindi non poteva essere sfilato, ma non sembrava avere nemmeno una chiusura di qualche tipo. Chissà come era possibile che ora fosse al suo braccio.
Stava ancora cercando di capire come aprirlo quando sentì alla sua destra un rumore.
Si voltò verso il letto e vide i due grandi occhi lucidi della ragazza di fianco a lei che la guardavano.
«Dove sono?» piagnucolò la ragazza.
«Immagino che questo sia l'ospedale.» rispose Helena sorridendole.
«Quando sono arrivata? Non me lo ricordo? – disse la ragazza cominciando a piangere – Io ero sul pullman e poi mi sono svegliata qui!»
«Hey hey! Non serve piangere! – disse Helena cercando qualcosa nella tasca del suo camice – Lascia che mi presenti!» aggiunse scattando in piedi.
«Helena è il mio nome e Van de Berg è il mio cognome e sono l'Ultimate Clown Care! – si sistemò il suo camice e si mise il naso rosso che aveva preso dalla tasca per poi aggiungere con tono professionale – E ti somministro una buona dose di risata!» concluse poi schiacciandosi il naso per produrre un suono molto simile ad un "honk".
Il suo scopo era di quello di far ridere la ragazza ma il risultato che ottenne fu tutto il contrario, finendo col farla piangere ancora di più.
«Nono! Non piangere! – disse Helena allarmandosi – Ho fatto qualcosa di sbagliato? È per via del naso?»
La ragazzina annuì in risposta e Helena aggiunse: «Okok! Lo tolgo, ma tu smetti di piangere! – disse rimettendo il naso di gomma in tasca e tamburellando con il piede sinistro – Pensa a cose buffe e allegre: come gli arcobaleni o i gatti o le farfalle!
Fai come il pero: piange solo se è dis-perato!»
La ragazza accennò un sorriso. Non si asciugò le lacrime, ma almeno smise di singhiozzare.
Meglio di niente.
Helena si sedette nuovamente e sorridendole le chiese: «Come ti chiami?»
«U-Uh, ecco... – mormorò l'altra – ...io sono Dalila Medina Torres e sono l'Ultimate Crybaby...» detto ciò, nascose timidamente il volto con il lenzuolo bianco del letto.
In tutto questo, nonostante pianti e urla allarmate, l'altro ragazzo dormiva come se niente fosse.
Che fosse morto?
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Aveva appena aperto gli occhi quando sentì la voce di un ragazzo dire: «Ben svegliata. Stai bene?»
La ragazza annuì in risposta e lui si presentò dicendo: «Mi chiamo Oliver Diàz Leon, sono l'Ultimate Hero. È un piacere fare la tua conoscenza!
Mi piacciono i tuoi capelli!» aggiunse porgendole la mano.
La ragazza non la strinse, rimanendo sulla difensiva. Si limitò ad alzarsi a sedere mormorando un veloce "grazie".
«Tu invece come ti chiami?» chiese Oliver.
«Sen.» rispose molto semplicemente la ragazza dai capelli rosa.
Si guardò intorno: era sdraiata su un letto che non era il suo e non sapeva il perché o come ci fosse arrivata.
Si ricordava di aver preso una medicina e poi... che l'avessero drogata?
No, dopotutto era malata: molto probabilmente si trattava davvero di un farmaco. Magari era solo un effetto collaterale o... magari le avevano sonnifero per farla stare meglio? Non che importasse davvero.
«Ci siamo solo noi qui?» chiese.
«Non lo so: non sono uscito. Sono rimasto qui per vedere se ti svegliavi.» rispose Oliver.
«Mh.» fece la ragazza.
«Vado a cercarli. Vieni anche tu? – chiese il ragazzo – Non mi sembra il caso di lasciarti sola.»
«Va bene.» disse lei alzandosi dal letto.
