Chi punge un cuore

Chi punge un occhio lo fa lacrimare, chi punge un cuore ne scopre il sentimento.

[Ecclesiaste 22, 19]

Carissimo Magnus,

Immagino perfettamente la tua reazione nel ricevere questa mia lettera, ma credo che te la saresti dovuta aspettare, no? Dopo quello che è successo, ho riflettuto per un attimo su tutte le azioni da me compiute, magari ti interessa sapere a quali conclusioni sono arrivata. In più, mio caro, bisogna mantenere la parola data ed io attendo il drink che mi hai promesso.

Comunque, avresti potuto evitare quel ridicolo tentativo di uccidermi, ma per questa volta metterò da parte il rancore, sono di buon umore. Che non accada più, per questo secolo ho già rischiato la morte troppo spesso.

Ma non ti ho scritto per parlare di cose così pesanti, è semplicemente una specie di memorandum.

Aspetto questo invito, non farmi attendere troppo.

Camille.

P.S. Che sciocca, ho dimenticato una cosa importante. Desidero parlare con la tua di sicuro adorabile figlia, Chrysta. Credo sia meglio avvisarti, così da evitare discussioni future. Tranquillo, non devi rispondere a questo mio post scriptum, ne nascerebbe una conversazione piuttosto futile dal momento che, in un modo o in un altro, parlerò con lei.


Chrysta continuava a ripetere ininterrottamente le parole di Camille ad alta voce. Ormai non aveva nemmeno più bisogno di leggerle: le sapeva a memoria.

Tra lei e zio Magnus che non la smetteva di prendersi a schiaffi in faccia dandosi del coglione mentre zio Alec, impotente, giocherellava nervosamente con la corda dell'arco, il pre-partenza fu tutto meno che tranquillo. Mettendoci anche il mio ancestrale terrore per i Portali otterremo un perfetto inizio per un'altrettanto perfetta vacanza.

Il "piccolo contrattempo" non avrebbe interferito con nulla: come da programma saremmo partiti lunedì ventisei aprile, un mesetto a quella parte, dal JFK di New York – Logan aveva insistito nel voler usare i mezzi mondani – e atterrati a Roma Fiumicino sette ore dopo, poi avremmo preso un treno fino a Formia e da lì un autobus per Gaeta.

Avevo fiducia nella scrupolosità dei miei cugini, soprattutto di Logan, ma sapevo per esperienza personale che quando il piano è perfetto e apparentemente incrollabile c'è sempre qualcosa che va storto. Quasi fosse una legge dell'Universo. È inutile che ti metti a giocare a Temistocle e Pericle, a fare lo stratego, tanto ti ritroverai comunque i bastoni fra le ruote.

La sera prima Chrysta aveva svuotato il mio armadio e riempito una valigia allargata magicamente che faceva un baffo alla borsa di Mary Poppins con il necessario per il nostro soggiorno di tre mesi a Gaeta, non dimenticandosi di lasciare al proprio posto tutto quello che mi aveva regalato Jean. Il che era un bel problema, dato che Jean mi aveva regalato i migliori capi d'abbigliamento che possedevo.

— Per Lilith, Lori, mi vergogno di non averti dato lezioni di stile — commentò Chris in tono di scherno mentre ficcava nella valigia un paio di ballerine. — Menomale che ci ha pensato il tuo ex. Sempre detto che i francesi sono i migliori in fatto di moda.

— Non parlare di Jean — scattai. — Sarà argomento tabù fino a quando non ritorneremo a casa.

— Okay, come vuoi — acconsentì. — Ma, stanne certa, avremo il tempo di rimediare a questo disastro. Passeremo le tre settimane newyorkesi in giro per la città a fare shopping con Trish e zia Iz. Almeno così potrai vestire decentemente.

— Chris, sai già che non metterò nulla di tutto ciò che compreremo — replicai sbuffando. — Voi punterete su scollature, strappi, vedo-non vedo e cose del genere, mentre io mirerò a tenermi il più coperta possibile. — D'istinto allungai il braccio dietro la schiena e mi toccai un punto ben conosciuto tra le costole. — Sai che non posso mostrare la cicatrice.

Da piccola non ce l'avevo. O meglio, ce l'avevo ma non si vedeva. La scoprii due giorni prima del mio undicesimo compleanno. All'epoca c'era uno specchio su entrambe le ante dell'armadio; le avevo lasciate aperte per sistemare dei vestiti, e così quando mi girai per chiuderle vidi riflessa nel vetro quell'orribile immagine.

