Goner
«I'm a goner, somebody catch my breath
I'm a goner, somebody catch my breath
I wanna be known by you
I wanna be known by you»
Goner - Twenty One Pilots
GONER
«Ogni volta che torniamo da lì, qualcuno se ne va, ci hai fatto caso?» Gli ha detto Dustin, ieri sera, ed è una eco che rimbomba ancora nella scatola cranica, come un urlo di morte. Se fosse stato uno schiaffo in faccia, quella frase, Steve avrebbe sentito dolore alla guancia. Se fosse stata una fucilata, avrebbe sentito male al petto. Se fosse stata una doccia gelida, avrebbe sentito freddo.
Se fosse stato un bacio, avrebbe sentito il cuore sotto i polpastrelli stretti intorno a una massa di capelli castani.
Però non è uno schiaffo, e nemmeno una fucilata. E no, non è nemmeno un bacio.
È la realtà dei fatti, e Dustin ha ragione. Ogni volta che tornano dal sottosopra, qualcuno se ne va. È toccato a Bob, poi a Billy e poi a Chrissy e molti altri. Ma anche chi è tornato vivo, da laggiù, alla fine è dovuto... andare via. Semplicemente lontano da Hawkins; semplicemente lontano da qualcosa che, quella maledettissima cittadina, stringe tra le sue viscere come se fosse un nucleo che la tiene in vita, fatta di lava, fiamme e dolore. Fatta di una maledizione senza fine, che pian piano sta consumando chi rimane e perseguita anche chi se ne va; dopotutto è servito forse a qualcosa lasciar andare via Joyce con Jonathan, Will e Eleven? È servito a tenerli lontano da Hawkins e la sua maledizione? È servito a dare loro un po' di pace?
No, non è servito a un cazzo di niente, e lo pensa mordendosi un labbro, mentre Eddie infila a forza una borsa da palestra nell'auto di suo zio, e sembra l'unica cosa che è disposto a portarsi dietro, a parte la sua chitarra, Quella è il primo bagaglio che ha preso e che ha riposto con cura nei sedili posteriori, sdraiata, infilata nella sua custodia piena di adesivi e toppe di gruppi rock che Steve conosce a malapena. Domani mattina partiranno, e Eddie è ancora lì, mentre suo zio dorme, a fingere che i bagagli non siano sistemati a dovere e lui debba rimediare a questo casino.
Steve sbatte gli occhi un paio di volte, come se farlo potesse in qualche modo cambiare le cose – cambiare scenario, uno dove Eddie non se ne sta andando da Hawkins e dove lui non gli sta dicendo un addio... o un arrivederci, anche se sa che probabilmente le cose, da ora in poi, tra loro cambieranno e si sente così stupido. Così dannatamente stupido, al solo pensiero che non ha detto tutto quello che voleva dirgli, e non ha fatto tutto ciò che avrebbe voluto fare, insieme a lui, solo per quel cazzo di orgoglio che si ritrova, quel minuscolo bisogno di sentirsi ancora King Steve. Sì, il Re degli stronzi. Quello che ogni lasciata è persa. Quello che per una volta ha avuto il sentore di essere ricambiato e che non ha fatto niente per accertarsene, solo per non soffrire di nuovo.
Non dopo Nancy; non dopo Robin.
Ne ha avuto abbastanza, e pure di fronte all'evidenza di un amore corrisposto, ha semplicemente fatto in modo che tutto rimanesse com'era, e nulla più.
Nulla più.
«Bene.» La voce di Eddie lo ridesta. Ha sbattuto le mani, quasi di fronte alla sua faccia, e Steve pensa che non va bene proprio un cazzo. Vorrebbe chiedergli cos'è che pensa che vada bene, in quell'ennesima conseguenza che sono costretti a pagare per colpa di un posto maledetto, che gli ha già portato via abbastanza.
