La Taverna degli Elfi

Dopo aver servito la tisana a tutti gli altri, Helias si alzò e, preso un grosso coltello affilato dalla bisaccia, iniziò a radersi. Silvius e Alisei lo imitarono e ora si radevano insieme i volti affinché ogni pelo ribelle sparisse. Le donne invece seguirono Bastet, che portò loro dove era stata la sera prima per far sì che potessero rinfrescarsi ed evacuare i propri bisogni in tutta libertà.

Finito di radersi, gli uomini spensero il fuoco e, rimesse le pietre usate per tenerlo a bada al loro posto originario, adesso solo un occhio attento si sarebbe accorto che lì aveva bivaccato qualcuno.

Seguivano un sentiero nel mezzo di una vasta radura i cui limiti si perdevano all'orizzonte, là dove le cime degli alberi facevano capolino ad annunciare l'inizio di una fitta boscaglia. Come sempre Silvius si trovava in testa e dietro aveva Drusilla e Amelia; il piede le doleva meno e camminava senza troppi problemi. A seguire Alisei e Soffio e, distaccati ma non troppo, Bastet e Anat. Chiudevano la fila Lucylla e Helias e guarda il caso discutevano.

«Ti lamenti da quando siamo partiti e sono stufa. E smettila con questa lagna! Non ti sopporto più... Fa come ti pare, Helias, mi arrendo.»

Lucylla aumentò il passo e lo lasciò da solo a lamentarsi. Così Helias raggiunse Silvius e riprese a sfogarsi con lui: «Camminiamo da giorni e di Eriel nemmeno l'ombra. Quindi sai cosa penso, amico mio... che la principessa Elfo sia stata divorata da qualche bestia gigante e non la vedremo più.» Però Silvius faceva orecchie da mercante e si voltò verso gli altri, che lo guardavano come se fosse impazzito e lo irritarono ancor più. «E voi non guardatemi con quelle facce stranite. Ho ragione e lo sapete. Tuttavia non avete il coraggio di parlare, ecco il motivo. La pensate come me e si vede dai vostri sguardi smarriti.»

Aveva iniziato a farsi spazio l'incertezza sui volti di alcuni ed era arrivato il momento di prendere le redini e tirarle pure con forza, pensò Silvius, che non poteva permettere si venissero a creare due fazioni, quelli del sì e del no, e quindi aveva deciso di intervenire: «Smettila di dire idiozie, Helias. Sei il solito pessimista.»

Offeso, Helias si accigliò ed esplose: «Non è vero! Io non sono pessimista, sono solo previdente.»

«Sì, invece. Lo sei e te lo dimostro. Secondo te Eriel si farebbe sopraffare da una bestia gigante?»

Helias si fermò a riflettere e poi fu costretto ad ammettere di esserlo: «Beh, forse è come dici tu.»

«Visto? Sei pessimista! E non solo, pure diffidente, disfattista, dubbioso, scettico e catastrofista. La principessa Elfo deve aver avuto un contrattempo e quanto prima la vedremo spuntare da dietro un cespuglio. Perciò calmati e rimettiti in cammino, e senza polemizzare a ogni passo.»

Helias non si era del tutto convinto, però lo guardavano tutti come a dirgli "smettila" e si arrese. «Va bene, voglio dare valore alle tue parole e aspetterò ancora un paio di giorni, Silvius. Ma se per allora Eriel non si sarà fatta viva... beh, sai già la risposta, mollo tutto e torno di gran carriera alla Cittadella. Finora ho ingoiato soltanto acqua e le rane hanno preso ad abitare nel mio stomaco.»

Nessun altro aveva dato seguito alle sue recriminazioni ed Helias era deluso. Si aspettava una sorta di reazione, almeno solo accennata. Sarebbe bastato un cenno d'intesa, pure velato. D'altro canto erano tutti stanchi e lo vedeva quanto, tuttavia quegli smidollati non avevano mosso un solo muscolo e, ancor peggio, speso una sola parola a sostenere la sua tesi. Quindi alzò una mano al cielo e assestò prima un calcio a un ciottolo e lo scagliò lontano, per poi sfogare ed esternare tutto il suo dissenso: «E va bene, ignoratemi pure... però farebbe bene anche a voi una buona birra fresca e negarlo è da ipocriti.»

