What's happening?
Quando Harry rinsavì, si ritrovò steso per terra in una via male illuminata, un lampione che proiettava la sua luce sul suo volto cinereo e le stelle nelle profondità del cielo ad illuminare la notte scura. Harry si levò sui gomiti, prendendosi poi la testa con una mano. Strinse gli occhi per un leggero fastidio che gli colpì la tempia sinistra per poi spalancarli. Che cavolo ci faceva lui in una via? Si guardò intorno e non c'era nessuno, solo dei cassonetti della spazzatura addossati alle pareti, una macchina parcheggiata poco più in là e delle bottiglie di birra sparse per l'asfalto. Dietro di lui, la strada era in silenzio, nessuna macchina a rompere la quiete con i suoi clacson continui. Sbattè più rapidamente le palpebre e si rese conto di avere una birra in mano, stretta nella mano destra e svuotata per tre quarti. La sollevò scuotendo la testa, abbassando poi i suoi occhi lucidi sui suoi abiti completamente sporchi. Aveva il cuore che gli batteva a mille e scaraventò lontano la bottiglia che manteneva, lanciandola contro quelle già presenti e che erano addossate ai cassettoni della spazzatura. Si alzò in piedi cercando di spolverarsi l'addome. Come aveva fatto ad arrivare fin lì? Era a casa della signorina Grey e stava cercando la sua ragazza, Zayn e Louis l'avevano fatto bere un po' troppo e poi...niente. Cos'era accaduto, dopo?
Una porticina sul fianco del palazzo che capitanava quella via buia si spalancò, rivelando un chiasso infernale proveniente da quella direzione. Harry si tappò un orecchio, girandosi verso quella direzione e posando i suoi occhi verde smeraldo su una figura minuta che stava mantenendo la maniglia, la testa oltre la porta che si muoveva a destra e a sinistra come a voler cercare qualcuno.
D'un tratto i suoi occhi scuri contorniati da lunghe ciglia si posarono su Harry e abbassò la testa, sconsolata.
Si richiuse la porte alle spalle, ovattando quel rumore di musica altissima e scese i tre piccoli gradini che la separavano dalla strada. Le gambe magre erano fasciate da skinny neri e totalmente strappati sulle cosce, tacchi alti che la slanciavano e i capelli scuri che le ondeggiavano lunghi sulla schiena.
«Ma quanto cazzo ci metti?»
Era Tamara.
Harry sentì la mascella cadere per terra, con il cuore che saltava un battito improvvisamente. Quando la ragazza arrivò al centro del cono di luce, venne investita dalla luminosità del lampione ed Harry vide la sua ragazza molto diversa.
Abbigliamento a parte, era fortemente truccata.
L'eyeliner era marcato sulle palpebre, interamente circondate di nero, un piercing al naso e uno al sopracciglio e le labbra tinte di viola scuro. Stava masticando un chewing gum.
«Allora?» disse, rincarando la dose. Harry sbattè le palpebre.
«Tamara?» chiese, perché era assolutamente impossibile un cambiamento così repentino. «Cosa ti hanno fatto? Ti ho cercata dappertutto» disse mentre le sfiorava una guancia come se fosse un'opera d'arte impossibile da sfiorare.
La ragazza sollevò un sopracciglio. «Cazzo, hai fumato più del previsto. Dobbiamo tornare dentro.»
«No, perché? Sono stanco, andiamo a casa.»
Tamara si bloccò a metà del suo giro, «Harry Styles stanco? Ma ti senti quando parli? Andiamo, Liam sta offrendo un secondo giro» disse, tappandosi una narice e inspirando con quella libera.
Harry sgranò gli occhi. «Sicura di stare bene? Non ti riconosco» ammise lui, continuando a restare fermo sotto alla luce e chiedendosi cosa stesse accadendo. Insomma, non era mica morto per davvero e stava sognando?
Tamara lo prese sotto braccio, «Sono io a non riconoscerti. Sei sempre il primo a buttarti avanti quando si tratta di Payne.»
«Liam Payne?» chiese Harry mentre si lasciava trasportare dalla ragazza, i suoi tacchi che ticchettavano sull'asfalto bagnato. «Quello del corso di biologia?»
Tamara gli diede una botta sul braccio, «Ma che cazzo dici, lui ha lasciato la scuola due anni fa» e aprì la porta, facendo rimbombare i timpani di Harry che si parò gli occhi per una forte luce fucsia che usciva da quella parte.
«No, non entro, non mi piacciono le feste.»
Tamara salì il primo gradino e si girò verso di lui, la musica a palla dietro di lei e lo sguardo provocante. Gli circondò il collo con le braccia, «Ma come, se le ami tanto» disse, avvicinandosi al suo orecchio e mordendogli il lobo. «Non ti va di passare del tempo con me, lì sopra, come sempre?»