Non percorsero molta strada, perché nel corridoio (proprio sulla soglia della stanza accanto) c'era una ragazza alta dai lunghi capelli viola ed elegantemente vestita.
Guardava nella stanza chiedendo a qualcuno se andasse tutto bene.
Sen non si ricordava di averla mai vista, ma Oliver evidentemente l'aveva riconosciuta perché la salutò allegramente per poi chiedere: «È successo qualcosa?»
Lei li guardò sorpresa, ma rispose con tono educato: «Si. Stavamo andando a cercare qualcun altro, ma Adrien si è sentito male improvvisamente.»
Sen si affacciò sulla porta e poté vedere un ragazzo dai capelli verdi (che intuì essere Adrien) che vomitava in un cestino.
Distolse lo sguardo disgustata, ma la sua espressione non lasciò intuire questo suo stato d'animo.
Silenziosamente, tornò a guardare gli altri due che parlavano.
La ragazza che era con Adrien si rivolse nuovamente a Oliver e gli aveva detto: «Scusami, non ricordo il tuo nome.»
«Sono Oliver Diàz Leon e sono l'Ultimate Hero. Ma puoi chiamarmi solo Ol. - rispose lui sorridendo – E, lasciatelo dire: questo vestito ti sta benissimo!»
Guardò poi Sen e aggiunse: «E lei è Sen ed è...» si interruppe rendendosi conto di non sapere altro sulla ragazza.
«Sono Sen. – disse lei – E sono l'Ultimate Origami Maker.» aggiunse vedendo che Oliver aveva detto il suo talento.
A questo punto era il turno dell'altra ragazza per presentarsi e disse: «Piacere! Sono Lorely, o più semplicemente Lory. Sono l'Ultimate Illusionist e sono qui da volontaria. Parlare del motivo mi fa soffrire e ricordare brutte cose, ma posso dire semplicemente che dopo la disgrazia ho deciso che avrei aiutato tutti i malati per impedire che muoiano e per impedire anche che altri passino ciò che ho passato io; è doloroso ed è così brutto che non lo augurerei nemmeno al mio peggior nemico.»
«Wow! – fece Oliver – È una cosa così altruistica. Sono veramente ammirato.»
«Grazie.» rispose lei.
Intanto, Adrien uscì dalla stanza. Ora che non era inginocchiato a vomitare, Sen poté vedere che era molto alto. Più di tutti loro.
Lui tirò fuori dalla bocca quello che aveva tanto l'aria di essere un petalo azzurro per poi urlare come se niente fosse: «Ehilà, signore e signori! Io sono Adrien Dìaz, l'unico e inimitabile Ultimate Radio's Host! Piacere di conoscervi!»
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Anche l'altro ragazzo si era svegliato. Nessuna delle due ragazze se ne era accorta inizialmente.
Si erano messe a parlare tranquillamente fra loro finché improvvisamente Dalila non si era messa a piangere improvvisamente.
Helena preoccupata si era chiesta che cosa fosse successo o che cosa avesse fatto per farla piangere, ma la piagnucolona indicò un punto dietro Helena.
La pagliaccia si girò è vide l'inquietante sguardo del ragazzo che le fissava.
Il ragazzo, come se niente fosse, si presentò dicendo: «Ohhh! Finalmente un po' di attenzione per me! Vi chiederete sicuramente chi è il ragazzo misterioso davanti a voi, eh?
Bene! Lasciatemi spiegare: sono Mortiz Mondrian, Ultimate Stalker Photographer.»
Questo talento, a differenza di quello di Helena, non fece piangere Dalila.
Non troppo almeno.
Dopo essere rimasti a parlare e dopo che le ragazze chiarirono che Mortiz fosse solo strano ma non pericoloso, decisero di andare a cercare qualcun altro. Visto che erano tutti sicuri di aver viaggiato con altre persone. Avrebbero dovuto trovare almeno l'equipe di medici e infermieri.
Mentre camminavano, sentirono qualcuno urlare.
