XXXI: Una nave fa capriole
Heylà! Eccomi di nuovo, dato che la mia ragazza è troppo timida per registrare una cassetta.
Dove eravamo rimasti? Ah già, ero in un frullatore di vento con centinaia di schegge di metallo che mi stavano pian piano trasformando in un piatto di patatine fritte.
Come ne sono uscito? Mettiti comodo e ascolta bene, è una storia abbastanza avvincente.
Nell'altra colonna di vento, Meg fluttuava con le braccia e le gambe incrociate, accigliata come uno spiritello iracondo, ignorando i pezzi di metallo che le ferivano il viso.
Caligola scese dalla pedana. Camminò tra le colonne di vento con passo disinvolto. Si fermò a poco più di un metro da Apollo. Nel palmo aperto fece rimbalzare due piccoli pezzi d'oro: gli anelli di Meg.
"Lei dev'essere la deliziosa Annabeth Chase." Provai a tirare una spallata al ventus ed urlai 'Lasciala stare!' Ma non riuscii a fare nessuna delle due cose.
Annabeth tentò di afferrare il pugnale, ma i pandai la bloccarono. "Ti ucciderò!"
Caligola fece una risatina. "Sarebbe divertente, tesoro mio. Ma non ammazziamoci a vicenda per il momento, okay? Stasera ho altre priorità." Guardò Apollo raggiante. "Oh, Lester! Che regalo mi ha fatto Giove!" Gli camminò intorno, facendo scorrere la punta delle dita sulle sue spalle come per controllare se ci fosse della polvere. Era un ottimo momento per attaccarlo, ma lui rimase imbambolato a fissarlo.
"Non è rimasto molto della tua divinità, eh?" Commentò. "Non temere. Medea te la tirerà fuori con le buone. Poi mi vendicherò su Zeus in tua vece. Spero che questo ti sia di consolazione."
"Io non... non cerco vendetta."
"La cerchi eccome! Sarà meraviglioso, vedrai... Be', in realtà sarai morto, ma devi fidarti di me. Ti renderò orgoglioso."
"Caesar," lo chiamò Medea, dal suo lato della pedana. "Non sarebbe meglio cominciare subito?" Fece del suo meglio per nasconderla, ma io percepii della tensione nel tono della voce. Come avevo potuto constatare nel parcheggio della morte, anche Medea aveva i suoi limiti. Per trattenere Meg e me in quei tornado doveva servirle un bel po' di forza. Oltre a questo, sono sicuro che stesse usando un'altra magia per faci sentire ciò che succedeva fuori dai mini-tornado, anche se non so il perché. Tortura psicologica?
Comunque, non ce l'avrebbe mai fatta a mantenere queste magie e compiere il rituale per de-divinizzare Apollo. Se solo avessi trovato un modo di sfruttare quella debolezza...
Sul viso di Caligola baluginò un'espressione scocciata. "Sì, sì, Medea. Fra un attimo. Prima devo salutare i miei fedeli servitori." Si girò verso i pandai che avevano accompagnato Annabeth e Apollo fin lì. "Chi di voi è Wah-Wah?"
Wah-Wah si inchinò, le orecchie distese sul pavimento a mosaico. "E-eccomi, sire!"
"Sei stato un bravo servitore, vero?"
"Sì, sire!"
"Fino ad oggi."
"Ci... ci hanno ingannato, signore! Con della musica orrenda!"
"Capisco," commentò Caligola. "E come intendi rimediare? Come posso essere sicuro della tua fedeltà?"
"Le do il mio cuore, signore! Ora e per sempre! Io e i miei uomini..." Wah-Wah si tappò la bocca con le mani enormi.
Caligola fece un sorriso blando. "Reverb?"
Il pretoriano avanzò. "Signore?"
"Hai sentito Wah-Wah?"
"Sì, signore," confermò Reverb. "Il cuore di Wah-Wah è suo. E anche il cuore dei suoi uomini."
"Bene, allora!" Caligola schioccò le dita in un vago gesto come per dire 'Vattene'. "Portali fuori e prendi quello che è mio." Le guardie della sala del trono che si trovavano sul fianco sinistro si fecero avanti e afferrarono per le braccia Wah-Wah e i suoi due luogotenenti.
