Capitolo 7

HARRY'S POV.

Che sollievo essere ritornato. Casa dolce casa, giusto? Inalare questo odore di muffa misto a vomito e puzza di piedi, avere l'onore di sedersi su questo letto scricchiolante con un materasso impolverato, essere imprigionati da enormi porte automatiche senza niente da fare. Lo adoravo.

Trascinai i miei piedi sul compatto pavimento in cemento, mentre mi dirigevo verso il suddetto materasso, sedendomi con un prolungato sospiro. Se aveste chiuso una persona perfettamente normale in una di queste celle per una settimana, questa persona sarebbe impazzita. Non c'era una vera cura, niente di buono da mangiare, e terribili punizioni che comportavano molte frustate. Voglio dire, sapevo che il Wickendale sarebbe stato sgradevole, ma aveva superato le mie aspettative.

L'unico momento della giornata che non mi faceva venir voglia di uccidermi era quando parlavo con Rose. Era l'unica persona sana di mente con cui potevo parlare di cose normali.  Una volta avevo anche provato a parlare con quel ragazzo, James, ma mi era sembrato nervoso, rispondendomi soltanto con frasi formate da una o due parole; mi considerava un mostro.

E poi realizzai che Rose mi piacesse. Non sembrava avere paura di me, e se ne aveva, non lo mostrava. Era sicuramente fastidiosa, ma anch'io lo ero. Lei mi trattava come una persona normale, non come uno psicopatico.

Psicopatici.

Così è come la maggior parte di questi "superiori" e "sani" esseri umani ci considerano. Ma noi non siamo sul serio diversi. Mi piace pensare che siamo tutti un po' pazzi. Abbiamo tutti una parte della nostra mente leggermente più buia e più squilibrata, è solo che alcuni di noi esplorano questo settore un po' di più di quanto lo facciano gli altri.

Fui scosso improvvisamente dai miei saggi pensieri filosofici, quando sentii l'eco di alcuni passi nel corridoio. All'inizio non ci diedi tanta importanza, poiché molte persone camminavano attraverso questo corridoio, impiegati, pazienti o visitatori. Ma fu quando sentii delle voci che iniziai ad interessarmi.

"Dovremmo dirlo alla Signora Hellman?" Mi sforzai di udire il sussurro timoroso. Una donna, supposi.

"No, io di certo no." Un'altra donna.

"Rosemary, dobbiamo dirlo a qualcuno! Ad una delle guardie, forse?"

"Fai quello che vuoi Helen, ma non voglio essere coinvolta. Quello che abbiamo visto, era. . ."Potei quasi sentirla rabbrividire. "Era assolutamente orribile, non voglio pensarci. Non sarò coinvolta. Voglio solo dimenticare ciò che ho visto."

Riuscii a sentire meglio le loro voci, mentre mi aggrappavo alle sbarre della mia cella, protendendomi per cercare di vedere le donne, a me sconosciute.

"E poi, non saremmo neanche dovute andare laggiù. Potevamo finire in grossi guai." Parlò Rosemary. Erano così vicine ora.

"Allora!? Non possiamo semplicemente far finta di niente." Disse Helen.

"Lascia stare." Rosemary comandò duramente. "Li troverà qualcun altro alla fine."

Appena finì di parlare, le donne passarono davanti la mia cella. Camminavano velocemente, senza guardare nella mia direzione, così non riuscii a capire chi fossero.
Tuttavia, non riuscii a fare a meno di domandarmi di che diavolo stessero parlando. Stava succedendo qualcosa qui al Wickendale, l'avevo capito sin dall'inizio. Qualcosa di brutto. Solo che non riuscivo a decifrare cosa. E adesso, il fatto che queste due impiegate, fossero spaventate per qualcosa che avevano visto nell'istituto, confermò i miei sospetti. In più, questa era l'unica cosa eccitante che mi fosse capitata da quando ero qui, così non potei far a meno di aprire la mia bocca.

"Hey!" Sussurrai fragorosamente.

Mi ignorarono. L'avrei dovuto immaginare, i pazienti probabilmente urlavano sempre cose pazze contro di loro.

"Rosemary, Helen!" Si girarono.

Una era abbastanza anziana, probabilmente Rosemary, e l'altra era una giovane donna che poteva sembrare sua figlia. Entrambe indossavano le uniformi per gli impiegati con i capelli scuri raccolti in un tirato chignon.

