Prologo
Non mi sarei mai aspettato di dirlo. Ho visto il mio mondo cambiare, mutarsi in qualcosa di orribile. Da un giorno all'altro, ci siamo ritrovati a combattere per la nostra vita. Io, che una volta mi divertivo, giocavo, adesso? Adesso sono rinchiuso in una colonia con un generale che mi comanda a bacchetta, devo chiedere il permesso anche solo per uscire dall'accampamento. Ma non che fuori sia meglio: le strade sono piene di morti, piene di infetti. Non ci siamo comportati bene, ma cavolo. Fa davvero schifo vivere qui.
Siete curiosi di cosa è successo? È arrivata un'epidemia zombie che non risparmierà nessuno di noi.
Era praticamente l'unico accampamento visibile nel raggio di chilometri. Città semidistrutte si allungavano tutt'intorno a quella struttura divenuta un fortino sicuro per chi non aveva luoghi dove fuggire. La colonia sorgeva davanti ad una delle tante foreste, mentre il suo cuore era un'alta torre in pietra gialla, dal quale medici, mercanti e soldati creavano un febbrile viavai per raccogliere merci, armi e medicamenti dal magazzino. All'aperto c'erano tanti bancali di fortuna, coperti con vecchi teli dai colori vivaci, quasi fosse uno di quei vecchi mercati all'aperto, e il confine era segnato dal filo spinato. Un paio di guardie erano appollaiate sulle torri all'ingresso dell'accampamento, e sul davanti, era presente una piccola tenda in resistente plastica verde; una tenda di quarantena per chi era stato morso dagli infetti.
Un ragazzo attraversò l'entrata, prima di venire prontamente fermato dalle guardie. Aveva gli occhi castano chiaro cerchiati dalla stanchezza e in testa un cappello di feltro nero dal quale sbucavano due ciocche di capelli rossi. Indossava delle sneakers rosse, ormai completamente avvolte dal fango, un paio di pantaloni scuri insanguinati e una lunga giacca di panno bianco allacciata sopra una maglietta rossa. Tremava da capo a piedi.
"Ragazzino, cosa desideri?" gli chiese la guardia alla sua sinistra.
"Voglio entrare nella colonia. È da giorni che scappo dagli infetti!" la sua voce assomigliava ad un fiume in piena.
"Stai buono. Sì, un altro paio di braccia ci potrebbero far comodo. Ma ad un paio di condizioni" l'altro militare ghignò osservandolo in volto.
"Quali sarebbero queste condizioni?"
"Be'" iniziò lentamente il primo uomo. "Se non lavori, vieni cacciato via. Facile ad intendersi, no?"
Il rosso annuì debolmente.
"Secondo" proseguì con un sorrisino malvagio "Devi darci tutto quello che hai" allungò la mano tesa.
"Ma non ho nulla!" il giovane si difese.
"Non hai nulla? Allora come hai fatto a sopravvivere, visto che 'è da giorni che scappo dagli infetti!'" l'altro lo scimmiottò ridendo sonoramente.
Alla fine il nuovo arrivato si arrese. Scavò nelle tasche ed estrasse un paio di banconote accartocciate e un coltellino svizzero sporco di sangue di infetto, poi li consegnò con evidente malavoglia alle due guardie.
"Bene" si ricomposero, "Come hai detto che ti chiami?"
"Cico" fece il rosso inoltrandosi dentro la struttura. "Cicotobbi."
***
Una dolce melodia si stava diffondendo nell'aria. Un uomo, stravaccato su un bancale vicino al mercato, stava strimpellando mestamente una chitarra scalcagnata. Cico udì immediatamente il suono e si mosse nella sua direzione, quasi ipnotizzato dal sentire una musica dopo così tanto tempo. Giunse davanti al ragazzo che la stava suonando, e che non alzò lo sguardo dallo strumento. Il ragazzo mezza mucca spalancò gli occhi.
