62. CHIEDI PURE

<<Perché non mi hai rapita subito?! Insomma, vivevamo costantemente insieme, e tu, essendo il mio Primo Custode, avresti potuto portarmi via in qualunque momento e senza eccessivi problemi. I Templari non ti avrebbero intralciato.>>
<<Non è mai stato un problema la forza Templare...>>
<<Magari quella Elfica sì>> la frase voleva colpire. Un ghigno la smentì.
<<Davvero pensi che io abbia paura degli Elfi?>> rise a pieni polmoni. <<Quell'altro tuo spasimante, con la sua grossa e lucente spada, neppure i capelli riuscirebbe a tagliarmi con tutto l'impegno possibile...>>
<<Ma l'altra sera...>> insinuò lei, interrompendolo e venendo interrotta di conseguenza.
<<L'altra sera ho solo finto di essere in difficoltà. Ad un certo punto, ho pure esagerato nella forza, e ho temuto che Adrian se ne fosse accorto. Fortunatamente ero circondato da stupidi. Nemmeno immagini cosa sono capace di fare, tesoro, ti assicuro che la realtà andrebbe ben oltre ogni tua aspettativa.
Comunque, rispondendo alla domanda, dovevi fidarti di me; perciò ho dovuto interpretare il ruolo del bad-boy che poi si converte e diventa un tenerone. Speravo ti innamorassi di me e, di conseguenza, credevo avresti fatto qualsiasi cosa pur di salvarmi. All'inizio, ti confido, non ero io la pedina da sacrificare.>>
<<Era Jack.>>

<<Esatto. Ma quando poi ho capito che tu non l'amavi a tal punto da rischiare la vita, ho cambiato pensiero, sbagliando, evidentemente... sai, sei l'unica ragazza che non ha ceduto con me.>>
Megan alzò un sopracciglio valutando quanta boria risiedesse in lui. Non gli avrebbe mai rivelato la verità; Cristian non avrebbe mai dovuto sapere che pure lei era caduta scioccamente nella trappola del leone.
<<Ciò che sfugge agli esseri spregevoli come te, è che non esiste solo il sesso o la passione degli amanti. Esistono tantissime forme dell'amore. Io e Jack siamo legati da un sentimento puro e profondo, e che ripeto, mai nessuno riuscirà ad offuscare.>>
<<Hai ragione. Su questo punto hai perfettamente ragione, Megan. Noi bestie non riusciremo mai a comprendere sentimenti tanto limpidi, e ti dirò di più, sono felicissimo per questo.>>
<<Contento tu...>> affermò rattristita, ma senza farlo notare. Preferì cambiare discorso. <<Sai, stavo pensando alla coincidenza della vita. Saresti potuto diventare un Templare in qualsiasi momento della tua lunga esistenza, ma sei entrato a far parte dell'Odine solo pochi anni fa e, per mia sfortuna o tua fortuna, dipende da che lato la si vede, sono arrivata io proprio nello stesso periodo.>>

<<Fiorellino, non confondere le coincidenze col destino. Sapevo saresti arrivata. So della tua presenza da parecchio. Ed era scritto nel destino il nostro incontro.
Grazie alla mia ascendenza su di lei, è stato facile corrompere Jessica. Mi rivelò della tua esistenza una notte in discoteca di parecchi anni fa... era parecchio ubriaca e follemente innamorata. Mi disse che presto si sarebbe trasferita a Roma e che la sua famiglia sarebbe rimasta a vivere in Puglia col compito di proteggere una ragazza particolare. Non ho impiegato molta fatica nel capire di chi parlava. Sai, più volte sono venuto in Salento... ma solo quella sfortunata notte, in cui morì il tuo cane, ho potuto constatare effettivamente che tu eri colei che cercavo. In quell'occasione hai esternato per la prima volta il tuo potere>> accortosi dell'espressione scioccata, sul volto della fanciulla, seguita immediatamente da una scia di dolore, si apprestò a spiegare: <<non provare risentimento nei miei confronti per ciò che è accaduto. Quell'Oscuro rispondeva agli ordini di Alessandro, non ai miei, anche se penso che Alessandro non abbia avuto un ruolo predominante in quell'occasione, almeno non quanto la sfortuna. Capisci bene, tuttavia, che non sono potuto intervenire. Sono stato lì lì per farlo, quando quel mostro, come ci chiami tu, ha seriamente rischiato di farti del male... ricordo che al mio arrivo combattesti con furore, lo colpisti con una chiave cavandogli un occhio>> sghignazzò esaltato <<Dio che spettacolo! Non sai neppure quanto mi sei piaciuto in quel momento... malgrado la tua audacia, però, ti sei trovata nuovamente in difficoltà. Ero uscito allo scoperto, ero lì, ai bordi della strada pronto ad intervenire, ma entrambi non mi avete notato. Poi di nuovo la buona sorte ha giocato dalla mia parte. Fortunatamente è arrivato Jack e, da bravo eroe che si rispetti, ti ha portato in salvo>> pensieroso, portò una mano al mento, <<penso sia stata l'unica volta in cui ho gioito del suo arrivo.>>