"Cosa vuoi?" Chiese Rosemary, in modo abbastanza scortese.

"Cosa avete visto?"

"Torna nella tua cella, Harry."

Non avevo idea di come sapesse il mio nome ma probabilmente ad ogni impiegato veniva detto il nome di ogni paziente ammesso.

"Sono nella mia cella." Feci notare. "Ditemi soltanto quello che avete visto. Di cosa stavate parlando?"

"Dai Helen, andiamo." Rosemary mi ignorò, afferrando Helen dal braccio per allontanarla dalla mia cella.

Merda. Dovevo sapere, o la curiosità mi avrebbe divorato. Così mi sporsi ancora di più ed usai le informazioni che loro stesse mi avevano fornito.

"O potrei dire alla Signora Hellman che voi due siete andate laggiù."

Non avevo idea di dove il "laggiù" fosse, ma ne valse la pena, poiché riuscii nel mio scopo, facendole girare e venire verso di me.

"E chi ti crederebbe? Sei uno psicopatico. La Signora Hellman penserà che tu stia mentendo." Disse Rosemary, ma sembrava che stesse cercando di convincere più se stessa che me.

"Davvero?" Domandai. "Vedete, entrambe sapete che non sono come gli altri pazienti. Non mi sono mai scatenato e non ho mai avuto un esaurimento nervoso, sono obbediente, seguo tutte le regole. E per questo, piaccio alla Signora Hellman. Posso quasi garantirvi che vi farà delle domande e voi due non vorrete mentire, non è vero?"

Le due donne si scambiarono sguardi scettici, non sapendo cosa fare. Così, pensai di dover essere più convincente.

"Vedetela in questo modo. Voi mi dite quello che avete visto ed io terrò quell'informazione per me. Non finirete nei guai con la Signora Hellman, vi lascerò in pace e nessuno verrà a sapere del nostro piccolo segreto. Nessuno scoprirà ciò che è successo, tranne noi tre. E anche se raccontassi a qualcuno quello che avete visto, nessuno mi crederebbe, come avete detto voi. Voglio dire, sono pazzo, giusto?"

Ancora una volta, si scambiarono sguardi incerti; sembrava che stessero discutendo su cosa fare semplicemente attraverso degli sguardi.

"Okay, va bene." Sospirò Helen, una volta arrivate ad una conclusione.

"Parla Rosemary." Dissi con un tono sorpreso.

"Eravamo nei sotterranei e noi. . ." Iniziò Helen, ignorando il mio commento.

"Abbiamo visto tre corpi. . .tutti di donne, credo."

"Cadaveri?" Chiesi.

I suoi occhi spaventati e il suo cenno traballante furono l'unica conferma di cui avessi bisogno.

"Sì, ma non erano semplicemente cadaveri....sono state spellate."

ROSE'S POV.

Andai verso l'ufficio di Lori con uno stato d'animo molto più leggero, nonostante il terribile tempo. Tutto ciò era strano, perché questa volta Harry mi aveva trasmesso un'aurea positiva, anziché lasciarmi arrabbiata ed irritata.
Detestavo davvero ammetterlo, ma a pranzo era stato davvero grazioso. Mentre giocavamo a Clue era stato così divertente e carismatico, sembrava quasi dolce.

Quasi.

E con dolce, intendevo dire che non aveva fatto nessun commento rude o volgare. Ma comunque sia, lui aveva qualcosa di. . .piacevole. Era così vivace rispetto agli altri pazienti. Se non fosse un pazzo criminale avrei potuto considerare l'idea di diventare amici.

Fui scossa dai miei pensieri quando un sorprendente boom rimbombò all'interno dell'edificio. La violenta tempesta non era ancora finita, probabilmente stava solo peggiorando.
Questo temporale era sicuramente il peggiore che avessi mai visto. Anche attraverso il compatto soffitto, riuscivo a sentire la pioggia cadere violentemente sul tetto. Di solito, il suono della pioggia mi calmava, ma questa volta, con il tempo così rigido, era odioso e caotico.

Ci furono altri due tuoni mentre raggiungevo l'ufficio, trovandovi, come al solito, Lori dietro la sua scrivania, alle prese con i lavori d'ufficio. Oltrepassai i pochi letti dell'ospedale per raggiungerla, prendendo posto su una piccola sedia davanti alla scrivania piena di fogli di carta.

"Ciao." La salutai.

"Ciao cara." Rispose senza alzare lo sguardo.