Chi si trovava di fronte aveva occhi color nocciola, capelli scuri e un grande paio di occhiali neri sul capo. Come notò bene il ragazzo rosso, avevano le lenti scheggiate. Indossava un cappotto marrone con ricami dorati che lo copriva da capo a piedi e un paio di stivali neri. Aveva le dita arrossate dal freddo, perché i guanti, dorati anch'essi, non gliele coprivano. Cico lo riconobbe all'istante.
"Lyon!"
Il cosiddetto Lyon fissò in volto il ragazzo più giovane ed emise uno strillo simile.
"Cico!! Pensavo fossi morto!" un abbraccio risancì i due amici ritrovati.
"Tutto ok. Notizie degli altri?" rispose lui, mentre il leone gli faceva spazio sulla sua cassetta e metteva da parte la chitarra.
"Oh, be', no" Lyon si rabbuiò a quella domanda, ripensando ancora alla sua bella Anna, che per quello che sapeva poteva essere morta.
"Non è un brutto posto qui, comunque" Cico sviò il discorso per evitare di far cadere il compagno più grande in una spirale di pensieri tristi.
"Bello è una grossa parola" ribatté Lyon "Se non conti che ti tolgono tutto ciò che hai quando entri e come ti trattano, sì, è un posto carino".
"L'ho constatato anch'io" replicò amareggiato il rosso, accennando alle tasche vuote.
Cambiò nuovamente discorso.
"Ehi" indicò la tenda verde sull'angolo della colonia "Cos'è quella specie di casetta? Mentre mi perquisivano, ho notato un paio di persone che venivano portate lì dentro" rubò una bottiglia d'acqua da una bancarella poco distante e ne assaporò il contenuto con avidità.
"E' una tenda di quarantena, per chi è stato morso dagli infetti. Ci possiamo andare a dare un'occhiata, se ti va" propose Lyon. Cico riappoggiò la bottiglietta vuota per terra e si alzò con l'amico.
Fecero i pochi passi necessari ad arrivare alla casupola verde. Il castano si assicurò che nessuno li stesse osservando, poi scostò le sottili tendine di plastica e sbirciò dentro, con Cico sopra la sua spalla.
Entrambi gli ospiti di quel riparo avevano la carnagione completamente verde e stavano sdraiati su due brandine. Erano un ragazzo e una ragazza, entrambi dai capelli castano chiaro, lei lisci ed estremamente lunghi e lui corti ed arruffati. Lyon riconobbe immediatamente la donna, che indossava un paio di cuffie con delle orecchie di gatto, dei pantaloncini neri come gli stivali alti, e un maglioncino bianco a pois viola e rosa, mentre Cico fissò interdetto il secondo, vestito con un paio di pantaloni grigi tutti strappati, delle scarpe da ginnastica e un largo maglione color ciano, e, suo tratto distintivo, un berretto da orso sul capo. Appena lei spalancò i grandi occhi, rivelando l'iride di uno straordinario colore viola, al leone si fecero lucidi gli occhi ed esclamò il nome della ragazza che aveva cercato tanto a lungo: Anna, la sua fidanzata.
Corse ad abbracciarla, mentre Cico, sorpreso, si fiondò su Giorgio, uno dei suoi migliori amici.
"Ragazzi! Che ci fate qui?!" Giorgio riuscì a malapena a parlare dalla soffocante stretta del compagno, mentre Anna sembrava incollata a Lyon.
"Mi sei mancato così tanto" gli sussurrò all'orecchio, trattenendo un paio di singhiozzi, poi si voltò. Giorgio e Cico osservavano la scena, inteneriti.
"Bando alle ciance" esclamò con una contentezza che non gli si vedeva da tempo Lyon. "Uscite di qui, tanto potete, altrimenti vi avrebbero chiuso dentro." Li accompagnò alla luce della luna e con un ampio gesto del braccio gli illustrò la prospettiva dell'accampamento.
"Bene, ragazzi" dissero in coro Anna e Giorgio "Ora però diteci cosa ci facciamo qui".
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