Silvius non intervenne, lo sfogo del suo amico non aveva influito sul morale generale. Bastet discuteva di buon grado con Drusilla, mentre Soffio e Alisei le seguivano mano nella mano. Anat, Lucylla e Amelia facevano da battistrada e quest'ultima si trovava sul dorso possente della creatura: la caviglia aveva ripreso a darle dei problemi e la leontigre le aveva concesso di salire. Dunque, a parte Helias, poteva ben dire che fossero ancora affiatati tra loro. Ma non lo sarebbero stati per molto se non avesse dato loro una meta da raggiungere. Helias aveva ragione a tal proposito e se Eriel non si faceva vedere, e al più presto, continuare senza una vera sosta per riposare e soprattutto mangiare un pasto caldo e bere della buona birra sotto un tetto di legno e non di stelle, avrebbe portato gli altri a dargli ragione ed era fuori discussione tornare indietro, quindi lui alzò di nuovo una mano e li fermò.

«Ascoltatemi bene tutti, vi prego. Un momento di attenzione. Ho da fare un annuncio del quale sono certo vi farà piacere sentire. Soprattutto te, Helias, in quanto ho deciso di avallare le tue richieste. Ecco, ho pensato di fare una sosta come da te proposto. Una vera, dove potremo riposare e rinfrancare un po' il morale.»

Silvius si era ricordato quanto gli aveva detto Eriel circa un luogo dove potevano trovare riparo nel caso lei avesse ritardato. Una taverna e questa si trovava all'interno di una foresta il cui inizio intravedeva poco più avanti.

«Forse alcuni di voi non lo sanno, ma nel mezzo di quel bosco, il cui principio vedete laggiù, dovrebbe esserci una taverna dove potremo tutti trovare rifugio per la notte. Quindi questa notte avrete modo di riposare su di un buon giaciglio e forse, dico forse, bere della buona birra fresca.»

«Scusate l'intrusione. Quanto detto da Silvius è vero. Dovremmo vederla spuntare, se allunghiamo il passo, prima del tramonto. Tuttavia vi avverto, dal di fuori la taverna non è come ci si aspetterebbe e... non temete, una volta dentro verrete ripagati dalla delusione iniziale.»

«E tu come lo sai, Drusilla?»

«È stata solo fortuna, Alisei. Un bel giorno mi sono persa nel bosco e non riuscivo a trovare la strada del ritorno... su, siate comprensivi, non sono una sprovveduta, ma non imboccavo il sentiero giusto e tornavo sempre al punto di partenza fino a quando non ho avuto la fortuna di incontrare un vecchio con una lunga barba bianca che mi ha mostrato quello buono e al seguirlo ho trovato sul cammino la taverna degli Elfi. Resta un se, però. Solo se riusciremo a entrare nelle grazie del custode, potremo entrare a visitare la sua straordinaria dimora. Spero di aver soddisfatto la tua curiosità, bel marinaio.» Drusilla non fece menzione dello scrigno di cristallo e del Talismano trovato al suo interno, non voleva lo sapessero.

Silvius, al sentire nominare un vecchio con una lunga barba bianca, ebbe un dubbio. «Scusa, Drusilla, ma il vecchio aveva con sé un grosso bastone?» E si toccò la fronte al ricordo dell'ultima volta che il maestro glielo aveva abbattuto sopra.

«No. Per niente. Indossava una lunga tunica bianca ed era scalzo.»

Soffio guardò Drusilla con livore e il suo sguardo indispettito non passò a lei inosservato. Infatti mise subito le cose in chiaro. «Scusa, ma è la verità, Soffio. E la storia finisce qui, Alisei non mi interessa, puoi tenerlo tutto per te.»

Alisei non aveva fatto caso al piccolo battibecco tra le due donne, la notizia di riposare su di un giaciglio, e non sull'erba, lo aveva distratto. «Ci hai dato proprio una bella notizia, Drusilla. Non vedevo l'ora di fare un buon bagno caldo per togliermi di dosso la polvere e la stanchezza accumulata.»

Stessa cosa voleva fare Soffio, ma espresse il suo pensiero ad alta voce e rivolta verso Alisei con il guardarlo dritto nei suoi grandi occhi marrone scuro: «Anche a me piacerebbe fare un buon bagno caldo, però non da sola.» Non l'avesse mai detto, la guardavano tutti a bocca aperta, non se lo aspettavano da lei, soprattutto Silvius. Drusilla invece approvò l'idea con lo strizzare un occhio in segno d'intesa verso di lei, mentre Lucylla le sorrise con malizia. Soffio comunque chinò il capo per la vergogna e arrossì. Pur se le amiche avevano approvato la sua spontaneità, aveva dato a intendere loro di voler giacere con Alisei alla stregua di una delle tante donnette frequentate da Helias.

