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Austin si era rifiutato categoricamente di proseguire con la conversazione dopo essere stato costretto a raccontare il dettaglio raccapricciante degli occhi che mancavano, e così era stato. Ma aveva detto a Cora che se desiderava, a suo discapito, informarsi in modo approfondito riguardo tutto quello che era accaduto in città negli ultimi mesi, poteva leggere tutti i giornali che ancora conservava.
Ed era proprio quello che la ragazza aveva fatto: quando Austin era uscito di casa per recarsi nuovamente a lavoro, dopo una notte trascorsa insonne a rigirarsi sul letto ed a fissare il soffitto, aveva recuperato i giornali impilati con cura da dentro un mobiletto, ed aveva iniziato a leggerli partendo dal meno recente. Ora, a distanza di qualche ora, senza aver fatto colazione, le numerose copie erano sparse sopra il bancone a penisola della cucina, mentre Cora aveva i gomiti appoggiati sopra il tavolo e le mani tra i capelli. Gli occhi spalancati e fissi nel vuoto, ed il cuore che batteva all’impazzata.
In un paio di ore aveva recuperato tutto quello di cui era rimasta all’oscuro negli ultimi due mesi, ed ora non riusciva a pensare ad altro che ad una cosa. Ad una persona. A Rich.
I proiettili ritrovati sulle scene del crimine appartenevano ad una pistola calibro 22. Lo stesso modello che aveva Rich. Lo stesso con cui l’aveva minacciata poche settimane prima. Lo stesso con cui lei, a sua volta, lo aveva minacciato pochi giorni prima.
Sulla prima scena del crimine, a marzo, era stato trovato un cappello da baseball con il logo di una band che non apparteneva a nessuna delle persone che abitavano in quella casa. Quando erano usciti per andare al lunapark, Rich le aveva detto di avere un cappello che corrispondeva perfettamente a quello e di averlo perso qualche mese prima. Come e dove lo aveva perso non lo ricordava, la sua era stata una risposta evasiva.
Gli undici giorni in cui si era assentato dopo il violento litigio che avevano avuto. In quegli stessi giorni l’individuo che stava terrorizzando l’intera città aveva colpito a San Francisco. Rich non le aveva mai detto dov’era stato in quel lungo lasso di tempo; solo che si era sfondato le vene di cocaina nella camera di un hotel.
Le scarpe da ginnastica nere. Da quando era stato reso pubblico che la polizia era riuscita a collegare i diversi omicidi grazie alle impronte di scarpe che erano state lasciate sulle diverse scene del crimine, non ne avevano più trovate. Rich era tornato indietro dagli undici giorni di assenza senza le sue scarpe da ginnastica nere, l’unica spiegazione che aveva dato era che erano diventate troppo vecchie. Non aveva mai saputo che fine avessero fatto quelle scarpe.
Il pentacolo. La stella rovesciata a cinque punte, tracciata all’interno di un cerchio. Due pentacoli erano stati disegnati in due diverse scene del crimine. Il pentacolo era lo stesso simbolo che Rich aveva disegnato nella camera di Josh. Lo stesso che era disegnato sul corpo della protagonista di quel film porno. Lo stesso che lei aveva inciso sul proprio interno coscia sinistro. Quando aveva chiesto a Rich che cosa fosse quel simbolo a cui sembrava essere particolarmente legato, lui era scoppiato a ridere ed aveva detto che un giorno gliene avrebbe parlato.
Le modalità in cui avvenivano gli omicidi e le aggressioni. L’individuo responsabile di tutte quelle atrocità entrava nelle case in piena notte da una porta o da una finestra lasciate aperte per il caldo, e se trovava tutto chiuso riusciva comunque a trovare un modo per risolvere il problema; ed una volta all’interno, massacrava chiunque trovava a letto. A colpi di pistola. Con un coltello. A calci e pugni. Con un cavo. Con una spranga di metallo. In un’occasione addirittura con un machete. Nel corso dei due mesi in cui avevano vissuto nello stesso appartamento, Rich aveva commesso tre omicidi e lei aveva assistito in prima persona a due. Lo aveva visto pugnalare e tagliare la gola alla prostituta con i capelli rossi, e lo aveva visto massacrare di colpi Josh. L’omicidio di Josh, fra tutti e tre, era quello ad avere più similitudini inquietante con i casi riportati dalla stampa.
Le donne che erano miracolosamente sopravvissute avevano descritto tutto delle aggressioni alla polizia, come avvenivano. Tutte erano simili l’una alle altre. Tutte loro erano state svegliate di soprassalto dall’intruso nel cuore della notte. Minacciate. Picchiate. Costrette a consegnare soldi e gioielli. Legate. Stuprate. Sodomizzate. Ancora minacciate. Ancora stuprate. Ogni aggressione poteva durare dalle due alle tre ore e mezza, il responsabile non aveva alcuna fretta di andarsene.
La descrizione fisica. Tutte le vittime sopravvissute avevano descritto il loro assalitore nello stesso modo: alto. Magro. Vestiti scuri. Capelli neri. Latino. Con una scarsa igiene personale e orale. Rich aveva tutte quelle caratteristiche. Era molto alto e molto magro, e non l’aveva mai visto indossare qualcosa che non fosse di colore nero. Era latino, proprio come lei. Ed era un drogato, proprio come lei. E quando la vita di una persona iniziava a girare esclusivamente attorno a come procurarsi la dose successiva di cocaina da iniettarsi in vena, tutto il resto perdeva importanza. Il cibo, il sonno, l’igiene. Tutto quello non esisteva più. Nel corso dei due mesi di convivenza era stata costretta a sollecitarlo più di una volta a mangiare qualcosa ed a farsi una doccia perché aveva un aspetto indecente. Anche i denti portavano i segni della tossicodipendenza, della scarsa cura e dei dolciumi che mangiava in continuazione e della cocacola che beveva altrettanto in continuazione. Rich aveva un bel sorriso, ma quando schiudeva la bocca a Cora a volte faceva quasi impressione, e la situazione era peggiorata nelle ultime settimane. Ma non lo aveva mai giudicato perché non era nella posizione di poterlo fare, dato che la propria vita non era migliore della sua.
E gli occhi. Gli occhi che mancavano ad una delle vittime e non erano mai stati trovati.
Cora si ritrovò costretta ad alzarsi ed allontanarsi dal bancone della cucina, perché i numerosi giornali posizionati sopra avevano iniziato ad ondeggiare davanti ai suoi occhi. Andò verso il frigo e spalancò lo sportello; non prese nulla dal suo interno, rimase immobile lì davanti, con gli occhi chiusi, mentre il freddo le rinfrescava un po’ la pelle. Poi, prima di richiuderlo, prese una lattina di soda, ma la strinse tra le mani senza aprirla e si appoggiò con la schiena al mobile. La testa faceva male, peggio di quando si era risvegliata dall’overdose, e sentiva dentro di sé un vuoto ed una confusione che mai prima di quel momento aveva provato.
Aveva letto e riletto per due ore tutti quegli articoli, finché gli occhi non avevano iniziato ad incrociarsi per lo sforzo, alla disperata ricerca di qualcosa che stonasse, ma non l’aveva trovato. Al contrario. Ogni nuovo dettaglio a cui veniva a conoscenza s’incastrava alla perfezione. Era come se finalmente riusciva ad unire i puntini nell’ordine giusto. Perché tutto riconduceva a Rich.