Era una voce maschile che disse chiaramente: «Basta! Non ho visto nessuno! E smettila di chiedere di qualcuno che non sei nemmeno capace di descrivere!»
Seguirono preoccupati la voce e videro due persone: sebbene la voce maschile, davanti a loro c'erano solamente due ragazze. Una ragazza bionda dava loro le spalle, mentre l'altra dalla pelle scura come l'ebano li notò e si avvicinò a loro.
«Uno di voi è Dinari?» chiese.
La bionda si girò, mostrando un'orribile cicatrice sul suo volto.
Parlò. La sua voce era bassa. Mascolina.
«È un quarto d'ora che rompe le palle con questo Dinari.» ringhiò.
Ok. Era decisamente la voce che aveva urlato.
Ergo, la ragazza bionda era un ragazzo.
«No, nessuno di noi si chiama Dinari. – disse Helena – Noi siamo Helena, Dalila e Mortiz.»
Mentre presentava sé stessa e i suoi due compagni, un particolare dettaglio saltò all'occhio di Helena: nessun altro dei quattro ragazzi davanti a lei aveva lo stesso braccialetto.
Inizialmente non diede peso alla cosa, suo malgrado.
Anche i due si presentarono.
La ragazza di colore disse: «Mi chiamo Bisa Kabila e sono l'Ultimate Wall Artist. Mi piacerebbe molto fare la vostra conoscenza, anche se probabilmente mi dimenticherò di voi fra qualche minuto.»
Il ragazzo sfregiato, invece, fu molto più rapido e disse: «Sono Nishimura Haruki. Ultimate Wota.»
«Avete visto qualcun altro?» chiese timidamente Dalila.
Bisa disse di no.
Haruki disse: «Si. Quando mi sono svegliato c'erano due stangoni che dormivano profondamente. Uno dai capelli verdi e una ragazza dai capelli viola che stava su una sedia.»
«E...?» chiese Mortiz invitandolo a continuare.
«E niente. Mi sono alzato e me ne sono andato.» rispose il biondo.
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La ragazza dai capelli rossi si era svegliata su una scomodissima sedia circa mezzora prima.
Si era guardata intorno e aveva visto una bellissima ragazza africana dormire nel letto accanto a lei.
Aveva deciso di lasciarla dormire mentre dava un'occhiata intorno. Decisa a tornare nell'arco di un quarto d'ora.
Cambiò i suoi piani quando, svoltati un paio di angoli, vide alla sua sinistra una porta diversa dalle altre: se tutte erano di legno dipinto di bianco con vetri trasparenti e accanto c'erano delle targhette con il numero della stanza, questa non era tinta, il vetro era opaco e accanto alla porta c'era un riquadro sbiadito, segno che la targhetta fuori fosse stata rimossa.
(Ecco spiegato perché le stanze passavano da 203 a 205. Per un attimo aveva pensato di trovarsi in Giappone.)
Ma non erano queste differenze che la avevano turbata: sul vetro di quella porta diversa dalle altre c'erano delle lettere.
E queste lettere formavano le parole
Avvocata
Ailis Flanagan
Perché su quella porta c'era scritto il suo nome?
Decise di entrare con cautela, la porta non era chiusa a chiave.
Accese la luce e vide quella che sembrava una versione ridotta del suo studio.
No, era diversa: sembrava essere una stanza da ospedale svuotata e riammobiliata per essere lo studio di un avvocato.
Lo si capiva dalle pareti spoglie, le luci a neon e le tende ignifughe.
C'era una libreria piena di libri di leggi e le costituzioni di... ad occhio e croce una quindicina di Nazioni.
C'era un archivio. Aprì i cassetti: era completamente vuoto.
C'era una macchinetta del caffé. Utile.
Si sedette alla scrivania e accese il computer. Funzionava alla perfezione, ma non c'era connessione a internet.