Anche mamma e papà hanno delle cicatrici che sottolineano la loro natura particolarmente angelica, ma le loro sono piccolissime.

Al contrario la mia è grande, liscia, bianca; arriva fino all'osso sacro e parte dalla base del collo. E ha l'inconfutabile forma di un paio d'ali.

Dopo quell'episodio chiesi a papà di togliere uno degli specchi. Gli scagliai ripetutamente contro una spillatrice per spaccarlo in mille pezzi, in modo da avere una scusa per farlo rimuovere.

Dicono che rompere uno specchio porti sette anni di sfortuna. Di sfiga. Ed effettivamente i successivi sette anni non furono proprio stupendi.

Ma mancava solo qualche mese alla fine della maledizione. Solo qualche mese e sarei diventata maggiorenne. Solo qualche mese e sarei finalmente uscita dai diciassette ed entrata nei diciotto.

Quindi, quale occasione migliore di una vacanza avrebbe potuto commemorare un avvenimento di tale portata?

Problema: c'erano più contro che pro.

Mentre aspettavo che zio Magnus terminasse di approntare il Portale e che i miei genitori e Jon ci raggiungessero alla Guardia per salutarci, mi misi a stilare mentalmente una lista di tutti i punti a vantaggio e a svantaggio della nostra imminente gita in Italia.

In primis c'era la mia condizione di Chiaroveggente, che m'impediva di godermi qualsiasi cosa per il sopraggiungere inaspettato e repentino delle visioni. Seguiva il ricordo di Jean e del perché lo odiavo, che ero sicura mi avrebbe perseguitato ad ogni ora del giorno e della notte. Naturalmente si aggiungeva il fatto che l'Italia fosse la nazione più santa e angelica al mondo, con una chiesa ad ogni angolo e reliquie dappertutto, ossia una fonte di potenziale sofferenza per una come me che si sentiva mancare anche ad un chilometro dalle torri di adamas.

Poi però tutti questi pensieri negativi venivano meno al confronto con ciò che avrei potuto fare, una volta a Gaeta. L'avevo già sentita nominare; ricordavo che fosse una cittadina sul mare con un bagaglio di storia non indifferente, che spaziava dalle varie dominazioni – Romani, Spagnoli, Aragonesi, Borboni – fino all'Unità d'Italia e alla Seconda Guerra Mondiale. Volevo provare i piatti tipici, ascoltare la musica del posto, conoscere la cultura locale, e conoscere pure qualche bel tipo. Quello era il mio obiettivo primario: trovare qualcuno che mi facesse dimenticare, anche solo per una notte, quanto era successo con Jean.

Avevo appena concluso la lista quando arrivarono i miei e Jon, quest'ultimo con la testa bassa e le mani affondate nelle tasche.

— Animo, Rosso Malpelo! Non sto andando alla NASA per diventare astronauta e ritirarmi in una stazione spaziale, solo in vacanza. — Gli punzecchiai il fianco con un dito, facendolo sorridere.

— Lo so, Lori, ma non sei mai stata fuori casa per più di un mese — replicò lui con un sospiro abbattuto. — Mi manchi già da adesso. E detesto fare il sentimentale.

Papà avanzò e gli mise un braccio sulle spalle. Da piccolo Jon assomigliava molto di più a mamma, ma più cresceva più i tratti spigolosi degli Herondale prevalevano su quelli morbidi dei Fairchild. Entrambi quindi, in quella posizione, sembravano la stessa persona con la sola differenza dell'età e del colore dei capelli. — Non hai tutti i torti — concordò. — Anch'io devo ammettere che sarà difficile stare senza il nostro fantasma piagnucolone.

— E senza qualcuno con cui spettegolare — aggiunse mamma. — Però ora basta. Te ne stiamo dicendo di cotte e di crude, Lorianne. Ma a ragione.

Vi presento mia madre. Diretta e schietta. Come avrei voluto essere io. — Sì, bravi, tacete — sbottai, e zio Magnus mi fermò prima che potessi replicare più duramente.

— Che bel quadretto familiare — commentò con più di una sfumatura d'ironia nel tono. — Il Portale è pronto, comunque.

Abbracciai mamma, papà e Jon contemporaneamente e li strinsi più forte che potevo. — Ci sentiamo — mormorai, poi mi staccai a malincuore e seguii zio Magnus fino al Portale, cento metri più avanti.

Zio Alec, rigido, non aveva ancora abbandonato l'arco, sul quale continuava a serrare nervosamente le dita che così erano diventate bianche. Chrysta aveva invece messo via la lettera, ma non smetteva di borbottare il nome di Camille a bassa voce.