Tutti i suoi comportamenti strani e bizzarri s’incastonavano alla perfezione all’interno di quella storia da incubo.
Era lui, ma al tempo stesso non poteva essere lui.
Cora riaprì gli occhi e si ritrovò a fissare il proprio riflesso sul vetro di una finestra. Il pallore esteso sul proprio viso creava uno strano contrasto con il sole estivo di agosto che brillava fuori.
“Non farti trascinare troppo lontano dalla fantasia. Cerca di ragionare. L’episodio degli occhi è avvenuto a fine marzo, e tu e lui ancora non vi conoscevate. L’incubo l’hai avuto molto tempo dopo, hai anche controllato quella maledetta scatolina più volte e non hai mai visto nulla di strano” disse a sé stessa, ad alta voce, per risultare più convincente “e se fosse davvero la stessa persona che sta terrorizzando l’intera Los Angeles, perché mai a te non ha fatto nulla? Non hai nulla di speciale. Ti ha avuta attorno per due mesi, eri la vittima perfetta. Non ha alcun senso che non ne abbia approfittato. E Rich non è l’unico ragazzo che corrisponde alla descrizione fatta dai giornali. E non assomiglia affatto all’identikit che la polizia ha messo in circolazione”
‘E come la mettiamo con l’omicidio di Josh?’ rispose all’istante una voce nella sua testa ‘è avvenuto esattamente nelle stesse modalità degli omicidi del Night Stalker. Hai visto coi tuoi occhi la freddezza con cui ha agito, come se per lui non fosse stata la prima volta. La furia con cui lo ha pugnalato. L’estasi nei suoi occhi. E dopo cosa ha fatto insieme a te? Ha cercato per casa i soldi e gli oggetti di valore. Curiosa come coincidenza. E Josh cosa ti ha detto quando eravate da soli in camera?’
“Che non avevo la minima idea di chi era l’individuo insieme a me” mormorò Cora, rispondendo al proprio riflesso alla finestra, che aveva identificato come il possessore della voce che sentiva nella propria testa “ma lo ha detto solo per distrarmi, perché voleva rubare la pistola e spararmi. E difatti è stato quello che ha fatto. Non voglio nemmeno soffermarmi a pensare alle parole che mi ha detto un porco che si è preso con la forza quello che non ho voluto dargli volontariamente”
‘Ciò non toglie che resta comunque una curiosa coincidenza che s’incastra alla perfezione con tutto il resto. Ohh, e a proposito, visto che sei stata tu a tirare fuori l’argomento per prima, vogliamo parlare del gioco di ruolo che ti ha proposto quella notte? Quello in cui lui intepretava uno psicopatico che entrava in una casa nel cuore della notte e tu una povera ed innocente ragazza addormentata nel proprio letto?’
“A Rich piace il sesso estremo, lo dimostrano le riviste che ho trovato sotto il suo letto. Può avere letto quello che sta succedendo ed avere tratto ispirazione per soddisfare una propria fantasia. Tutti abbiamo fantasie perverse, chi più e chi meno”
‘Ma il sesso con lui è sempre stato molto simile ad uno stupro, soprattutto quella notte. Le corde. Le spinte. Zero preliminari. I lividi. La sodomizzazione. Anche in ospedale erano convinti che fossi rimasta vittima di violenza sessuale’
“Tanti uomini hanno fantasie simili, solo che non lo ammettono”
‘D’accordo, vogliamo parlare di quando ti ha minacciata con la pistola?’ continuò il riflesso, conficcando sempre più in profondità il dito nella piaga ‘di tutte le volte in cui ti ha detto di non farlo incazzare perché te ne saresti pentita amaramente? Di tutte le volte in cui tu per prima hai avuto paura dello sguardo nei suoi occhi, ma non l’hai mai ammesso? Di tutte le notti in cui è uscito per poi rientrare non prima del mattino seguente? E il vestito che ti piaceva tanto? Sei ancora convinta che lo abbia rubato dalla vetrina di un negozio e le che le macchie di sangue provenissero da un taglio sulla mano che si è fatto mentre cercava di entrare? Posso continuare così per ore, con tutto il materiale che c’è scritto su quei giornali’
“D’accordo, ho capito quello che intendi dire. Per te è lui il colpevole! Ma se fosse davvero così, allora perché a me non ha fatto nulla per due mesi? Quante possibilità ha avuto? E la ragazza di quella foto?”
‘La ragazza della foto può essere stata la sua prima vittima, magari per questo ha deciso di tenere un ricordo conservato con cura. Con tutte le bugie che ti ha raccontato, può averlo fatto anche per quanto riguarda quella scatolina. I serial killer a volte lo fanno, tengono dei souvenir delle loro vittime per rivivere quei momenti nella mente’ con uno sguardo carico di orrore, alla giovane sembrò di vedere il proprio riflesso sorridere in modo sarcastico, animato improvvisamente di vita propria ‘non ti ha fatto nulla? Ohh, ma per favore, non essere ancora più ridicola di quello che sei già, Cora. Ti ha trasformata nella sua bambolina sessuale da stuprare a proprio piacimento quando non riusciva a sfogarsi altrove. Non ti ha uccisa solo perché stava aspettando un momento più opportuno per farlo, magari quando avresti iniziato ad annoiarlo. Guardati, ti ha fottuto così tanto il cervello, oltre che tra le gambe, che ora sei qui che ti ostini a difenderlo anziché accettare la realtà nuda e cruda che quei giornali ti stanno sbattendo in faccia. E se ora fosse qui davanti a te, anziché chiedergli spiegazioni vorresti essere messa a pancia in giù, perché ti manca terribilmente essere sbattuta come una cagna da lui. Sei patetica’
“Stai zitta!” urlò Cora con tutto il fiato che aveva in gola, scagliando la lattina contro il proprio riflesso per metterlo a tacere; il vetro non si frantumò perché era resistente e di ottima qualità, ma in compenso la lattina esplose, spargendo soda un po’ ovunque. La giovane guardò il disastro che aveva combinato ad occhi spalancati: la voce che sentiva in testa era sparita, ma ora una parte della cucina versava in condizioni disastrose e non poteva lasciare che Austin trovasse quello spettacolo al proprio ritorno a casa, altrimenti le avrebbe chiesto spiegazioni che non voleva e poteva dargli.
Cora recuperò una spugna dal mobile sotto al lavandino, riempì una piccola bacinella di plastica di acqua calda e sapone ed iniziò a ripulire le diverse superfici prima che diventassero appiccicose; non voleva pensare ancora con quello che era appena successo, non era mai un buon segno quando si sentivano delle voci nella propria testa, ma inevitabilmente Rich ritornò al centro dei suoi pensieri.
Voleva credere che quelle che aveva letto fossero solo che coincidenze, ma iniziavano ad essere troppe per restare solo tali. Ora più che mai aveva bisogno di sentirlo per fugare ogni possibile dubbio. Le sarebbe bastato sentire la sua voce per capire se stava mentendo o se le stava dicendo la verità.
La giovane lanciò un’occhiata in direzione del telefono in salotto, e andò subito a tirare su la cornetta dopo aver cancellato tutte le tracce dell’attacco di rabbia che aveva avuto in cucina. Digitò il numero dell’hotel e per sua sfortuna rispose la stessa donna del giorno precedente, che la riconobbe subito quando le chiese di inoltrare la chiamata alla stanza numero 1419.