Aprì i cassetti: c'erano dei documenti e dei fogli bianchi. E abbastanza penne e matite da poter aprire un negozio di articoli di cancelleria.
In un cassetto c'era solamente una chiave. Non sapeva a cosa potesse servire, ma le venne in mente solo una possibilità.
Fece una prova inserendola nella serratura della porta. Scattò.
Quindi era la chiave del suo studio.
Riaprì la porta.
Poteva dire che si trattava del suo studio?
Probabilmente si: dopotutto era uno studio. E c'era scritto il suo nome sulla porta.
Nonostante la situazione al limite dell'assurdo, si sentiva a suo agio in quella stanza.
Si sedette di nuovo alla scrivania guardandosi intorno.
Pareti spoglie, tende ignifughe e luci a neon. Ma era come il suo studio.
Quando finì di guardarsi intorno, si ricordò di un'altra cosa che non le tornava.
Si guardò il braccio destro, sul quale c'era un bracciale nero che non aveva mai visto fino a qualche minuto prima. E che sembrava impossibile da togliere senza tagliarsi il braccio.
Aveva uno schermo nero come se fosse un orologio sul quale, invece dell'ora, scorrevano scritte in rosso le parole "AILIS FLANAGAN". E, vicino allo schermo, c'era un tasto ma premendolo non succedeva niente, era completamente inutile.
Continuò a premerlo continuando a ripetersi che non poteva essere possibile che il bottone fosse inutile.
Quando improvvisamente successe qualcosa. Si fermò incantata a leggere le nuove parole che scorrevano sul braccialetto.
E, poco dopo, un gruppo di cinque persone fece irruzione nella stanza.
Una ragazza dai capelli rosa la guardò sorpresa esclamando: «Ne hai uno anche tu!»
💉💉💉💉💉
I ragazzi continuarono a camminare fino a trovarsi davanti a una porta diversa dalle altre.
«Chi è Ailis Flanagan?» chiese Mortiz.
Nessuno sembrava saperlo, ma le luci all'interno erano accese.
Non restava che entrare nella stanza e scoprirlo.
All'interno c'era una ragazza dai lunghi capelli rossi seduta ad una scrivania. Si guardava il polso ed Helena potè quindi notare la presenza di un braccialetto uguale al suo.
«Ne hai uno anche tu!» esclamò sorpresa.
La ragazza li guardò e tranquillamente rispose di si. E spiegò che, come Helena, non ricordava di averlo mai visto, ma quando si era svegliata lo aveva al polso.
Notò poi Bisa e le disse: «Ti sei svegliata finalmente. Mi dispiace di averti lasciata da sola, pensavo di tornare presto ma poi ho trovato questa stanza con mio nome e mi sono fermata ad esaminarla.»
Bisa sembrava non riuscire a seguirla, come se non si ricordasse di lei. Ma aveva accennato al fatto di non riuscire a riconoscere le persone, quindi Helena pensò che fosse questo il motivo.
Invece Ailis disse: «So che non sai chi sono: quando sono uscita dalla stanza, tu ancora dormivi.
Lasciate che mi presenti allora. – continuò alzandosi – Mi chiamo Ailis Flanagan. È un piacere poter intrattenere un discorso con voi. Sono l'Ultimate Lawyer, spero di poter esservi d'aiuto.»
Dopo un rapido giro di presentazioni, Ailis si rivolse ad Helena e disse: «Vedo che sei l'unica ad avere un bracciale: hai visto cosa c'è scritto?»
«Il mio nome?» chiese Helena quasi a chiedere conferma.
Ailis scosse la testa e disse: «No, mi riferisco a questo.» mostrò loro il polso e tutti poterono vedere le parole rosse che scorrevano sullo schermo nero:
PORTARE I MALATI AL PRONTO SOCCORSO
«Bisa. – disse poi Ailis alla nera – Credo che tu sia stata affidata a me, quindi seguimi. Voi altri venite?» chiese infine al resto del gruppo.