Poi per fortuna Lucylla la tolse d'impaccio. «Lo farei volentieri pure io un bagno in compagnia di un uomo... se solo ne avessi uno al mio fianco. Parlo di un uomo vero, non di uno usa e getta.» E puntò le sue bellissime iridi verdi su Helias per poi raggiungere Soffio e sussurrare in un suo orecchio: «Mia cara, tu sei molto fortunata ad avere trovato un uomo vero, perciò attenta a non fartelo portare via.»

Soffio ammiccò e poi sorrise. Lucylla l'aveva tolta da una situazione imbarazzante da cui lei pensava non sarebbe mai uscita senza peggiorare la situazione, già imbarazzante di per sé.

«Io giammai.» Si inserì di petto Bastet e, nel dirlo convinta, provò, e senza successo, a celare un sorriso malizioso nato dopo aver guardato di sottecchi Silvius.

«Invece io lo farei con-» Helias non finì di dire la sua, Silvius lo aveva zittito.

«Basta! Se prima non troviamo la taverna degli Elfi, mi sembra inutile fare pronostici. Quindi sarebbe meglio, e più utile, risparmiare il fiato per proseguire, invece di usarlo per dire cose a vanvera.»

«Non stanno proprio così le cose, mio caro. Noi Non parliamo a vanvera. Siamo solo stanchi e vorremmo tanto riposare e mangiare qualcosa di caldo diverso dalla solita zuppa.» Amelia lo ammonì a sua volta e ora lo guardava con aria di sfida.

Doveva metterci una toppa e Silvius lo fece seduta stante.

«Scusate, non volevo essere scortese. Cercate di capire la mia posizione. Le responsabilità sono tante e tenere a bada tutto diventa per me sempre più complicato. Certo, la mia non vuole essere una giustificazione, ma dopo quanto è accaduto a Bastet, sono sul chi vive e quindi a volte può capitare che io intervenga a sproposito. Tuttavia dovete credermi, non c'è stata e non ci sarà mai cattiveria nelle mie parole, e soprattutto nelle intenzioni. Inoltre, se proprio volete saperlo, sono in pensiero per Eriel. Insomma, forse sono stato troppo diretto, ma questa è la verità. Dunque, se vi ho offeso, allora mi scuso con tutti voi, non era nelle mie intenzioni. Il mio dire voleva essere una sorta di incitazione, ovvero un'esortazione a proseguire senza fermarsi.»

Non ribatté nessuno e ripresero il cammino, finché, arrivati ai margini del bosco, si fermarono ad ammirare la natura del luogo circostante.

Il Sole, ancora alto nel cielo, invogliava alcuni daini a brucare l'erba, mentre sotto le loro pance passava furtiva una grossa Lepre che voleva raggiungere la tana dove l'aspettavano una dozzina di leprotti. I piccoli facevano capolino da dietro un grosso cespuglio per celarsi alla vista dei predatori. Il tutto mentre due scoiattoli si rincorrevano intorno al tronco di un Larice, incuranti di un Allocco che se la dormiva placido su di un ramo più in alto.

Niente di non visto e, lasciati gli scoiattoli alle loro chiassose birichinate, imboccarono il sentiero indicato da Drusilla.

Nessuno fiatava, salvo respirare: dopo la sfuriata di Helias e l'uscita di Silvius non avevano voglia di discutere. Anche perché erano stravolti e non avevano la voglia di battibeccare. Anat ogni tanto spariva per poi riapparire e dava modo ad Alisei e Helias di fare comunella. I due si chiedevano dove se ne andasse senza trovare un motivo valido a giustificare la sua breve scappatella. Soffio discuteva con Bastet del più e del meno e Silvius, al vederle interagire con modi garbati e amichevoli, non poté trattenere un moto di meraviglia: l'ultima volta la principessa aveva lanciato a Soffio uno sguardo assassino e non si aspettava facessero la pace dall'oggi al domani.

Il Sole volgeva al declino e della famosa taverna degli Elfi non si vedeva nemmeno la sagoma. Silvius allora pensava, e a buon ragione, che si sarebbero accampati ancora una volta all'aperto. Poi, al vedere in lontananza un'ombra scura, si illuminò in volto al pensiero che potesse trattarsi della taverna ed esternò la sua gioia: «Eccola! Infine l'abbiamo trovata.»

Al grido di esultanza si fermarono tutti a guardare nella direzione da Silvius indicata con un dito. Tuttavia si vedeva solo una macchia scura nel verde della boscaglia e non esultarono, come invece aveva fatto lui.

«Fate bene a non gioire. Siamo ancora troppo lontani per dire con certezza che si tratti della taverna degli Elfi. Però se non proseguiamo non potremo mai sciogliere questo dubbio e quindi direi di aumentare il passo, se il Sole tramonta del tutto, saremo costretti a fermarci a bivaccare all'aperto.»