“Te lo dico solo una volta e con gentilezza: smettila di chiamare o mi costringerai a prendere provvedimenti, ragazzina” alla minaccia non troppo velata della donna della reception seguì il rumore statico del telefono. Le aveva chiuso la chiamata in faccia, per rimarcare il concetto. Cora allontanò la cornetta dall’orecchio e la riappoggiò sul supporto di plastica, che poi fissò.
Non aveva alcuna intenzione di richiamare ancora, né in quel momento né in un altro, perché era sicura che la donna che si era inamicata con la propria insistenza non avrebbe esitato a passare dalle parole ai fatti, e dal momento che non poteva più contattare Rich telefonicamente in alcun modo, e che i tentativi precedenti non avevano portato ad alcun risultato, l’unica altra opzione che aveva a propria disposizione era quella di recarsi all’hotel di persona e bussare alla porta dell’appartamento. Per la prima volta da quando si erano conosciuti, la ragazza provò un brivido freddo di paura al pensiero di ritrovarsi da sola con lui.
Aveva paura per come si erano lasciati, ed aveva paura per quello che aveva letto sui giornali. Ma voleva avere una risposta, a maggior ragione se i suoi dubbi corrispondevano al vero, e prima di avere un ripensamento, scrisse al volo un biglietto per Austin che lasciò in cucina (su cui aveva scritto che si era recata di nuovo al centro commerciale perché le era piaciuto tantissimo) e prese una delle sue macchine dal garage. Scelse la più sobria, quella meno sportiva, perché con la guida faceva abbastanza schifo e non voleva aggiungere alla lista già lunga di problemi che aveva anche un bell’omicidio stradale.
Cora non conosceva il quartiere lussuoso in cui Austin abitava. Non l’aveva mai visto prima, non sapeva in che punto esatto si trovasse della città e quanto fosse lontano dall’hotel. Si ritrovò costretta a chiedere informazioni ai passanti che trovò per strada e dopo una decina di minuti riuscì finalmente a trovare un signore in grado di darle le indicazioni di cui aveva bisogno, anche se la guardò con una strana espressione quando gli disse il nome dell’hotel che stava cercando. Scoprì con sollievo che non era così lontano come temeva e la strada per raggiungerlo non era così difficile. Ascoltò con attenzione le indicazioni del signore, cercò di stamparle nella propria mente e lo ringraziò per la sua estrema gentilezza.
Quando si rimise alla guida, ed imboccò la strada che le era stata indicata, si rese conto di avere le mani completamente sudate. Così sudate da scivolare. Le sfregò velocemente sulla stoffa dei jeans e strinse nuovamente il volante.
“Stai calma” ordinò a sé stessa, lanciando una rapida occhiata allo specchietto retrovisore “non hai alcun motivo di essere agitata, non hai nessuna prova concreta in mano e non ha ancora risposto alle tue domande. Devi solo sperare che non sia ancora troppo arrabbiato per la storia del barattolo. Non ha alcun senso che sia lui, è impossibile altrimenti che non ti abbia tolto un capello per due mesi. Come minimo avrebbe dovuto ucciderti la notte stessa in cui ti ha invitata a salire”
‘Ti ostini ancora a non voler guardare in faccia la realtà?’ Cora si ritrovò costretta a stringere il volante con tutta la forza che aveva in corpo per mantenere il controllo e non inchiodare all’improvviso, rischiando di provocare per davvero un incidente. La voce nella sua testa aveva ripreso a parlare, a tormentarla, ed aveva scelto proprio il momento peggiore ‘che aspetti ad aprire gli occhi, Cora? Vuoi farlo quando sarà troppo tardi ed il colpo sarà ancora più difficile da digerire di quello che è già ora? Torna indietro e non fare la sciocca, non hai bisogno di alcuna risposta perché le conosci già tutte. Solo non vuoi ammetterlo a te stessa perché fa troppo male’
“Che cosa farebbe troppo male?”
‘Quello che non hai mai voluto confessare a te stessa, che sei innamorata di lui. Ti sei innamorata di un mostro’
“Rich non è un mostro. È un ragazzo che ha fatto molte scelte sbagliate nella vita, come capita a molti altri, ma non è un mostro. Lui non… Non sarebbe mai capace di uccidere una persona senza un valido motivo. Un innocente. Ha ucciso quella prostituta perché da viva sarebbe stata un problema più grande che da morta. Ha massacrato Josh perché era quello che meritava per aver approfittato di me”
‘E quel tuo cliente a cui ha spaccato la testa mentre eri andata a prendere lo stereo per lo spogliarello? Anche nel sul caso c’era una così valida ragione per togliergli la vita in modo così violento? Di cos’altro hai bisogno per capire che ti stai arrampicando sugli specchi? Quante volte ti ha spiata in camera tua mentre dormivi, ignara della sua presenza? E la notte in cui l’hai seguito e l’hai visto entrare in una casa? E lui che cosa ti ha detto quando gli hai chiesto se era la casa della ragazza della foto, mh? Cosa ha detto?’
“Ha detto di avere scopato e che era stato grandioso” mormorò la giovane, ripensando all’espressione che lui aveva sul volto quando le aveva dato quella risposta “ma non ha mai detto in modo diretto che quella casa apparteneva effettivamente a quella ragazza”
‘E dunque cosa pensi che abbia fatto lì dentro? Cora. Apri gli occhi. Prima che sia troppo tardi’
“Basta, non voglio più sentirti!” esclamò la ragazza, esasperata, e la voce nella sua testa stranamente obbedì e scomparve di nuovo. Adesso non c’era altro che il silenzio assoluto sia all’interno dell’abitacolo della macchina che nella sua mente, ma non si sentiva affatto meglio. Era agitata, nervosa ed avvertiva il bisogno di vomitare.
Aveva bisogno di qualcosa per calmarsi, ed un’altra voce malevola sussurrò ad un orecchio che sapeva benissimo qual’era il modo migliore di calmarsi in situazioni come quella. Cora strinse con ancora più forza il volante, tanto che le nocche diventarono bianche.
La cocaina.
Avrebbe dato qualunque cosa per farsi una dose in quel momento, ma non aveva alcuna intenzione di ricadere nel circolo vizioso che l’aveva portata vicina alla morte per l’ennesima volta. Era pulita da quando aveva riaperto gli occhi in ospedale e tale voleva rimanere; non voleva che la propria vita continuasse a girare attorno ad una maledetta polverina bianca, non voleva deludere Austin che si era offerto di aiutarla senza volere nulla in cambio. Resistette coraggiosamente all’impulso di cercare uno spacciatore e si concentrò di nuovo su Rich e su quello che sarebbe stato il loro primo incontro da quando avevano litigato fino all’arrivo all’hotel.
Una volta scesa dalla macchina, di fronte alla facciata principale della mastodontica costruzione che aveva visto giorni migliori, provò una stranissima sensazione. Era scappata non molti giorni prima, ma era come se fossero trascorsi secoli da quando era stata lì l’ultima volta. Incredibile come la sua vita fosse stata stravolta completamente, rovesciata come un calzino in lavatrice, nell’arco di così poco tempo. Prima quelli che credeva essere i suoi genitori. Poi la sua vera famiglia. Infine Rich.
Se i suoi dubbi su di lui si fossero rivelati veri, quello sarebbe stato il suo punto di rottura definitivo. Poteva anche accettare di non avere più una famiglia e che non l’avrebbe mai conosciuta, ma non di perdere lui. Rich era stato il suo intero mondo negli ultimi due mesi, la persona a cui si era aggrappata con tutta sé stessa e che l’aveva tolta dai guai in continuazione.