"Hai bisogno di aiuto?" Domandai.

"No." Disse. "Probabilmente non saremmo indaffarate per un po', tutti i pazienti sono ritornati nelle loro celle, aspettando che passi la tempesta. La Signora Hellman non vuole che qualcuno di loro impazzisca per via dei tuoni."

Annuii in risposta, prendendo il mio libro dalla scrivania. Lo portavo sempre al lavoro con me, nel caso ci fossero state situazioni noiose come questa, e fui contenta di averlo fatto.
Sfogliai le pagine fino ad arrivare al punto precedente ed iniziai a leggere, completamente affascinata dalle parole del libro. Mi immersi nella lettura e persi la cognizione del tempo, senza alzare mai lo sguardo, finché non accade una cosa davvero strana. Le luci lampeggiarono, ci fu il buio, dopo di nuovo la luce. Poi ancora il buio.

E rimase così. Era andata via la corrente.

Guardai Lori, mentre i nostri sguardi preoccupati si incontrarono contemporaneamente, ma rimanemmo in silenzio, poiché dopo ci fu un rumore. Un suono simile a quello dovuto a delle catene che venivano trascinate o a pesanti porte che venivano aperte. Un misto di entrambi, forse. Dopo, da qualche parte lungo il corridoio, ci fu un forte urlo.

La cosa strana riguardante l'urlo non era la sua tonalità. A quello ci ero abituata, molti pazienti producevano strani suoni, con voci titubanti. La cosa che mi fece preoccupare fu la prossimità della voce. Sembrava vicina, troppo vicina, e dopo si affievolì mentre qualcuno correva davanti la porta d'ufficio.

Era impossibile, perché i pazienti erano bloccati nelle loro celle. Il pensiero che qualcuno potesse fuggire era ridicolo, le porte automatiche li tenevano saldamente bloccati.

E poi si accese una lampadina in mente. Le porte erano automatiche. La corrente era saltata. E senza corrente, le porte non sarebbero rimaste bloccate. Di conseguenza i pazienti potevano uscire dalle loro celle; e non avevo nessun dubbio, che questo era esattamente ciò che avessero fatto.

Mi girai lentamente verso Lori, non volendo sentirla dire ciò che sapevo stesse accadendo. Con le deboli luci rosse di emergenza, potei a malapena vedere i suoi lineamenti. Era preoccupata e spaventata.

"Rose?" Chiese.

"Sì?" Sussurrai, per qualche strana ragione avevo paura di parlare troppo forte.

"Penso che abbiamo un problema."

HARRY'S POV.

Ero seduto sul bordo del mio letto, con i gomiti sulle ginocchia e la testa tra le mani, per tenerla ferma.
Non riuscivo a credere a ciò che mi era stato appena raccontato, la mia mente era tormentata da questa informazione. C'erano tre donne morte e spellate nei sotterranei di questo istituto. Le mie "vittime" erano state spellate, così come queste qua. Le donne dovevano essere state uccise recentemente, o almeno abbastanza recentemente per riuscire a vedere che la pelle fosse stata tolta dalla loro carne.

Non sapevo esattamente cosa significasse, ma sicuramente significava qualcosa. Dovevo solo capire cosa. Dovevo vedere quei corpi.
Ma come cavolo avevo intenzione di farlo? Apparentemente, i corpi erano nei sotterranei e ciò implicava una perlustrazione, ma avevo bisogno di essere da solo per farla; cosa abbastanza impossibile.

Diamine, non potevo neanche pisciare senza che le guardie mi accompagnassero in bagno, assicurandosi che io non avessi intenzione di fuggire. Ogni volta che camminavo lungo il corridoio, c'è n'era sempre una dietro l'angolo. L'unico momento in cui ero solo era quando venivo rinchiuso nella mia cella; c'ero solo io ed il mio adorato materasso. Se solo avessi potuto trovare un modo per passare attraverso queste sbarre di metallo. . .

Improvvisamente le luci lampeggiarono, interrompendo i miei pensieri, non appena alzai lo sguardo. La lampadina fece avanti e indietro, faticando ad illuminarsi, e poi si spense completamente. All'inizio pensai fosse solo un problema della mia cella, ma dopo notai l'oscurità attraverso il corridoio e l'aumento improvviso dei bizzarri schiamazzi che producevano sempre i pazienti.

La corrente era andata via; e subito mi si accese la lampadina.