La fanciulla lo fissò con silenzio, un mutismo prolungato che raccontò odio e rancore. Si percepì chiaramente quanto risentimento serbasse in quel momento. Se solo lui l'avesse voluto, avrebbe potuto agire, le cose sarebbero andate diversamente, il suo Sean sarebbe sopravvissuto.
<<Non guardarmi con quegli occhi>> disse lui, cogliendo il pensiero d'odio.
<<E con che occhi dovrei guardarti? Di gratitudine, per caso?>>
<<Non è colpa mia se è morto. Sei stata tu l'artefice della tua sciagura. Una passeggiata a quell'ora tarda, non poteva che portare cattive conseguenze. Io non ero neppure nei paraggi, se devo dirla tutta. Sono giunto in un secondo momento, solo quando ho avvertito la scia della tua aura, probabilmente prodotta dallo shock della perdita. Ma non mi sembra il caso di giustificarmi, io non sono tenuto a spiegarti, d'altronde sono solo una bestia e non mi è concesso provare pentimento, giusto Megan? Perciò puoi anche odiarmi, non mi importa.>>

Le diede le spalle. I passi lo condussero ad una parete, sulla quale, un quadro, dai colori accesi, ravvivava le tinte spente della scura carta da parati. Percorse col dito parte del perimetro della cornice perfettamente spolverata. Fissò il pensiero confuso, ma allo stesso tempo assolutamente chiaro dell'impressionismo e, come ogni volta, riscoprì in quelle leggere pennellate lo spirito profondo dell'arte.
<<Sai, questo è un vero Monet. Te lo dico perché so quanto ami e rispetti l'arte e sono convinto non riusciresti a riversare su un qualcosa di tanto prezioso la tua ira. Capisco la tua frustrazione al momento, ma risparmia questo splendore, è uno di quelli che preferisco. Se casomai sentissi il bisogno di sfogarti, ti preoccuperò di farti recapitare un altro vaso di cristallo.>>
<<Ah ah, divertente. Ma attenderò con pazienza che mi ricarichi abbastanza, così da poter riversare su qualcos'altro la mia rabbia. Ad esempio, mi farebbe bene poterti nuovamente sbattere al muro. Penso che vederti in quella posizione di difficoltà possa essere la mia valvola di sfogo.>>
<<Mmm, interessante. Mi piace essere sbattuto al muro dalle donne. Amo quelle posizioni.>>
Il volto si imporporò all'istante. <<Non intendevo in quel senso>> si apprestò a difendersi. <<Sei un porco! Mi fai schifo! Ora come ora non mi azzarderei neppure nel pensare di fare una cosa del genere. Soprattutto se adesso il soggetto di tanta perversione sei tu.>>
<<Allora un tempo lo facevi.>>
<<Smettila di alludere!>> gracchiò scioccata. Il discorso stava rotolando verso una discesa costellata di vergognosi pensieri. Per fortuna Cristian non continuò su quella strada.

