A Wish

«Che diamine stai facendo?» sussurrò, la voce assolutamente incrinata mentre si guardava intorno con un sorrisetto a smascherare quel finto tono canzonatorio.

Do un motivo a tua madre per odiarmi di più, si ritrovò a pensare, ghignando tra sé e sé.

Richie scalò il traliccio di legno per i rampicanti sentendosi quasi un cavaliere che giunge in soccorso dell'amato rinchiuso in una torre. Magari la sua armatura non era particolarmente lucente e lo scotch che manteneva insieme i suoi occhiali malridotti non poteva essere definito un galante accessorio, ma le sue intenzioni erano sicuramente nobili. Il cuore che pompava veloce contro la cassa toracica mentre pregava di non cadere al suolo, rischiando non solo di rompersi l'osso del collo, ma ancor peggio, di essere beccato dalla signora K.

«Ti porto a vedere le stelle!» disse ovvio, scavalcando la finestra e irrompendo nella camera con un sorriso vittorioso stampato in faccia, che non fece altro che incrementarsi quando Eddie si corrucciò.

«Non posso uscire, lo sai.» brontolò, lasciandosi andare ad un sospiro sconsolato.

«Le vedremo da qui.» affermò serio.

«Da qui non si vedono, siamo in centro e circondati da abitazioni.» la voce pratica e svelta mentre dava le sue motivazioni senza prendere fiato: assolutamente la creatura più carina dell'intero universo.

«Uomo di poca fede.» lo prese in giro, sfilando lo zaino tra le spalle e frapponendolo tra di loro, come se quello bastasse a risolvere ogni dubbio del più basso.

«Rich, non puoi stare qui. - mormorò, lanciando occhiate furtive alla porta della sua camera. - Se mia madre sale e ci scopre per me è la fine.» concluse, scendendo a guardarsi i piedi scalzi.

«Chiudi a chiave.» disse, noncurante della situazione. Non gli importava un accidente della signora K. e della sua mania ossessivo-compulsiva nei confronti del figlio. Eds voleva vedere le stelle, e lui gli avrebbe dato quelle cazzo di stelle.

«E se sale?» fece allora.

«Mi nascondo sotto il letto.» annuì convinto, poggiando lo zaino per terra e prendendo ad armeggiare con il contenuto.

«E come giustifico la porta chiusa?»

«Che ne so io, dille che ti stavi masturbando, la traumatizzerai a vita ma almeno non farà domande.»

«Non conosci mia madre, se le dico una cosa del genere mi porta in chiesa per farmi esorcizzare.» incrociò le braccia contro il petto gonfio e provò a dare una parvenza di serietà a quelle parole assolutamente ridicole. Richie alzò gli occhi al cielo, ma non diede cenno di volersi muovere da lì.

«Eds, stai zitto e chiudi quella dannatissima porta a chiave.» e mentre il suo migliore amico seguiva le sue istruzioni, imprecando silenziosamente contro di lui, Richie estrasse il suo gioiellino dalla tasca principale della cartella, dirigendosi verso il letto. Lo posizionò sul comodino, staccando l'abat-jour dalla presa, e inserendo la spina collegata al curioso oggetto, che Eddie non riuscì ad identificare.

«Ho paura a chiederti cosa sia e soprattutto che materiali hai utilizzato per fare quel... coso.» perché, palesemente, quello non poteva essere un semplice pezzo di antiquariato comprato per pochi soldi in un mercatino dell'usato. No, era molto più spaventoso.

«Tranquillo, sono cianfrusaglie trovate in giro vicino dai Barrens, del tutto innocue.» la voce innocente a celare quanto realmente si stesse divertendo.

«Mi stai dicendo che hai appena poggiato sul mio comodino uno schifo fatto con materiali provenienti dalla scarico di una fogna?» domandò esterrefatto, il respiro pesante che preannunciava un attacco d'asma non fermò Richie dal continuare a prenderlo in giro.

«Precisamente. - disse, sollevando lo sguardo e sistemandosi meglio gli occhiali scesi quasi fino alla punta del naso. - Ma ti assicuro che quasi niente galleggiava nelle acque nere.»

«Dio, sto per vomitare.» disse, gonfiando le guance e portando una mano a coprire la bocca.

«Sai che novità!»

«Hai idea di quanti germi ci siano in quel posto, Rich? - domandò, muovendo freneticamente le mani, poi le portò ai lati del viso. - E ora sono in camera mia. Oddio.»

«Meno che nelle mutande di tua madre, ne sono uno sfortunato testimone oculare purtroppo.»

«Certo, sto morendo dal ridere! - sospirò abbattuto, guardando l'arnese in questione con occhi carichi di disgusto. - Rich-»

«Spegni la luce.» lo interruppe, stringendo tra le mani il piccolo interruttore ad esso collegato, gli occhi brillanti di trepidazione.

«Cosa?»

«La luce, Eds. Spegni la cazzo di luce.» il più piccolo sbuffò, eseguendo poco convinto le istruzioni.

Non appena la stanza fu immersa dal buio pesto, a Richie balzò in mente la malsana idea di lasciar perdere il suo piano, solo per fiondarsi da Eddie e stringerlo tra le sue braccia, per poi scappare via come il peggiore dei furfanti. Con l'oscurità a fargli da complice sarebbe stato più semplice, avrebbe potuto inalare il suo profumo e inebriarsi di esso, avrebbe potuto sentire il ritmo scandito dal suo cuore e i suoi respiri contro la pelle. L'effetto sorpresa avrebbe anche potuto far durare di più quel contatto; quasi riuscì ad immaginare il suo migliore amico con le labbra schiuse, a corto di parole, mentre lui lo stringeva contro il suo petto, accarezzandogli la schiena con le dita e...

«Rich?» si maledì di aver anche solamente pensato una cosa del genere, così si morse la lingua prima di scuotere la testa e attivare l'interruttore.