"No!" Urlò Wah-Wah. "No! Io... io non intendevo..." Lui e i suoi uomini si dimenarono e singhiozzarono, ma non servì a niente. I pandai con l'armatura dorata li trascinarono via.
Reverb indicò Crest, che tremava e piagnucolava accanto ad Annabeth. "E di questo che ne facciamo, sire?"
Caligola strinse gli occhi. "Perché ha la pelliccia bianca?"
"È giovane, sire," rispose Reverb, senza che un briciolo di solidarietà trapelasse nella sua voce. "La pelliccia della nostra gente si scurisce con l'età."
"Capisco." Caligola accarezzò la faccia di Crest con il dorso della mano, facendo piangere ancora di più il pandos. "Lascialo andare. È divertente, e sembra abbastanza innocuo. Adesso va', comandante. Portami quei cuori."
Reverb si inchinò e si precipitò dietro i suoi uomini.
Il cuore mi pulsava nelle tempie. Volevo convincermi che le cose non andassero poi così male. Metà delle guardie dell'imperatore e il loro comandante erano appena andati via. Medea sosteneva lo sforzo di controllare due venti. E questo significava che c'erano da affrontare solo sei pandai scelti, un cavallo omicida e un imperatore immortale. Era il momento perfetto per mettere in atto il mio fantastico piano... se solo ne avessi avuto uno.
Caligola si avvicinò e mise un braccio sulle spalle di Apollo come un vecchio amico. "Visto, Apollo? Non sono pazzo. Non sono crudele. Prendo solo le persone alla lettera. Se tu prometti di donarmi la tua vita, il tuo cuore o la tua ricchezza... devi essere certo delle tue parole, giusto? Prendi Percy Jackson. Tutti lo ritengono un grande eroe, il più grande della storia. Mi va bene! Mi piacciono gli eroi. E qual è l'onore più grande per un eroe? Morire nobilmente in battaglia. Ed io gli sto dando esattamente ciò che gli serve!"
L'imperatore si diresse verso di noi, lasciando la schiena esposta ad Annabeth e ad Apollo, ma nessuno dei due si mosse per attaccarlo.
[Anche adesso, ripensandoci, non ne capisco il motivo.]
"E questa qua..." Caligola osservò Meg McCaffrey. "Suo padre una volta ha giurato che non avrebbe avuto pace finché non avesse reincarnato le nate dal sangue, le mogli d'argento! Riuscite a crederci?"
Non avevo idea di cosa parlasse, ma a giudicare dal sussulto di Apollo, lui doveva sapere qualcosa.
Caligola ghignò. "Be', ovviamente ho preso il dottor McCaffrey alla lettera! Non gli ho dato pace, ho ridotto in cenere la sua roccaforte. Ma, onestamente, sono stato molto generoso a lasciare vivi lui e sua figlia. La piccola Meg ha avuto una vita meravigliosa con mio nipote Nerone. Se solo avesse mantenuto le promesse che gli aveva fatto..." Agitò un dito contro di lei in segno di disapprovazione.
Sul fianco sinistro della sala, Incitatus sollevò gli occhi dal secchio d'oro pieno di avena e ruttò. "Ehi, Big C, gran bel discorso! Ma non dovremmo uccidere quei due nei vortici, così Medea può occuparsi di Lester e scorticarlo vivo? Sono impaziente di vedere come fa."
"Sì, ti prego," concordò Medea, stringendo i denti.
"NO!" Gridò Annabeth. "Caligola, lasciali andare." Purtroppo riusciva a malapena a stare in piedi. Le tremava la voce.
Caligola si diresse a grandi passi verso Annabeth. "Mi dispiace, tesoro." Le diede un manrovescio così forte sulla bocca che Annabeth fece un giro completo su se stessa prima di crollare a terra.
"IHHH!" Incitatus nitrì soddisfatto. "Bella questa!"
E fu lì che mi infuriai. Non avevo mai provato una simile rabbia. Nemmeno quando affrontai duecento mostri su quel ponte. Né quando Ethan Nakamura pugnalò Annabeth. E neppure quando attaccai Achlys col suo stesso veleno.
