I'll help you
«Ma quindi tu chi saresti?» gli chiese Tamara tamponandosi con un dito la ferita aperta al labbro inferiore. Aveva gli occhi puntati su quell'Harry che credeva fosse il suo ragazzo, ma lui non avrebbe mai preso a pugni qualcuno.
Il giovane dagli occhi verdi si accarezzò le nocche ferite e leggermente sanguinanti, le mani pallide e gli occhi puntati per terra, in mezzo ai suoi piedi. Quando sollevò lo sguardo, si incontrò con gli occhi scuri di quella nuova Tamara che continuava imperterrita a toccarsi la ferita al labbro. Si scrollò i capelli un'unica volta e tirò su con il naso. «E che cazzo ne so io» disse elegantemente, prendendosi il piercing tra i denti. «Credo di essere la sua contro figura.»
Tamara aggrottò le sopracciglia, staccando il dito dalla bocca. Era assurdo credere che quel ragazzo che aveva di fronte fosse il riflesso del suo Harry, quello scambio di corpi era talmente impossibile che faticava anche a pensarci sopra. Ma il suo ragazzo non aveva piercing, non aveva un linguaggio tanto scurrile, non si era mai azzardato a toccarla come quell'Harry che aveva davanti aveva fatto quella mattina. «E se tu fossi il suo lato cattivo?» chiese a quel punto, stupita delle sue stesse parole.
Harry sollevò il sopracciglio, con la bocca schiusa e gli occhi verdi quasi spalancati. «Non siamo in un racconto fantastico, Tamara.»
Lei drizzò la schiena sulla panchina presso cui lui le aveva raccontato la sua storia assurda, e incrociò le braccia al petto. «Allora spiegami com'è possibile che due ragazzi opposti si siano scambiati.»
Harry si portò entrambe le mani alla testa, sentendo le nocche spaccarsi nuovamente e sussultando leggermente sul posto. Strinse gli occhi per riportare sulle palpebre la scena che aveva vissuto. C'erano lui e quell'altro ragazzo che si guardavano vicendevolmente, poi lui che gli correva incontro e il buio, per poi svegliarsi sul bordo di uno stagno puzzolente sul retro di una villa di una riccona. «Non so perché sia successo, non credevo che la magia o qualsiasi cosa sia questo fottuto scambio esistesse, non so come comportarmi, cosa fare» disse a tono di voce basso. C'era poca gente nel parco, rispetto a quando lui aveva colpito Zayn ripetutamente. Al ricordo del suo volto, si girò e prese Tamara per il mento, avvicinandosi per controllarle la ferita al labbro. Era ancora aperta, sanguinante e anche un po' sporca. «Dovremmo tornare in quella casa lì.»
Tamara puntò i suoi occhi castani su quelli di Harry, la sua mano ancora avvolta intorno al mento e le sue braccia ancora incrociate sotto il seno prosperoso. «Quale casa?»
«Quella del mio sosia.»
Tamara roteò gli occhi al cielo e gli scostò la mano con un gesto delicato. «E' momentaneamente casa tua, finchè non troveremo il modo di riportarti indietro.» Si alzò, aggiustandosi la base del vestitino leggero. Harry prese un grosso respiro e appoggiò le mani intorno alle ginocchia prima di alzarsi in piedi. Era molto più alto di lei, e la guardò dalla sua altezza, il suo respiro che le solleticava i capelli sulla fronte. «Mi dispiace» disse ad un palmo dal suo naso.
Tamara si morse il labbro inferiore, sussultando quando sfiorò la ferita con i denti. «Esattamente per cosa?» gli chiese.
Harry fece un passo indietro, stranamente imbarazzato. «Per aver lasciato che Zayn ti facesse del male-»
«E' stato un incidente» lo interruppe lei, ma Harry alzò la mano, bloccandola.
«Per averti baciato e sfiorato come la mia contro figura non ha mai fatto. Non avrei mai voluto tentare di scoparti, scusami.»
«Harry, pensavi che fossi la tua ragazza..» disse Tamara, osservandosi la punta delle scarpe. In quel momento l'imbarazzo la colpì tutto in una volta, come se si fosse appena resa conto di essere stata toccata da uno sconosciuto.