Harry sentì una scossa fargli tremare il corpo e vide Tamara avvicinarsi e poggiare le labbra sulle sue. Harry le cinse i fianchi e la sentì muovere il bacino contro di lui.
Aprì gli occhi e la allontanò. «Cosa?» disse. «Come sempre?» ripetè quanto appena detto dalla fidanzata.
Lei si morse il labbro, per poi abbassare lo sguardo. «Ma quando minchia ti sei cambiato?»
Harry sollevò entrambe le sopracciglia. «Sono uscito così da casa, ricordi? Mi sei passata persino a prendere.»
Lei sciolse la presa dalla sua nuca, appoggiando le mani suoi fianchi. «Senti, sono strafatta e anche un po' sbronza. Però ricordo perfettamente che questo pomeriggio abbiamo scopato e poi mi hai portato qui.» Detto questo, prese Harry - che era immobile e incredulo - per mano e lo portò dentro, richiudendo la porta alle sue spalle.
Di certo non era a casa di Meredith Grey, e di certo non pensava di vedere così tanta gente.
Vide una scalinata protendersi davanti ai suoi occhi, Liam Payne che scendeva con gli occhi lucidi e un sorriso che gli andava da un orecchio all'altro, mentre la fila si andava allargando sempre più. Harry si tappò le orecchie e vide Tamara muovere i fianchi a ritmo di musica, con i ragazzi che le giravano intorno e la musica che si ripeteva sempre più alta. Harry iniziò a guardarsi intorno.
Non sarebbe mai andato in un posto del genere.
Mai e poi mai, ma come ci era finito? Gli girava la testa ed era stanco, sarebbe potuto crollare a terra da un momento all'altro.
«Tam» chiamò, punzecchiandole un braccio mentre Liam gli passava accanto e gli assestava una gomitata tra le costole, ridendo. «Ehi!» urlò Harry, ma ovviamente la sua voce era inudibile lì in mezzo. Circondò il polso di Tamara, attirandola a sè. «Dobbiamo andare» disse a voce bassa, ma lei in risposta controllò l'orologio alla parete.
«Dài Harry, sono le tre, è ancora presto!»
Al ragazzo uscirono gli occhi fuori dalle orbite. Prima però che potesse dire altro, le luci del locale si spensero e la musica cessò in un istante, con urla di lamentela che si levavano verso il dj.
«Scusate» disse la voce, resa graffiante dal microfono, «non vorrei allarmarvi, ma-»
Sirene della polizia iniziarono a farsi sempre più vicine e i tutti i ragazzi all'interno del locale si raggrupparono e utilizzarono le uscite di emergenza.
Tamara si spostò i capelli sulla schiena e prese Harry per mano, scendendo dalle scale nascoste nel muro e precipitandosi giù dagli scalini, con il ragazzo che veniva spintonato e toccato in punti che non dovevano essere toccati durante una fuga.
Si ritrovarono catapultati in un garage e Tamara si liberò di Harry, urlandogli di stare dietro, mentre il ragazzo - nonostante stesse ancora correndo - si guardava intorno notando facce familiari ma al contempo diverse.
Tamara tirò fuori dalla tasca le chiavi della macchina e, al seguito dell'accensione, spinse Harry all'interno della vettura, sul lato del passeggero. «Ehi, ehi» disse il ragazzo appoggiando le mani sul cruscotto. «Questa non è la tua macchina.»
«Sta' zitto» urlò lei mentre metteva in moto e lasciava il parcheggio per immettersi sulla strada principale. Ormai le sirene della polizia erano troppo vicine, eppure non incontrarono alcun loro veicolo per strada mentre camminavano contromano.
«Ma che ti prende» urlò Harry afferrandole il manubrio e costringendola a fare inversione di marcia. Tamara inchiodò, facendo sbattere ad Harry la testa al finestrino, prima di premere l'acceleratore e sparire in una strada secondaria.
Tamara lanciò un'occhiata ad Harry che cercava di infilarsi subito la cintura e di mantenersi al sedile per l'andatura rapida della ragazza, eppure venne spinto in avanti quando Tamara frenò bruscamente, appena prima che si scontrassero contro il muro del vicolo cieco. Non c'era più un rumore.
Harry si massaggiava il lato della testa colpito, osservando con occhi sgranati la ragazza.
«Credo che dormiremo qui» annunciò lei abbassando il sedile e stendendosi su di esso.
Harry la guardò ancora, liberandosi della cintura di sicurezza e spalancando le braccia.
«Ma che cosa diamine ti è preso? Non hai mai guidato così, ci hai fatto rischiare la vi-» Ma si bloccò quando lei gli prese il polso e l'obbligò a stendersi sopra di lei, la sua testa appoggiata sul suo petto.