Il mare rispose alla mia rabbia. Onde di quindici metri si alzarono nella baia, abbattendosi sulla nave, sfondando finestre e murate.
"Oh no, non osare!" Urlò Medea, facendo strani gesti con le mani. Immediatamente il vortice iniziò a roteare più in fretta, le schegge di metallo mi si conficcarono nella carne, e altre onde si alzarono per contrastare le mie. Nel dolore, capii che Medea era pronta a contrastare qualunque mio trucco. Era una maga millenaria, doveva averne viste di tutti i colori. Mi serviva una distrazione, oppure qualcosa di davvero grosso.
In tutto ciò Apollo non era rimasto a guardare; Si alzò e caricò verso Caligola, con le mani avanti come se volesse strangolarlo. Sperai che lo afferrasse e lo sbattesse a terra come uno zerbino.
Invece Caligola lo spinse a terra degnandolo a malapena di un'occhiata. "Ti prego, Lester. Ti stai rendendo ridicolo."
Guardai Meg nell'altro vortice e sfruttai la confusione per comunicarle a gesti la mia idea. Grazie agli dèi, sembrò afferrare al volo. Iniziò a dimenarsi come una pazza, scalciando e aggrappandosi al ventus.
Io chiusi gli occhi e mi concentrai al massimo. Cercai di separarmi dalla nave, e visualizzai la baia di Santa Monica. Contemporaneamente, riportai alla mente la terribile tempesta scatenata da Cimopolea, che avrebbe distrutto l'Argo II se non fosse stato per Jason. Immaginai quella situazione in questa baia, ma non così distruttiva; me la immaginai più calma, più subdola, una tempesta che si raccoglie sul fondo del mare prima di esplodere all'improvviso.
Annabeth era distesa a terra e tremava, come se avesse freddo. Crest era accovacciato poco lontano e cercava inutilmente di coprirsi le orecchie.
Rischiai una sbirciatina. Accanto alla pedana imperiale, Medea si era fatta pallida e sudava. Apollo aveva uno sguardo folle, sembrava in preda al delirio.
Caligola scoppiò a ridere. "Apollo, hai una faccia! Sembra che qualcuno abbia calpestato la tua lira preferita!" Schioccò la lingua in segno di disapprovazione. "Credi che ti sia andata male? Io sono cresciuto come un ostaggio nel palazzo di mio zio Tiberio. Hai idea di quanto fosse cattivo quell'uomo? Mi svegliavo ogni giorno con la paura di venire assassinato, come il resto della mia famiglia. Sono diventato un attore sopraffino. Qualunque cosa Tiberio voleva che io fossi, io lo diventavo. E sono sopravvissuto. Ma tu? La tua vita è stata felice dall'inizio alla fine. Non hai la fibra per essere un mortale."
Si rivolse a Medea. "Molto bene, maga! Puoi selezionare la funzione purè sui tuoi piccoli frullatori e uccidere i due prigionieri. Poi ci occuperemo di Apollo."
Medea sorrise. "Molto volentieri!"
Ero già pronto a scatenarmi, ma Apollo fu più rapido.
"Aspetta!" Gridò, estraendo una freccia dalla faretra.
Le guardie dell'imperatore puntarono le lance, ma Caligola gridò: "FERMI!"
Apollo non attaccò Caligola. Girò invece la freccia verso l'interno e si appoggiò la punta contro il petto.
Il sorriso di Caligola svanì. Lo scrutò con un disprezzo malamente velato. "Lester... che cosa stai facendo?"
"Lascia andare i miei amici," disse. "Tutti. Poi potrai avere me."
Gli occhi dell'imperatore scintillarono come quelli di una strige. "E se non lo faccio?"
A quel punto Apollo lanciò una minaccia che mai avrei pensato di sentire da un dio. "Mi ucciderò!"
Caligola strinse gli occhi. "Non lo faresti mai. Non possiedi l'istinto del sacrificio!"
"Lasciali andare." Premette la freccia contro la pelle, abbastanza forte da sanguinare. "O non sarai mai il dio del sole!"