Mi precipitai verso la grande porta della cella che mi aveva bloccato già molte volte, sentendomi quasi stordito quando fui in grado di aprirla. Non riuscivo a crederci che avesse funzionato. Che tempismo perfetto.

Esitante, camminai attraverso le mura di cemento, sperando di non trovare guardie in giro. Controllai se ci fossero alcune, ma senza corrente c'era pochissima luce, quindi non sarei stato in grado di vedere nulla comunque. L'unica cosa che illuminava i corridoi erano delle deboli luci rosse d'emergenza, le quali generavano un'atmosfera agghiacciante. Tuttavia, non potevo lamentarmi, almeno ero fuori da quella orribile cella.

Tutto ciò che avrei dovuto fare era trovare quei tre corpi nei sotterranei, anche se non sapevo come arrivarci, nella completa oscurità, senza essere preso dalle guardie.

Beh, avevo affrontato sfide più difficili di questa.

ROSES'POV.

"Vado a vedere cosa sta succedendo."

"No." Protestò Lori. "Non è sicuro."

"Devo andare a trovare la Signora Hellman, non possiamo semplicemente starcene sedute qui!"

"Sì che possiamo, basta aspettare. Chi lo sa, la corrente potrebbe tornare da un momento all'altro."

"Tu puoi aspettare qui, ma io vado lì fuori." Le dissi, già alzata dalla sedia.

Rimanere seduta qui, al buio, era più spaventoso che cercare di scoprire cosa stesse succedendo. Inoltre, se avessi incrociato qualche paziente, avrei saputo cosa fare.

O perlomeno, la maggior parte delle volte era così.

HARRY'S POV.

Trovare i sotterranei fu molto più facile di quanto mi stessi aspettando. Avevo ipotizzato si trovassero verso la parte posteriore, grazie a tutte le forniture e stronzate del genere. Anche se non mi aspettavo di individuarli così subito.

Ma fortunatamente ci ero riuscito. E senza alcuna complicazione. Beh, eccetto per il mio breve incontro con James. Ma lo avevo perso di vista da un bel po' ormai. Lo avevo sorpassato, prendendo un'altra strada e sperando di non dover incontrare nessun'altra guardia.

Nel corridoio, occupato da armadietti pieni di forniture, c'era una scala che portava ai sotterranei. Ed era nascosta verso la fine del corridoio. Dovevi essere proprio alla ricerca di essa per notarla, altrimenti l'avresti probabilmente sorpassata senza farci caso.

I gradini erano ricoperti di sporcizia e l'aria era ammuffita, ciò significava che questa zona non venisse utilizzata da molto tempo. I miei piedi batterono sul cemento sottostante, mentre mi affrettavo a raggiungere il piano inferiore, notando che gli scalini diventassero man mano più polverosi. Le pareti che mi circondavano si aprirono in una grande cavità, il basamento, ed uno strato di polvere ricopriva ogni cosa.

Non c'erano luci d'emergenza quaggiù, confermando che questa zona non fosse tra i settori più popolari del Wickendale.  C'erano solo bagliori debolissimi dietro di me, che permettevano una visione chiara per circa due metri, tutto il resto era buio. Potei dedurre, tuttavia, che il basamento fosse grande, dall'aria sottile e fredda.

E se avessi voluto attraversare questo grande posto, avrei avuto bisogno di un po' di luce. Con cautela tastai le pareti intorno a me, la mia mano toccò con successo ciò che sembrava essere una torcia elettrica. Cercai di non cantar vittoria troppo presto. Presi l'oggetto e trovai l'interruttore; ci armeggiai per un secondo prima di essere in grado di far sì che la luce illuminasse la stanza.

Beh, era il mio giorno fortunato?

Feci luce lungo l'immensa area, cercando qualcosa di simile a dei cadaveri. Girai un po' intorno, controllando sotto i tavoli e in ogni angolo. Niente.

L'unico indizio che avevo scoperto finora era un debole, schifoso odore di marcio, che proveniva dalla parte sinistra della stanza. Allora, cercai in qualche modo di "fiutare" quell'odore.

Il mio naso mi ingannò un paio di volte, guidandomi verso ragnatele e vecchie scrivanie. Ma questa specie di inganno mi portò ad una nuova scoperta, precisamente ad una sgradevole scoperta. Poiché, mentre cercavo la fonte dell'odore, vidi dozzine di letti di ospedale ricoperti da sangue secco. Dozzine.