<<Vuoi chiedermi qualcos'altro? Sono qui per saziare ogni tua curiosità, e se desideri anche le tue voglie proibite.>>
Megan lo guardò, avrebbe voluto davvero sbatterlo al muro col proprio potere, ma solo per fargli del male. Fissò la porta e ipotizzò fosse non chiusa a chiave, come invece lo era ogni altro istante del giorno. Lui seguì lo sguardo di lei e, come sempre, comprese alla perfezione il pensiero.
<<Fiorellino non ci pensare nemmeno. Non faresti neppure due passi senza che qualcuno dei miei riuscisse a riacciuffarti. E poi ricorda che il tuo grande amore è ancora nelle mie mani. Non vuoi che gli succeda qualcosa, vero?>>
<<Non voglio scappare. Non sono stupida, so che sarebbe solo tempo perso...>>, sorrise senza divertimento, e al ricordo di qualche giorno prima disse: <<eppure una volta io e Jack ti siamo sfuggiti. Chissà cosa avresti fatto se non fossimo più tornati.>> Concluse la frase con malinconico pentimento. Se solo avesse dato retta all'amico, a quell'ora nulla di ciò sarebbe successo.
<<Vi avrei trovato in ogni caso...>>
<<Sì, sì... certo. E come avresti fatto?
Avrei dovuto ascoltare Jack, lui ha sempre saputo chi eri... un mostro.>>

La mandibola si indurì impercettibilmente. Non si lasciò, però, punzecchiare da lei; perciò attaccò di conseguenza. <<E perché allora non gli hai dato retta? Non erano sufficientemente convincenti i suoi baci? Forse non abbastanza, o non quanto i miei.>>
<<Eppure per lui ho deciso di donare il mio potere pur di salvarlo, per te non l'avrei fatto neppure di fronte alla minaccia della morte.>>
E ciò toccò le giuste corde. Cristian si irrigidì. Fu attraversato dalla collera, e ciò che provò, non piacque ancor di più della irriverente risposta.
<<Megan, sicura di voler fare così tanto la strafottente? Ricordi, vero, che Jack è mio prigioniero?>>
<<E tu, Stevan, ricordi che se gli dovesse capitare qualcosa potresti dire anche addio per sempre al tuoi squallidi piani?!>>
L'Oscuro si lasciò andare ad una liberatoria risata.
<<So cosa stai facendo, fiorellino.>>
<<E cosa? Illuminami, ti prego.>>

Si incamminò andandole incontro, e più lui avanzava, più la fanciulla arretrava nel letto tirando al petto le lenzuola a mo' di difesa.
<<Non ti avvicinare oltre!>> la voce si alzò stridula.
<<Altrimenti cosa? Mi colpisci col cuscino? Ahi che dolore>> ghignò con spasso. <<So cosa intendi fare fiorellino, stuzzicarmi, farmi perdere il controllo. Ma non funzionerà. Sono proprio come mi hai conosciuto, sagace ed impertinente. Sai bene che questi giochetti non attecchiscono col sottoscritto, perciò dovrai fare di meglio che chiamarmi Stevan o sbattermi in faccia il tuo profondo sentimento d'amore nei confronti di Jack.>>
Le afferrò una ciocca di capelli e facendoli strisciare tra le dita li fissò con disgusto.
<<Fiorellino, i bagni sono fatti per essere usati. Datti una lavata, perché così trasandata non stuzzicheresti l'appetito neppure del più pervertito dei miei leccapiedi.>>

Stavolta il colpo lo accusò lei. Si tirò indietro strattonando la mano di lui in modo che mollasse la presa. Puntò lo sguardo sul grande armadio di cedro disposto al lato opposto della stanza, e tenne la bocca chiusa.
<<Non chiamarmi Stevan. Ti ho detto che non mi piace. Io sono Cristian, questo è il mio vero nome, lo è da sempre, perciò sfruttalo>> ordinò lui mentre si avviava alla porta. Ma pochi attimi prima che si chiudesse, lei lo inseguì con le parole: <<non ti chiamerò mai con quel nome. Per me Cristian è morto nell'istante in cui hai spezzato quelle catene.>>
<<Ancora non sono spezzate le catene, piccolo fiorellino. Ci dovremo impegnare entrambi perché questo accada veramente.>>

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