"Ehi, Medea, se Apollo si uccide in questo modo, puoi fare lo stesso la tua magia?" Chiese Caligola.
"Lo sai che non posso," rispose la maga. "È un rituale complicato! Non possiamo permettergli di uccidersi prima che io sia pronta."
"Be', è un po' una seccatura." Caligola sospirò. "Ascolta, Apollo, non puoi aspettarti che questa cosa abbia un lieto fine. Io non sono Commodo. Non sto giocando. Fai il bravo ragazzo e lascia che Medea ti uccida nel modo giusto. Poi infliggerò una morte indolore agli altri. Questa è la mia offerta migliore."
Annabeth tremava stesa a terra, con i circuiti neurali probabilmente sovraccaricati dal trauma. Crest si era avvolto nelle proprie orecchie. Io mi concentrai di nuovo sulla tempesta, mentre Meg cercava di far capire ad Apollo che abbiamo un piano testa di rapa, smettila!
Le guardie dell'imperatore rimasero dove erano, con le lance in pugno. Incitatus masticava l'avena come se fosse comodamente seduto al cinema.
"È l'ultima possibilità," disse Caligola.
In cima alla rampa, una voce gridò: "Mio signore!"
Caligola si girò a guardare. "Che c'è, Flanger? Sono un po' occupato adesso."
"N-notizie, mio signore!"
"Dopo."
"Sire, riguardano l'attacco al Nord."
Ebbi un moto di speranza. L'assalto a Nuova Roma avveniva quella sera. Non avevo l'udito raffinato di un pandos, ma il tono isterico e urgente di Flanger era inconfondibile. Non stava portando buone notizie all'imperatore.
L'espressione di Caligola si inasprì. "Vieni qui, allora. E non toccare quell'idiota con la freccia." Il pandos di nome Flanger sussurrò qualcosa all'orecchio dell'imperatore.
Anche se Caligola si considerava un attore sopraffino, non fu bravo a nascondere il disgusto. "Che delusione!" Lanciò gli anelli di Meg a terra, come se fossero sassi senza valore. "La tua spada, per favore, Flanger."
"Io..." Flanger cercò a tentoni il khanda. "S-sì, signore."
Caligola esaminò la lama dentellata e senza punta, poi la restituì al proprietario conficcandola con brutalità nelle viscere del povero pandos. Flanger si polverizzò urlando.
L'imperatore si girò verso Apollo. "Allora, dove eravamo rimasti?"
"All'attacco al Nord," rispose. "Non è andato molto bene?"
L'imperatore ignorò la domanda. "Dovrò occuparmene di persona. E va bene. Si potrebbe pensare che un campo di semidei romani obbedisca agli ordini di un imperatore romano... ma, ahimè, non è così!"
"La Dodicesima Legione ha una lunga storia di supporto agli imperatori buoni," disse Apollo. "E di deposizione di quelli cattivi."
L'occhio sinistro di Caligola ebbe un fremito. "Boost, dove sei finito?"
Sul lato sinistro, uno dei pandai che strigliava il cavallo lasciò cadere la spazzola per lo spavento. "Sì, signore?"
"Prendi i tuoi uomini," ordinò Caligola. "Spargi la voce: rompiamo la formazione e navighiamo verso nord. Abbiamo degli affari in sospeso nella Bay Area."
"Ma, sire..." Boost guardò Apollo, come per decidere se fosse una minaccia così piccola da permettergli di lasciare l'imperatore senza guardie. "Sì, sire." Gli altri pandai se ne andarono strascicando i piedi, e Incitatus rimase senza nessuno a reggergli il secchio d'oro con l'avena.
"Ehi, C." disse lo stallone. "Non stai mettendo il carro davanti ai cavalli? Davanti ai buoi, cioè. Prima che partiamo per la guerra, devi concludere la faccenda con Lester."
"Oh, lo farò," replicò l'imperatore. "Allora, Lester, sappiamo entrambi che tu non..." Caligola si lanciò all'improvviso in avanti e tentò di strappargli la freccia.
Prima che riuscisse a fermarlo, Apollo si affondò la freccia nel petto. Rimase sconvolto, come se il suo cervello non fosse capace di processare il dolore. Per un ex-dio, immagino fosse vero. Caligola si precipitò in avanti e afferrò l'asta della freccia.