💉💉💉💉💉
I cinque ragazzi erano arrivati per primi al pronto soccorso. Inizialmente erano due gruppi che si erano incontrati per caso nel corridoio: Daniel Starosta e Vivianne Frank erano un gruppo, e Dinari Kabila, Amos Cooper e Haruka Jung erano l'altro.
Poco dopo essersi incontrati Daniel e Dinari avevano notato un nuovo comando sui loro bracciali. Beh, Daniel lo aveva notato, visto che Dinari sembrava in difficoltà a leggere ciò che ci era scritto.
Quindi insieme si diressero nel luogo indicato. Non sapevano dove fosse, ma intuirono che non fosse al secondo piano. Scesero le scale non appena le trovarono.
A quel punto bastò seguire le indicazioni su un cartello.
Dieci minuti dopo erano arrivati.
Mentre aspettavano gli altri, cominciarono a conversare animatamente.
Vivianne era di poche parole e quel poco che diceva era freddo e sarcastico.
Se non glielo avessero chiesto, probabilmente non avrebbe mai nemmeno detto loro quale fosse il suo talento.
Per inciso, si trattava dell'Ultimate Modern Artist.
Haruka invece era molto più espansiva e chiacchierona, anche se aveva dato l'idea al resto del gruppo di essere un po' ingenua.
Era l'Ultimate Trouble Maker e lo avevano notato, visto che nell'arco di pochi minuti aveva fatto cadere qualcosa già tre o quattro volte.
Ma nessuno sembrava essersi arrabbiato più di tanto, vista l'allegria contagiosa della ragazzina.
Daniel, Ultimate Youth Minister, aveva uno sguardo molto serio (tanto da sembrare vuoto) e ogni volta che Haruka faceva cadere qualcosa lo raccoglieva e lo metteva al suo posto, mostrandosi quindi come un ragazzo molto diligente e responsabile.
Parlava molto bene ed educatamente, ma aveva dimostrato di essere anche una persona simpatica e molto alla mano e pronta allo scherzo.
Dinari era uno stupido. Era un'idea che in un modo o nell'altro avevano più o meno tutti i presenti.
Nonostante la sua stazza enorme sembrava di parlare con un bambino, ingenuo e inconsapevole di molte cose.
Ma allo stesso tempo la sua espressione sorridente risultava triste e glaciale.
Anche la cicatrice sul suo occhio sinistro, che tanto stonava con il suo atteggiamento, rendeva difficile farsi un'idea chiara del ragazzo.
Anche se tutto iniziò ad essere più chiaro quando disse di essere l'Ultimate Soldier.
Infine c'era Amos. Ultimate Chess Player.
Era il più difficile da comprendere: non parlava se non interpellato, ma quando gli veniva chiesto qualcosa rispondeva in modo educato e aulico. Talmente tanto da sembrare quasi lontano dagli altri. Come se abitasse in un'altra dimensione che, per chissà quale congiunzione astrale, occupava lo stesso spazio della nostra ma restava comunque impossibile entrarci in contatto.
Ma non sembrava un cattivo ragazzo: aveva una parlata gradevole e un tono pacato.
Quando si era presentato aveva anche fatto il baciamano alle ragazze, cosa che aveva fatto ridere Haruka, mentre Vivianne gli aveva dato uno schiaffo in risposta.
Dopo un po' vennero raggiunti da quattro ragazzi che si presentarono come Sen, Adrien, Oliver e Lory. Questi ultimi riconobbero Daniel e Dinari visto che avevano viaggiato insieme.
Infine arrivarono le ultime sei persone: Helena, Ailis, Dalila, Mortiz, Haruki e Bisa.
Bisa, in particolare, quando vide Dinari si sentì emozionata e si avvicinò a lui dicendo: «Sei tu, Big Bro. Vero?»
«Si, Bisa. Sono io.» rispose il ragazzo sorridendole.