Era infinitamente riconoscente ad Austin per il suo aiuto incondizionato, ma lui non era la persona che voleva. Si sentiva una stronza per quello, ma non poteva farci niente.
Non c’era nessuno dietro il bancone della reception, il primo colpo di fortuna della giornata. Cora prese indisturbata uno degli ascensori perché era troppo nervosa per fare tutte le numerose rampe di scale fino all’appartamento, che si trovava proprio all’ultimo.
‘Che cosa gli dirai quando finalmente lo rivedrai?’ pensò questa volta con la propria voce, con lo sguardo perso nel vuoto e le mani strette a pugno, abbandonate lungo i fianchi ‘Rich, ho letto quello che sta succedendo sui giornali, ed ho continuato a pensare a te per tutto il tempo. Sei tu quello di cui tutti parlano e hanno paura? Sei tu il Night Stalker?’.
Quella sarebbe stata la sua fine se i suoi sospetti si fossero rivelati fondati, ma non aveva in mente nessun piano di riserva.
Una volta arrivato a destinazione, le porte scorrevoli dell’ascensore si aprirono con un suono metallico su un corridoio vuoto. Cora uscì e poco dopo si richiusero alle sue spalle. Si guardò attorno: non c’era nessuno; l’intero piano era avvolto nel silenzio più assoluto, e quel particolare non faceva altro che rendere l’atmosfera ancora più tesa ed inquietante. Quando si mosse, sentì l’eco dei propri passi rimbalzare tra le pareti.
L’appartamento 1419 corrispondeva all’ultima porta in fondo a destra, quella a cui la giovane si fermò davanti e che fissò in silenzio. Non possedeva più la propria copia delle chiavi, l’aveva lasciata lì dentro con tutto quanto il resto che possedeva il giorno in cui era scappata, e non poteva entrare senza che qualcuno dall’interno aprisse la porta.
La voce che aveva iniziato a sentire nella propria testa bisbigliò che non era ancora troppo tardi per tornare indietro, ma lei la ignorò stoicamente ed alzò il pugno destro per bussare alla porta. Bussò un paio di volte, ma non ottenne alcuna risposta. Quel primo fallimento le fece emettere un sospiro.
“Rich, sono io” disse allora a voce alta, ma senza esagerare per non rischiare di svegliare qualcuno “aprimi, per favore, lo so che sei lì dentro. Sono venuta per parlare, e vorrei farlo nel modo più civile possibile se me lo concedi”.
Cora era certa che il suo ex coinquilino fosse dietro la porta e che non avesse la minima intenzione di aprire perché aveva capito che c’era lei dall’altra parte; si aspettava di sentirlo rispondere con una battuta sarcastica delle sue, magari con un riferimento al barattolo dello zucchero che gli aveva spaccato in testa, invece ancora una volta non ottenne alcuna risposta. Rich trascorreva la maggior parte delle notti fuori, chissà dove, ma durante il giorno era sempre dentro l’appartamento; quel silenzio assoluto non lasciava presagire nulla di buono e la giovane iniziò subito ad agitarsi.
Nella sua mente iniziarono a farsi strada i peggiori scenari che andavano dall’overdose di cocaina (come era quasi accaduto a lei) ad un attacco epilettico fatale, e riprese a bussare con più forza. Lo sollecitò di nuovo ad aprire la porta, dicendo che quello scherzo ormai non era più divertente, e sentì qualcuno dall’indietro di un’altra stanza urlare in modo poco gentile di smetterla di fare tutta quella confusione. Cora lo ignorò e strinse il pomello della porta. Lo girò verso destra ed incredibilmente la porta si aprì. Non era mai stata chiusa per tutto quel tempo.
“Rich!”.
La giovane entrò nell’appartamento e richiuse la porta alle proprie spalle.
“Rich!”.
Non c’era nessuno né in cucina né in salotto. Le due stanze versavano in condizioni né migliori né peggiori del giorno in cui era scappata via. Il suo sguardo vagò sul pavimento, alla ricerca di cocci di ceramica che non vide da nessuna parte; e sulla mensola della cucina non c’era nessun barattolo nuovo a sostituire quello vecchio dello zucchero. Non ce n’era comunque più bisogno, dato che lì dentro non vivevano più due persone che avevano bisogno di un nascondiglio in comune in cui conservare i soldi per l’affitto e le cibarie.
Cora spostò lo sguardo dal pavimento alle due stanze, alla ricerca di qualche traccia del passaggio recente del suo ex coinquilino che non trovò; si allontanò dall’ingresso dell’abitazione, immersa nel silenzio più totale, e si avvicinò alla porta del bagno. Aprì quella per prima, e non trovò altro che un’altra stanza vuota. La richiuse senza fare rumore e girò il viso verso la porta della camera da letto di Rich.
Aveva paura ad aprirla perché aveva paura di quello che avrebbe potuto trovare dall’altra parte. Ripensò alla possibilità che fosse rimasto vittima di un’overdose o di un attacco di epilessia e che lei fosse arrivata già troppo tardi, ed aprì la porta con mani tremanti e con l’immagine di quello che avrebbe potuto trovare dall’altra parte stampata nella mente. Era certa che i suoi occhi si sarebbero posati subito sul corpo immobile, privo di conoscenza, del giovane, ed invece anche lì dentro non trovò nessuno. Non c’era nessun corpo inanimato né sul letto né sul pavimento, e Cora si sentì subito in parte più sollevata.
Anche la sua stanza non era così diversa da quello che ricordava, forse solo un po’ più disordinata. C’erano vestiti sparsi in giro per il pavimento, le coperte erano appallottolate ai piedi del letto e sopra il comodino c’erano lattine vuote di coca cola e mozziconi di sigaretta. Gli occhi di Cora puntarono proprio verso il comodino, e vi si avvicinò per aprire il primo cassetto. La scatolina in legno che ancora continuava a perseguitarla era lì dentro e la prese in mano per osservarla da vicino per l’ennesima volta: all’esterno non c’era nulla di strano, nessuna macchia riconducibile a sangue come nel caso del vestito, e lo stesso valeva per l’interno. Dentro c’era, come le volte precedenti, tutto il necessario per preparare degli spinelli e nient’altro. Controllò per sicurezza che non vi fosse un doppiofondo, e non trovò nulla di simile.
Era una normale scatolina che non aveva nulla di strano, ma il sollievo della giovane ebbe vita breve.
‘Magari quella degli occhi è davvero una curiosa ed inquietante coincidenza, ma riguardo a tutto il resto? Anche tutto il resto rientra in questa categoria? Ogni più piccolo dettaglio che s’incastra alla perfezione? Hai sempre avuto la sensazione che ti nascondesse qualcosa; se veramente ogni notte che usciva andava in giro a spacciare droga o rubare, perché non ti ha mai permesso di andare con lui? Perché non ti ha mai dato una risposta chiara e precisa quando gli chiedevi che cosa faceva? Non ti ha mai detto niente lui, sei sempre stata tu a dire le tue deduzioni’
“E lui le ha confermate. Ha detto…”
‘Ha detto che con l’acume di cui sei dotata avresti dovuto lavorare nella polizia e non fare la puttana, così non ci sarebbe stato nessun assassino a piede libero in città, ed era palesemente una presa per il culo. E piuttosto macabra’
“Non mi ha mai portata con sé perché mi sarei cacciata nei guai come al mio solito. L’ha fatto per me”
‘Che pensiero gentile. E vogliamo parlare della faccia che aveva quando gli hai detto che avevi capito chi era e cosa faceva quando usciva di notte?’.