Alza le sopracciglia e Eddie fa lo stesso, ma almeno lui non ha addosso una poker face che nasconde troppa rabbia, troppo dolore. Almeno Eddie sorride; ci prova, sebbene sia il sorriso più triste che gli abbia mai visto fare e l'unica cosa passa per la testa di Steve è la voglia di prenderlo per il colletto e tirargli un destro, sbatterlo a terra e riempirlo di pugni. È troppo arrabbiato e, invece di pensare alla soluzione più ovvia per farlo restare – come per esempio aprire il suo cuore e dirgli la verità su quello che prova – pensa a quella più violenta perché non sarà mai, ma proprio mai, dolorosa come la realtà dei fatti.
«Bene», gli fa eco, ma non è quello che la sua bocca vuole dire. No, decisamente no.
«No, bene un cazzo, Harrington. Bene un cazzo», borbotta Eddie, e dà voce ai suoi pensieri, mentre scuote la testa e il sorriso sul suo viso sparisce, lasciando spazio a tutt'altri sentimenti, tra cui una palpabile frustrazione. Si morde il labbro superiore, poi schiocca la lingua e non lo guarda più.
«Sei tu che...»
«So perfettamente cosa ho detto, e sono cazzate. Tutte cazzate. Dio, non ho nemmeno capito cosa cazzo è successo in quell'inferno, e me ne sto andando per colpa di una cosa che non ha ancora senso per me.»
«Non ha senso nemmeno per me, Munson», dice Steve, e vorrebbe averglielo detto con un briciolo della sua solita ironia velata, se sole ne avesse avuto la forza. Invece no. Continua a squadrarlo dal basso verso l'alto, come se solo questo potesse bastare a imprimersi nella mente il ricordo di Eddie Munson così come se lo ritrova davanti, con una maglietta dei Kiss, una camicia nera aperta sopra, un paio di jeans strappati e delle converse blu scuro che hanno di certo visto tempi migliori. «Solo che è la cosa migliore. Ti hanno scagionato dalle accuse di omicidio però, lo sai, no? Alla gente piace così tanto parlare», sbuffa via, roteando gli occhi al cielo, poi incrocia le braccia al petto. Le spalle troppo alzate per sembrare davvero a suo agio come vorrebbe.
«Alla gente piace un saaacco parlare», gli dà corda Eddie, e incrocia anche lui le braccia al petto e sembrano due imbecilli che allungano un brodo che, però, non può più essere riempito. Sono alla fine, la vera fine, si stanno per dire addio, mentre intorno a loro c'è il buio, il vuoto, il vento, un lampione che li illumina e forse tutta Hawkins che dorme, a differenza loro.
Eddie ha già salutato tutti questo pomeriggio, ed è stato un momento toccante, dove Steve si è tenuto in disparte e ha tenuto dentro un rumore troppo simile a un ruggito di dolore, proponendosi poi di tornare quella sera stessa, per aiutarlo con gli ultimi preparativi. Lo ha sorpreso che Eddie non gli abbia nemmeno chiesto perché, ma abbia semplicemente annuito con un mezzo sorriso, approvando quella decisione.
Che ridere! Come se pure lui volesse passare del tempo da soli, per salutarsi come si deve, senza nessuno intorno.
Senza altre persone che, forse lo sanno entrambi, non c'entrano niente con quello che sono diventati – o che stavano diventando, e non hanno permesso che questo accadesse.
«Un giorno tornerai e tutti si saranno dimenticati di questa storia. Se tutto va bene il prossimo anno troveranno un altro capro espiatorio su cui gettare le loro accuse.»
«È così... confortante vedermi come un capro espiatorio.» Eddie ridacchia, con un mezzo sopracciglio alzato e quel suo fare borioso che nasconde sempre un sacco di goffaggine; una delle tante cose che hanno colpito Steve in piena faccia, quando ha imparato a conoscerlo.
Un altro idiota che si finge sicuro di sé, ma che in verità si sente piccolo come una formica. Proprio come lui.
Cristo, sono così perfetti insieme, e si sente così stupido a non avergli detto cosa prova, che gli viene quasi da piangere.
«Meglio di sentirsi un assassino, immagino.»