«Adesso dormi, non sono in grado di reggere un'altra tua parola» disse, stringendosi Harry a sè e addormentandosi sul momento, mentre il riccio, il petto scosso da spasmi e l'affanno, si lasciava pian piano cullare dal ritmo regolare del cuore di Tamara, fino ad addormentarsi nel cuore della notte, abbracciato alla sua ragazza.
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Una porta dietro di lui si spalancò di scatto, sbattendo contro il resto della superficie della casa. «Harry» urlò una ragazza, e il riccio aprì di scatto gli occhi, trovandosi un lato della testa completamente appoggiato su un ammasso di fanghiglia e i vestiti totalmente zuppi di acqua puzzolente. Storse il naso, afferrandosi il piercing con i denti bianchi, prima di alzarsi e mettersi seduto, con le braccia appoggiate alle ginocchia.
La ragazza arrivò correndo verso di lui, la gonna lunga che le svolazzava intorno alle caviglie e i capelli lasciati lisci ad incorniciarle il volto arrossato. «Cosa ci fai qui?» gli chiese, accovacciandosi vicino a lui.
Harry stiracchiò le braccia, guardandosi intorno. «E io che cazzo ne so» disse sincermente, poi guardò la ragazza e il suo sguardo orripilante. «Che c'è'?» chiese, mettendosi in piedi e strizzandosi un lato della maglietta nera tra le mani come se fosse uno straccio zuppo. «Cazzo, che puzza» disse.
Tamara si sollevò a sua volta, portandosi una mano alla bocca. «D-dove hai preso quel coso in faccia?» chiese con un filo di voce.
Harry sollevò un sopracciglio, «Eh?»
«Il piercing, da dove è uscito?»
Il ragazzo se lo girò tra le dita. «Ce lo siamo fatto insieme due anni fa, non te lo ricordi? Anzi, a proposito, dove hai messo i tuoi? E perché ti sei vestita così di merda? Doveva essere una bella festa, quella di stasera...» disse, abbassando il tono della voce man mano che si approssimava alla fine della frase.
Tamara si guardò, poi spostò i suoi occhi scuri su Harry. «Ti sei anche cambiato» appuntò, incrociando le braccia al petto. Il ragazzo sbuffò e la spinse con il braccio, facendola procedere in avanti, con gli stivaletti che gli cigolavano sul fango di quella specie di campo in cui era finito chissà come. Arrivati dentro casa, la musica non era poi così elevata. C'era parecchia gente, ragazze vestite a troie, banconi pieni di cose da mangiare e gente che fumava vicino le finestre. Tamara non smetteva di togliere gli occhi di dosso al ragazzo. Harry se ne accorse e le si fermò davanti, proprio in prossimità delle scale che portavano al secondo piano. Che poi, Louis gli aveva detto di andare in quello che aveva definito "il miglior pub nascosto di Londra", ma evidentemente l'aveva preso per il culo. Chi si sarebbe mai chiuso in una casa così schifosamente elegante per sniffare cocaina?
Guardò la ragazza, poi le si avvicinò agli occhi. «Le pupille sono piccole, non hai fumato?» le chiese, e Tamara sussultò, coprendosi la faccia con le mani.
«Ma come ti viene in mente di chiedermi una cosa del genere, Harry.»
Il ragazzo sollevò un sopracciglio e spostò le mani della ragazza, guardandole le labbra finemente truccate. «E dov'è il tuo meraviglioso trucco pesante?» le disse, avvicinandosi alle sue labbra sottili. Stava per baciarla quando lei gli appoggiò le mani sul petto gonfio.
«Puzzi di alcol» gli disse, ed Harry scoppiò a ridere sulle sue labbra, baciandola successivamente e con bramosia. Tamara restò bloccata, quando si staccarono. «E anche di fumo» aggiunse. «Che ti prende, Harry? Cosa ti hanno fatto?»
«Di chi parli? Non mi hanno fatto proprio niente» disse, spingendola verso le scale per farla salire al piano di sopra. Tamara spinse via le sue mani grandi.
«Andiamo a casa» disse, prendendolo per mano.
«Cosa?!» urlò Harry. «E' presto, e non abbiamo nemmeno scopato. Non ci torno a casa» disse, imputandosi a terra come un bambino.
Zayn e Louis gli passarono davanti e gli scoppiarono a ridere in faccia, mentre Tamara si portava due ciocche di capelli dietro le orecchie e abbassava lo sguardo. «Harry, noi non facciamo l'amore» disse in un sussurro, poi il riccio si girò verso Louis che si era momentaneamente staccato da Zayn.
«E tu che cazzo stai ridendo?» urlò, facendo girare tutti nella sua direzione. «Già questo posto fa cagare, per cui ti conviene far sparire quel sorriso di merda da quella faccia da culo che ti ritrovi e sparire prima che te la gonfi.»