Immediatamente minuscoli fasci di luce, irradiati da quella sottospecie di lampada fatta a mano, si proiettarono in tutte le direzioni, principalmente sul soffitto, tappezzandolo di minuscoli puntini di un pallido giallo. In penombra riuscì a vedere gli occhi del più piccolo sgranati, mentre con il naso all'insù fissava senza parole quello spettacolare gioco di luci che aveva trasformato la sua minuscola camera da letto in un cielo stellato.

«Tu sei completamente pazzo.» Per te potrei essere qualunque cosa.

Quelle parole furono accompagnate dal mutamento della sua espressione, improvvisamente serena, gli angoli della bocca smussati da un sorriso. Eddie si avvicinò al suo letto, la testa ancora reclinata all'indietro quando si lasciò cadere sul materasso con le braccia aperte e il viso luminoso. Richie rimase lì, inginocchiato di fianco a quella "scultura d'arte contemporanea" a guardarlo: l'unico vero spettacolo era quell'aria soddisfatta che gli dipingeva il viso, mista all'incredulità di chi ha appena assistito ad una cosa fuori dal mondo.

«Vieni qui?» domandò in un sussurro, lanciandogli uno sguardo e costringendo Richie a voltarsi di scatto per non essere beccato in flagrante a spiarlo.

«Lì, con te?» si grattò la nuca e sorrise imbarazzato, ringraziando che l'unica fonte d'illuminazione fosse quel firmamento artificiale, per nulla paragonabile allo spettacolo che avrebbero potuto ammirare alla cava ma, a quanto pareva, sufficiente a rendere felice il suo migliore amico.

«Sì, idiota. Vedi altri?» alzò gli occhi al cielo, mantenendo nonostante ciò quell'indelebile velo di gioia che ormai pareva essersi tatuato addosso. E Richie avrebbe venduto l'anima a Satana in persona se questi in cambio gli avesse offerto la possibilità di osservare, anche solo da lontano, quegli occhi luccicare in quel modo. Eddie si spostò di poco, ancora guardando in alto, ma tamburellando con le dita di fianco a lui, per invitarlo nella porzione di materasso che aveva liberato.

Cosa avrebbe dovuto fare? Se gli avesse detto che stava comodo così, accucciato sul pavimento, sarebbe risultato alquanto strano. No, lui doveva comportarsi come sempre, Boccaccia non provava di certo imbarazzo nello stendersi di fianco a quello che considerava il suo migliore amico da tutta la vita. Così fece, si sedette sul letto, stringendo le dita attorno al lenzuolo e tirando un lungo sospiro per tranquillizzarsi, prima di mettere su il suo miglior ghigno e affondare con la testa sull'unico cuscino, in parte occupato da Eddie. Le coperte avevano lo stesso odore del suo bagnoschiuma, misto a quello dell'ammorbidente, identico a quello dei vestiti che indossava.

«Stai ingrassando, Eds? Di questo passo prenderai le sembianze di tua madre e a quel punto stai certo che non scoperai mai.» lo sbeffeggiò, spintonandolo verso il muro per farsi spazio. Ovviamente era una stronzata più grossa del culo della signora Kaspbrak: Eddie era rimasto esile come una foglia, piccolo e concentrato nel suo metro e sessantacinque. Richie faticava a credere che quell'esserino così carino potesse essere più grande di lui, nonostante questi ci tenesse sempre a ricordarglielo. Eddie era sempre andato particolarmente fiero di quel giorno di differenza che avevano, ventiquattro ore che lo rendevano ufficialmente il più vecchio e che, a detta sua, annullavano elementi che per Richie potevano essere considerati più importati. Ad esempio il fatto che ormai l'avesse superato in altezza di quindici centimetri.

Di tutta risposta a quell'ennesima presa in giro, Eddie gli piantò una mano in pieno viso, rubandogli gli occhiali, per poi infilarli a sua volta.

«Dimenticavo quanto fossi cieco. - sorrise, strizzando le palpebre un paio di volte per provare a mettere a fuoco. - Questo è perché ti fai troppe seghe.»

«Oh no, Eds. Ci pensa tua madre a sporcarsi le mani. » rispose a tono, riprendendosi nuovamente le lenti e maledicendo la sua schifosa vista per avergli impedito di godersi appieno l'immagine degli occhi di Eddie ingranditi dai vetri spessi.

«Rich?»

«Cosa?»

«Scusami... per l'altro giorno. Avevi ragione.» sospirò, non era rammaricato, più che altro pareva in pace con se stesso.

«Hey, esprimi un desiderio.» rispose invece il ragazzo, incrociando le braccia dietro il capo e volgendo lo sguardo ai minuscoli fasci di luce che illuminavano la stanza. In fondo aveva fatto un buon lavoro, considerando che aveva utilizzato pezzi arrugginiti di alluminio, saldati tra di loro e forati con un trapano nel garage di Bill.

«Non ci sono le stelle cadenti.» gli fece notare, e Richie sbuffò fintamente spazientito.

«Non fare il puntiglioso. - lo canzonò, voltandosi nella sua direzione e ritrovandosi i suoi occhi puntati in viso. - Esprimilo e basta.» Eddie tornò a guardare il soffitto per alcuni istanti, prima di serrare le palpebre e mordicchiarsi il labbro inferiore come se si stesse concentrando con tutto se stesso. Bello, spontaneo, senza maschere: Eddie riusciva ad essere così tanto anche quando non faceva assolutamente nulla. I suoi occhi si sgranarono all'improvviso, i lati della bocca piegati verso l'alto e le fossette appena visibili in penombra.

«Fatto, Eds?» a questa domanda l'altro fece schioccare la lingua contro il palato, un'espressione rassegnata ma nonostante ciò piena di consapevolezza e divertimento.

«Hai infranto il mio desiderio sul nascere, sei uno stronzo.» lo accusò, affondando un dito nel suo fianco e facendolo piegare.