Cora emise un sospiro e smise di rispondere alla voce che sentiva nella propria testa; ripose la scatolina all’interno del cassetto e si diresse verso l’armadio. Voleva vedere se anche l’altra scatolina era ancora al suo posto e così si rivelò: si trovava sul ripiano in alto del mobile, ed al suo interno c’erano sia la collana che la fotografia. La ragazza si sedette sul bordo del letto e guardò per l’ennesima volta lo scatto che ritraeva Rich e la bionda. La voce nella sua testa poteva dire quello che voleva, ma lei era certa che quella giovane non fosse la sua prima vittima.
Era sicura che riguardo allo scatto le aveva raccontato la verità, ma non lo era più riguardo a quello che aveva visto la notte in cui lo aveva pedinato.
“Ma lei esiste e l’hai pure vista con i tuoi occhi. Era la ragazza alla stazione dei bus, e sarà stata la stessa che abita in quella casa” disse a sé stessa per autoconvincersi, e rimise al suo posto anche la fotografia che le provocava sensazioni contrastanti. Perché se lui le aveva raccontato la verità a riguardo, allora era anche vera quella in cui era stata usata fin dall’inizio come ruota di scorta.
Cora uscì dalla camera da letto di Rich e si fermò davanti alla porta della propria. Non sapeva come aspettarsela e rimase profondamente sorpresa quando trovò la propria camera da letto esattamente come l’aveva lasciata. Era convinta che Rich si fosse sbarazzato di tutti i suoi, pochi, effetti personali per vendetta, invece al suo interno non mancava nulla. Il vestito azzurro a pois bianchi era ancora posato sulla sedia su cui l’aveva lasciato, adagiato con cura, e sopra al davanzale della finestra c’era il peluche che lui aveva vinto per lei al luna park vicino alla spiaggia.
Si avvicinò al davanzale e prese in mano il peluche, che osservò sotto la luce che entrava dalla finestra.
“Non può essere lui” ripeté a sé stessa per l’ennesima volta dalla notte precedente “altrimenti non ti avrebbe mai portata fuori quella sera, prima al luna park e poi al cinema. Ha voluto a qualunque costo vincere un peluche perché era convinto che fossi invidiosa di una ragazza che ne aveva uno di simile. E quando in spiaggia ha capito cosa ti era successo, ha voluto subito restituire il favore a quel figlio di puttana. Una persona che fa quelle cose non può fare anche questo. Non ha alcun senso”
‘Non sforzarti di convincerti di essere speciale per lui, perché non lo sei. Non hai nulla di speciale’.
Cora girò lo sguardo in direzione del letto, ancora sfatto dall’ultima volta che era stato usato. Avevano fatto sesso su quel letto, e poche ore più tardi avevano litigato in cucina e lei gli aveva rotto in testa il barattolo dello zucchero. Ora non aveva la più pallida idea di come doveva sentirsi dinanzi alla possibilità di avere avuto una relazione per più di un mese con un potenziale serial killer.
‘Tu non hai mai avuto nessuna relazione con lui. Avete sempre e solo scopato quando andava ad entrambi, soprattutto a lui. Non hai niente di speciale, non lo sei mai stata. Non hai una bellezza mozzafiato, non brilli in intelligenza e non hai nemmeno personalità. L’unico motivo per cui non ti ha massacrata la notte stessa in cui l’hai conosciuto è perché eri perfetta per essere la sua bambolina sessuale, sempre pronta ad aprire le gambe al primo schiocco di dita e così stupida da non capire chi era davvero la persona che avevi davanti. E se adesso non te ne vai finché sei ancora in tempo, sta pur certa che quando sarai così furba da porgli quella domanda, ti taglierà la gola all’istante. Oppure prima passerà un po’ di tempo a divertirsi con te per l’ultima volta. Cora, se per una volta nella tua vita vuoi fare qualcosa d’intelligente, esci da questo posto, entra nella prima cabina telefonica ed effettua una chiamata anonima alla polizia. Nessuno verrà mai a sapere chi sei, e scriverai la parola fine a questa storia. Se non lo fai, avrai di sicuro dell’altro sangue innocente sulle tue mani’
“Non sono intenzionata a fare un bel niente se prima non ho nessuna conferma, e per il momento non ne ho. Resta innocente fino a prova contraria”
‘Pensi che se venisse catturato non ti trascinerebbe in basso con lui solo per vendetta?’
“Smettila, sono stanca di sentirti. Non mi aiuti affatto”
‘Ti sbagli, invece è proprio quello che sto cercando di fare. Sto provando ad aiutarti in qualunque modo possibile, Cora, ma tu proprio non vuoi aprire gli occhi sulla realtà. Fallo prima che sia lei a colpirti’
“Stai zitta e basta, per favore” mormorò la giovane, stanca, riponendo al suo posto sul davanzale il peluche. Iniziava ad avere paura di quella voce che parlava attraverso la sua testa; si chiese se non fosse una conseguenza dell’uso di droga, dell’overdose o dei colpi che aveva ricevuto in testa tre anni prima. O perfino il risultato dei tre traumi messi insieme.
Ritornò nell’ambiente in comune del salotto e della cucina e si guardò attorno, senza sapere che cosa fare; la visita di persona all’appartamento non aveva portato con sé i risultati sperati, ed ora davanti a sé non aveva che due opzioni tra cui scegliere: restare in attesa che il suo ex coinquilino tornasse indietro o andarlo a cercare nei posti in cui di solito bazzicava, ovvero la stazione dei bus ed il parco lì vicino. Oppure poteva tornare da Austin, senza aver ottenuto alcun risultato.
Il parco e la stazione dei bus si erano trasformati in una zona vietata per lei: non poteva correre il rischio d’incontrare l’uomo che aveva preso a calci ed a cui aveva rubato lo zaino, e non era affatto contenta di tornare in un posto in cui aveva rischiato di morire, aveva visto Rich in compagnia di un’altra ed in cui era semplicissimo procurarsi della droga; c’era anche la possibilità che lui non si trovasse lì, ma da tutt’altra parte, per cui Cora arrivò alla conclusione che l’idea migliore era di trattenersi ancora per un po’ nell’appartamento e sperare nel suo ritorno. Si diede un massimo di altre due ore, al termine delle quali, però, sarebbe stata costretta a tornare da Austin, con o senza risultati, perché c’era la possibilità di un suo rientro anticipato e l’alibi del centro commerciale non poteva reggere per una giornata intera.
Si sedette davanti al tavolo della cucina e rimase semplicemente lì, in attesa, come aveva atteso per ore ed ore il giorno in cui l’aveva visto in compagnia di una donna che lo aveva abbracciato. Iniziò a mordersi nervosamente l’unghia del pollice destro, mentre lo sguardo saettava in continuazione dall’orologio a muro alla porta dell’appartamento. Per quanto avesse in parte paura di fronteggiarlo, sperava che da un momento all’altro la porta si aprisse e che lui entrasse. Preferiva affrontare l’ennesimo litigio, e rischiare di nuovo di ritrovarsi con un buco in fronte piuttosto che tornare indietro senza alcuna risposta dopo tutta la fatica che aveva fatto.