Zio Magnus li osservò mordendosi il labbro. — Perché, perché le ho fatto quella promessa? — sibilò tra i denti.

— Perché dovevi sterminare le Bardane e cercavi di perdere meno tempo possibile — gli ricordai. — Pensavi in quel modo di concludere una conversazione che al contrario si è protratta per più di venti minuti ed è sfociata in un combattimento quasi mortale per Camille, i cui effetti si sono riflessi anche sulla tua prontezza e lucidità al momento di uccidere il demone da te affettuosamente chiamato X, tanto che se non fosse stato per zio Alec ci avresti lasciato le penne glitterate.

Zio girò lentamente la testa nella mia direzione e mi guardò con aria di rimprovero. — Certo che tu per fare coraggio sei la migliore.

Allargai le braccia, esasperata. — Per la miseria, zio, devi solo incontrare una tua vecchia amante, mica salvare – di nuovo – il mondo!

— Non è per questo, è per... — Respirò a fondo e curvò le spalle in avanti. — È per Alec — rivelò. — I suoi trascorsi con Camille sono a dir poco singolari e non proprio positivi. Senza dimenticare perché voglia parlare con Chrysta, che mi sembra una richiesta abbastanza inusuale per una come lei. Spero non c'entri niente con la rimessa in libertà di sua madre, oppure giuro su Lilith che stavolta me la paga cara.

Diede un colpetto di tosse per riscuotersi. — Okay, la smetto. — Fece segno a zio Alec e Chrysta di avvicinarsi. — Pronti?

Loro annuirono e varcarono il Portale senza esitazioni.

Io mi voltai indietro per un'ultima volta e lasciai vagare lo sguardo sul paesaggio da cartolina di fronte a me, sulle dolci colline verdi, sulle stradine acciottolate, sulle imponenti guglie dell'Accademia in lontananza, sulle torri di adamas che il sole faceva scintillare come diamanti, come per imprimermi quell'immagine nella mente. Ma infine mi resi conto che quello era il posto dove avevo vissuto fino ad allora, e che ciò che stavo facendo era del tutto inutile, poiché nessuno poteva conoscerlo e ricordarlo meglio di me.

— Lori? — Zio Magnus mi tese la mano, allo stesso tempo un'ancora di salvezza e un'ancora che avrebbe potuto farmi definitivamente toccare il fondo.

Mi aggrappai a lui e lo tenni stretto finché non uscimmo dal Portale.

~ • ~

La prima cosa che vidi fu il nero. Nero totale. Poi mi puntellai sui gomiti e scoprii che quel nero era accostato al bianco e al fucsia in una fantasia zebrata che avrebbe fatto inorridire persino zio Magnus.

Quindi, quando compresi che eravamo nel loft in cui gli zii avevano abitato per diversi anni, quasi mi venne voglia di condannare a morte il proprietario dell'appartamento per omicidio del buon gusto.

Quel tappeto era ripugnante. Ma almeno era occupato da qualcuno che di ripugnante non aveva assolutamente nulla.

Logan Maxwell Lewis, con il suo solito ciuffo ribelle che gli dava un'aria da cattivo ragazzo alla Danny Zuko, mi fissava ghignando maliziosamente, mentre sua sorella Patricia Eve era già scoppiata a ridere per il mio atterraggio non proprio perfetto.

Dopo esserci scambiati i saluti di rito, come se fossimo stati perfetti estranei e non cugini, lui mi aiutò ad alzarmi e lei mi porse un ombrello, indicandomi la finestra alle sue spalle dalla quale s'intravedeva una fitta cortina di pioggia. Notai che entrambi portavano all'anulare destro l'anello della loro famiglia, che invece io ricordavo di avere circa due volte l'anno. E questo la dice lunga su di me.

— Voi andate — disse all'improvviso zio Magnus. — Resto qui ancora per un po' e poi vi raggiungo.

— Anch'io — risposero all'unisono Chrysta e zio Alec.

Lasciammo quindi la famigliola felice al loft e uscimmo nella fresca aria di un marzo newyorkese, cercando di evitare che il vento rivoltasse gli ombrelli e ci trascinasse via stile Mary Poppins (il che faceva pendant con la mia valigia). A causa del brutto tempo il piano di Logan e Trish di tornare a piedi all'Istituto per migliorare il mio orientamento nella metropoli saltò, e così fummo costretti a prendere un taxi.