«Come?»

«Desidero che Richie non mi chiami più Eds.» recitò ad alta voce le parole che pochi attimi prima aveva solo pensato.

«Che desiderio sprecato, è una stronzata. E poi sai che non smetterò mai, quindi-»

«Tu cosa hai desiderato?» tante, troppe cose... e tutte riguardano unicamente la tua felicità. Perché sono avaro dei tuoi sorrisi e questo non cambierà mai.

«Se te lo dico non si avvera.» non si avvererebbe in nessun caso, ricordò a se stesso.

«E se ti dicessi che proverei a realizzarlo io?» il cuore perse un battito a quel quesito che pareva, a modo suo, intriso di promesse.

«Ti manderei al diavolo, perché so che non potresti.»

«Allora deve essere proprio una cosa complicata. - potrebbe essere facile come bere un bicchier d'acqua e al contempo difficile quanto scalare l'Everest. - Fammi indovinare, una villa con piscina in Florida?»

«Già, e il culo di tua madre ad attendermi in poltrona.» continuò lui con una smorfia.

«Quasi mi sento offeso di non essere parte di questo quadretto idilliaco. - sospirò drammaticamente, portandosi una mano al petto. - Vorrà dire che dovrò abituarmi all'idea di non far parte dei tuoi desideri.» lo disse con spensieratezza, senza alcun doppio fine, eppure a Richie balzò il cuore in gola. Come poteva rimanere quieto ad un'affermazione del genere, detta così alla leggera tra l'altro?

«Sei proprio un idiota, Eddie.» e mentre pronunciava quelle parole, una mano del minore s'insinuò tra i loro capi, fino a raggiungere le ciocche arruffate di Richie, facendo scorrere le dita tra quella morbida e folta capigliatura.

«Forse so cosa hai desiderato.» mormorò pensieroso.

«Lo dubito.» rispose immediatamente.

«E se avessi ragione?»

«Non mi guarderesti più in faccia.» disse, la voce bassa e la paura costante di dire la cosa sbagliata al momento sbagliato.

«Cosa te lo fa credere?» l'espressione interrogativa di Eddie lo face morire dentro. Lui proprio non lo capiva, tutti erano arrivati alla stessa conclusione, perfino Stan aveva fatto due più due. Il suo migliore amico invece proprio non realizzava. Forse non vuole realizzare, si ritrovò a pensare.

«Lo so e basta.» sentì il materasso sbilanciarsi sotto il peso di Eddie, mentre quest'ultimo si voltava su un fianco. A quel punto la sua attenzione fu tutta solo ed esclusivamente per Richie, gli occhi che scrutavano il viso del più alto da sotto le lunghe ciglia, le labbra chiuse e rilassate in una morbida linea, le punte dei piedi scalzi che sfioravano appena le sue gambe, scoperte per via dei bermuda che indossava.

«Sei una testa di cazzo e non ti sopporto per il novantanove per cento del tempo, eppure non riesco ad immaginare niente che possa tenermi lontano da te. - annunciò, la voce sottile e dolce a livelli diabetici gli fece aggrovigliare lo stomaco. Quella sì che sembrava una dichiarazione. Poi Eddie sollevò un braccio verso il soffitto, muovendo piano le dita. - Insomma, guarda qui. - continuò indicando l'ambiente circostante. - Chi altri avrebbe fatto una stronzata del genere per me? Tu non ci hai pensato due volte. Dopo che ti ho letteralmente vomitato addosso e sbattuto la porta in faccia, tra l'altro.» sorrise, cristallino e genuino come solo lui sapeva essere.

«Forse sono un masochista. - sospirò, sapendo che quell'affermazione buttata lì per gioco era quanto di più vicino alla realtà. - Oppure sono diventato dipendente dall'odore di amuchina e disinfettante che ti porti dietro. Sai, tutte quelle schifezze chimiche potrebbero avermi fritto il cervello.» Eddie non rispose mandandolo a quel paese come solitamente avrebbe fatto. La sua mano ancora giocherellava con le ciocche scure dei capelli, attorcigliandole attorno ad un dito per poi lasciarle andare. Era così piacevole, così appagante, Rich avrebbe pagato oro per passare tutta la vita così: sotto un cielo di stelle artificiali e con il cuore carico di così tante emozioni reali da essere in procinto di esplodere.

«Non odiarmi.» sussurrò Eddie, accostando la fronte e facendola combaciare con quella del suo migliore amico, nel frattempo le falangi avevano raggiunto la sua nuca e le palpebre erano appena socchiuse.

«Non potrei mai.» disse sicuro di sé, sentendo nonostante ciò il viso andare a fuoco e costringendosi ad ingoiare il groppo che si era formato all'altezza della gola.

«Se non ho capito davvero il tuo desiderio, potresti eccome.» aggrottò le sopracciglia a quell'affermazione.

«Eds-» ma non riuscì a completare la frase, il minuscolo naso all'insù di Eddie stava sfiorando il suo, levandogli finanche la basilare capacità di formulare una frase di senso compiuto. Troppo vicino e allo stesso tempo troppo lontano. Perché gli faceva una cosa del genere? Come poteva continuare a trattenersi quando gli sarebbe bastato sporgere il viso di pochi millimetri per ottenere finalmente quello che da sempre bramava.

«Non chiamarmi Eds.» disse serio, le iridi scure che risplendevano grazie ai riflessi dell'unica fonte di luce, e le sue labbra, tanto sottili e invitanti, mentre si muovevano lentamente per ripetere quella frase che da quando erano bambini si ostinava a rivolgergli, diventando quasi il suo intercalare. E a quel punto Richie avrebbe dovuto allungare le mani, tirargli le guance e prenderlo in giro, dicendogli quanto fosse tenero, quanto fosse carino, nascondendo dietro quella solita burla, ciò che realmente si celava nel suo cuore. Non ce la fece, non riuscì a comportarsi come sempre, erano troppo vicini, respiravano la stessa aria, e la loro pelle era così tanto a contatto da fargli girare la testa. Non osò muovere un muscolo, conscio di quanto debole fosse quel castello di carte, di quanto un singolo fruscio avrebbe potuto far cadere tutto al suolo. Non era pronto - non ancora - a separarsi da lui per tornare ad interpretare il ruolo del miglior amico molesto, fastidioso e volgare. Per quello aveva tutta la vita.