Ma le due ore passarono senza portare con sé alcun risultato. Nessuno entrò nell’appartamento, e Cora si ritrovò costretta ad ammettere che non era servito a nulla tornare lì e che era arrivato il momento di andarsene per non rischiare di insospettire Austin in alcun modo; decise, però, di lasciare un biglietto al suo ex coinquilino. Gli scrisse che era passata, ma non lo aveva trovato, e che il giorno seguente l’avrebbe trovata alla tavola calda in cui avevano fatto colazione insieme per la prima volta, alle dieci, per parlare. Perché aveva urgente bisogno di farlo. Non era certa che Rich l’avrebbe letto e si sarebbe presentato all’appuntamento, ma doveva comunque tentare. Se non si fosse presentato, sarebbe tornata di nuovo all’appartamento. E se di nuovo non lo avesse trovato, allora lo avrebbe cercato nei posti che frequentava di solito. Avrebbe continuato in quel modo fino al momento del fatidico faccia a faccia.
‘Patetica’.
Cora lanciò un ultimo sguardo all’appartamento ed uscì. Sperò ancora inconsciamente d’incontrare Rich mentre se ne andava dall’hotel, ma non vide mai la sua figura alta, magra ed inconfondibile. Nemmeno appena fuori dalla struttura riuscì a scorgerlo, e lo stesso valse nei momenti in cui passò vicina ai posti in cui lui andava di solito. Allungò il collo nel disperato tentativo di riconoscerlo in qualcuno di alto e magro che indossava vestiti completamente neri, ma niente. Passò perfino davanti al cinema a luci rosse che gli piaceva tanto, ma anche quello si rivelò inutile. Alla fine si ritrovò costretta ad ammettere che per quel giorno era inutile continuare con le ricerche ed imboccò la strada verso casa di Austin, arrendendosi solo momentaneamente.
La scelta di restare nell’appartamento non oltre altre due ore si rivelò una delle poche migliori che aveva mai preso nella propria vita, perché al proprio arrivo trovò la macchina di Austin parcheggiata appena fuori dal garage, sul vialetto. La giovane parcheggiò affianco, sulla destra, e varcò l’ingresso principale. Per fugare ogni possibile sospetto, si era fermata effettivamente al centro commerciale, aveva acquistato la prima maglietta carina che le era capitata tra le mani ed era andata ad un fast food per prendere da mangiare per entrambi.
“Austin, sono tornata, ci sei? Ho visto la tua macchina. Sei rientrato molto prima oggi!” esclamò ad alta voce, richiudendo la porta con un tonfo sordo “spero che tu non abbia già mangiato perché ho una sorpresa per te… Austin?”.
Cora si spostò dall’ingresso alla ricerca del giovane, che trovò in salotto ed a cui rivolse un sorriso che non lasciava trasparire niente di quello che era il tormento interiore che stava vivendo dalla notte precedente.
“Beh… Che c’è?” domandò, dal momento che lui se ne stava in piedi e non aveva ancora aperto bocca. Eppure doveva averla sentita arrivare, la casa era completamente immersa nel silenzio. C’era così tanto silenzio all’interno di quell’edificio così enorme da esserci l’eco “hai sentito quello che ho detto? Austin?”
“Ho cercato di tornare a casa il prima possibile”
“Perché?” chiese subito lei, stranita dalla risposta altrettanto strana “abbiamo pianificato qualcosa di cui mi sono dimenticata?”
“Non hai letto il giornale od acceso la tv?”
“No, e tu non hai letto il bigliettino che ti ho lasciato…” Cora si bloccò a metà frase “perché mi hai appena chiesto se ho letto il giornale od acceso la tv?”.
Austin spalancò gli occhi azzurri. A Cora tornò in mente quando, la notte precedente, le aveva detto di avere parlato senza riflettere abbastanza. Dall’espressione che aveva in viso sembrava che fosse accaduto di nuovo.
“No, niente… Mi sono sbagliato… Mangiamo?” l’espressione del giovane si tramutò rapidamente in un sorriso, ma ormai era troppo tardi. Cora si era perfino dimenticata delle due buste che aveva ancora in mano.
“Perché mi hai chiesto se ho letto il giornale od acceso la tv?” chiese per la seconda volta, iniziando ad agitarsi “che cosa avrei dovuto vedere?”
“Ho detto che mi sono sbagliato, non è successo niente. Mangiamo?”.
Cora guardò Austin con gli occhi spalancati, poi lasciò la presa su entrambe le buste di cartone e si precipitò in salotto; prese in mano il telecomando e riuscì ad accendere la tv, ma a quel punto la visione le venne impedita dal giovane che s’interpose tra lei e lo schermo acceso. Sul canale su cui era sintonizzata, da quello che stavano dicendo, c’era un’edizione speciale di un telegiornale.
“Ti sei sbagliato, eh?” chiese in tono sarcastico la ragazza, col cuore che stava già battendo più forte “perché mi stai impedendo di guardare? Cosa stanno dicendo? Cosa stanno trasmettendo?”
“Ti prometto che ti spiegherò tutto, ma è meglio se adesso spegni la tv… Per favore”
“Non ho alcuna intenzione di spegnere un bel niente”
“No, Cora, per favore. Ascoltami” insistette Austin con un’espressione supplicante, ma Cora non aveva alcuna intenzione di ascoltarlo e di spegnere il televisore; lo scostò bruscamente di lato e finalmente riuscì a vedere le immagini che stavano trasmettendo sullo schermo. Era la ripresa in diretta di quello che stava avvenendo a diversi chilometri di distanza dal loro quartiere di villette lussuose; sembrava la scena di un film, tante erano le macchine della polizia e gli agenti coinvolti, e per un attimo la giovane pensò che si trattasse proprio di un film. Poi capì che quello che stava vedendo attraverso lo schermo della tv era un vero arresto, e con un dispiego simile di forze della polizia poteva essere collegato solo all’incubo che stava paralizzando la città da due mesi. Leggendo il titolo del servizio in basso allo schermo, ne trovò la conferma.
“Lo hanno arrestato?” domandò, voltandosi verso Austin “hanno trovato chi è stato e lo hanno arrestato?”
“Sì, ieri lo hanno identificato ed oggi lo hanno arrestato. La polizia è intervenuta prima che venisse linciato vivo da un intero quartiere mentre provava scappare. Credo che lo stiano portando adesso alla centrale. Cora, spegni”.
Ma Cora, di nuovo, fece l’esatto opposto di quello che le era stato ordinato, come accadeva sempre. Anziché dar retta ad Austin, girò di nuovo il viso in direzione dello schermo acceso, proprio nel momento in cui alcuni agenti stavano scortando il sospettato all’interno dell’edificio in cui doveva essere interrogato. Teneva il viso rivolto verso il basso ed inclinato verso sinistra, in modo che le telecamere non riuscissero a riprenderlo, ma era alto, magro, con i capelli scuri ed i vestiti completamente neri. Quando pensò di essere ormai fuori dalla portata degli obiettivi, sollevò la testa, e Cora riuscì a scorgerne per qualche istante il profilo. Ed era terribilmente simile a quello di Rich, come tutto il resto.