Durante il tragitto Trish si stufò di stare zitta e attaccò a chiacchierare, scegliendo come argomento per rompere il ghiaccio proprio ciò di cui non volevo parlare. Chiuse il finestrino che ci separava dal tizio al volante ed esordì: — Non ho ancora capito perché non smascheri Jean davanti a tutta Idris, Lori.

Sbuffai e alzai gli occhi al cielo. Gliel'avevo spiegato qualcosa come una quindicina di volte. — Perché lui volgerebbe la situazione a suo favore e controbatterebbe accusando me di tentato plurimo omicidio e la mia famiglia di occultamento di reato e tradimento.

— Ma non ne hai la certezza, no? — intervenne Logan. — Insomma, sei tu ad avere più prove a conferma della tua tesi, non il contrario. Non puoi prevedere con sicurezza cosa succederà in Consiglio.

— Potreste giurare con la Spada — suggerì Trish, poi, accortasi del mio brivido di terrore, si corresse: — Come non detto.

— Credetemi, ragazzi, se potessi lo farei subito — sospirai lamentosamente. — Il problema è che non ne ho i modi né i mezzi. Ad essere sincera non ne ho nemmeno il coraggio.

— Quello non ti è mai mancato — replicò Logan. — Ti conosco poco, Lorianne, ma ti conosco abbastanza da sapere che il coraggio è uno dei tuoi molti punti forti.

— E infatti lo era, fino a qualche mese fa — scattai. — Forse ora non lo è più.

— Quel "forse" è pur sempre una speranza — osservò intelligentemente Trish, e qui si concluse la conversazione.

Giunti di fronte all'Istituto – tra le proteste dell'autista, che naturalmente non vedeva altro che una chiesa abbandonata e con molte probabilità pensava che fossimo dei drogati in procinto di infilarci un ago nel braccio – scendemmo dal taxi sollevando schizzi d'acqua dappertutto e facemmo tacere il conducente allungandogli una mancia. Quando fummo sicuri di non essere osservati varcammo il cancello, sparendo agli occhi dei mondani.

Appoggiata al portone stazionava mollemente una figura ben nota, con gli occhiali cascanti sul naso e il sorriso sbilenco uguale a quello del ragazzo che mi stava accanto.

— Mirtilla Malcontenta! — esclamò correndomi incontro, per poi abbracciarmi e sollevarmi di dieci centimetri da terra. — All'Istituto serve assolutamente uno spiritello lamentoso come te!

— Andiamo, zio, non ti ci mettere anche tu! — borbottai con la voce soffocata.

Zio Simon si staccò ridacchiando, prese la mia valigia da perfetto gentiluomo e mi fece segno di seguirlo oltre l'entrata. Logan e Trish svoltarono l'angolo e scomparvero. — Io mi ci metto eccome. Lo sai che mi piace stuzzicarti. Passiamo insieme sì e no una settimana l'anno, è ovvio che mi senta in dovere di farti ridere un po', almeno in quei pochi giorni in cui mi è concesso di farlo.

Eravamo arrivati nell'atrio. Era l'unico posto che odiavo in tutto l'Istituto; troppo buio e troppo freddo per i miei gusti.

Zio accese una stregaluce con un cenno della mano, rischiarando così quell'ambiente tetro e decisamente poco accogliente. — Sono il peggior padrino della storia — sospirò lamentosamente, spingendo il tasto per chiamare l'ascensore.

— E io la peggior figlioccia della storia. Come la mettiamo?

L'ascensore annunciò il suo arrivo con un tremendo cigolare di cardini. Entrai nella cabina con un certo timore, ma zio non sembrò farci caso. Per fortuna la terrificante corsa finì subito; nonostante quell'ammasso di ferraglia fosse, appunto, un ammasso di ferraglia, funzionava alla perfezione.

Zio Simon mi condusse lungo un corridoio disseminato di porte chiuse, poi per un secondo corridoio le cui porte erano invece tutte aperte e rivelavano camere chiaramente abitate. Una sola era ancora libera, e non appena ne varcammo la soglia mi lasciai cadere a peso morto sul letto.

— Come puoi constatare abbiamo molti ospiti — disse zio, notando che ero rimasta sorpresa alla vista di tante stanze occupate. — Negli ultimi cinque anni o giù di lì il Conclave ci ha mandato parecchi Shadowhunters, sia di nascita che Ascendenti, e altrettanti sono venuti qui di loro spontanea volontà. La fama di Sikh ha attirato e attira tuttora una folla piuttosto consistente.

— È tornato dall'Egitto? — gli domandai, ricordando che qualche anno prima Logan e Trish si erano iscritti momentaneamente all'Accademia poiché motivi familiari avevano costretto il loro mentore a scappare nel suo Paese d'origine.