Harry scosse la testa, grattandosi la nuca. «E scusami per averti portato via il tuo ragazzo.» Si strinse due ciocche di capelli tra le mani, quasi tirandosele per la frustrazione. «Cazzo!» urlò. «Che situazione di merda!»
Tamara gli si avvicinò e gli prese la mano ferita, soppesando la condizione delle nocche e vedendo gli anelli ad impreziosirgli le dita affusolate. «Mi sembra impossibile credere a tutto questo» disse piano.
Harry strinse la mascella. «Se non dovessi credermi, ti capirei. Nemmeno io crederei a questa fottuta fantasia.»
Tamara sollevò lo sguardo e tentò di sorridergli, con il labbro sul punto di spaccarsi nuovamente. «Ti aiuterò, Harry.»
Il ragazzo scosse la testa e si liberò dalla presa della ragazza. «Andiamo a casa adesso. Dobbiamo medicarci prima che qualcuno possa pensare che ti abbia preso a pugni.»
«Il mio Harry non l'avrebbe mai fatto» ammise lei, stringendosi nelle spalle e iniziando a seguire Harry che si era già allontanato verso l'uscita del parco.
«Nemmeno io sfiorerei una donna.»
Quando furono sul marciapiede di casa Styles, il ragazzo spinse il cancello ma Tamara lo bloccò. «Hai il codice» disse.
Harry imprecò, avvicinandosi ad una specie di video citofono. «Se premo qui» disse indicando un bottone, «che cazzo succede?»
«Ti aprirà Jamie» gli rispose la ragazza, accarezzandosi il vestito.
Harry sollevò le braccia. «E ora chi è questa Jamie? Le persone spuntano come fottuti funghi.»
Tamara strinse le labbra per non ridergli in faccia. Sentendolo parlare, si poteva benissimo credere che fosse il sosia cattivo e maleducato del ragazzo. All'inizio aveva pensato che l'avesse presa in giro, ma a che scopo? Il suo Harry non avrebbe mai scherzato su una cosa del genere. Era troppo perfetto, per poter parlare in quel modo e per potersi fare un piercing al labbro da un momento all'altro. Quando citofonò, il cancello venne aperto e una donna bassa spalancò la porta d'ingresso, accogliendolo con l'altro braccio, mentre Tamara si copriva la bocca per non far vedere la ferita. «Bentornato, Harry» disse con un accento che sicuramente non era inglese. Lui rimase bloccato sotto l'arcata della porta. «Buongiorno, signorina Tamara. Desiderate che vi prepari qualcosa?»
Harry fece per aprir bocca sollevando la mano per aria, ma Tamara gliela bloccò con un gesto della mano, stringendogliela per farlo stare zitto. Jamie si girò a guardare la ragazza con ancora il palmo premuto contro la bocca. «E' successo qualcosa?» chiese la domestica, spostando lo sguardo dal ragazzo a Tamara. Harry sollevò un angolo delle labbra.
«Tamara ha iniziato a soffire di alitosi» disse, e la ragazza si girò a guardarlo, spalancando gli occhi. Jamie aggrottò le sopracciglia. «E deve andare in bagno per pulirsi la bocca» continuò Harry, entrando in casa e sorpassando la donna che, con l'altra mano, reggeva una scopa in legno. Quella villa mastodontica aveva le stesse sembianze della sua casa, solo rinnovata e fatta a lucido, ma sapeva benissimo come orientarsi. Chissà come sarebbe stato bello vivere in una tale condizione. Aveva ancora la mano di Tamara a circondargli la sua, così con quella libera abbassò la maniglia ed entrarono insieme nel bagno grande, chiudendosi la porta alle spalle. Fece sedere la ragazza sulla base della tazza, mentre lui si chinava per strappare un po' di carta igienica.
«No, no, fermo» disse, bloccandogli la mano sul rotolo già per metà sbrogliato. «Usa i panni nel mobiletto.»
Harry allargò le narici. «No, facciamo questa medicazione a modo mio.»
Prese la carta dal rotolo e si avviò verso il lavandino, bagnandola un po'. Poi la premette sul labbro di Tamara. «Ahia!» esclamò lei, ma Harry la ignorò. Le prese la mano e la sostituì con la sua.
