Capitolo 8
Lisbona, 4 luglio 1749
Le mani di Lord Exeter spingevano la sedia con le ruote su cui era seduto il Sovrano, mentre la principessa di Beira li affiancava insieme alla propria dama.
Un caldo sole era ancora alto in cielo e scaldava la pelle pallida dell'uomo che da troppo tempo non si beava del suo tepore. La lieve brezza poi, che si levò dal mare, portò loro un piacevole profumo salmastro che si intrecciò con prepotenza a quello delicato dell'estate.
L'uomo inspirò come mai prima di allora e un mezzo sorriso gli illuminò il volto rugoso e in parte spento.
"Come vi sentite, Vostra Grazia?" domandò la principessa con un ampio sorriso.
"Bene, mia cara, non ricordavo quanto fosse piacevole stare all'aria aperta" ammise, lasciando che lo conducessero attraverso i sentieri di ghiaia fina che non impediva alle ruote di avanzare. Le alte siepi, di tanto in tanto, creavano angoli di piacevole frescura dove si fermavano per discorrere e riprendere fiato.
In vero, era un modo per dosare l'uscita del vecchio sovrano senza dargliene peso.
Fu proprio in una delle tante rientranze, che le giovani donne presero posto su una panchina.
"Siete già stanche?" domandò il nonno con il consueto mezzo sorriso e con la voce insicura.
"Non siamo noi che passeggiamo da sedute", replicò la nipote con voce ilare. Era felice di essere riuscita a farlo uscire da quella prigione che era la sua stanza.
"L'impertinenza è un tuo grave difetto!" dichiarò il sovrano, scatenando nel giovane Lord un risolino malamente trattenuto.
"Lo trovate divertente?" lo interpellò lei, guardandolo dirittamente negli occhi.
Da quando erano usciti in giardino non aveva ancora avuto modo di prestargli la giusta attenzione, perché era troppo presa ad allietare il nonno. Quella risata di scherno però, era il giusto pretesto per ammirarlo senza destare sospetti.
"Non divertente, Vostra Grazia", rispose sostenendo lo sguardo, " solo oltremodo veritiero."
"Mi trovate impertinente, dunque?" incalzò, continuando a scrutarne i lineamenti del volto abbronzato, nel quale spiccavano i suoi occhi, brillanti di provocazione.
"Non oserei mai dirlo" rispose con un sorriso furbo che gli modellò il viso rendendolo ancora più irresistibile.
"Ma lo pensate?"
Nel mentre, il vecchio re osservava prima l'uno poi l'altra intuendo le reali ragioni di quell'infantile diverbio.
"Se avete finito di arruffare il pelo, vorrei continuare la passeggiata", li interruppe guardando la nipote, "Lord Exeter, cosa ne dici di lasciare le fanciulle e di andare solo noi uomini."
La richiesta del sovrano non era un quesito, ma un ordine e, in breve, il giovane Lord ebbe l'amara sensazione di essere stato scoperto.
Si allontanarono di diversi passi in assoluto silenzio e quando furono in prossimità di un'altra rientranza, al riparo dalle alti siepi, il sovrano si decise a parlare, "Fermiamoci un momento e siediti, desidero parlarti."
Il cuore di Lord Exeter gli balzò in gola. In vero non aveva fatto niente di sconveniente con i fatti, ma la sua mente aveva già peccato diverse volte e lo sapeva.
"Come desiderate, Vostra Grazia" proferì andandosi a sedere.
La posizione solitamente rigida per un nobile del suo rango, era resa lievemente insicura dall'attesa di sapere cosa il re avesse da dirgli.
"Lo sai che Maria Francesca diverrà Regina?"
"Certo."
"Dunque ti è chiaro che la vostra diversità di rango è il motivo per il quale non avete alcuna possibilità di stare insieme."
Il giovane deglutì l'acre sapore della verità che gli si era formato in gola prima di rispondere, "Lo so, Vostra Grazia."
"Or dunque, se ne sei consapevole, non giocare con lei."
