Capitolo 34 - Ω NEITH Ω
Il soldato di vedetta del camminatoio meridionale batté ritmicamente sul suo scudo il segnale che annunciava il ritorno di una delle loro navi da Dùlainn.
Neith distolse lo sguardo dall'orizzonte e percorse velocemente la distanza che separava il camminatoio orientale dalla torretta di avvistamento. Si sistemò a braccia conserte alle spalle della vedetta, la cui testa arrivava a malapena a metà del suo petto, e rimase in silenzio, rimirando compiaciuto il profilo dell'imbarcazione che diventava sempre più nitido.
Stariat era il suo miglior generale.
Le sue capacità extrasensoriali lo avevano reso decisivo in più e più missioni, fino a renderlo quasi indispensabile per i progetti a lunga gittata di Neith.
Averlo era stato piuttosto semplice.
Sua madre Fand era costantemente immersa nel suo mondo fatato e non si era accorta che il ragazzo aveva captato il richiamo lanciato dal padre, a cui aveva risposto presentandosi spontaneamente alle porte di Dùn Dùchathair.
Da quel giorno la sua carriera era stata folgorante.
E anche ora che il bisogno di trovare nuove reclute per il suo micidiale esercito era impellente, Neith aveva affidato al suo figlio preferito l'incarico di effettuare un'ultima retata sull'isola maggiore di Hibernia, prima di dare inizio all'invasione che progettava da decenni.
Il suo ritorno indicava che il momento era vicino.
Neith non dubitava che avesse portato a termine brillantemente il suo lavoro, come sempre.
Meritava di essere al suo fianco durante l'imminente conquista delle terre oltre l'Hibernia e meritava di governarne lui stesso una parte.
Se solo fosse stato meno umano, se solo avesse ereditato la natura divina dei suoi genitori immortali...
Qualcuno si schiarì la voce.
Neith si guardò intorno, ma l'unica presenza sulla torretta, oltre a lui, era costituita dal soldato, attento e immobile, che scrutava il mare appoggiato al parapetto.
"Ti porto i saluti di Kronos, Signore del Tempo, divino Neith" disse una voce roca e profonda.
Il dio della guerra abbassò lo sguardo su un paio di corna che spuntavano da una folta testa riccioluta e sporca.
Non ebbe bisogno di guardare il resto per sapere di chi si trattava.
D'altronde l'odore di selvatico che iniziava a salire alle sue narici parlava da solo.
"I miei omaggi, capra" lo schernì "che cosa ci fai qui?"
Il fauno aggrottò la fronte, ma non rispose all'insulto.
Strofinò nervosamente sulla pietra uno degli zoccoli, come se si preparasse alla carica, ma non si mosse.
"Kronos mi ha inviato ad annunciarti che è giunta l'ora di portare le tue truppe oltremare. Il mio Signore attende impaziente il tuo arrivo in Ellade" recitò compìto.
"Puoi toglierti quell'aria da ambasciatore ufficiale, capra" rispose Neith scendendo gli scalini di pietra che portavano all'ultimo livello coperto del forte.
"Non prendo ordini da Kronos. Fino a prova contraria, è lui che ha bisogno del mio aiuto" puntualizzò, seccato.
Pan faticò a tenere il passo dell'imponente dio e una volta raggiunto il corridoio dovette correre, per quanto lo permettessero le sue zampe storte.
Neith si fermò davanti ad un'enorme porta di legno scuro.
Quando si accorse di essere stato seguito, si voltò roteando gli occhi.
"Dì a Kronos che i preparativi sono già iniziati. Non dovrà attendere a lungo" disse, facendogli cenno di andarsene.
"E l'arma...?" mormorò Pan.
"E' inviolata e al sicuro, come richiesto dal tuo padrone. Potrà riaverla quando saremo in Ellade. Fino ad allora rimarrà con me, a garanzia del nostro accordo. Ora sparisci!"
