The Attempt
Jade non riuscì più a star ferma quando l'ennesimo grido, forse quello più disumano mai sentito, le perforò ogni singola cellula del corpo, quasi a ricordarle che era colpa sua se adesso Sherlock stava soffrendo per mano del suo migliore amico.
Con un salto si accanì su di John, facendogli cadere a terra la bacchetta e cessando così il nuovo tipo di tortura da annoverare nella mente del detective giacente sul pavimento sporco.
Jade Eyre si sporse per cercare di prendere la bacchetta e avere il controllo, ma John la prese per le spalle e la sbatté al muro, pigiando le nocche sulla sua gola e sostenendole il mento con il pollice.
La donna fissò con occhi luccicanti il viso del dottore: quelle rughe che si formavano quando aggrottava le sopracciglia fino al limite concesso, quei due occhietti azzurri gentili ma diabolici allo stesso tempo, quell'aria da riccio arrabbiato che poteva sembrare divertente in altre situazioni tranne quella in cui si trovava Jade.
-Non tentare di salvare il tuo fidanzatino, perché prima che tu possa vederlo sorridere sarai morta.
Esercitò ancora più pressione con le nocche, facendo scivolare lentamente il corpo della donna verso terra.
-Prima voglio farti provare quello che ho provato io, ti farò male.
Sillabò le ultime parole con una voce dura che non sembrava la sua, di solito calda e da un adorabile accento inglese.
-Molto, molto male.
Terminò con più enfasi, lasciando che il corpo di Jade cascasse a terra come un sacco di patate, riacciuffando la bacchetta per tirare un ultimo calcio in pancia a Sherlock prima di scappare via, chiudendo la cella.
Jade Eyre gattonò verso il corpo lungo del consulente che tremava, il sangue che rovinava il suo simbolico cappotto e dei gemiti di dolore troppo sofferenti per riuscire a sentirli.
L'ultimo pezzo di magia che le era rimasta in corpo poteva tranquillamente usarla per aprire la cella, nonostante ci avrebbe impiegato ore ed ore per trovare il giusto equilibrio, ma decise di curare Sherlock con l'ultimo barlume di speranza rimasto nelle vene.
Sentì il corpo non risponderle più quando fece ritornare indietro il sangue dalle ferite numerose che tagliavano il corpo tonico e slanciato del detective da parte a parte.
Si accasciò a terra, i gomiti tremanti puntellati sul pavimento per reggersi in qualche modo.
Era come se stesse per vomitare, ma nessun rigurgito usciva dalla sua bocca prolungando così l'agonia già di per sé insostenibile per una mente debole.
Fu una manna dal cielo sentire le braccia di Sherlock circondarla e trascinarla fino alla parete più vicina, appoggiando la schiena sul muro e permettendo a Jade di accoccolarsi su di lui con la testa sulle gambe lunghe.
Il moro con fatica abbassò la testa fino a raggiungere l'orecchio della donna, sfiorandole il lobo con le labbra.
-Perdonami, quello non ero io.
Una lacrima amava si infranse sulla guancia di Jade, una lacrima che non apparteneva a lei.
-È solo che ho perso tutto oggi.
Sentì quanta forza implicò per ricacciare indietro le altre lacrime.
Jade Eyre sentì la mano fredda di Sherlock accarezzarle i capelli, soffermandosi sulle punte.
-Non voglio perdere anche te.
*oh, almeno non ho continuato a rendere Sherlock stronzo eh, datemene atto. Commentate e votate altrimenti vi crucio...*
Qua da Shinimal è tutto
Al prossimo capitolo.
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