«Richie...» il suo nome in un sospiro si infranse sulla sue labbra, scuotendogli il cuore talmente tanto forte da arrivare a sentire finanche gli occhi inumidirsi; le dita di Eddie carezzarono lentamente la pelle del collo, soffermandosi sull'osso sporgente e picchiettando lì i polpastrelli, riuscendo a far rabbrividire il compagno da capo a piedi.

Poi successe. Eddie azzerò quella minima distanza, i capelli improvvisamente stretti in un pugno e il colletto della sua camicia nell'altro: le loro labbra s'incontrarono. Fu un bacio delicato, morbido, e Richie non riuscì a non spalancare le palpebre. Non poteva essere reale, forse stava sognando; doveva assolutamente pizzicarsi la pancia e svegliarsi da quella meravigliosa illusione che se fosse durata un istante in più lo avrebbe certamente condotto alla pazzia.

Quando riuscì finalmente a riprendere il controllo dei suoi arti, fino a quel momento intorpiditi, fece scorrere un braccio verso l'alto, posando i polpastrelli sul mento di Eddie per interrompere quel contatto così inaspettato, scostandolo di appena un respiro da sé. Sbatté le palpebre, una, due, tre volte, eppure era ancora lì, in quel letto, ed Eddie lo stava guardando ancora con la medesima espressione.

«Non ho indovinato?» chiese a quel punto il più basso, gli occhi languidi e il fiato a malapena pesante.

«È per questo che l'hai fatto? - domandò, la voce bassissima e le membra molli come gelatina. - Solo perché credi di potermi rendere felice? Ti assicuro che non lo sono se so che stai facendo qualcosa che in realtà non vuoi.» disse tutto d'un fiato mentre Eddie continuava a fissarlo, poi quest'ultimo piegò il capo in avanti, raggiungendo con la bocca le dita del più alto, posando su ognuna di esse lunghi ed umidi baci.

«Pensi davvero che io non voglia? - domandò a quel punto, estraendo la lingua, lasciando una dolce lappata sulla punta del medio, poi sollevò un sopracciglio. - Sai che fare una cosa del genere con chiunque altro mi farebbe schifo.» mormorò, come se quella fosse la giustificazione più esplicativa del mondo.

Richie lo spinse, facendolo cadere con la schiena sul materasso, sovrastandolo con il suo corpo e bloccandogli le mani contro le lenzuola, all'altezza della testa.

«E cosa avrei io di diverso?» stava tremando, lo sapeva perfettamente, sentiva le ossa percosse da infinite scariche elettriche che gli impedivano di rimanere immobile come avrebbe voluto. Eddie provò vanamente a divincolarsi dalla presa, poi allungò il collo verso di lui, facendo sfiorare le loro labbra.

«Tutto.» da quando Eddie Kaspbrak era così sicuro di sé nelle parole e nei fatti? Chi era quello sconosciuto che lo fissava con lo sguardo carico di determinazione e che se ne fregava dell'imbarazzo che gli colorava le guance fino a renderle calde al tocco?

«Perché?» si ritrovò a chiedergli, nonostante l'insistente vocina nella sua testa gli stesse ordinando di chiudere per una volta quella boccaccia e di fregarsene delle parole. Eddie fece scorrere la pianta del piede verso l'alto, carezzandogli delicatamente la coscia, fino a raggiungere la sua vita, alla quale si ancorò per attirarlo più vicino a sé.

«Non ti è chiaro?» biascicò, la voce improvvisamente arrochita, e un tallone piazzato sul fondoschiena del corvino per aiutarsi a farlo scivolare verso il basso, completamente contro il suo corpo.

Richie si lasciò sfuggire un ansito di sorpresa, poi, quando la sua erezione sfiorò l'interno coscia del compagno, il senso di vergogna si propagò a partire dal petto fino a raggiungere le articolazioni. Avrebbe potuto dare una giustificazione a qualunque cosa, ma non a quella. Il corpo e le sue reazioni naturali parlavano al posto suo: era irrimediabilmente eccitato. E a cosa li avrebbe portati tutto quello? Cosa stavano facendo realmente?

«Sei sicuro di non essere di nuovo ubriaco?» provò a sdrammatizzare, ma la sua voce impastata dall'imbarazzo gli impedì di utilizzare quel tono impertinente che normalmente lo avrebbe caratterizzato.

«Non sono mai stato così lucido. - lo rassicurò. - Idiota.» aggiunse, lasciandosi scappare un sorriso.

«Eddie? - lo richiamò, le pupille fisse sul labbro inferiore che in quel momento si stava torturando con i denti. - Esprimi un desiderio.» aggiunse poi, i suoi capelli ricaddero in avanti fino a sfiorare e solleticare il viso abbronzato del suo migliore amico. Eddie riuscì a divincolare la mano destra dalla presa di Richie, allungandola fino a sfilargli gli occhiali che posò immediatamente sul comodino.

«Baciami.» e più che un desiderio, al corvino quella parve un vero e proprio ordine. Eddie Kaspbrak voleva essere baciato da lui, da lui e da nessun altro. Come si faceva a concretizzare quella realtà che fino a poche ore prima poteva solamente immaginare?