Il fauno si congedò seguito dallo scalpitio dei suoi zoccoli sul pavimento.
Neith rifletté alcuni istanti e decise, infine, di percorrere la stessa strada. Discese solo fino al livello sottostante, dove le guarnigioni dei druidi-guerrieri di Stariat e Morc avevano quartiere.
I soldati scattarono sull'attenti, portando il pugno destro sulla spalla opposta e chinando il capo.
"Portatemi subito il tributo ancora in cella. Morc, raduna tutti i guerrieri. Che carichino armi e viveri sulle navi. Lasciate al forte solo una scorta minima. Appena Stariat sbarca, richiamate i Fomoraig dai sotterranei. Al tramonto salpiamo per la terraferma."
I suoi ordini furono così nervosi e concitati che Morc non poté inizialmente nascondere un'espressione perplessa, poi prontamente mascherata dall'entusiasmo per la notizia che tutti attendevano.
La macchina della guerra si mosse con la consueta efficienza che Neith pretendeva a Dùn Dùchathair.
Dai magazzini vennero portate in superficie ceste di carne e pesce secchi, formaggi, pane e otri di acqua dolce.
Le armi subirono un'ultima affilatura prima di essere caricate su carretti trainati dai cavalli.
Neith attese che tutto fosse pronto nelle sue stanze all'ultimo livello del forte, alternandosi tra la feritoia esterna, da cui poteva controllare l'approcciare della nave di Stariat, e la finestra interna, da cui osservava i preparativi.
Erano anni che pianificava quello che sarebbe stato il suo momento di gloria: espandere i confini del regno di Hibernia, conquistare le pianure boscose delle selvagge tribù della terraferma, soggiogare le loro primitive divinità.
Ora, grazie a quel sempliciotto di Kronos e alla sua arma, poteva guardare ancora più lontano, ai potenti e fertili territori del sud, alle loro ricchezze, alle loro donne.
Ad una in particolare.
L'unica dea che avesse mai osato sfidarlo, ostacolando i suoi piani e sottraendogli qualcosa che gli apparteneva.
Senza saperlo, Kronos gli aveva offerto su un vassoio la soluzione ad un dilemma che lo perseguitava da anni.
Finalmente aveva ritrovato e si sarebbe ripreso l'esotica sgualdrina di cui non aveva fatto in tempo a saziarsi e il potente figlio che gli aveva nascosto.
Doveva essere potente, non poteva essere altrimenti.
E forse allora avrebbe potuto puntare all'ultimo regno rimasto fuori dal suo controllo: Asgard.
Ormai era tutto alla sua portata.
Qualcuno bussò alla porta, risvegliandolo dai suoi sogni di grandezza.
"Avanti" rispose irritato.
Uno dei druidi-guerrieri entrò, rimanendo però sul fondo della stanza.
"Che succede?" incalzò brusco Neith.
"Signore, il tributo è sparito dalla sua cella."
Nonostante si sforzasse di rimanere rigido, la voce del soldato tremava.
Il dio non poteva credere alle sue orecchie.
La sua rabbia impiegò pochi secondi per montare.
Scaraventò contro il muro il tavolo di legno al centro della stanza, riducendolo in mille schegge.
"Come sarebbe a dire sparito?" ruggì.
"E' stato molto probabilmente aiutato, Signore. Anche il druido che doveva scortarlo qui non si trova più" spiegò il guerriero, cercando di mantenere la calma.
Un traditore nelle sue fila era l'ultima cosa di cui Neith aveva bisogno in quel momento.
Era ad un passo dall'ottenere il dominio assoluto e l'idea che qualcuno gli mettesse i bastoni tra le ruote fece esplodere la sua ira.
Afferrò d'istinto una delle grosse lance appese alle pareti e la scagliò con tutta la violenza possibile, trapassando il corpo dell'incredulo soldato che, prima di potersi rendere conto del suo imminente destino, fu inchiodato alla porta, esanime.
"Trovateli!"
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