«Basta che tieni la carta imbevuta per un po', e il sangue smetterà di uscire da solo.» Prese dell'altra carta igienica e, dopo averne bagnato l'angolo, se lo passò sulle nocche spaccate.
«Dovresti mettere un cerotto» ammise lei con la voce leggermente camuffata dalla carta sulla bocca. Harry continuò a passarsi delicatamente il pezzo bagnato sulla pelle scorticata, sorridendole di sottecchi.
«Non sono un bamboccio» disse, accartocciando la carta e facendo alzare Tamara, buttandola poi nella tazza. La ragazza buttò a sua volta la sua e scaricò, richiudendo la base del water. «Le ferite, per rimarginare, devono stare all'aria aperta.»
Poi uscì dal bagno e si recò verso la sua presunta nuova camera, buttandosi sul letto ripiegato alla perfezione. Tamara lo seguì, lasciando la porta aperta e appoggiandosi con il fianco alla scrivania. Rimase immobile a guardarlo, gli occhi verdi puntati sul soffitto, le braccia spalancate sulle coperte piegate e i piedi coperti da un paio di stivaletti marroni ad imbrattare la base del letto con un po' di terra. Fece una smorfia.
«Come dovrò iniziare a comportarmi?» chiese lui con voce bassa.
Tamara sollevò le spalle e continuò a tenere gli occhi puntati sul suo volto pallido su cui il piercing rifletteva la luce del sole. «Credo tu debba comportarti come il mio Harry, cercando di pensare come farebbe lui.»
Harry si sollevò sui gomiti, sollevando entrambe le sopracciglia. «E come cazzo faccio, se non lo conosco?»
«Ti aiuterò io.»
«Io non voglio cambiare.»
Tamara si avvicinò al letto e si appoggiò al materasso, spostando i piedi del ragazzo. «Sarai te stesso non appena troveremo il modo di riportarvi indietro, tutti e due.» E abbassò lo sguardo. Harry si mise seduto, poggiando i piedi per terra e fissando le mani sul letto. Si abbassò verso di lei. «E' strano pensare che ci siano due Tamara Porston, due Harry Styles, due Zayn Malik eccetera, eccetera. E' come se il mondo fosse diviso in due, non trovi? Come se ognuno di noi avesse il corrispettivo opposto.»
Tamara lo guardò. «Com'è l'altra mia versione?» chiese. Ma davvero stavano parlando dell'esistenza di un eventuale mondo opposto? Era assolutamente impossibile, eppure non ci sarebbe stata altra soluzione. Harry guardò gli occhi scuri di Tamara. Era stato traslocato contro la sua volontà, ma ciononostante non si sentiva strano. O almeno, non fino a quel momento.
Le sorrise. «Esattamente il tuo opposto. E' uguale a me, siamo fatti l'uno per l'altra.»
Tamara storse il naso. «Ha tatuaggi, o piercing?»
Harry annuì, toccandosi la punta del naso. «Esattamente qui, e qui» disse, sfiorandosi il sopracciglio.
«Che schifo.»
Harry scosse la testa, sorridendo. «Tamara mi avrebbe risposto diversamente.»
La ragazza strinse le labbra, sentendo la ferita ancora fresca e il sapore ferroso del sangue sulla lingua. Poi Harry si alzò e andò verso la finestra, spalancandola, con Tamara che seguiva tutti i suoi movimenti. «Spesso lei si arrampica su per il balcone, entrando in camera per fare sesso.»
«Sai che io non lo farò mai, vero?» disse lei, girandosi con il busto verso di lui.
Harry annuì distrattamente. «Purtroppo credo di averlo capito.»
Un tonfo sordo proveniente dal piano di sotto fece girare entrambi i ragazzi verso la porta aperta della stanza. Tamara guardò l'ora sul suo orologio da polso, poi spostò lo sguardo su Harry. «E' arrivato-»
«Sono a casa!» urlò una voce maschile e squillante che fece mettere il ragazzo sull'attenti. Iniziò a respirare dilatando le narici, come un toro davanti ad un telo rosso ben spiegato e pronto per essere attaccato. Strinse le mani intorno al bordo della finestra, facendole sbiacare, con il petto che si muoveva velocemente.