«Un pochino meglio, lo ammetto», risponde Eddie, e quantifica quel pochino in uno spazio minuscolo tra il pollice e l'indice della mano destra, mentre la sinistra resta salda sotto al braccio, e a Steve sembra quasi di vederla tremare.
Pure il suo sorriso strafottente trema, e Steve lo sa. Sa benissimo come si sente. Sa benissimo che non vuole andare via, che se non fosse accaduto tutto questo ora Eddie Munson sarebbe a capo di un tavolo a giocare a D&D con dei ragazzini. O a suonare la sua chitarra elettrica in un garage. O a festeggiare il suo diploma, finalmente.
Eppure, pensa Steve, se non fosse successo tutto quello che è successo, probabilmente non si sarebbero incontrati mai. E quel pensiero gli si infila in gola come una bomba con la miccia accesa, pronta ad esplodere, e si sente un idiota a non averci nemmeno provato, a capire... a capire se per Eddie è lo stesso, oppure no.
Prende un grosso respiro che gli raschia la gola. Gli fa male, malissimo, ma dura solo una manciata di secondi, perché un attimo dopo le sue mani sono strette intorno alle guance di Eddie e gli sta baciando le labbra, con una carica di frustrazione tale da strappargli via il cuore come se una mano invisibile gli avesse appena trapassato il petto da parte a parte.
Ed è in quel secondo in cui Eddie prende le sue, di guance tra le mani, che Steve si sente ancora più idiota. Che pensa a quanto tempo ha sprecato a pensare che non era lo stesso, che non lo sarebbe mai stato e che a volte dovrebbe rischiare nell'unica cosa in cui non rischia mai: i sentimenti.
Si baciano così a lungo che sembra quasi un'eternità, con il vento che smette di fischiare e si condensa tutto tra i loro nasi appiccicati, che respirano la stessa aria, gli stessi sospiri, la stessa paura di staccarsi e scoprire che non è vero niente, che è solo successo e non doveva succedere.
Tra di loro. Non doveva succedere. Né nel caso in cui Eddie contraccambi, né tantomeno nel caso in cui non fosse così. Perché in ogni caso fa male. È doloroso lo stesso.
L'eternità si spezza, e dà spazio a un momento di puro terrore, dove Steve non lascia andare il viso di Eddie, ma tiene gli occhi chiusi, le labbra ancora leggermente all'infuori; sospiri quasi indecenti che li dividono e, allo stesso tempo, li avvicinano.
Non vuole aprire gli occhi. Non vuole sapere. In ogni caso farà male. Se non ricambia farà male, se ricambia farà male, perché poi se ne andrà via da Hawkins e Steve non se ne andrà mai, da lì. Non può. Non vuole.
Solo che nemmeno Eddie vorrebbe, ma deve, e Steve si sente la causa di tutto, quando invece non c'entra nulla. Non poteva fare più che salvargli la vita e combattere al suo fianco. Se non lo avesse fatto non sarebbero qui, no?
No? Giusto?
«Steve?», lo chiama Eddie, e la sua voce è un piccolo rivolo d'oro che gli passa sotto alla gola e quasi gliela taglia. Fa così male, è così calda, è così spezzata, ignobilmente preziosa.
Se la vuole imprimere in testa per tutta la vita. Finché avrà anima in corpo.
Non apre gli occhi, ma non gli lascia andare le guance. Non ci riesce.
«Steve», ripete Eddie e stavolta non è una domanda. È una richiesta.
Così apre gli occhi e quelli dell'altro lo guardano con una luce così intensa che sembrano fatti di cristallo. Un cristallo nero, nel quale perdersi. Ed è la prima volta che li vede da così vicino.
«Ho fatto una cazzata, vero?», chiede, ed è più calmo di quanto potesse pensare.
«No, no, no, Dio Steve, no! Hai fatto quello che andava fatto! Un maledetto passo avanti, dopo così tanto! Ce l'abbiamo fatta, cazzo!», esclama Eddie, poi sospira. «Avrei potuto farlo io ma, sai, che ne potevo sapere che King Steve provava lo stesso!»