— Sì, un mesetto fa — confermò lui. — E con una bella sorpresa, per di più.

— Oh... auguri.

— Nascerà a breve — continuò zio, — ma Zahirah non ha ancora deciso se partorire qui o alla Basiliade.

— Ma questi non sono miei problemi.

Zio poggiò la mia valigia nell'armadio e si sedette sulla poltrona di fronte alla finestra. — Quali sono i tuoi problemi, allora?

Avevo attribuito a zio Simon il titolo di psicologo. Nella mia mente l'avevo addirittura elevato a luminare della psicanalisi. Quando parlavo con lui inevitabilmente arrivava a scavarmi nella testa.

Mi tolsi le scarpe e poggiai le gambe sul letto. — Li conosci così bene che potresti chiamarli per nome, zio.

— Hai ragione — concordò lui. — Li conosco così bene che potrei chiamarli Raziel.

— Vedi? È inutile chiedermelo.

— Negare la tua natura non ti servirà a nulla, Lorianne — dichiarò zio per quella che mi parve la milionesima volta.

— Questa frase ha perso tutto il suo senso, se mai ne ha avuto uno — brontolai secca. — Adesso mi dirai che anche tu hai passato un periodo particolare, che da un momento all'altro ti sei ritrovato vampiro e bla bla bla, ma comunque al mondo c'era qualcuno come te, che poteva aiutarti e farti sentire parte di qualcosa. Io al contrario sono unica.

Zio si sporse in avanti nella mia direzione. — E allora perché non accogliere quest'unicità? — ribatté, le pupille brillanti dietro le lenti degli occhiali. — Perché non amarla?

— Perché sono una pecora nera tra sette miliardi e mezzo di pecore perfettamente bianche — replicai. — Ti spiego una cosa, zio: chi è diverso non viene mai accettato, seppur a molte persone piaccia far intendere che sia così. E quindi al diverso non resta altro che adeguarsi alla massa.

— Secondo il tuo ragionamento una pecora nera potrebbe diventare bianca, il che effettivamente non è impossibile, ma non sarà la pecora ad averlo scelto.

— Ho sbagliato esempio, okay? — sbottai, e incrociai le braccia sul petto.

Zio si passò le mani fra i capelli e respirò a fondo. — Senti, Lorianne, io non posso importi cosa fare della tua vita. Ma lascia che ti dia un consiglio: impara a considerare il bicchiere mezzo pieno, piuttosto che mezzo vuoto. Sii ottimista.

— Come faccio ad essere ottimista con un Angelo che ha il monopolio sui miei pensieri? — esplosi, buttando fuori tutta l'ira repressa. — Come faccio a considerare il bicchiere mezzo pieno se questo si è rotto in mille pezzi?

Zio si alzò dalla poltrona, si inginocchiò di fronte a me e mi strinse delicatamente i polsi. — Ricomponilo. Frammento dopo frammento, scheggia dopo scheggia. Ti ferirai, certo, ma ad ogni taglio la tua pelle si riparerà sempre più velocemente.

— E se invece mi ferissi a tal punto da non poter più guarire?

Zio si morse un labbro e distolse per un attimo lo sguardo. — Anni fa zia Isabelle disse che i cuori s'infrangono, e anche quando guarisci non sarai più lo stesso. E non aveva torto.

Si tirò di nuovo in piedi e si avvicinò alla porta. — Non sarai più lo stesso, sì. Ma ciò non toglie che tu possa essere migliore.

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Aaaaah... questo capitolo doveva essere molto diverso. Volevo già inserire l'incontro tra Magnus, Chrysta e Camille, ma poi mi sono resa conto che sarebbe stato troppo frettoloso oltre che stupido metterlo nel secondo capitolo e quindi si è posto il problema di come riempire il vuoto che si era creato. Ho dunque sfogliato tutti i miei appunti (circa 14000 parole, niente di che) miliardi di volte e ho infine trovato un piccolo passaggio che mi ha ispirato a scrivere ciò che avete appena finito di leggere.

Vabbe', non vi ammorbo ulteriormente. Mi concedo qualche altra riga per ringraziare Althea Matijacic, che non ha bisogno di presentazioni, per la lettera di Camille che trovate a inizio capitolo (anche l'immagine, yep) e per essersi gentilmente resa disponibile per scrivere insieme a me l'incontro tra la suddetta vampira e i due Stregoni, che spero di pubblicare al più presto possibile.

VOTATE e COMMENTATE, alla prossima, guys!

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