«Perché é qui» disse, e non suonava per niente come una domanda. Tamara si levò in piedi e gli corse incontro, appoggiandogli le mani sul petto muscoloso.
«Tu hai un ottimo rapporto con tuo padre, Harry. Non so come lui sia nell'altro mondo, ma qui lui ti vuole molto bene ed è orgoglioso di te.»
Il riccio puntò lo sguardo verde smeraldo su quello scuro di Tamara, serrando la mascella. «Lui mi ha abbandonato. Ha abbondanato tutti, ci ha lasciato morire di fame andando a spendere tutti i suoi soldi in puttane!» urlò. «Non so cosa significa avere un padre, perché di certo io non l'ho mai avuto, Tamara, mai.»
Lei lo abbracciò di impulso, stringendogli le braccia intorno al corpo. Harry abbassò lo sguardo su di lei, stranito da quel comportamento, le mani strette ancora intorno al cornicione della finestra spalancata. «Qui andrà tutto bene» gli disse lei contro la sua maglietta nera. «Non ti vuole male, nè ti ha mai abbandonato. Quando vuoi, io sono qui per parlare.»
Harry, lentamente, se la staccò di dosso, rilassando le mani. «Non ho intenzione di confessare la mia vita di merda a qualcuno. Non voglio essere compiaciuto.»
Tamara respirò profondamente. «Da me non avrai altro che orecchie per essere ascoltato.»
Harry serrò la mascella e guardò i suoi piedi. «Grazie, ma no.» E andò verso la porta, dove la figura di Jeremy Styles apparve in tutta la sua altezza, con il suo bel completo d'ufficio e una plica di fogli tenuta nell'incavo del braccio.
«Ciao, Harry» lo salutò con un sorriso.
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«Avevo questo ragazzo che mi stava di fronte, arrabbiato. Mi ha chiesto chi fossi e si è buttato addosso a me, con le mani aperte come se avesse voluto strangolarmi. Era uguale a me, Tam, esattamente la mia copia, ma al contempo diverso.» Harry si passò i pugni chiusi sugli occhi arrossati dal pianto, mentre Tamara lo guardava fisso in viso, percorrendo ogni dettaglio della sua faccia. Si alzò e si avvicinò alla scrivania, prendendo una sigaretta e accendendosela con un accendino che fuoriusciva dalla sua tasca. Inspirò una grossa boccata d'aria, girando poi la testa di lato e facendo uscire il fumo da una narice.
«Sì» rispose lei, «è un comportamento tipico di Harry, attaccare chi potrebbe essere una minaccia incombente.»
Il riccio si alzò in piedi, abbassando lo sguardo su di sè. «Ti sembro uno che potrebbe minacciare?» disse, tirando su con il naso.
«Ai suoi occhi potresti.» Tamara prese un'altra boccata di fumo, mentre dal piano di sotto si sentì improvvisamente una bottiglia che andava in frantumi e una risata gorgogliante che rieccheggiava per tutta l'abitazione. Harry guardò Tamara terrorizzato, e la ragazza lasciò la sigaretta nel posa cenere, spegnendola nonostante avesse fatto solo qualche tiro.
«Non hai un buon rapporto con i tuoi, Harry» disse lei, avvicinandosi al ragazzo.
Dei passi cigolarono sulle scale, in avvicinamento. «Dove sei, cazzone? Non hai voglia di prendermi a pugni oggi? Guarda un po', sto salendo le scale di casa, proprio come mi dici di non fare.»
«Per cui» iniziò Tamara, prendendolo per mano e avvicinandosi alla finestra, «siccome posso solo immaginare la tua forza in uno scontro frontale, faremmo meglio a filarcela, che dici?» disse sarcastica mentre spingeva Harry a superare la finestra per scendere sul suo balcone. Il riccio si bloccò sul posto.
«Mi stai dicendo di scappare?» disse, strabuzzando gli occhi.
Lei si girò a guardarlo con una gamba già dall'altra parte. «Saresti in grado di picchiare tuo padre?»
«Certo che no! E' mio padre quello lì.»
Tamara ingoiò a vuoto. «Bene, quindi se vuoi salvarti le palle, salta!» urlò.