Helias ce l'aveva ancora con tutti e, superato Silvius, senza guardarlo, si portò in testa alla fila. Voleva mostrare loro che si trattava solo di un'ombra, però quando la macchia indistinta si trasformò in qualcosa di riconoscibile, aumentò il passo e, giunto sul posto, urlò a pieni polmoni: «Silvius ci aveva visto giusto. Qui davanti a me c'è la ormai famosa taverna degli Elfi e, come diceva Drusilla, cade a pezzi. Ah, non proprio tutto, una cosa è rimasta intatta, l'insegna.»

Arrivati accanto a Helias, sopra la porta d'entrata c'era un enorme cartello in legno con su scritto, a caratteri cubitali: "LA TAVERNA DEGLI ELFI"

Niente di speciale, però poco importava l'aspetto esteriore, all'interno si sarebbero potuti riparare dal freddo pungente: la notte si preannunciava più fredda e umida del solito. Questo pensò Silvius e poi, al voltarsi verso Bastet, immaginò di fare un bagno insieme a lei in una vasca colma d'acqua bollente. Ma la principessa come lo vide si voltò dall'altra parte e lo snobbò come era solita fare. Dopo la brutta esperienza vissuta con Drol, la futura regina non aveva più parlato con lui, come se la colpa fosse stata la sua. Ma di questo avrebbe discusso con lei in un'altra occasione: se il custode faceva accedere nella sua taverna solo chi gradiva, doveva pensare a come approcciarsi al taverniere senza urtare la sua suscettibilità.

«Per favore, ascoltatemi tutti. Onde evitare di dormire anche questa notte sotto le stelle, dovete attenervi a una regola basilare, e vale per tutti, cioè quella di non contraddire il taverniere. In quanto a detta di Eriel si tratta di un uomo a cui non piace essere preso in giro e quindi se lo offendiamo potrebbe rifiutarsi di farci entrare.»

«Scusa se ti interrompo di nuovo, Silvius. Forse è meglio che io chiarisca un po' di cose riguardo alla figura di Arcibaldo e alla taverna da lui gestita.»

«Grazie, è vero, tu ci sei stata e puoi farlo meglio di me.»

Drusilla non si fece pregare: «Allora, quella che vedete davanti a voi è la taverna gestita da un buontempone e allo stesso tempo un rompiscatole della peggior specie. Lui si chiama Arcibaldo e si dà il caso che abbia anche un altro grosso difetto... è alquanto suscettibile e quindi fareste bene tutti a non urtare la sua sensibilità con critiche e giudizi, in special modo sulla sua persona. Insomma, avete presente un grosso orso, ecco come si presenta e, come quell'animale, è un tantino permaloso e dunque diventa irascibile. Non scoraggiatevi, con i giusti modi e le parole idonee si trasforma in un tenero gattone.»

Un sospiro di sollievo si levò nell'aria da parte di tutti.

«Bene, avete capito. Quindi parliamo della taverna degli Elfi. Lo so, vista dal di fuori è piccola e malconcia, però non fatevi ingannare dalle apparenze, all'interno c'è spazio abbastanza per tutti, più di quanto crediate possibile e no, non azzardatevi a pensare che io lo dica solo per farmi bella... non serve, già lo sono. Lo dico perché una volta all'interno, il vostro sguardo si poserà su qualcosa di davvero... non aggiungo altro, lo vedrete da soli, le parole non bastano a spiegare. Va al di là della più fervida immaginazione e Arcibaldo dice che sia il retaggio ancestrale dei primi Creatori.»

Bastet smaniava dalla voglia di entrare, ma prima di muovere un solo passo, entrò in contatto con la sua amica: «Tu resti fuori o entri?»

«Io resto fuori. Ho bisogno di mangiare e non so se dentro troverò i miei funghi preferiti. Tu va pure e goditi il meritato riposo. Io ti aspetto qui e nel caso avessi bisogno sai cosa fare.»

«Come vuoi. Però se quanto ha detto Drusilla è vero, ti perderai qualcosa di-»

«Non sono interessata. Tu vai e non pensare a me, al tuo ritorno mi racconterai tutto per filo e per segno... e poi scusa, siamo connesse e avrò modo di vivere ogni tua emozione.»

Lasciata Anat alle sue necessità, Bastet s'incamminò per unirsi agli altri, ma solo Soffio era rimasta ad attenderla a tenere aperto l'uscio e, dopo averla fatta passare, lo chiuse dietro di sé con delicatezza.

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