Haruki la guardò freddamente e chiese: «È lui Dinari?»
Lei annuì e Haruki, in risposta, urlò: «Ti rendi conto che è l'unico altro nero qui dentro! Come hai fatto a confonderci con lui?!»
Bisa alzò le spalle.
Improvvisamente il suono delle porte che sbattevano alle loro spalle li fece girare all'unisono.
Un fiore bianco e nero li stava guardando con un sorriso cinico stampato in volto. E già questo era inquietante.
«Buongiorno miei malaticci e stagisti non pagati!» disse il fiore. OK!
Il fiore si godette per qualche istante gli sguardi confusi e spaventati dei 15 ragazzi, prima di rendersi conto che qualcosa non tornava.
Quindici?
«Ne manca uno...» disse con fare pensieroso. Perché aveva anche espressività!!!!!
I ragazzi si guardarono fra di loro, tranne Haruki, che abbassò lo sguardo restando in silenzio.
Improvvisamente il fiore sparì ritirandosi nel pavimento in linoleum per poi ricomparire alle loro spalle, accanto ad una ragazzina sui 13 anni dalla stessa palette del fiore che era seduta dietro il vetro dello sportello centrale della reception.
Lei gli sussurrò qualcosa per poi alzarsi dalla sedia girevole e andarsene di corsa.
I ragazzi sentirono poco o nulla, ma Haruki alzò lo sguardo e disse: «Nishimura Kuki non verrà. Ci sono solo nove malati.»
Nessuno osò chiedere di più, la sua espressione bastava a rispondere.
Il fiore sembrava frustrato, ma cambiò subito atteggiamento e disse, come se niente fosse: «Io sono MonoFlower! Sono il direttore di questo ospedale e sono qui per somministrarvi un gioco.
Ebbene, cari malaticci e stagisti non pagati, non si tratterà di un gioco normale, ma bensì...»
Un rullo di tamburi partì da degli altoparlanti piazzati sulle pareti.
«...di un Killing Game! Un gioco in cui solo chi uccide e la fa franca può sopravvivere!» concluse il fiore.
Alle sue parole si alzarono le tendine degli altri quattro sportelli, mostrando i corpi senza vita dei medici e degli infermieri seduti sulle sedie girevoli.
I ragazzi non sapevano se essere più sconvolti per la notizia o per la visione agghiacciante dei loro medici morti con dei fori insanguinati sulla testa.
Le reazioni furono varie: per la maggior parte i ragazzi erano sconvolti, ma c'era anche chi, come Vivianne, sembrava quasi sollevato.
Sen, per esempio si lasciò sfuggire dalle labbra un "Oh porca...!"
Helena invece sembrava incredula e ripeté più volte: «Che che che?»
Poi iniziò a fare "no" con il dito indice e disse: «Io faccio morire solo dalle risate!»
Dalila, ovviamente, cominciò a piangere e tremare. Cercava però di calmarsi e di darsi un contegno.
Invece Haruka e Dinari non sembravano aver capito cosa stesse succedendo; il ragazzo stava tempestando di domande la povera Bisa che non aveva avuto nemmeno il tempo di reagire. E quando lei gli spiegò la situazione, lui la strinse con fare protettivo come a volerla proteggere da un qualcosa in arrivo.
Haruka, che aveva sentito la conversazione fra i due, invece disse tutta sorridente: «Oooh! Ecco cos'era! Ma tranquilli! Io mi fido di tutti voi e sono sicurissima che nessuno ucciderà nessuno!»
C'era chi sembrava arrabbiato, come Ailis, o chi aveva deciso di farsi carico delle vite degli altri, come Oliver.
La prima, infatti, disse seria in volto: «Solamente persone malate di mente organizzerebbero una cosa simili. Infatti siamo stai rinchiusi qui da dei malati mentali.
E possiamo facilmente uscire: basta trovare i loro punti deboli. Non demoralizzatevi.»