La giovane si voltò di nuovo, di scatto, verso Austin, abbassò lo sguardo e si rese conto solo in quel momento che per tutto quel tempo aveva avuto in mano la copia di un giornale; gliela strappò dalle mani senza rendersi conto delle proprie che tremavano. Non ci fu nemmeno bisogno di cercare l’articolo all’interno, perché era la notizia principale, quella che occupava l’intera prima pagina: il responsabile degli omicidi avvenuti negli ultimi due mesi, quello che la stampa aveva ribattezzato come il Night Stalker, era stato identificato. Sotto, c’era una foto segnaletica che risaliva ad un arresto dell’anno precedente.
Ed il ragazzo ritratto nella foto era lui.
Era Rich.
‘Te l’avevo detto che era meglio aprire gli occhi finché eri ancora in tempo. Adesso è troppo tardi, ma ricorda: l’hai voluto tu’.
Cora ci mise un’eternità a capire che Rich ed il ragazzo della foto erano la stessa persona, anche se dentro di sé in realtà lo aveva riconosciuto all’istante già in tv. Quando realizzò, arrivò anche l’onda d’urto; non era nemmeno lontanamente paragonabile ad un pugno allo stomaco che lasciava senza fiato, od a uno sui denti. Nemmeno quando aveva scoperto della propria famiglia biologica e delle persone che l’avevano cresciuta e rovinato la vita con l’inganno aveva provato una sensazione simile. Era come se qualcosa dentro di sé si fosse rotto, in maniera definitiva e permanente, frantumato in mille pezzi. Forse si trattava della sua sanità mentale, tutt’altro che pronta a reggere il peggiore duro colpo tra tutti quelli che aveva affrontato nelle ultime settimane.
Lasciò cadere il giornale a terra senza rendersene conto ed allo stesso modo si spostò in cucina, non si accorse nemmeno di Austin che spense la tv e che la seguì ripetendo il suo nome. Tutto quello che aveva attorno a sé appariva lontano ed ovattato, compresa la sua voce, come se fosse sott’acqua. Aprì lo sportello del frigorifero e guardò il ripiano con le bibite senza vederle veramente. Mentre Austin continuava a chiamarla inutilmente, senza ricevere alcuna risposta indietro, con gli occhi spalancati vide tutto quello che erano stati i due mesi insieme a Rich.
Rivide ogni. Singola. Cosa. Dal loro primo incontro all’ultima volta in cui si erano visti. Ogni litigio. Ogni volta che erano usciti insieme. Le lezioni che le aveva dato di autodifesa. Tutte le volte in cui erano andati a letto insieme. Per due mesi era andata a letto con un vero e proprio mostro, e chissà quante volte avevano consumato un rapporto sessuale a poca distanza da un omicidio.
Cora ripensò subito alla notte in cui Rich l’aveva svegliata per darle il vestito e per proporre il gioco di ruolo, perché quella era stata l’unica volta in cui era rientrato molto prima che fosse giorno, e si chiese se non fosse stato perché altrove non era riuscito ad ottenere quello che voleva; le mani che l’avevano toccata ovunque, e qualche rara volta anche abbracciata, erano le stesse che avevano massacrato più di tredici persone ed a volte senza il bisogno d’impugnare un’arma.
Il suo stomaco non resse oltre e, dopo uno spasmo, costrinse la giovane a correre in bagno e ad inginocchiarsi davanti alla tazza del water; non aveva mangiato niente quella mattina, e la sera precedente solo qualche cucchiaio di gelato, per cui non vomitò altro che bile mischiata a saliva. Quando gli sforzi passarono, Austin le porse un asciugamano che aveva bagnato con dell’acqua fredda. Doveva aiutarla a sentirsi subito meglio, ma non fu così. Dentro di sé non sentiva altro che il bisogno di urlare a squarciagola, piangere e chiedere come fosse possibile tutto ciò, ma non poteva. Non poteva dar sfogo a quello che davvaero sentiva fino a quando non si sarebbe ritrovata da sola, altrimenti Austin avrebbe capito che lei e Rich non erano stati semplicemente coinquilini.
“Non è possibile” mormorò con un filo di voce e con il viso completamente privo di colore, non appena riuscì a riacquistare l’uso della parola. Aveva ancora lo sguardo perso nel vuoto e davanti a sé l’immagine dell’arresto e la foto sul giornale “non… Non è possibile. Non può essere vero. È un sogno… No, è un incubo. Austin, dimmi che tutto questo è un incubo e che mi sto per svegliare. Dammi un pizzicotto”
“Mi dispiace”
“Ma non può essere reale, non può essere lui. Hanno preso la persona sbagliata”
“Sul giornale c’è scritto che hanno trovato delle impronte sull’ultima macchina che ha rubato, e lo hanno identificato tramite quelle. Le impronte digitali non mentono”
“Austin, io non sapevo niente di tutta questa storia, devi credermi” mormorò la ragazza scuotendo la testa “e se anche avessi letto prima qualcosa sui giornali, non avrei mai potuto avere dei sospetti su Rich. Non mi ha mai fatto nulla… Lui…”
“Lo so. Lo so. Credo a quello che mi dici. So che tu non hai niente a che fare con tutta questa storia, hai solo avuto la sfortuna d’incontrare la persona sbagliata”
“Usciva quasi ogni notte e non faceva mai ritorno prima della mattina successiva. Sapevo che si drogava, ma credevo che le sue uscite avessero a che fare con lo spaccio ed il consumo di cocaina… Sapevo anche che… Che rubava… Ma non ho mai avuto il minimo sospetto riguardo a tutto quanto il resto…” mentì la giovane, ripensando agli omicidi a cui aveva assistito ed a tutti i comportamenti che per due mesi erano apparsi bizzarri ed inspiegabili; ripensando a tutti i rapporti spinti e violenti che avevano avuto. Iniziò a sentirsi di nuovo male “ohh, mio… Mio dio… Se non fossi stata così stupida… Se avessi fatto più caso a tutto quanto… Avrei potuto informare la polizia molto tempo fa, Austin… Austin, avrei potuto salvare la vita a molte persone, ma non l’ho fatto. Ed ora il loro sangue è anche sulle mie mani. In modo indiretto, ma c’è comunque”
“No, no, no, no. Cora, ascolta, non voglio sentirti fare questi discorsi, d’accordo? Ascolta: tu non c’entri niente con tutto questo, te l’ho appena detto. Hai avuto solo la sfortuna d’incontrare la persona sbagliata e per fortuna non ti è successo niente, ma tu con lui non c’entri assolutamente nulla, d’accordo?”.
La giovane annuì. Si chiese quante volte era stata vicina dal fare la stessa fine di tutte quelle persone e rabbrividì. Ora capiva perché Rich le ripeteva in continuazione di non tirare troppo la corda con lui altrimenti avrebbe finito per pentirsene amaramente. Ed era quasi successo quando, per vendetta, aveva rotto la sua audiocassetta preferita.
“Abbiamo litigato in modo piuttosto acceso prima che ne me andassi… E se per vendetta facesse il mio nome agli agenti che lo interrogano?” mormorò poi, spalancando di nuovo gli occhi. Per come lo conosceva, se mai lo aveva davvero conosciuto almeno in piccola parte, Rich poteva essere capace di trascinare anche lei in fondo.
“Lui che cosa conosce di te?”
‘Ohh, molto più di quello che immagini e che vorresti sapere. Il mio corpo lo conosce alla perfezione, insieme al mio passato. Li conosce entrambi molto meglio di te’ pensò Cora, questa volta con la propria voce, ma ovviamente non lo disse. Qualunque cosa fosse accaduta da lì in avanti, Austin non doveva assolutamente sapere che lei e Rich erano andati a letto insieme per diverso tempo.