Lo fece, non avrebbe potuto rifiutare nemmeno volendolo con tutto se stesso. Il pensiero che Eddie si sarebbe potuto pentire da un momento all'altro lo abbandonò definitivamente quando le loro labbra combaciarono, fondendosi delicatamente, quasi timidamente, mandando in blackout la sua ragione. Quest'ultima andò a farsi benedire del tutto quando Eddie schiuse per bene entrambe le cosce per accoglierlo tra esse, inarcando subito dopo la schiena verso l'alto e premendo il suo pene turgido contro il ventre del compagno. Richie affondò la lingua nella sua bocca, plasmandola con lenti movimenti e inebriandosi del sapore del dentifricio al mentolo che l'altro utilizzava e di cui lui ne era diventato istantaneamente dipendente. Carezzò le ciocche castane appena sopra l'orecchio, spostandosi nel mentre verso il suo collo, che lambì, riuscendo a strappargli un gemito. Dio, Eds stava seriamente gemendo davanti a lui, per lui? Per quanto ormai le sue fantasie su simili situazioni fossero all'ordine del giorno non si sarebbe mai aspettato tanto. Eddie era tempesta, mandava in escandescenza ogni sua singola cellula con pochi, flebili movimenti; e al contempo era quiete, che sedava il suo animo e lo faceva sentire per una volta degno di qualcosa.

Artigliò le mani alla vita stretta del compagno, lasciando scivolare i pollici sotto il sottile tessuto della t-shirt, sfiorandone la pelle abbronzata con movimenti circolari. Eddie non si tirò indietro, anzi, si sospinse verso quel tocco, per incitarlo a non fermarsi. I denti di Richie nel frattempo avevano preso a vezzeggiare il punto appena dietro l'orecchio, alternando morsi a dolci lappate, la mano del più basso ben piantata tra i suoi riccioli che lo incoraggiava a continuare quell'operato così ben fatto.

Voleva di più: baciarlo fino a non sentire più la sensibilità alle labbra, respirare il suo odore fino ad ubriacarsi di esso, fondersi al suo corpo fino a non riconoscere la fine e l'inizio del proprio. Si sentiva vittima di Eddie, dei suoi occhi annacquati di piacere e nei quali sarebbe piacevolmente annegato.

Improvvisamente si separò da lui, sedendosi sulle ginocchia per sollevargli la maglietta e scoprire il ventre piatto, che carezzò a palmi aperti: la pelle di Eddie si accapponò, le punte dei piedi si arricciarono involontariamente, e i capezzoli divennero immediatamente turgidi.

«Dio, Eds...» biascicò, la labbra schiuse per la meravigliosa visione dinnanzi a lui, la vista appannata per l'assenza degli occhiali e allo stesso tempo la consapevolezza di non aver mai visto qualcosa così nitidamente. Si abbassò nuovamente su di lui, liberandolo definitivamente di quell'indumento, baciandolo a fior di labbra.

«Non chiamarmi-»

«Eds. - sospirò, leccandogli il labbro inferiore. - Eds. - ancora una volta, prima di mordergli il mento. - Eds. - la sua mano disegnò la sottile linea degli addominali poco pronunciati, fino a giungere sul cavallo dei pantaloncini e sfiorare la sua erezione. - Il mio Eds.» approfittò della sua schiena incurvata per far passare al di sotto di essa le dita e trattenerlo conto il suo corpo, carezzandogli la colonna vertebrale.

«Richie... ti prego!» mormorò, sollevando un braccio per coprirsi gli occhi e provando con tutto se stesso a regolarizzare il respiro. Di tutta risposta, il corvino gli circondò il polso, impedendogli di nascondere il suo sguardo, portandolo poi alle labbra per baciarne l'interno, lì dove la pelle era più delicata.

«Sei bello, bello da star male.» disse serio, immergendosi nelle sue iridi e leggendo una nota di stupore all'interno di esse.

«Pensavo che mi reputassi carino, carino e basta.» mormorò in risposta, le guance gonfie per il disappunto e un'aria scettica. Solo Eddie poteva accigliarsi in un momento come quello: una delle tante cose che lo faceva ammattire.

«Quando sei corrucciato o arrabbiato sei carino, carinissimo. - annuì, sicuro di sé. - quando sei serio, sei bello. - continuò, facendo sfiorare i loro nasi. La sua mano s'insinuò sotto i pantaloncini, tastando il suo sesso turgido e sentendosi morire per l'espressione contratta di piacere che riuscì a strappargli. - Ora invece sei eccitante, così tanto da farmi seriamente dubitare delle mie capacità di autocontrollo.»

«Chi ti ha chiesto di controllarti?» lo sfidò apertamente, spingendosi contro la mano che nel frattempo aveva iniziato a pomparlo lentamente. Quella domanda retorica segnò ufficialmente il punto di non ritorno.

Richie posò le labbra al centro del petto dell'altro, venerando la sua pelle, assaporandola, disseminandola di attenzioni fino a ricongiungersi alle sue labbra. Presero a svestirsi, e ogni qualvolta un pezzo di inutile stoffa abbandonava i loro corpi, permettendo alla carne di entrare completamente in contatto, i loro battiti cardiaci acceleravano a ritmo dei respiri, sempre più sconnessi. Finalmente privi di qualsivoglia barriera, presero a toccarsi a vicenda, esplorando per la prima volta un corpo diverso dal proprio, simili in tanti aspetti, eppure così diversi. Richie annaspò, quando le mani tremanti di Eddie circondarono la sua erezione, stimolandola; seppur insicure, quelle attenzioni gli fecero aggrovigliare lo stomaco e mandarono in escandescenza tutto il suo corpo a partire dal bassoventre.

Poteva essere più felice di così? Ne dubitava seriamente. Niente nella vita l'avrebbe portato a livelli di estasi come quelli provati in quel momento, ne era assolutamente certo. Voleva che Eddie gli appartenesse, proprio come lui, ormai da tempo, gli apparteneva: anima e corpo. Un bacio più umido, più approfondito, più passionale e i loro glandi umidi si sfiorarono, strappando ai due un fremito eccitato.