"Fermo!" Gli gridò Medea, attraversando di corsa la sala del trono e inginocchiandosi accanto ad Apollo. "Estrarre la freccia potrebbe peggiorare la situazione!"
"Si è pugnalato al petto," replicò Caligola. "Come può peggiorare?"
"Sciocco," borbottò Medea. Non capii se il commento fosse diretto ad Apollo o a Caligola. "Non voglio che si dissangui." Si tolse una borsa di seta nera dalla cintura, tirò fuori una fiala di vetro e gettò la borsa a Caligola. "Tieni!" Stappò la fiala e ne versò il contenuto sulla sua ferita.
Incitatus si avvicinò al trotto. "Wow! L'ha fatto davvero. Che asino!"
Medea esaminò la ferita. Imprecò in chissà quale dialetto antico, probabilmente tirando in causa le relazioni amorose della madre di Apollo. "Questo idiota non sa neanche uccidersi come si deve," bofonchiò. "Sembra che, in qualche modo, abbia mancato il cuore." Medea schioccò le dita all'imperatore. "Passami la fiala rossa."
Caligola si accigliò. "Non frugo mai nella borsetta di una donna. Soprattutto se è una maga."
Mi fa strano dirlo, ma lo presi come un chiaro segno di sanità mentale.
Avevo sperato che, per la distrazione, Medea potesse perdere il controllo dei venti. E così era accaduto. Quel momento è rimasto impresso nella mia mente: Incitatus che scrutava Apollo dall'alto in basso, con il muso macchiato di avena; la maga Medea che gli esaminava la ferita, con le mani appiccicose di sangue e pomata magica; Caligola che gli stava addosso, con gli splendidi pantaloni e le scarpe bianche macchiate del suo sangue; Annabeth e Crest sul pavimento, poco lontano, dimenticati dai nostri carcerieri. Perfino Meg sembrava pietrificata dentro la prigione vorticante, inorridita da quello che aveva fatto.
E nessuno pensava a me.
Quello fu l'ultimo istante prima del punto di non ritorno. Tutto poteva risolversi in quel momento, oppure avremmo perso inesorabilmente. In ogni caso, il tempo era scaduto.
Scatenai la tempesta.
In un colpo solo rilasciai tonnellate e tonnellate d'acqua sulla poppa della nave; il colpo fu così violento che la nave si sollevò a quarantacinque gradi, poi a novanta; continuai a spingere, richiamando sempre più onde da tutta la baia. Ben presto, un'immenso muro d'acqua si alzò di svariati metri, spingendo la nave fino a ribaltarla. Per qualche istante tutti i presenti rimasero sospesi a mezz'aria, poi la nave cadde rovinosamente in acqua, e precipitammo sul soffitto.
Lo yacht non resse bene il colpo; metallo, legno e vetroresina si schiantarono come ossa nelle fauci di un mostro. Incitatus e Caligola incespicavano in una direzione, Medea nell'altra. Nessuno di loro si fece neppure un graffio.
Tutto questo movimento distrasse del tutto Medea, e i venti ci rilasciarono. Meg si trovava alla mia sinistra, ma la sua libertà non durò molto; a causa dell'impatto il soffitto si squarciò proprio sotto i suoi piedi, e lei precipitò tra le intercapedini della nave.
Tutto questo durò un minuto, due al massimo, ma ero così stanco che mi sembrò fosse passato molto più tempo. Stavo facendo di tutto per disperdere le onde il più possibile, invece di farle schiantare contro la costa.
Con la coda dell'occhio notai Apollo che gridava a Crest, "Salva Meg, e ti insegnerò a suonare qualsiasi strumento desideri!"
L'espressione di Crest cambiò, passando dallo shock alla più sconsiderata determinazione. Il pandos si arrampicò lungo il pavimento inclinato, distese le orecchie e si tuffò nello squarcio. La frattura nel pavimento cominciò ad allargarsi, separandomi dagli altri. Cascate alte tre metri si riversarono all'interno dallo scafo danneggiato fino a babordo e tribordo, lavando i pavimenti con acqua scura e rottami e andando a rovesciarsi nella voragine che si allargava al centro della sala. In basso, i macchinari rotti emettevano vapore. Le fiamme brillavano fiocamente mentre l'acqua salmastra riempiva la sala. In alto, ai bordi del soffitto crollato, apparvero i pandai che urlarono e sguainarono gli archi.