I passi erano ormai fin troppo vicini ed Harry, terrorizzato, si catapultò sul suo balcone, scendendo poi per la scala di emergenza con il fiatone e il cuore a mille. Tamara lo tirò per un braccio e lo fece nascondere nell'angolo del palazzo, fuori dalla portata dell'occhio di Jeremy.
Zayn, Louis e Niall - con le canne rigorosamente infilate tra i denti - si accostarono ai due ragazzi. «Che succede di bello?» chiese il biondo, e Tamara gli afferrò il polso e se lo avvicinò.
«Dite una parola e vi ficco le canne in culo.»
Zayn e Louis se la sfilarono dalla bocca e se la mantennero tra le dita, mentre Niall lanciava una rapida occhiata alla finestra. «Jeremy ha minacciato di appenderlo al muro?»
Harry spalancò la bocca, sbiancando. «Ha mai fatto una cosa del genere?» urlò e in risposta Tamara lo fulminò con lo sguardo.
«Continueremo a parlare dopo.» In quel momento la testa di Jeremy Styles sbucò dalla finestra, guardandosi intorno.
«Dove sei, coglione? Non vuoi parlare con tuo padre, eh?» disse con voce strascicata, ed Harry si accostò alla parete, respirando rapidamente e con le mani che tremavano. Tamara cacciò gli altri tre ragazzi, liquindandoli, poi quando li vede sparire, afferrò un braccio di Harry e glielo strinse forte.
«Io ti aspetterò qui» disse il padre, poi tornò dentro casa, chiudendo la finestra.
Tamara puntò i suoi occhi su Harry, leccandosi le labbra secche.
«Credo tu debba fare un corso accelerato di scontro frontale» sibilò, poi lo prese per mano e uscirono dal retro della casa, allontanandosi lungo la via. Harry si lasciò andare contro il muro e si sedette sul bordo del marciapiede.
«Cosa gli è successo?» domandò con un filo di voce, e Tamara gli si sedette accanto.
«A lui non importa niente di Harry ed Anne» ammise la ragazza e gli prese una mano. «Non credo sia una storia di cui parlare adesso.»
Harry la guardò con gli occhi lucidi. «Come faccio a tornare a casa mia?» chiese lui, gli occhi rossi e lucidi. Tamara si sentì una morsa allo stomaco. Non sapeva come uscire da tutta quella situazione. Non era possibile credere che due corpi letteralmente opposti si fossero scambiati, a quale scopo, poi. Faticava a credere alla sua storia perché era assurda, ma quell'Harry che aveva davanti non c'entrava niente con il suo fantastico ragazzo. Non aveva il suo stesso coraggio, la sua maleducazione e la sua perversione. Era un ragazzo buono, quello che le si sedeva accanto, e di certo non era per niente abituato a tale cattiveria.
«Ti aiuterò» gli disse, sebbene non sapesse nemmeno lei come fare. Ma un modo l'avrebbero trovato, prima o poi....o no?
Harry seppellì la testa tra le mani. «L'unica cosa che mi viene in mente è cercare di comportarmi come lui.»
«Ma come farai, se non lo conosci nemmeno? E' totalmente diverso da te, Harry. Non pensa prima di agire, fa una cosa e basta. Dovresti lasciarti guidare dall'istinto, ma non credo ti convenga. Io credo tu sia troppo delicato per comportarti come lui.»
«E allora come faccio? Non posso rimanere così finché non troviamo una via d'uscita.»
«Devi mostrarti spavaldo e menefreghista. Partiamo da questo, okay?» disse lei con un accenno di sorriso. Poi però guardò il capo chino del ragazzo, pensando che per lui non fosse per niente facile vivere in quello stato. Era vestito elegante, camicia e pantalone...era ovvio che fosse abituato al lusso. Ma di eleganza e perfezione, in quel mondo, non ce n'era nemmeno una traccia visibile. Gli appoggiò una mano sulla spalla, accarezzandogliela delicatamente per infondergli un po' di forza. «Mi dispiace, comunque» disse prima che potesse rimangiarsi tutto.
Harry si pizzicò la punta del naso, girando la testa per guardarla. «E per cosa? Per questa mia vita schifosa?»