C'erano anche vecchi schemi di quello che pensavo fosse l'interno del cervello umano. Perché diavolo ne avrebbero avuto bisogno? E perché c'erano così tanti letti pieni di sangue, e perché non erano stati buttati via? Era raccapricciante.

Ma non potevo pensarci adesso, avevo una missione da portare a termine ed ero determinato nel farlo. Mi diressi verso lo strano odore, che faceva sì che il mio naso pizzicasse ogni volta che respiravo. Era decisamente terribile.

Ma proseguii comunque, e alla fine, giunsi davanti ad una porta sul fondo del seminterrato. Ecco da dove proveniva l'odore. Non avevo dubbi.

Feci un profondo respiro, più con la bocca che con il naso, ed aprii lentamente la porta. Nell'angolo di questo piccolo ripostiglio c'erano tre macabri cadaveri, quasi non identificabili. Somigliavano tipo a degli animali che erano stati macellati, senza nessuna traccia di pelle. Erano solo carne e muscoli.

"Porca miseria."

ROSE'S POV.

Camminai per i corridoi dell'istituto, sperando di trovare la via per l'ufficio centrale, dove era probabile trovare la Signora Hellman. Volevo chiederle cosa avessimo dovuto fare per stare al sicuro e per tenere tutti sotto controllo. Meglio avere un piano, invece di stare sedute ad aspettare che loro venissero da noi.

I mie passi erano troppo rumorosi nei corridoi silenziosi, sembrava che qualcuno, nel raggio di un miglio, potesse essere in grado di sentirli. Il mio scopo era quello di essere il più silenziosa possibile per evitare qualsiasi scontro, ma non sembrava stesse funzionando al momento.
Mi sembrò di vedere qualcuno correre.

Sobbalzai alla loro vista, il mio primo pensiero fu quello di prenderli e rinchiuderli. Ma erano troppo veloci e lontani. In più, non avevo nessuna chiave per chiudere le porte delle celle, così non c'era nulla che avessi potuto fare. Sospirai ed affrettai il passo in una piccola corsa. A quella velocità, raggiunsi l'ufficio centrale in un paio di minuti, non sprecando tempo a bussare. Ma non c'era nessuno.

Dovevo immaginarlo, pensai. La Signora Hellman era probabilmente in giro a cercare di mantenere le cose sotto controllo, non sarebbe rimasta qui a guardare tutta il trambusto che stava succedendo. Avrebbe condotto ognuno nelle rispettive celle. Voglio dire, lei era la direttrice.

Tuttavia, decisi di non arrendermi e mi diressi verso la parte posteriore dell'edificio. Dal momento che l'ufficio centrale era situato nella parte anteriore, avrei probabilmente incontrato la Signora Hellman.

In questo momento, lascai definitivamente che il panico, che avevo perdutamente cercato di combattere, sfavillasse, facendomi respirare in modo irregolare. Tutti i pazienti erano liberi; non c'era nessun segno della Signora Hellman e non avevo visto molte guardie. Qualcuno avrebbe potuto attaccarmi in qualsiasi momento.

E dopo, come se le mie preoccupazioni non fossero già abbastanza negative, un terribile pensiero affiorò nella mia mente.

Che ne era dei pazienti del reparto C? Erano ancora chiusi nelle loro celle?

Ma prima che potessi rifletterci, quella preoccupazione fu nuovamente rimpiazzata da un'altra.

C'era un uomo, un grosso uomo calvo di mezza età, con un serpente tatuato vicino l'occhio sinistro, che si stava avvicinando. Era un paziente, potei dedurlo dal suo abbigliamento. Il suo nome era Norman, pensai. Feci del mio meglio per restare calma. Si stava dirigendo verso di me ed il mio cuore stava battendo sempre più velocemente ad ogni suo passo, l'adrenalina scorreva nelle mie vene.

Calma, dissi a me stessa. Non succederà niente.

Ma quando Norman si fermò davanti a me realizzai di essermi completamente sbagliata.

"Ehilà." Sorrise.

Aveva dei denti mancanti ed il suo alito puzzava.

"Ciao Norman, ritorniamo nella tua cella." Dissi con il tono più sicuro e autoritario che riuscii ad assumere, cercando di ritornare verso la sala principale.

"Non così in fretta." Disse con una voce stranamente tesa.

Non potei fare niente quando mi spinse violentemente contro il muro. Mi ricordò il mio primo incontro con Harry, sebbene questo fosse molto più spaventoso.