Imprecando sottovoce, raccolsi le forze e creai un uragano attorno a me. Non era potente come altri che avevo creato in passato, ma fu sufficiente a deviare le frecce.
Caligola riuscì a rimettersi in piedi. "Sei uno dei mocciosi del Campo Giove, vero?" ringhiò.
"Sono Percy Jackson, figlio di Poseidone, Eroe dell'Olimpo, ex pretore della Dodicesima Legione. Campo Mezzosangue!"
"Ex-pretore, eh? Bene. Ti ritengo responsabile del tradimento del Campo Giove stasera," disse Caligola. "Incitatus!" Afferrò una lancia d'oro che rotolava lungo il pavimento. Saltò in groppa allo stallone, si lanciò verso il baratro e lo superò con un balzo.
Mi spostai per evitare di finire calpestato. Da qualche parte oltre la spaccatura giunse un ringhio pieno di rabbia; Annabeth si era alzata. Qualche secondo dopo sentii un rumore di lotta, ed una voce molto simile a quella di Medea che precipitava nel baratro.
Avrei voluto accertarmi che Annabeth fosse al sicuro, ma ero troppo occupato a schivare l'assalto di Incitatus; per il momento stavo riuscendo a respingere con Vortice la lancia di Caligola, ma ero lento nei movimenti.
L'uragano attorno a me rallentava e sbilanciava l'imperatore, pareggiando i conti, ma non potevo andare avanti così a lungo; anche se fossi stato al massimo delle forze, combattere contro Caligola, evitare le frecce di una dozzina di arcieri, ed evitare che la nave affondasse in modo incontrollato era troppo. Mi serviva una marcia in più, un asso della manica.
Grazie alla mia nuova dea preferita, ne avevo uno.
Affidandomi momentaneamente ai miei riflessi per combattere, cercai con la mente di richiamare l'attenzione della dea Ecate. Non sapevo di preciso come fare, quindi ci provai e basta.
'Ehm...Heylà? Divina Ecate? Si ricorda di me? Percy Jackson? Il tipo a cui ha regalato la Legilimanzia un po' di tempo fa? Come faccio ad usarla?'
Per una frazione di secondo non successe nulla, e temetti il peggio. Caligola alzò la lancia, e mi preparai a schivare a destra.
D'improvviso, la mia mente sembrò spalancarsi. Non vedevo nulla di diverso, strettamente parlando, ma mi accorsi all'improvviso di un sacco di nuovi dettagli; La particolare postura di Caligola, lo strano angolo da cui era partito il suo affondo, lo scatto improvviso che scosse Incitatus.
Tutte quelle cose insieme indicavano una sola cosa: è una finta! Salta all'indietro!
E così feci. Caligola cercò di reagire portando l'affondo ancora più avanti, ma nel farlo si sbilanciò, ed Incitatus dovette buttarsi all'indietro per non cadere.
E quella fu solo la prima mossa: appena atterrato, ebbi il presentimento di dover spostare la gamba destra, perché ero sicuro che una freccia sarebbe arrivata proprio lì. Un paio di secondi dopo, successe esattamente questo: una freccia si puntò esattamente dove prima avevo messo il piede.
Ormai sicuro di poter combattere, mi rivolsi ad Apollo e Annabeth. "Andatevene di qui!" Gridai. "Andate via!"
Sopra di noi si erano radunati altri pandai, mentre Caligola andava di nuovo alla carica.
Riuscii appena a rotolare via. Come realizzai in fretta, sapere cosa sarebbe successo non mi dava automaticamente la rapidità per evitarlo. I pandai continuavano a scagliare una grandinata di frecce, ma, purtroppo o per fortuna, un buon numero puntavano Apollo invece che me.
