Capitolo 9-Giocare col fuoco

9.

"Risposta sbagliata" disse stringendomi il polso violentemente, sussultai per il suo gesto improvviso e violento.
"Dire le bugie è una pessima abitudine, sarò più che lieto di aiutarti" bisbigliò una volta vicino al mio orecchio. La mia respirazione accellerò notevolmente e lui iniziò a strattonarmi nel tentativo di farmi uscire dalla mia stanza. La sua stretta intorno al mio polso non cedette neppure quando smisi di opporre resistenza. Non che mi fossi arresa, ma sapevo che se avessi remato contro di lui, sarei finita nel cimitero.

Chiuse violentemente la porta di camera sua quando vi entrammo e venni scaraventata contro il muro battendo violentemente la testa contro il muro, facendomi gemere dal dolore quando caddi a terra priva di forze. Mi toccai il punto dolente e quando portai le mie dita davanti ai miei occhi persi il respiro. Sangue.
Abbastanza sangue da non permettermi di vedere il colore roseo dei miei polpastrelli.
Alzai lo sguardo verso il muro in cui avevo sbattuto qualche minuto fa e anche quello era macchiato del mio sangue. Il liquido scendeva lungo il muro per poi fermarsi a pochi centimetri dal pavimento.

"Ti sei fatta male?" Mi chiese chinandosi sulle sue ginocchia. Potei vedere la rabbia mischiata al divertimento nei suoi occhi, serrai la mascella sforzandomi di tenere gli occhi aperti per impedire di distogliere lo sguardo dai suoi. Il suo sorriso mi provocava disdegno ma arrivata ad un certo punto, non riuscii più a sostenere il suo sguardo e debolmente chinai il capo cercando di riacquisire le forze.
"Perché non ti difendi come hai fatto con Shou, sembri sapere bene le arti marziali" continuò a burlarsi di me, istigandomi a reagire.
"Guardami in faccia quando ti parlo" mi ribadì facendomi aumentare il respiro a causa della rabbia accumulata. Purtroppo la botta in testa mi aveva destabilizzata ma il mio orgoglio superava di gran lunga il mio dolore. Nonostante i suoi soprusi decisi di non dargliela vinta e, lamentandomi, trovai la forza di alzare il capo.
La sua risata echeggiava nella mia testa, scuotendomi il sistema nervoso.
"Sarebbe tutto più semplice se tu facessi ciò che ti viene ordinato. La fiducia è facile da perdere e difficile da acquisire, ora pensa quanto tu possa avermi ferito. Devo fidarmi di tutti in questa casa e se non sarai sincera con me per tua volontà, ti costringerò ad esserlo.
Non si gioca col fuoco" bisbigliò l'ultima frase avvicinandosi al mio orecchio destro.
Mentre lui si alzava in piedi io aumentai la forza con cui serravo la mascella, cercando di alleviare il dolore e il senso di smarrimento. Da lì a poco sapevo che sarei svenuta miseramente, sentivo il familiare dolore allo stomaco e il mio cuore iniziò a rallentare, diminuendo i battiti cardiaci.

Potevo sentire il suo sguardo bruciare sul mio corpo.

