Capitolo XXIX
Selah passò una mano tra i capelli di George, disteso sul divanetto con la testa appoggiata sul grembo e gli occhi socchiusi, intento a godersi i raggi della Vol che lo scaldavano sulle gambe.
Lanciò uno sguardo alla pila di documenti sul tavolo, che non sarebbe diminuita finché non avrebbero definito il nuovo ministro dei trasporti.
Nessuno dei due aveva voglia di prendersene le responsabilità e il tempo dato a Katherine stava per scadere: se avesse accettato, sarebbe diventato un suo problema. In caso contrario, di chiunque altro avrebbe preso quel posto.
Non riusciva a convincersi del tutto su quella decisione: fin da quando le era stato proposto aveva sperato in un suo rifiuto.
«Non pensi che si stata una cattiva idea coinvolgere Katherine nel governo?»
Aspettare una risposta era sempre la parte che Selah sopportava meno.
Aspettare una risposta ovvia le faceva solo salire il nervosismo.
Con il comportamento che aveva dimostrato più volte, non era la persona giusta per il ministero dei trasporti, ma aveva un peso politico che la rendeva adatta. Non lo poteva ignorare ed era il problema, ma non poteva nemmeno temere lo scoppio della guerra. Tutti i suoi piani sarebbero crollati nel giro di poco e né il regno né l'esercito erano preparati a sufficienza per una situazione del genere
Doveva ancora capire cosa avesse da pensarci su George: la risposta era facile. Gliel'avrebbe anche ripetuta, più piano, se avesse avuto la certezza che avrebbe avuto un sì da parte sua.
Fosse stata da sola sul trono avrebbe già preso la decisione: toglierla di mezzo era il modo più veloce per assicurarsi di avere sotto controllo la principessa. Ma dovevano governare insieme e a quel punto poteva solo sperare che la stessa scena non si ripetesse per altre questioni.
Vexhaben non poteva permettersi il temporeggiare di George, non quando la Voragine era tornata a essere il problema. Sulla sua codardia doveva dare ragione a Katherine.
Fermò la mano, arricciando una ciocca corta sul dito e George socchiuse gli occhi.
«Ho ripensato a quello che ha detto mio padre, ha ragione lui.»
«Non mi hai messo al corrente.»
George sollevò il braccio e le accarezzò una guancia. «Mi è passato di mente. A parte i Dankworth e le altre famiglie che aiuta pubblicamente, potrebbero esserci altri che sono favorevoli a Katherine e alle sue... trovate.»
«Solo uno stupido sarebbe favorevole alla sua richiesta di Gabes.»
E se Rachel non avesse eseguito l'ordine più stupido che le avesse mai dato, le avrebbe dato guai. Poteva scommettere tutti i suoi averi, tutti i titoli che avrebbe sfruttato la nuova occasione. Darle un ministero significava solo darle vero potere.
«Oh, no. Non quella. Facciamo finta che non sia mai esistita.»
Selah si chinò a dargli un bacio sulla fronte. Da quanto si illudeva, le appariva tenero.
«E quindi cos'è?»
«Tutta la rete che si è creata: se abbiamo bisogno di lavoratori per i tracciati ferroviari e sanno che Katherine è dalla loro parte, ci eviteremo gli scioperi. Forse riusciamo anche a ridurre le spese. È anche l'ora di lasciare nel passato i suoi errori, dovrebbe avere imparato.»
«In effetti, porterebbe una parte di consensi di chi le sta vicino.» Selah si guardò le unghie della mano sinistra.
Anche se era sicura che se qualcuno avesse chiesto alla principessa cosa preferiva tra lei sul trono di Vexhaben e Selah con un fucile puntato contro di lei, avrebbe risposto la seconda, senza pensarci nemmeno troppo.
Quando bussarono alla porta, George si tirò a sedere con un lungo sospiro. Le rivolse un piccolo sorriso, prima di darle un bacio sulle labbra.
«La politica è fatta di compromessi, trovane uno con mia sorella.»