"Te l'ho detto, non è un gioco!" Urlò Caligola. "Non te ne andrai vivo da qui!" Sopra di noi, un'esplosione scosse la nave. La sala si spaccò ancora di più.
Caligola continuava imperterrito a girarmi intorno, affondando la lancia in una direzione mentre Incitatus scalciava dall'altra; ognuno cercava di spingermi verso l'attacco dell'altro.
"Non capisci che è tutto inutile?" Urlò di nuovo Caligola, con gli occhi sgranati e uno sguardo folle. "Se vinci oggi, domani avrai un nuovo nemico! Ti sei forse scordato dei tuoi amici inglesi?"
Per poco non inciampai dalla sorpresa. Come faceva a saperlo?
"Sì, so tutto, e non c'è solo quello ad attendervi. Non hai idea di quali orrori si stanno preparando per voi," continuava ad urlare l'imperatore tra un attacco e l'altro. "Mostri che non avete mai visto prima si abbatteranno sui vostri patetici campi, e non potrete fare niente per fermarli! Te ne rendi conto ora? Le tue vittorie non contano NIENT-AAAHH!"
L'urlo fu dovuto ad una freccia che lo colpì al braccio, facendogli cadere la lancia. Mi girai e vidi Apollo, con l'arco in mano, tutto insanguinato, che a stento si reggeva in piedi; un'aura dorata lo circondava, e nella notte scura brillava come un faro.
"Le vittorie non contano niente?" Gracchiò con voce roca ma ben udibile. "E chi lo dice? Tu? Non è così che sei sopravvissuto a Tiberio? Poco a poco, un giorno alla volta?"
Mentre parlava, Caligola aveva spezzato la freccia che gli usciva dal braccio, ma Apollo ne aveva già incoccata un'altra. Annabeth era al suo fianco, con la spada sguainata e pronta a battersi.
"È la grande forza degli umani, quella di andare avanti sempre e comunque nonostante le difficoltà. Tu dici di essere un dio del sole migliore di me? Allora come puoi fare un errore così banale?"
"BASTA! TU NON SEI NESSUNO!" Caligola ruggì, e partì alla carica per superare lo squarcio con un balzo. Io fui più veloce; colpii Incitatus alle gambe, facendolo capitombolare a terra; Caligola fu lanciato in aria e finì nello squarcio.
I pandai, vista la brutta situazione, si ritirarono, ed io mi concessi di sedermi un attimo, spossato dalla fatica.
"Percy! Stai bene?" Mi urlò Annabeth.
"Sì," risposi io, facendole segno di aspettare. Dovevo riprendere fiato almeno per un attimo.
D'improvviso, ogni suono sembrò calare, le ombre si fecero più fitte. Dallo squarcio risalì Medea, fluttuando in aria come se galleggiasse su una nuvola di fumo. Anzi, sembrava fatta di fumo: la parte inferiore del suo corpo e le braccia sembravano fatte di fili di fumo che si scomponevano e si intrecciavano ad ogni suo movimento. Pure lo sguardo era diverso: i suoi occhi neri erano stati sostituiti da due inquietanti occhi serpenteschi.
"Complimenti, Percy Jackson," disse con una voce che non era la sua; era sempre una voce femminile, ma era più soave e melodica, come se ogni parola fosse cantata.
"Non mi aspettavo che tu sopravvivessi, devo ammetterlo, ma non preoccuparti. Ho tante idee da sperimentare su di te, e sui tuoi amici!" A quel punto, con un gesto della mano ripescò Caligola, dal nulla fece apparire una sorta di portale delimitato da un cerchio di sabbia vorticante e fuggì;
La cosa che mi spaventò più di tutte è che avevo già visto una magia simile: era la stessa che usavano i maghi egizi.
Ma ora non avevo tempo di pensarci; mi tuffai in acqua, riacquisì le forze, raccolsi tutti e li riportai sulla spiaggia.
Appena arrivammo, mi stesi sulla sabbia; l'immensa flotta non si vedeva più, sparita in fretta come era apparsa. Perfino i mercenari mortali che avevamo legato ed imbavagliato per sottrargli la divisa non si trovavano più, come confermato da Meg dopo una veloce perlustrazione.