«Ancora...» lo supplicò Eddie, spingendosi nella sua direzione, allargando di più le gambe e affondando con la guancia nel cuscino. Di nuovo, Richie gli baciò la sottile curva del collo, aumentando i movimenti della mano e spingendosi più freneticamente contro quella del suo migliore amico. Eddie fu scosso da tremiti che, a partire dalle cosce, si diramarono lungo il suo intero corpo; poi ad un tratto spalancò gli occhi e trattenne il fiato, prima di poggiare le mani sulle spalle di Richie e spingerlo via.

Il corvino lo guardò confuso, i denti a martoriare il labbro inferiore, poi il suo sguardo si perse sul petto dell'altro, che si alzava e abbassata velocemente, per evitare di palesare il disagio e i dubbi che lo attanagliavano. Cosa aveva sbagliato? Perché l'aveva cacciato via in quel modo? Non aveva interpretato bene i segnali? Impossibile. Era stupido, ma non così tanto.

«Eddie, io...»

«Sta' zitto, Rich.» ansimò immediatamente, sollevando il busto e ritrovandosi seduto al centro di quel letto, fin troppo piccolo per contenere due persone. Rich arrossì di vergogna, passandosi una mano tra i capelli scompigliati e umidi di sudore, poi strinse entrambi gli occhi, provando a darsi un rispettabile contegno.

«Non volevo-» non riuscì a finire di parlare, le labbra di Eddie furono sulle sue, più fameliche di prima. In uno scatto il più basso si portò a cavalcioni del compagno, continuando a baciarlo e iniziando a strusciarsi languidamente contro di lui, lasciandolo senza fiato.

«Che avevi capito? - chiese in un bisbiglio, impedendogli però di rispondere, con l'ennesimo e famelico morso. - Stavo per... non volevo smettere, non ancora. - confessò, e a Richie s'illuminarono gli occhi, capendo al volo dove l'altro volesse andare a parare - Sei proprio un coglione, Rich.» sentenziò infine, inarcando la schiena per quell'effimero piacere dato dal contatto che stavano avendo: meraviglioso, ma non abbastanza.

«Cosa vuoi fare?» domandò a quel punto il corvino, carezzandogli la schiena, fino a scendere sulle natiche.

«Devo farti un disegnino?» lo prese in giro.

«Eds, non sto scherzando.» certo che non scherzava, non avrebbe mai potuto farlo, non se si trattava di mettere in gioco la persona più importante della sua vita.

«Deve essere una cosa seria se anche il più idiota del pianeta smette di fare l'idiota.» sussurrò contro il suo orecchio, per poi succhiargli il lobo. Richie lo afferrò per le spalle e lo guardò dritto negli occhi, facendogli intendere di non aver voglia di fare dell'ironia, non in un momento così cruciale e delicato.

«Per me sì, è una cosa seria. - lo informò, provando con tutto se stesso a non essere distratto dalla vista dei loro corpi nudi completamente a contatto. - Cazzo, per me è importantissimo.» vide il labbro inferiore di Eddie tremare e i suoi occhioni nocciola abbassarsi.

«Lo è anche per me. - disse infine, poggiando la fronte contro la spalla del più alto. - E sto morendo di paura.» aggiunse, prendendo una mano dell'altro tra le sue e trascinandola fino al suo petto per permettergli di sentire il suo cuore.

«Guarda che non dobbiamo-»

«Ma voglio fare l'amore con te. Ora. Sotto queste fottute stelle.» continuò, mordendosi l'interno guancia.

«Eds...»

«Mi piaci, va bene? E all'inizio pensavo fosse una cazzata, una cosa temporanea. Poi la situazione mi è decisamente sfuggita di mano. - Richie provò ancora una volta a parlare, ma Eddie lo bloccò. - E tu mi hai dato il colpo di grazia venendo qui con i tuoi fottuti occhiali e con quell'arnese di dubbia provenienza.» quella era forse una dichiarazione? Il suo cuore non avrebbe retto oltre, ormai in procinto di schizzare fuori dal petto.

«Che hai contro i miei occhiali, Spaghetti?»

«Ti fanno degli occhi enormi.» bofonchiò, arricciando le labbra.

«E ti dà fastidio?»

«Mi piace. Mi piace tutto di te. - poi sorrise nervosamente. - Cazzo, suona così patetico.»

«Solo un po'» concordò, baciandogli la punta del naso.

«Adesso che ti sei tolto ogni dubbio vuoi, per favore, fare l'amore con me?» domandò, provando a fare la sua solita vocina stizzita, ma non riuscendo ad ingannarlo.

«Sicuro-»

«Oh, cazzo, sì! Ti voglio dentro di me, prima dell'alba possibilmente.» Richie posò le mani ai lati del suo viso, attirandolo contro di se è facendo combaciare le loro lingue.

«Come siamo scurrili, Kaspbrak. È questo che succede a furia di stare con me?» soffiò, ma Eddie non gli diede retta, conscio di quanto l'altro amasse avere l'ultima parola. La stanza tornò ad essere avvolta dal silenzio, riempito solo da gemiti soffocati e schiocchi di corpi che si cercavano e volevano sopra ogni cosa. Le dita di Richie, umide della saliva del compagno, si fecero strada una alla volta nel suo corpo: nessuna fretta, solo tanta pazienza e voglia di rendere quel momento indelebile nei cuori di entrambi. Lo preparò con estrema perizia, modellando la carne stretta con movimenti delicati e decisi, assecondando la natura dei gemiti del ragazzo abbandonato sul suo corpo e offerto interamente al suo volere.

Gli si riempì il cuore di gioia nel constatare quanto realmente Eddie si fidasse di lui, nel realizzare che avesse messo nelle sue mani una cosa così importante senza il minimo indugio. Lui, Richie Boccaccia, la persona - per ovvie ragioni - più inaffidabile dell'intera città, era riuscito a guadagnarsi la fiducia del suo Eds. E che importava se il suo migliore amico fosse l'unico scellerato al mondo in grado di provare sentimenti del genere per lui; in fondo non gli importava essere capito e amato da tanti, gli bastava una sola persona per essere pienamente felice.