Il silenzio che cadde fu assordante.
Louis rimase fermo con il bicchiere a mezz'aria.
Harry lo guardava infastidito e Tamara con la bocca spalancata. «Dobbiamo sparire, adesso» annunciò, prendendo il ragazzo per mano e trascinandolo via. Quando si chiusero la porta di ingresso alle spalle, sentirono entrambi Zayn dire «No, avrei voluto filmarlo, è impossibile.» Ed Harry fu sul punto di girarsi e rientrare, ma la ragazza lo bloccò.
«Smettila, non ti sto riconoscendo.»
«Com'è che non scopiamo?» disse invece lui, riprendendo il discorso di prima come se non fosse successo niente al di fuori del normale.
Tamara lo guardò negli occhi verdi, i suoi lucidi. «Ti rendi conto di cosa hai fatto?» disse, allontanandosi verso la macchina bianca. Harry abbassò le spalle.
«Cazzo, parla.»
«Non hai mai usato un linguaggio tanto volgare verso qualcuno, Harry. Louis non ti ha fatto niente questa sera per stuzzicarti così tanto, e non avresti dovuto sfuriare a casa di Meredith in quel modo. Ti rendi conto della vergogna?!» disse lei, aprendo la macchina e infilandosi dentro. Harry la seguì a ruota.
Vedeva la ragazza che si affrettava a partire come se volesse scappare da qualcosa il più velocemente possibile.
La guardò allacciarsi la cintura e mettere in moto, procedendo a passo di lumaca, quando per la strada non c'era anima viva sebbene fosse prestissimo per i suoi standard.
«Chi cazzo è Meredith?» rispose alla fine, e Tamara sbattè le mani sul volante.
Harry guardò fuori dal finestrino. «Che serata di merda.» Ed era vero. Si era preso una birra e una sigaretta per stare fuori, in strada, ad ubriacarsi in pace prima di raggiungere Payne nei bagni del locale, quando forse si era addormentato per terra. Non ricordava nient'altro, e quel vuoto lo stava facendo imbestialire.
Tamara gli lanciò un'occhiata prima di parcheggiare lungo il marciapiede della sua abitazione. «Scendi» disse amaramente, poi gli accarezzò il braccio come per addolcire la dose. «Ne riparliamo domani con calma.»
Harry mugugnò qualcosa, poi guardò il palazzo di fronte a sè. «Okay» disse e scese dalla macchina.
Quando imboccò il cancello risuonò un allarme per tutta l'abitazione e si accucciò a terra, tappandosi le orecchie. «Chi cazzo ha messo quest'allarme?» urlò, e Tamara lo indicò con l'indice.
Alle sue spalle, una porta venne aperta e il padre uscì all'aria aperta per disattivarlo, con le ciabatte marroni che risuonavano sulla brecciolina e la vestaglia a coprirgli il corpo. Tamara salutò Jeremy Styles con la mano prima di andarsene, poi Harry osservò il padre dalla testa ai piedi. «Cosa cazzo ci fai tu a casa?» sputò, sorpassandolo.
Jeremy sollevò le braccia verso il cielo, i capelli ricci a riflettere la luce della luna piena. «Ci vivo» disse, ma Harry era troppo lontano perché potesse sentirlo. Salì subito al piano di sopra. Perché suo padre era a casa? Non si era mai importato di lui o della madre, perché adesso si comportava come il perfetto marito che non era mai stato? Perché non se ne tornava dalla sua puttana da cui passava tutte le notti?
Mentre saliva le scale, si guardò attorno. Per quale assurdo motivo la sua casa era così pulita, in ordine e fatta a nuovo? Sembrava che in quelle poche ore in cui era rimasto fuori di casa, l'avessero ristrutturata. Sentì la rabbia scorrere nelle vene e si chiuse in camera sua, girando la chiave. Si avventò sulla scrivania per prendere il pacchetto delle sigarette, ma trovò solo libri addossati alla parete e quaderni aperti, ricolmi di appunti. «Ma che cazzo» disse, sollevandoli in aria come se fossero colmi di germi. Li gettò a terra incurante e urlò quando non trovò le sigarette, così si tolse la maglietta nera e la gettò a terra, nell'angolo, insieme agli stivaletti e ai jeans neri. Si buttò a peso morto, senza accendere la luce, sul letto, incrociando le braccia al petto. Certo che quella serata era stata strana. Tamara non l'aveva neanche chiamato a stare da lei, che merda, e poi il padre al piano di sotto lo stava mandando letteralmente a fuoco. Non riusciva a sopportare che si aggirasse tranquillo per casa sua, non poteva proprio. Si girò sul fianco e si addomentò con quel pensiero in testa.
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