“Il mio nome, e basta. Non… Non parlavamo così spesso. Avevamo deciso delle regole da rispettare per la convivenza, ed una era che non bisognava mai mettere il naso negli affari dell’altro. Io l’ho sempre rispettata e lui ha fatto lo stesso. Io sapevo semplicemente che si chiamava Rich, e lui di me sapeva che mi chiamavo Cora”
“Non farà mai il tuo nome, e se anche dovesse succedere non hai nulla di cui preoccuparti. Ufficialmente non esiste nessuna Cora Cruz, o comunque nessuna che corrisponda a te, quindi non possono rintracciarti, d’accordo?” disse Austin, passandole il braccio destro attorno alle spalle; lei annuì con la testa, ma non si sentiva affatto meglio. Guardava lui e continuava a pensare a quello che avrebbe detto ed a come sarebbe cambiata l’opinione che aveva sul suo conto se avesse scoperto qual’era la verità.
“Puoi lasciarmi da sola per qualche momento, per favore?”.
Austin avrebbe preferito restare a casa per il resto della giornata, ma Cora insistette così tanto affinché non perdesse un giorno di lavoro che lui alla fine, seppur controvoglia, ripartì.
La ragazza gli disse, con un sorriso, di stare bene nel complesso e di non preoccuparsi troppo, ma una volta rimasta sola riuscì finalmente a sfogarsi. Avrebbe voluto solo lanciare e rompere qualunque oggetto che le capitasse tra le mani, ma non poteva distruggere l’intera abitazione dopo che Austin l’aveva gentilmente ospitata senza voler nulla in cambio, così si limitò ad urlare e piangere fino a quando non si ritrovò senza voce, forze e lacrime. A quel punto si lasciò cadere sul divano, stremata; era così stremata dalla notte insonne, dalla mattinata trascorsa in giro per la città e da tutto quello che era successo nel giro di poche ore che chiuse gli occhi senza rendersene conto.
Sognò di essere insieme a Rich nel loro appartamento e che non era accaduto nulla; non c’era stato nessun arresto, nessuna overdose e nessun litigio tra loro due. Non gli aveva rotto in testa il barattolo dello zucchero, che era ancora al suo solito posto, e non esisteva neppure nessuna foto che ritraeva una ragazza dai capelli biondi. Scoppiò a ridere ed a piangere sollevata in contemporanea, ma quando passò le braccia attorno alle spalle del suo coinquilino per attirarlo a sé e baciarlo, aprì gli occhi sul mondo reale e si ritrovò sul divano a casa di Austin, da sola. Fuori era scesa la sera.
Si tirò su col busto e vide sul pavimento, nel punto esatto in cui l’aveva lasciato cadere, il giornale con la faccia di Rich stampata in prima pagina. Capì che il vero sogno era quello che aveva appena fatto e che quella era la vera realtà e ritornarono le ondate di dolore insieme alla voglia di piangere ancora. Desiderava ridurre a brandelli quel giornale, ma non sarebbe servito a niente: lì fuori ne esistevano altre migliaia e migliaia di copie vendute in tutta la città e distruggerne una non cambiava la realtà dei fatti. Rich restava comunque la persona che in mattinata avevano arrestato come sospettato nel caso del Night Stalker perché delle impronte che erano state ritrovate dalla polizia corrispondevano alle sue. E le impronte digitali erano una prova inconfutabile.
Cora prese in mano la copia del giornale e guardò la foto segnaletica di Rich stampata in prima pagina. Risaliva ad un suo arresto avvenuto l’anno precedente, arresto di cui lei ovviamente non sapeva niente. Chissà se c’era qualcosa di vero in quel poco che le aveva raccontato di sé.
Posò la copia sopra un basso tavolino posizionato davanti al divano ed accese la tv, anche se Austin prima di andarsene le aveva raccomandato di non farlo perché non c’era bisogno di aggiungere dolore ad altro dolore. Non servì nemmeno cambiare canale; in tutti quanti non si parlava d’altro da quella mattina, e proprio su quello in cui era sintonizzato il televisore stavano trasmettendo un altro filmato che risaliva al momento della cattura, girato poco prima di quello che lei aveva visto.
Rich era seduto all’interno di una vettura della polizia e c’era un agente che gli stava parlando, presumibilmente si stava accertando di avere preso in custodia la persona giusta; Austin le aveva detto che aveva rischiato di essere linciato vivo da un intero quartiere prima dell’intervento della polizia, ma la giovane non si aspettava di vederlo versare in condizioni così pietose: sul viso si erano già formati dei lividi, aveva la testa completamente fasciata e sul collo, dietro, aveva una copiosa scia di sangue che partiva dalla fasciatura d’emergenza fatta in tutta fretta. Ansimava, ed aveva il petto che si alzava ed abbassava velocemente. Quando si accorse di essere ripreso girò il viso dall’altra parte, lasciando visibile solo il profilo.
Non aveva l’aspetto di una persona che aveva commesso quelle azioni mostruose e disgustose, ma era comunque lui. Per quanto ancora Cora stava cercando di convincersi del contrario, quello sullo schermo era Rich.
‘Stai ancora cercando disperatamente in qualche modo ad aggrapparti ad una speranza che esiste solo nella tua testa? Sveglia, Cora, basta. È troppo tardi. Fine dei giochi. Non puoi provare a chiamarlo per l’ennesima volta, è inutile. Se anche riuscissi a contattarlo, non ti risponderebbe nessuno perché non è più nell’appartamento e mai più ci metterà piede. Qui siamo in California, piccola, e sai che cosa vuol dire per un caso del genere. Sì, lo sa perfino una sciocca come te. Quando inizierà il processo, l’ergastolo non sarà un opzione contemplata. L’accusa non si fermerà fino a quando non avrà ottenuto quello che vorrà. Per quanto tempo riuscirà a trattenere il respiro il tuo principe azzurro delle fiabe?’.
La giovane ignorò apertamente la voce che aveva ripreso a dare il tormento, era l’unico modo per farla tacere, e distolse lo sguardo dalle immagini trasmesse dall’edizione speciale del telegiornale per prendere in mano la cornetta del telefono e digitare per l’ennesima volta il numero di telefono dell’hotel.
‘Sei ancora più ridicola e patetica di quello che credevo, Cora’.
Per sua fortuna questa volta rispose un uomo, a cui chiese subito d’inoltrare la chiamata alla stanza 1419; quando partirono gli squilli, la mano sinistra della giovane strinse con forza la stoffa del divano mentre quella destra si aggrappò disperatamente alla cornetta.
“Per favore, rispondi” prese a mormorare a bassa voce, disperata “ti prego, ti prego, ti prego, rispondi così finalmente questo incubo finirà. Non ce la faccio più a restare bloccata qui dentro. Per favore, Rich, per favore”.
Ma Rich non rispose.
Gli squilli si susseguirono uno dopo l’altro ed alla fine caddero nel vuoto; l’uomo alla reception le chiese se desiderava fare un secondo tentativo o lasciare un messaggio da far recapitare, ma Cora non rispose.
Allontanò la cornetta dall’orecchio destro e la riappoggiò al supporto. Passò le braccia attorno alle gambe, le strinse contro il petto e posò la fronte sulle ginocchia, completamente annichilita.
‘Io te lo avevo detto. Adesso ti sei condannata da sola all’inferno’.
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