Lei scosse la testa. «No, per essermi strusciata addosso a te ieri sera al pub" ammise Tamara, alzando le spalle. «Però, sai, io ed Harry siamo così, un po' selvaggi come gli animali-»
Il riccio le tappò la bocca con la mano. «Figurati. Dispiace a me averti privato del tuo ragazzo. E poi, non mi interessano per niente le abitudini animalesche della mia contro figura cattiva.»
«Ehi!» Tamara gli spostò la mano e lo spintonò scherzosamente. «Lui non è cattivo. E' solo...diverso da te.» Poi gli si accostò. «Ma dimmi, la tua ragazza, Tamara, è uguale a me? Cioè, c'è un doppione per ognuno di noi, dall'altra parte?»
Harry si toccò il naso, girandosi a guardarla. Vederla con quei piercing in faccia e il trucco quasi scomparso sul volto gli fece venire un groppo in gola che si preoccupò di respingere giù. «A quanto pare sì. La mia Tamara è più...semplice, di te. Sì, credo che semplice sia la parola giusta.»
Tamara sbuffò, togliendo la mano dalla sua spalla. «Allora sarà noiosissima, non ti scopa nemmeno.»
Harry allargò le narici. «E' una decisione che abbiamo preso entrambi.»
Tamara tirò fuori dalla tasca l'accendino. «Come vuoi» disse, iniziando a giocare con la fiammella e passandoci sopra l'indice, annerendolo. Harry si perse nella piccola luce che l'accendino faceva uscire, vedeva la fiamma lambire il dito dell'opposto della sua ragazza e iniziò a calmare i battiti del suo cuore. Sarebbe tornato a casa, ce l'avrebbe fatta.
Tamara depose l'accendino e si alzò in piedi, stendendogli la mano davanti. «Non voglio comunque che adesso tra noi due la più forte sia io...insomma, è inconcepibile.» Harry le prese la mano e si fece tirare in piedi. Era più bassa di lui, come la sua Tamara.
La ragazza iniziò a camminare e gli rimase accanto. «Adesso ti porterò nel nostro posto preferito» disse, sorridendogli. Gli prese la mano, ma non tanto per fare qualche forma di romanticismo, ma perché le sembrava un piccolo bambino sperduto, e lei l'avrebbe aiutato a tornare a casa.
Harry puntò il suo sguardo su di lei. «Non dirmi che andiamo in camera da letto.»
Tamara scoppiò a ridere, poi gli diede un colpo sul petto ed Harry lo incassò, ingnorando la botta. «No, il garage in cui ti alleni.»
«E perché dovrebbe essere il "nostro" posto preferito?» chiese Harry, lanciando un'occhiata alla sua casa fossilizzata. E se suo padre avesse fatto del male a sua madre? «Papà non picchierà mamma, vero?» chiese impaurito.
Tamara smise di ridere. «No, tua madre non esce mai da quella stanza. E con mai, intendo proprio mai. Lui si è dimenticato persino della sua presenza, in quella casa. Starà bene, non preoccuparti, come ha fatto per tutto questo tempo.» Poi ritornò al discorso di prima per risollevare gli animi. «Comunque il garage è il tuo posto preferito perché ami far sviluppare il tuo corpo in quanto a forza e resistenza, ed è il mio posto preferito perché ti vedo sempre mezzo nudo. Fidati, Harry ha un corpo da sballo.»
Il riccio abbassò lo sguardo sulla sua camicia bianca e Tamara gli strinse la mano. «Credo che anche il tuo lo sia, ma che dici di riscaldarci un po'?» disse sorridendo, ed Harry gliene fu grato.
Lei avrebbe cercato di aiutarlo, e almeno non era solo.
Non potè fare a meno di pensare a cosa stesse facendo quell'altro Harry Styles nel suo mondo. Scosse la testa e si focalizzò su Tamara che lo stava portando verso un luogo che avrebbe dovuto amare, ma che invece stava visitando per la prima volta.
N/A
Ciao a tutti, utilizzo questo spazio autrice per avvisarvi che il quinto capitolo di Reflection potrete leggerlo solo verso la metà di Novembre.
Partirò venerdì a Londra per un mese, però magari riesco a pubblicare prima della partenza.
Anyway, grazie per votare e commentare.
Vi voglio bene :)
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