"Alzati" mi impose con un tono che non permetteva di replicare e chiudendo le mani in due pugni, trovai la forza sufficiente per alzarmi e fronteggiarlo. Jason non andava sfidato oltre e questo lo sapevo bene, tuttavia la voglia di mostrargli quanto potessi essere forte nonostante tutte le sue vessazioni.
Dopo oggi avevo capito che l'unico modo per avvicinarmi a lui sarebbe stato tramite la fiducia.
Mentre meditavo sul come poter ottenere a pieno la sua stima, mi resi -tardivamente- conto che Jason mi stava trascinando all'interno di una stanza buia la cui luce era data solo da una piccolissima finestra.
Non ero in grado di intravedere molto, l'unica cosa che riconobbi fu una frusta perfettamente illuminata dai raggi del sole. Era stata lasciata sul pavimento, quasi come se avesse dovuto in qualche modo farmi paura.
In effetti più la osservavo e più mi rendevo conto che era un avvertimento, si trovava sul pavimento perché era già stata usata.
La mia caviglia destra fu imprigionata da una manetta collegata da un catemaccio al muro.
Jason mi fece voltare con il volto rivolto verso il muro mentre la parte posteriore del mio pigiama veniva divisa in due da un coltello, la facilità con cui la lama in acciaio divideva il tessuto del mio indumento mi fece quasi rabbrividire e pensai a come sarebbe scorso altrettanto facilmente nella carne umana.
Lentamente stavo riuscendo a riacquisire coscienza e sembrò che anche il mio aguzzino se ne fosse reso conto perché, affermando i miei polsi li legò con una corda ad una trave, piantata nel muro, appena sopra la mia testa.
Rimasi qualche minuto a fissare la ruvida parete mentre sentivo il rumore di alcuni oggetti in movimento, segno che Jason stava cercando qualcosa.
"Mordilo quando il dolore diventerà troppo insopportabile per poterlo sopportare" qualcosa si avvicinò alle mie labbra, istintivamente mi allontai così da poter osservare minuziosamente l'oggetto in questione. Era una cintura di cuoio piegata a metà, dai segni della fibbia lasciati in prossimità dei fori, mi resi conto che probabilmente Jason non era riuscito a trovare ciò che stava cercando ed è stato costretto a darmi la sua cintura. Inconsciamente aprii la mia bocca stringendo tra i denti la cintura.
"Cinque colpi di frusta" mi avvertì toccando con un dito i tatuaggi che avevo dietro la schiena.
Un secondo dopo, percepii il rumore della frusta che si sollevava in aria e che con forza, finiva sulla carne del mio corpo. Mentalmente contai ogni colpo subito e, per non urlare, stringevo la cintura in una morsa che, di sicura, avrebbe lasciato non pochi segni sul cuoio.
Il rumore della frusta che si muoveva per colpirmi mi inondava la testa e subito dopo ne sopraggiunse un altro non lasciandomi nemmeno il tempo di smaltire il dolore della precedente.

"Sei la prima che non emette un fiato" disse ridacchiando. Da quella risata sadica capii che d'ora in poi avrebbe aumentato la forza con cui la frusta mi colpiva. Avrebbe voluto sentirmi urlare dal dolore ma non glielo concessi. Chiudendo gli occhi mi concentrai sul volto di Tyler e incanalai tutta la mia attenzione in una ricordo. Scappando dalla vita reale e rifugiandomi nella mia mente, al sicuro.

Quando mi frustò per l'ultima volta, il dolore mi riportò in quella stanza buia e sentii delle gocce di sangue scorrere lungi tutta la mia schiena. Il mio corpo era stremato e appena Jason sparse qualcosa di granuloso su tutte le mie ferite non riuscii più a trattenermi ed urlai facendo cadere la cintura sul pavimento.
"Dovresti ringraziarmi. Dato che oltre a fare male ti aiuta a cicatrizzare le ferite" mi informò liberandomi dalle catene. Tentai con tutta me stessa di rimanere in piedi e voltandomi verso Jason, lo osservai mentre faceva passare la frusta sporca di sangue in un fazzoletto ripiegato. Alcune gocce caddero al suolo macchiandolo.
Il volto del ragazzo era rivolto verso il suo strumento di tortura, i raggi flebile provenienti dalla finestra lo illuminavano a malapena, solo in quel momento realizzai che a fare un po' di luce era una candela posta poco distante dal mio corpo.
"Sinceramente pensavo che saresti svenuta prima" la voce di Jason mi risultò abbastanza distante, io stessa non realizzai che le mie gambe non erano più riuscite a sostenere il peso del mio corpo. Tuttavia il mio corpo non entrò in collisione con il pavimento, le braccia di Jason mi stavano sorreggendo e sentendo la sua maglia sulla mia schiena gemetti a fatica per il dolore.
"Sei stata abbastanza forte, non tutti sarebbero rimasti in piedi dopo tutti i colpi che hai subito" stranita aggrottai le sopracciglia. Si stava complimentando? No, molto probabilmente il colpo subito alla testa iniziava a manifestare i suoi effetti.
Jason mi fece adagiare sul letto privo di coperte e iniziò a medicare la mia schiena e la mia testa. L'ultima cosa che udii fu il rumore di una porta che si apriva e il rumore di una camminata svelta.
"Cosa ti serve?" Domando la voce maschile. Ciò che Jason rispose non riuscii a capirlo, iniziai a vedere tutto sfocato, quando una mano si poggiò sulla mia guancia non riuscii più a tenere gli occhi aperti e tutto attorno a me divenne buio.

Nonostante tutto, amo giocare con il fuoco.

-"Insane, inside
The danger gets me high
Can't help myself,
Got secrets I can't tell.
I love the smell of gasoline
I light the match to taste the heat
I've always liked to play with fire"-

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