Avrebbe preferito non dover sopportare un'altra decisione sbagliata del governo di Vexhaben.
Katherine avanzò nella stanza con un'espressione tirata sul volto: forse poteva sperare che fosse lei stessa a rifiutare la posizione.
Il sorriso che le rivolse non era certo dovuto al volerla accogliere.
Sul pavimento di marmo bianco era comparo un riflesso arcobaleno e la luce che entrava dalla finestra accentuava i decori dorati alle pareti e sui mobili.
Si fermò a poca distanza dal divanetto, appoggiò una mano sul petto e si inchinò nella loro direzione.
«Volevate vedermi?»
Sapeva già la risposta, ma la domanda di cortesia le era venuta quasi spontanea.
George si sistemò un bottone sulla manica della camicia e le sorrise. «Sì, siediti pure. Vuoi qualcosa?»
Selah gli appoggiò la testa sulla spalla, senza lasciare la presa sulla mano di George.
«Ti ringrazio per la proposta, ma no» rispose mentre si avvicinava. Si sedette sul divanetto di fronte a loro, lisciando la stoffa dei pantaloni. «Sono a posto così.»
«Lasciateci soli» disse George rivolgendosi verso il servo.
«Come desiderate, Maestà.»
«La prossima domanda penso la conosciate già» continuò Katherine non appena la porta si chiuse. «E la risposta è no.»
«Quindi... rifiuti il ministero?» George aggrottò la fronte, stringendo appena la presa sulla sua mano.
Selah si trattenne dal sorridere: non averla nel governo l'avrebbe fatta felice.
«Intendevo il motivo di questa convocazione.»
«Il tempo che ti abbiamo dato per decidere sul ministero sta scadendo, principessa» le disse Selah. «Non ti sei degnata di farci avere una risposta, perdona la nostra preoccupazione sul volere che tutto vada bene. E considerando che il giuramento è tra tre giorni, vorremmo sapere cosa hai scelto.»
«Ah, il ministero.» Katherine agitò una mano. «Mi era passato di mente, ma la risposta è sì. Sarebbe un peccato mettere in crisi l'immagine della corona... vi risparmio una figuraccia all'inizio del regno, dovreste ringraziarmi.»
Fu George a parlare. «Katherine, per favore. Non iniziare.»
«Era solo un'innocente constatazione... ora anche queste sono illegali? Non ho trovato nuove leggi.»
«Katherine.»
«Va bene, va bene» gli rispose sollevando i palmi.
«Gli incontri con la Redgold sono andati bene. Devo essere sincero, mi aspettavo il contrario.»
Katherine strinse appena le mani sulla stoffa dei pantaloni: doveva mordersi la lingua per non rispondergli male per un'altra volta.
Inspirò a fondo, si sforzò di sorridere e congiunse i palmi. «Ti ringrazio. So lavorare bene, se me ne viene data la possibilità.»
«Forse anche i diplomatici di Ethor potrebbero essere soddisfatti del tuo operato. La linea ferroviaria sarà un primo passo verso la pace.»
«Io continuo a pensare che sia meglio dare fuoco a Crohull» disse Selah chinandosi in avanti. «Ma sono curiosa di sapere come sei arrivata a questo risultato.»
Katherine si grattò una guancia.
«Non ho fatto niente di che, ho solo offerto di pagare parte della quota di tasca mia» rispose intrecciando le dita. «Ma ho il sospetto che non sarà abbastanza per Ethor.»
Selah agitò una mano. «Quello devi fare è semplice: illudili quanto basta per dichiarare guerra e mi dirò felice del tuo operato.»
«Non cerco proprio la tua approvazione. Ho intenzione di lavorare per il bene del regno.»
«Quello che ti dico di fare è per il bene del regno.»
«Non condivido l'osservazione. Posso sapere almeno se ci sono condizioni?»
«Non sarà nulla di troppo diverso da quello che facevi già con la Redgold. Puoi chiedere aiuto a Perch, liberissima di cercare consigli. Puoi scegliere i collaboratori che vuoi se accetti. Ancora non abbiamo motivo di trattarti in modo diverso dagli altri ministri» le rispose George.