In tutta risposta, Oliver disse: «Infatti! State tranquilli! Vi proteggerò io e ci salveremo insieme!»
E poi c'era Moriz, a cui sembrava non importare. Infatti disse: «Questo significa che rimarremo chiusi qui un bel po'.
Meglio! Potrò dedicarmi di più ai miei hobbies!»
Anche Lorely era arrabbiata. Tanto che, dopo aver metabolizzato l'informazione e aver capito che non si trattava di uno scherzo, urlò: «Ora voglio sapere chi ha avuto questa idea insensata!»
Prima che il fiore potesse rispondere (non che ne avesse mai avuto l'intenzione), anche Adrien urlò arrabbiato e chiedendo: «E io voglio sapere come facciamo a guarire! Siamo qui per questo, no?»
La sua domanda sollevò un coro di voci e mormorii. Ma MonoFlower disse: «Non è ovvio, caro malaticcio? Saranno gli stagisti non pagati a prendervi in cura.»
I sei volontari si cercarono a vicenda con lo sguardo, preoccupati.
Il fiore malefico, notandolo, rise e disse: «Oh! Vi avevano detto che non avreste fatto niente per mettervi in pericolo, vero?
Beh, sciocchezze! Questo è un gioco di omicidi, non una passeggiata al Luna Park!
E comunque avrete tutti gli aiuti e il sostegno necessari. Non temete: noi ci teniamo alla salute dei malati.
Se non volete ammalarvi, farete bene a prendere il vaccino e a seguire quell'unica regola che vi verrà imposta.
Sarà il bracciale a dirvi quando prendere il vaccino. A meno che non infrangiate la vostra azione proibita.»
«La nostra cosa?» chiese Daniel non capendo.
Il fiore ghignò e disse: «Beh, questi dieci... anzi nove ragazzi malati sono in netto svantaggio rispetto a voi sei che siete sani, no?
Per questo motivo è stato deciso che anche voi avrete uno svantaggio: un'unica cosa che vi sarà vietata. Fatela e il bracciale non vi avvertirà quando dovrete prendere il prossimo vaccino.
Premete il bottone per vedere di cosa sto parlando. E vi conviene non dirla a nessuno: perché ognuno ha la sua, diversa da quelle degli altri.»
Detto ciò, MonoFlower rise e sparì nel pavimento.
Helena, così come gli altri cinque ragazzi, guardò il suo braccialetto.
Premette il bottone per vedere delle nuove parole rosse scorrere sullo schermo nero:
AZIONE PROIBITA DI HELENA: IL SUONO DEL SUO NASO DI GOMMA
Ce l'abbiamo fatta!
Finalemente ecco a voi il prologo di questa storia!!!
Speriamo vi sia piaciuto e di essere riuscite a interpretare bene i vostri personaggi. Altrimenti, accettiamo consigli per interpretarli meglio nei prossimi capitoli.
Come vedete, alcuni personaggi hanno avuto meno spazio di altri, ma non temete: cercheremo di farli essere più presenti nei prossimi capitoli. ;)
Tags:
Sen Dahl --> Mezzangelo
Vivianne Frank --> -KBOOMER
Haruka Jung --> CuteThisGiuly
Bisa Kabila --> judokika-chan
Dalila Medina Torres --> -YOURLOVELYOTA
Amos Cooper --> Mezzangelo
Adrien Dìaz --> TERM0SIFONE-CHAN
Mortiz Mondrian --> Esattamente-chan
Haruki Nishimura --> Becky-senpai
Helena Van de Berg --> AuroraTheOtakuGirl
Lorely Robinson --> Warriorcats_55
Ailis Flanagan --> -celestesbowl
Daniel Starosta --> AuroraTheOtakuGirl
Dinari Kabila --> Becky-senpai
Oliver Diàz Leon --> egokowo
Speriamo di non aver sbagliato i tag.
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