Quando dopo lunghi minuti lo sentì completamente rilassato e il dolore parve essere sostituito da lunghe scariche di piacere, si ritrasse. Eddie si fece forza sulle ginocchia, per sollevarsi e allinearsi perfettamente all'asta eretta del corvino, poi, sorretto dalle mani di Richie, si lasciò scivolare lentamente su di essa.

«Cazzo.» si lamentò con una smorfia infastidita sul volto, le unghie conficcate nelle spalle del più alto e le sopracciglia aggrottate.

«Possiamo-»

«No, dammi solo... un minuto.» disse, prendendo un respiro profondo, prima di poggiare la fronte nell'incavo tra spalla e collo di Richie e nascondere il naso tra i suoi capelli. Quest'ultimo, che gli avrebbe concesso tutto il tempo del mondo, si ritrovò ad annuire piano, carezzandogli la schiena con i polpastrelli e baciandogli il capo talmente tante volte da perderne il conto. Aveva paura di non essere all'altezza di una simile cosa, lui che non era mai stato con nessun altro in nessun modo, riducendo dunque la sua esperienza a zero. Tremava al solo pensiero di poter fare del male al suo prezioso Eddie e gli si aggrovigliava lo stomaco all'idea di saperlo pentito e disgustato per una scelta sbagliata.

«Hey. - il castano richiamò la sua attenzione. - Non farti pippe mentali, non vorrei essere in nessun altro posto.» lo rassicurò, scendendo con il bacino fino in fondo, riuscendo ad avvolgere con i muscoli ogni singolo centimetro di quella perfetta erezione. Richie si sentì morire, soffocare in quella morsa perfetta che pareva volerlo risucchiare; poi rinascere, quando finalmente si lasciò andare ad un gemito di sollievo. Eddie in risposta contrasse i muscoli, come a voler rimarcare il concetto, come a volergli dire che il suo posto era lì, seppellito tra le sue carni, non altrove. Poi cominciò a muoversi, dapprima affondi poco pronunciati, a tratti impacciati, poi man mano sempre più veloci e sconnessi accompagnati da gemiti soffusi.

Ad un tratto Richie invertì le posizioni, facendo ricadere Eddie con la schiena sul materasso e prendendo a dettare il ritmo dell'amplesso. Le labbra incollate tra di loro, le dita di uno artigliate ai capelli dell'altro. Il corvino frappose una mano tra i loro toraci, raggiungendo l'erezione del compagno e prendendo a pomparla all'unisono dei propri affondi. Quando cambiò angolazione, Eddie spalancò gli occhi gonfi di lacrime e si lasciò sfuggire un gemito più acuto degli altri.

«Oddio, sì! Richie, fallo di nuovo! - obbedì immediatamente, riuscendo a sfiorare nuovamente quel punto e facendo sollevare verso l'alto le pupille dilatate dell'altro. - Ancora, ti prego, anc-» non riuscì a concludere la frase, Richie piazzò la mano libera sulla sua bocca, impedendogli di continuare.

«Cristo, Eds... per quanto adori sentirti ansimare, ti ricordo che tua madre è al piano di sotto.» mormorò a quel punto, senza smettere di spingersi, incitato dal nuovo godimento del compagno, sempre più veloce. Eddie parve divertito da quell'accortezza, poi agganciò le gambe sul fondoschiena del compagno, stringendolo ancor di più contro di sé. I movimenti divennero impazienti, eppure perfettamente sincronizzati tra di loro nonostante fossero unicamente dettati dal piacere e, quando Eddie si sciolse tra le mani di Richie, accompagnando l'orgasmo con un gutturale verso appagato, Richie si ritrasse riversando il proprio piacere sui loro ventri. Si guardarono negli occhi, entrambi ancora con il fiatone pesante, poi si sorrisero complici. Eddie si allungò nella sua direzione, circondandogli il collo con le braccia e baciandolo.

«Richie, esprimi un desiderio.» gli disse, trascinandolo al suo fianco e accoccolandosi scompostamente contro di lui.

«Non ne ho altri.» rispose onestamente, se ne fregava di risultare troppo sdolcinato e melenso. Il suo amico gli rivolse un ghigno divertito, che sapeva sarebbe sfociato in una beffa, se non avesse sentito un paio di colpi fuori dalla camera che lo pietrificarono e zittirono.

«Eddie, tutto bene pisellino? Ho sentito dei rumori e... perché la porta è chiusa?» Eddie guardò il suo migliore amico negli occhi, un'espressione del tutto atona dipinta in viso, l'esatto opposto di quella ansiosa dell'altro.

«Testa di cazzo, avresti potuto desiderare che non accadesse una cosa del genere. E invece no, dovevi fare il romantico. - disse in un sussurro quasi del tutto impercettibile, poi riprese a parlare a voce alta, gli occhi puntati verso la porta. - Mi sto masturbando, mamma.» la informò con semplicità. Ci furono alcuni attimi di silenzio durante i quali Richie lo guardò con le labbra spalancate. Dall'altro capo della porta non arrivò un singolo suono, probabilmente la signora K. era morta sul colpo, una notizia del genere doveva averla seriamente sconvolta. Poi i passi pesanti della donna che piano si allontanavano sostituirono il silenzio, seguiti dal tonfo della camera da letto, dove probabilmente si era chiusa con l'intento di pregare per la salvezza dell'anima di suo figlio.

«Sei completamente impazzito?» domandò in un bisbiglio strozzato.

«Mi hai detto tu di farlo!» si difese prontamente, mettendo su un broncio adorabile.

«Un motivo in più per non farlo! Da quando i miei consigli vengono presi per buoni? - domandò per poi scoppiare a ridere, scuotendo il capo. - Cristo santo, posso dire di averle viste tutte.»