«A me basta che tu non faccia scoppiare una rivoluzione, per come gestirai il resto... hai carta bianca. Errori e responsabilità saranno tuoi. Perché non credere che l'essere figlia di re ti renda invincibile.»
«Immagino che più facile pensarlo di esserlo dopo aver ucciso innocenti.»
Se voleva litigare, l'avrebbe accontentata: non erano innocenti, era feccia da eliminare per il bene del regno.
«Quindi tu pensi davvero di essere invincibile?»
Scosse la testa. «Io penso solo che chiunque dovrebbe avere le stesse possibilità. Mettermi al governo con voi significherebbe solo darvi la possibilità di mettere a tacere l'unica voce che ha la Voragine.»
«E tu perché li difendi?» George scosse la testa. «Vorrei sapere da dove ti sono saltate fuori queste idee... strane.»
«Io ho una mezza idea.» Selah aggrottò la fronte, intrecciando le dita. Non poteva certo aspettarsi niente di buono da chi aveva rovinato da sola un'intera alleanza per cui tutti avevano lavorato per anni. «Forse dovresti rivalutare le tue compagnie, Katherine: basta una mela marcia a rovinare un cesto di frutta.»
«Sul cessare il mio supporto ai Dankworth la risposta è no.»
«Ma questa è una battaglia che non puoi vincere. Proteggere la feccia non è proprio a favore del bene di Vexhaben.»
Katherine balzò in piedi, allargando le braccia. «Per il bene di Vexhaben? Per il bene di Vexhaben tu vuoi far pagare a innocenti? Come se la Notte dei Morti non sia stata abbastanza? Io vorrei sapere se vi ascoltate quando parlate. Se vi rendete conto delle follie che vi escono, se capite i vostri discorsi. I responsabili di Gabes sono morti. Hanno già pagato. Avevate la possibilità di non andare contro natura, ma avete spinto per la famiglia di Paul.»
«Tu sei quella che ha proposto, Katherine. La colpa è anche tua. Se tu fossi rimasta al tuo posto, se tu non avessi voluto andare oltre... per cosa poi? Devo ritenerti responsabile della fuga di Langdale? Sarebbe ancora qui se non fosse stato per te» le rispose Selah.
«Per me? Non mi pare di aver preso parte allo scontro. La domanda dovrebbe essere perché è sfuggita a te.»
Selah si alzò a sua volta. Scosse appena la testa e poi incrociò le braccia. Se Katherine pensava che quelle parole l'avessero ferita, avrebbe dovuto impegnarsi di più: aveva sentito di peggio dalla feccia che voleva proteggere.
«Faresti meglio a occuparti delle questioni che ti riguardano.»
«Io ci ho solo parlato per evitare una condanna ingiusta, per sapere se c'era un modo per evitare che morisse un altro innocente. Aveva i bracciali di astalt a Gabes. Non poteva fare nulla di quello che hanno fatto gli altri, è pura logica. Ma a quanto pare, nemmeno la logica vi basta. Siete ciechi, siete stupidi. Avete il cervello grande quanto...» Afferrò una noce da una ciotola e la sollevò davanti a George. «Quanto una noce. Era una pura questione di logica. Ma nella Voragine... Sei stata tu a scontrarti con lei. Né io né Miriam né i soldati. La sua fuga è dovuta alla tua sconfitta. Forse... dovresti ridimensionare quel che pensi di essere in grado di fare.»
Abbassò il braccio di scatto quando finì di parlare.
«Ancora pensate che ci fosse un motivo puramente egoistico alla mia richiesta di fare da garante?»
«Hai mai fatto qualcosa con altre motivazioni?»
Katherine incrociò le braccia. «Come se tu non fossi invischiata in politica solo per un capriccio personale.»
Selah le si avvicinò. «Forse sarebbe stato un bene se quella feccia avrebbe bruciato Vexhaben, per una volta potevi capire.»