«Pensavo fosse tipo... palese», ammette Steve, e gli lascia andare le guance, finalmente. Posa le mani sui fianchi ed è solo più confuso di prima. Non sa che cosa cazzo dire, non sa cosa fare, non sa perché ha deciso di farlo proprio ora che ha finalmente realizzato che, probabilmente, non si vedranno per un bel po'. Che sarà una cosa a distanza.
No problem, no? Nancy e Jonathan hanno mantenuto i contatti, stanno ancora insieme, pure se sono lontani. Lo stesso El e Mike. E chissà quante altre coppie nel mondo ma... non è il dopo che lo preoccupa, ma quello che non è stato, o meglio quello che non ha permesso che fosse, per paura di rovinare ancora tutto; di ritrovarsi ancora una volta ad aprire il cuore e ritrovarsi con l'ennesima persona di cui si innamora che gli resta amica perché sì, Steve Harrington è un amico esemplare, ma nessuno lo ama. Nessuno.
No, nessuno. A parte Eddie, a quanto pare.
Si sente un vero imbecille. Si sente inutile e stupido. Si sente disperatamente meglio, e sorprendentemente una vera merda.
«No, non lo era così tanto. Pensavo solo che mi avessi rivalutato.»
«L'ho fatto. E poi ci sono caduto con tutte le scarpe, però. Cristo, Eddie, sei la fregatura più grossa che ho preso nella vita!», cerca di ironizzare, sbuffando via una risata amarissima, che Eddie sembra aspirare via con un fugace bacio sulle labbra, e sembra tutto così ovattato, intorno, che Steve non sa nemmeno più dove si trova. «Mi dispiace aver deciso di trovare il coraggio solo ora.»
Eddie scuote la testa e sbuffa via una risata. «Non avrebbe cambiato le cose. Me ne devo andare comunque e... a dirtela tutta», si avvicina a lui in tono confidenziale, «Mi sarei portato dietro il dubbio se per te fosse lo stesso oppure no, mi hai tolto un bel peso», gli fa l'occhiolino, poi e Steve si concede una risata, prima di abbracciarlo e nascondere il viso nell'incavo del suo collo, sospirando con tanto dolore che gli fanno male gli occhi.
«Verrò a trovarti», dice solo, con la voce ovattata per via del tessuto della camicia di Eddie contro la sua bocca.
«Certo che verrai a trovarmi! Non è una buona idea per me tornare qui, ma tu... be', me lo devi!»
«Non ti devo proprio un bel niente, Munson, ma lo farò comunque, razza di idiota», mormora, e gli esce meno accusatorio di quanto vorrebbe.
Sente Eddie ridere vicino al suo orecchio, ed è la prima, vera risata liberatoria che gli sente fare, sebbene lui la avverta come una lama che gli lacera il petto.
L'ennesima cosa che dovrà memorizzare di Eddie; l'ennesima cosa che gli mancherà di lui, quando lascerà Hawkins.
Si stacca da quell'abbraccio e, l'unica cosa che vuole fare, è dimenticare per un istante quello che avverrà domani. Vuole vivere quel momento il più a lungo possibile ed è per questo che reclama un altro bacio, mentre lascia scorrere le mani dalle sue spalle, fino alle sue braccia, e infine incrocia le mani alle sue. Sente il freddo del metallo dei suoi anelli sotto le dita, ed è quasi un conforto, una sensazione che quasi gli intorpidisce la mente e, per un secondo – che spera durerà per sempre, dimentica che quel bacio è un saluto a un domani che non sa quando arriverà.
Ma, finché non è un addio, va bene così.
Fine
Note autore:
Non ho molto da aggiungere, solo che sono diventati la mia droga e che non oso immaginare un finale dove uno dei due muore, quindi in attesa del Vol. 2, io mi scrivo già i miei Fix. Non sia mai...
La vostra amichevole Miryel di quartiere.
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