«Ha funzionato, no? - ribatté piccato, per poi lanciargli un'occhiata inquisitoria. - Abbiamo appena fatto sesso e ti stupisce il fatto che abbia risposto così a mia madre?»

«Credimi, la seconda è davvero sconvolgente.»

«Idiota.» lo apostrofò, sfilandogli il cuscino da sotto la testa solo per il gusto di sbatterglielo sul naso.

...

«Chi si tuffa per primo?» domandò Mike, guardando verso il basso e specchiandosi dall'alto nella distesa d'acqua, a metri di distanza lontana da loro,

«Io propongo Ben!» disse Stan, dando una pacca sulla spalla al compagno, che immediatamente si rabbuiò.

«Perché scusa?» chiese, facendo una smorfia offesa.

«Perché p-presto dovrai andare via, quindi l'onore del primo tuffo s-spetta a te.» concordò Bill, facendo passare quell'atto di coraggio come una gentile concessione.

«Che stupidaggine.» rispose immediatamente, facendo un passetto indietro e scuotendo il capo contrariato.

«Lasciali perdere, Ben. - sospirò Beverly, facendo scivolare il mozzicone ormai consumato della sigaretta che stava fumando sul terreno. - Gli anni passano, ma voi siete i soliti fifoni.» concluse la ragazza, facendo scivolare via l'abito azzurro e rimanendo in costume, sotto gli occhi sgranati degli altri. La sua presenza a Derry era stata un'inaspettata e piacevole sorpresa. Non aveva detto a nessuno dei suoi compagni che sarebbe rientrata, semplicemente si era fatta trovare lì: i capelli leggermente più lunghi e le curve più sinuose e pronunciate. Si fece largo tra i suoi amici, poggiando un gomito sulla spalla di Richie, poi fece scivolare le iridi chiare verso il basso.

«Seriamente devo andare io per prima? - nessuno le rispose, Bill affondò i denti nel labbro inferiore e Ben aprì e chiuse la bocca più volte, senza riuscire comunque a spiccicare una parola di senso compiuto. - Vedo che le vecchie abitudini sono dure a morire.» aggiunse facendo roteare gli occhi verso l'alto.

«Idea!» s'intromise Richie, sollevando un dito per prendere parola, ma Stan lo bloccò immediatamente, sollevando un palmo aperto.

«No, Rich. Le tue idee non sono nemmeno contemplate.»

«Andiamo! Salta per primo quello che ce l'ha più piccolo!» propose, e tutti, chi più chi meno, sbuffarono e si lamentarono. Tutti ad eccezione di Bev, che rise di gusto. Cosa la rossa ci trovasse di divertente nelle stronzate che Richie sparava ad ogni singola frase, nessuno se lo sarebbe mai spiegato.

«Quindi salti tu?» si voltarono tutti di scatto, trovando Eddie che, dopo aver fatto cadere la bicicletta a pochi passi dalla scogliera, aveva preso a svestirsi e a lasciare in giro i suoi indumenti, smanioso di riunirsi ai suoi compagni. Fu accolto da pacche sulle spalle, abbracci goffi e battutine sulla sua reclusione. Richie non riuscì a parlare, semplicemente si ritrovò a sorridere, maledettamente appagato dal volto allegro di Eddie, inebetito dal suono felice della sua voce. Il più basso si specchiò a sua volta nei suoi occhi, uno sguardo complice e luminoso che scaldò il volto del compagno. Gli si avvicinò a piccoli passi, quasi con discrezione, poi improvvisamente le sue mani si posarono sul petto di Richie e, senza preavviso, lo spinsero oltre il ciglio, costringendolo a fare il tuffo di inaugurazione. Lo seguì subito dopo, riemergendo dal pelo dell'acqua a pochi millimetri dal volto indispettito di Richie, ridendo di gusto. Allungò immediatamente la mano per scostare i capelli fradici dalla fronte e liberargli la vista da quell'impiccio. I loro amici si tuffarono subito dopo raggiungendoli.

«Come hai convinto tua madre a lasciarti libero?»

«Crede che mi faccia male passare troppo tempo chiuso in camera da solo. Preferisce sapermi fuori a bere che sotto le coperte a formulare pensieri impuri.» disse con una scrollata di spalle.

«Mi sembra giusto.» replicò ironicamente, poi rabbrividì quando le mani di Eddie si posarono sulle sue spalle.

«Gli altri lo sanno?» sussurrò, a pochi millimetri dalle sue labbra.

«Ovviamente no, cioè non sapevo se tu... e poi non so se noi... ecco...»

«Ragazzi! - richiamò la loro attenzione, sventolando un braccio in aria. - Io e Rich stiamo insieme!» li informò, come se fosse la notizia più normale del mondo. Richie lo guardò sconvolto, scuotendo il campo, indeciso se fare davvero affidamento alle sue orecchie. Poi Bev urlò in risposta «Ce ne avete messo di tempo!» facendo scoppiare gli altri membri del gruppo in una risata.

«Eds, tu mi stupisc-» lo baciò, fregandomene di avere gli occhi addosso; e Richie lo accolse, lo strinse a sé, ricambiando e facendo sfiorare i loro nasi.

«Non chiamarmi Eds.»

Angolo Autrice:
Scrivere dei Reddie è sempre meraviglioso, trattare questi due personaggi con le loro dinamiche è assolutamente esilarante e ormai ne sono diventata dipendente. Dopo aver visto per la centesima volta il primo capitolo di It ieri sera, concludo questa breve storiella, nata praticamente dal nulla. Spero tanto di essere riuscita a strappare un sorriso a tutti voi. Un grazie speciale alla mia soul _selenewhite_ che beta con pazienza praticamente tutto ciò che scrivo. Il mio angelo in pratica. Alla prossima! ❤️

-ValeAck

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