«Per il cielo!» La voce di George arrivò attutita. Aveva nascosto la faccia tra le mani e scuoteva appena la testa. «Per una volta, una singola volta, potete parlare senza litigare?»
«Forse quando si deciderà a darmi il rispetto che mi deve» rispose Selah, tornando a sedersi. George le appoggiò una mano sulla coscia.
«Katherine, chiedi scusa.»
«Peccato che non si tratti di aver rubato caramelle» rispose con un sorriso. «E che è bene che impariate ad accettare i pareri contrari.»
Se avesse portato quel comportamento negli incontri con i funzionari di Ethor, la guerra sarebbe scoppiata prima del previsto. Sarebbe stato meglio finire il prima possibile le operazioni più importanti per non essere impreparati.
«Eppure chi ha preteso, chi ha spinto per andare contro natura sei stata tu, Katherine. Non rigirare la verità come vuoi, è inutile. Ti fai il sangue amaro per nulla: tu sei solo una principessa, rimani al tuo posto. Avresti modo di occupare le tue giornate, non giocare alla politica.» Si voltò verso George, incrociando le braccia. Aspettare una sua reazione forse era pretendere troppo ed era ciò che più le faceva prudere i palmi. Le parole di Katherine non erano così peggiori da altre cose che le avevano urlato addosso, le scivolavano addosso.
«E chi è che mi vuole al governo?»
«I trasporti non sono politica.»
«Ah no? Non si tratta di incontrare persone, farsi una rete intorno di eventuali alleati? Se sono al governo è politica.»
George scosse ancora la testa. «Non fare i capricci, non sei più una bambina.»
Selah inclinò appena la testa: spostò lo sguardo su Katherine, tornata a sedersi. Continuava a fissarla, le labbra serrate. Non importava leggerle nella mente, ma era certa che stesse pensando a come farla fuori. Non poteva certo biasimarla né poteva dire che non l'avrebbe fatto nemmeno lei se si fosse trovata nella stessa situazione.
«Il tuo governo si basa sul nulla. Tu hai paura di andare contro quello che dice Selah, non hai il coraggio di prendere in mano la situazione. Cosa hai fatto a Gabes oltre a bere? Cosa hai portato a Vexhaben quella notte? La verità è che sei un codardo. Hai il trono solo perché sei nato per primo, perché hai avuto fortuna. Io non sarò la principessa che Vexhaben merita, ma tu sei il re che Vexhaben non dovrebbe avere» gli disse puntandogli il dito contro. «Tu sei un codardo, George, e arriverà il giorno in cui ti toccherà pagare tutto questo. Non puoi sempre appoggiarti alle idee di Selah, non puoi nasconderti per sempre dietro alla tua regina.»
«Katherine, basta così. Le prossime accuse che lanci non ti porteranno niente di buono.»
Selah gli appoggiò una mano sulla coscia. «No, lasciala parlare. Sapevo che sarebbe stato solo una questione di giorni prima che rivelasse quel che pensava veramente.» Si alzò, le si avvicinò e le strinse il volto con una mano. «Parli tanto di codardia, tu che hai deciso in cinque minuti di diventare lo sponsor di Langdale per poi non fare nulla per lei nella Voragine. Sono disposta a dimenticare le tue accuse, se accetti di lavorare come ti dico io.»
Katherine ingoiò a vuoto quando allentò la presa.
«Nel caso contrario, ti sei condannata da sola al tradimento contro il regno. Penso che la scelta si sia semplificata così» aggiunse rivolgendole un sorriso.
«Lo faccio per Vexhaben, non per voi.»
«Ottimo» rispose George. Cinque rintocchi dell'orologio a cucù echeggiarono nella stanza. «Direi che è arrivata l'ora del tè. Vuoi una tazza, Katherine?»
«Sia mai avvelenata» rispose prima di avviarsi a passo svelto verso la porta.
George si passò una mano tra i capelli. «È andata meglio di quanto sperassi, nessuno è morto.»
Selah scosse la testa: per quanto odiasse ammetterlo, Katherine aveva ragione.George era un codardo.
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