Dopo esserci abbondantemente riposati e rifocillati, chiesi spiegazioni ad Apollo. "Tu sai cosa è successo? Con Medea, intendo."
Lui fece un'espressione sconsolata. "Giuro di averla sentita prima d'ora quella voce, ma non riesco a ricordarla." Si mise le mani nei capelli. "Quanto odio la memoria umana!"
"Qualunque cosa significhi," intervenne Annabeth, "significa guai. Avete notato come ha fatto a sparire all'improvviso?"
"Sì," commentai cupo. "Magia egizia."
"Comecosaquando?" Mi urlò Meg nell'orecchio. "Che significa egizia?"
In breve le spiegai che conoscevamo due maghi che seguivano e veneravano il pantheon egizio, e potevano incanalarne i poteri tramite un preciso addestramento.
"Forte!" Disse lei, poi si girò verso Apollo. "Quindi ci sono altri te?"
"Non proprio," spiegò lui paziente. "Vedi, il Sole non è solo il mio carro oppure solo una stella-"
"SSHH!" Ordinò lei, ed Apollo fu costretto ad ammutolirsi. "Non mi interessa questo, passa alla parte in cui imparo a far scoppiare cose con la magia!"
Io, Apollo ed Annabeth ci scambiammo uno sguardo terrorizzato. Dare a Meg McCaffrey qualunque cosa più esplosiva di una stella filante significava guai seri.
"Magari dopo," disse Annabeth per tenerla buona, "dobbiamo pensare a cose più importanti ora."
Apollo fece per dire qualcosa, ma aveva ancora la voce bloccata. Gesticolò come un matto verso Meg finché lei non gli diede di nuovo il permesso di parlare.
"Ragazzi, vi sono grato, per tutto," ci disse lui, e suonava serio e sincero come mai lo avevo sentito quando era ancora Apollo. "Quando tornerò un dio, mi assicurerò che siate ricoperti di onori."
"A noi basta smettere di essere coinvolti in profezie," disse Annabeth schietta. "Senza offesa, ma non ce la facciamo proprio più."
"Certo, se proprio insiste, magari una Maserati o due..." dissi io. Annabeth mi diede una lieve gomitata nelle costole.
"Io sono il dio delle profezie nel senso che sono una mia responsabilità, non le posso controllare; tuttavia, vedrò cosa posso fare" rispose Apollo. "Per quanto riguarda le Maserati, vedrò di parlare col proprietario. Il fondatore era uno dei miei figli, sapete?"
"Cosa? Avrei detto Poseidone, visto il tridente."
"Già...colpa di una scommessa persa," sospirò Apollo nostalgico. All'improvviso ebbe uno scatto. "Un momento! Le scarpe?"
"Eccole, eccole," disse Annabeth, tirandole fuori dal suo zaino.
"Oh grazie agli dèi," esclamò Apollo.
"Grazie a me, piuttosto," disse Annabeth, e tutti ridemmo.
Altre cose successero dopo quel giorno; riuscimmo ad entrare nel labirinto di fuoco e a sconfiggere Medea ed Helios, salvando così la California del sud; inoltre io ed Annabeth rivedemmo Grover dopo tanto tempo, e quello valse tutta la fatica.
Ma non c'era traccia degli 'orrori' e dei 'mostri' che aveva nominato Caligola, ed eravamo molto inquieti. Sapevamo che altre battaglie ci attendevano, ma non sapevamo né quando sarebbe successo né chi avremmo combattuto.
Un solo pensiero ci faceva rimanere ottimisti: l'idea che avremmo vinto una battaglia alla volta, giorno dopo giorno, fino a trionfare.
Spigolo autore
Esattamente 4 secondi dopo aver letto questa scena nel Labirinto di Fuoco, pensai "Questa è una situazione adatta a Percy, non a Jason." Da lì è nata una one-shot mai pubblicata che, parecchi mesi dopo, è diventata un capitolo di storia ben più ampia. Spero che questa mia rivisitazione vi sia piaciuta!
La fanart ad inizio capitolo appartiene alla bravissima ashaddock. Seguitela!
Se la storia vi piace, vi chiedo di lasciare un voto, un commento e di farmi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
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