Cercai di combattere contro di lui, ma ero troppo debole, anche con la mia adrenalina. Ero così impaurita ora, quasi sul punto di vomitare. Le lacrime sgorgarono nei miei occhi quando realizzai che non c'era nulla che io avessi potuto fare.

"Norman, smettila." Gli dissi severamente.

"Non credo proprio." Rispose.

Fui colta di sorpresa quando la sua mano si infilò sotto la mia uniforme, che era sfortunatamente una veste bianca da infermiera con dei collant.

Urlai per lo stupore e per il disagio che provai, mentre la sua mano carnosa scorreva lungo il mio corpo, bruscamente.

"Ho sempre voluto farlo fin dal primo giorno che ti ho vista." Mi disse.

Le sue parole erano tenebrose e minacciose.

"Per favore." Implorai, soffocando nei miei singhiozzi. "Non farlo."

Improvvisamente, qualcosa scattò nella sua mente folle, la sua espressione sembrava arrabbiata mentre portava la sua mano sulla mia bocca.

"Faccio quello che voglio." Quasi sbraitò.

Fece ulteriormente scivolare la sua mano sul mio corpo, le sue labbra si piegarono in un orribile sorriso. Strinsi forte gli occhi, non volendo vedere la sua faccia, nella speranza che qualcuno venisse ad aiutarmi.

Ma improvvisamente ci fu un cambiamento; Norman tirò leggermente via la sua mano dalla mia bocca e fermò l'altra sua mano dal palpare il mio corpo. Aprii i mie occhi giusto in tempo per vedere la testa di Norman sbattere improvvisamente contro la parete vicino a me, con grande forza.

Alzai lo sguardo per incontrare Harry, e non fui mai stata così felice di vederlo come in quel momento. Gli saltai quasi addosso, abbracciandolo fortemente.

Ma non aveva finito, dal momento che afferrò la testa calva di Norman ancora una volta. La sua mascella era serrata, i suoi occhi erano neri per la rabbia. La grande forza di Harry divenne evidente quando sbatté la testa di Norman contro il muro di mattoni, provocando uno sgradevole scricchiolio. Scosse il suo corpo privo di sensi e forse morto, sul pavimento, come se fosse spazzatura.

Poi Harry si girò improvvisamente verso di me, i suoi lineamenti si addolcirono.

"Rose, stai bene? Ti ha fatto del male?" Chiese con la preoccupazione che traspariva dalla sua voce e l'inquietudine che illuminava i suoi occhi.

Non risposi, mi allontanai soltanto dalla parete, sollevata.

A questo punto, non mi importava che Harry fosse un paziente psicopatico, in grado di spellare donne, mi importava semplicemente che mi avesse appena salvata dall'esperienza più spaventosa della mia vita. E avevo bisogno di un po' di conforto, non mi interessava da chi.

Così mi feci avanti e feci scivolare le mie braccia attorno la sua vita. Sembrò leggermente sorpreso all'inizio , ma dopo rispose al mio abbraccio, avvolgendomi le spalle con le sue forti braccia.

Strofinai il mio viso nella stoffa della sua divisa, singhiozzando con sollievo.
E mi lasciò piangere per un po', addirittura sussurrandomi un "shh, è tutto okay. Se al sicuro, adesso," nel mio orecchio.

Continuò ad accarezzarmi la schiena per confortarmi, facendo diminuire il mio flusso di lacrime.
Era una sensazione pazzesca, quella di non avere controllo di ciò che mi stava accadendo. Ero stata toccata da un malato e sadico psicopatico, senza dubbio, con le peggiori intenzioni.

Ma poi, era arrivata una persona che aveva scacciato via tutte le cose brutte, causando dentro di me sollievo ed entusiasmo, emozioni simili a quando si saliva sulle montagne russe.

"Grazie." Farfugliai contro il petto di Harry, quando fui finalmente in grado di frenare il mio pianto.

"Di niente." Rispose tranquillamente.

Anche se avevo smesso di piangere nessuno dei due si staccò; quell'abbraccio era troppo caloroso e confortante.

Ma subito dopo, fummo interrotti, quando sentimmo più passi provenire dal corridoio. Allontanai la mia testa dal petto di Harry per vedere la Signora Hellman camminare verso di noi, i suoi occhi fissi su di me mentre increspava le labbra.

Aveva il tempismo peggiore.

"Bene, bene, bene," disse ridendo di me ed Harry. "Cosa abbiamo qui?"

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