"Vostra Grazia, non è mia intenzione" si giustificò abbassando lo sguardo sulle dita intrecciate.
Una mezza risata di scherno suonò nell'aria, "Sei un caro ragazzo, Lord Exeter. Sei giovane e capisco il tuo interesse nei suoi confronti, devi credermi. Maria Francesca è diventata una giovane donna molto bella. La sua mente arguta, il suo animo gentile e la propensione al sorriso la rendono ancora più desiderabile, ma non vi è alcuna speranza per voi due."
"Lo avete già detto", rispose d'istinto e in malo modo poi, aggiunse mortificato, "perdonatemi."
"Ho visto il modo in cui ti guarda", aggiunse il sovrano ignorando la reazione del giovane, "si è infatuata e il vostro provocarla di continuo non fa altro che alimentare le sue fantasie."
"Dovreste parlarne con lei, allora."
"Ne parlo prima con te perché sei un uomo. Mia nipote è una principessa e non un sollazzo."
"Non volevo certo mancarle di rispetto" ribatté il giovane guardandolo negli occhi con un impeto di orgoglio.
"E cosa vuoi da lei, se sai già che non può darti niente?" il tono del re, anche se impreciso, suonò serio.
"Io, non lo so" ammise coprendosi gli occhi, si sentiva denudato e colpevole.
"Io lo so, invece", seguitò il sovrano guardandolo quasi con affetto paterno, "una parte di te ha sperato e spera tutt'ora che le cose cambino."
Il ragazzo fece scivolare il volto dalla protezione delle mani per puntare lo sguardo sul re.
"Non ero preparato a un simile trasporto" ammise tornando a sedersi in modo composto.
"Ti credo."
"Organizzerò il viaggio per partire al più presto."
"Non ti ho detto questo."
"Allora cosa volete che faccia?"
"Resta. Tua sorella è qui e la tua presenza è piacevole non solo per loro due ma anche per me", asserì accennando un sorriso, "l'unica cosa che ti chiedo è di non oltrepassare i limiti."
Non oltrepassare i limiti, gli aveva chiesto, ma Franklin non sapeva se sarebbe stato in grado di farlo.
Nel frattempo, le giovani fanciulle erano rimaste sedute sulla panchina a bearsi della frescura di quelle piante.
"Dunque, volete dirmi cosa era quel discorso con il mio giovane fratello?" chiese ancora Margarethe sul persistente silenzio della principessa.
"Non era nulla", rispose Maria Francesca guardando il sentiero ghiaioso, "lui mi dà dell'impertinente e io rispondo."
"Credo che lui vi trovi gradevole", disse la dama fissando il profilo della giovane, "vi osserva sempre con uno sguardo colmo di ammirazione."
"Non siate sciocca!" l'ammonì, ma non poté evitare di arrossire di piacere.
"Oh cielo! Provate lo stesso!" esultò la ragazza con un misto di piacevole sorpresa.
"Abbassate la voce", la redarguì prendendole la mano e avvicinandosi a lei, "volete che lo sappia tutta la corte."
"Che male ci sarebbe?"
"Sono una principessa, Margarethe, non posso lasciare che il mio cuore si agiti per un conte."
"Dunque, mio fratello non è abbastanza per voi" sottolineò la dama con voce bassa e dispiaciuta.
"Oh, non lui", si affrettò a replicare la giovane, "lui è perfetto", sorrise completamente rossa in volto, "è il suo titolo a non essere abbastanza."
"Se è così, perché continuate a corteggiarvi con lo sguardo?"
"Allora hai notato anche il mio di sguardo?" inquisì un po' preoccupata. Non voleva che questo suo sentimento nascente fosse tanto leggibile.
"Sarebbe impossibile non notarlo, Vostra Grazia. Quando vi parlate sembra che tutto il resto svanisca e che esistiate solo voi.
Un sospiro tremulo le uscì dalle labbra a quella consapevolezza e alla fine si impose di imparare a celare meglio i propri sentimenti.
Doveva farlo, ma era certa che sarebbe stata una sfida difficile.
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