Capitolo 46

Non avevo idea di dove stessi andando. Me ne ero andata dal ripostiglio con un pizzico di follia. Le mie dita avevano avvolto il grilletto, avevo sentito l'energia del proiettile in fuga, e immediatamente ci fu un buco nero sul ginocchio di Norman. Era avvenuto tutto così velocemente, che ancora ora gli eventi non sembravano essere pienamente chiari.

Ma non era morto. Così dovetti correre via dal suono dello sparo dove una decina di guardie sarebbe, senza dubbio, arrivata in pochi secondi. Era sembrata la miglior opzione in quel momento. Anche se ora, non lo era, dal momento che stavo girovagando da sola nei corridoi bui. Sì, avevo ancora la pistola, ma non volevo di nuovo premere il grilletto.

Così corsi, i miei occhi ben assottigliati, mentre cercavo disperatamente Harry nell'oscurità. Avrei voluto trascinarlo con me in quel ripostiglio. Saremmo potuti stare lì insieme mentre io aspettavo che lui si fosse svegliato. Ma la destinazione era troppo lontana e le guardie si sarebbero precipitate nel corridoio in pochi secondi; e poi non sarei riuscita a portarlo nel ripostiglio senza essere scoperta. Così dovevo correre e fidarmi di lui, come mi aveva detto.

Ma aveva anche detto di rimanere in quel ripostiglio, cosa che non ero riuscita a fare, dal momento che mi trovavo qui fuori nei vuoti corridoi dell'istituto.

Il martellamento del mio cuore non si era placato, ma invece era accelerato quando l'orribile fatto mi travolse;

Ero completamente e assolutamente sola.

Non avevo idea di dove stesse Harry e se fosse persino cosciente, così l'unica cosa che potevo fare era cercarlo avventatamente fino a quando non lo avrei trovato. Sola.

Guardai disperatamente in ogni angolo, realizzando che questa fosse davvero la prima volta che mi trovavo faccia a faccia con gli orrori di questo posto tutta da sola. Sin dal primo istante che lui aveva messo piede in questo edificio, mi ero confidata in Harry, che io lo sapessi o meno. Lui era stato il mio scudo, mettendo il pesante carico del Wickendale tutto sulle sue spalle mentre le mie erano state lasciate quasi senza peso. Aveva subito l'isolamento, le frustate, e persino la terapia dell'elettroshock mentre l'unica difficoltà che io avevo affrontato era stata guardare tutto ciò. Ma ora mi trovavo sola, senza la mia corazza difensiva e solo con un arma offensiva.

E poi immediatamente non fui più sola.

Dal nulla, arrivò qualcun altro, identificato solo da un piccolo rumore. Era distante, il suono, ma si stava avvicinando. Era dietro l'angolo. Mi misi dietro l'angolo di un rientro del muro, per non farmi vedere. Era profondo solo qualche centimetro, il corridoio esposto su un lato e una grande porta sull'altro. Era appena sufficiente per nascondermi.

Era tutto tranquillo mentre ascoltavo, cercando di decifrare il suono. Non sembrava quello di una guardia. Non c'era nessun tintinnio di chiavi e il ritmo del rumore era troppo lento. Ma non sembrava nemmeno essere quello di un paziente. Non si trattava di passi distinti e non c'era nessun borbottio o respiro irregolare che tu sentiresti dalla maggior parte di essi.

Invece era un suono simile ad un trascinamento. Come se qualcuno stesse trascinando un corpo incosciente; tessuto, scarpe e pelle raschiavano lungo il pavimento.

Harry.

No, non poteva essere lui. Non era possibile. Perché se quello che si stava dirigendo nella mia direzione fosse un corpo incosciente, ci sarebbe dovuto essere qualcun altro a trascinarlo.

Ed io non percepivo una seconda persona. Nessun passo. Solo quello strano e insolito trascinamento sul cemento. Ma in entrambi i casi, si stava avvicinando. Spinsi ulteriormente la mia schiena contro la parete e vi poggiai i palmi, completamente fuori dalla vista. Si trovava solo a qualche metro di distanza ora, e mi avrebbe visto in pochi secondi. Mi assicurai che le borse stessero ancora sulla mia schiena e che la pistola fosse ancora stretta nella mia mano, aumentando la presa sull'arma.

Ben presto, il rumore fu così vicino, che ero certa che se avesse fatto un altro passo, sarei stata rivelata. Ma immediatamente il rumore si fermò proprio dietro l'angolo. La persona si era fermata, proprio vicino a me. Trattenni il respiro e costrinsi il mio corpo a rimanere calmo.

Ascoltai. Ma c'era ancora solo silenzio, neanche il suono del respiro di qualcun altro nell'aria. Non c'era niente. Solo il silenzio tra me e la persona anonima a soli pochi metri di distanza. Riuscivo a sentire la presenza di qualcuno. Ed era come se qualsiasi movimento nel silenzio sarebbe stato notato dall'altra persona, così rimasi immobile.

Aspettai per circa un minuto, pensando di sporgere la mia testa per vedere chi stesse qui, ma dopo decisi di no e aspettai un altro po'. Ancora silenzio. Come se stesse per avvenire uno scontro o una contesa. Sanguinante e paurosa.

Improvvisamente, il silenzio fu rotto.

"Rose?" Una voce chiamò dal fondo del corridoio.

Era Harry! Era lontano, ma era qui. Dovevo andare da lui. La sua chiamata ruppe il silenzio e corsi il rischio di guardare dietro l'angolo. Il mio cuore pompò selvaggiamente, preparato al peggio. Sarebbe potuta essere una guardia con una pistola o un altro paziente, pronto a farmi del male o a impedirci la fuga. Lentamente, molto lentamente mi spostai dal mio posto. Guardai dietro di me nel vuoto e buio corridoio e vidi. . .

Niente. Non c'era nessuno qui.

"Rose?" La voce rauca e profonda chiamò di nuovo.

Scossi la testa. Ma che diavolo?

Mi sarei dedicata dopo alla stranezza che era appena successa. La eliminai velocemente dalla mia mente per occuparmi di ciò che era più importante.

"Harry!" Esclamai.

Le guardie avrebbero potuto probabilmente sentirmi, ma a questo punto, avevo solo bisogno di stare con lui. Non dovevo viaggiare per conto mio attraverso le ombre del Wickendale, avevo bisogno che Harry tornasse da me per combattere qualsiasi cosa avessi dovuto affrontare. Non potevo farcela senza di lui.

"Rose!" Urlò di nuovo, e scappai dal mio nascondiglio.

In parte, per correre e andare da Harry, e in parte per allontanarmi da qualsiasi cosa che avessi potuto sentire o meno, nascosta nel buio.

"Harry!" Urlai, scappando dall'angolo verso il suono della sua voce.

"Rose!" Esclamò un'ultima volta, e improvvisamente, eccolo là.

Impetuoso attraverso il corridoio come un pazzo, i suoi capelli scompigliati, la sua espressione sollevata. Il mio volto sicuramente corrispondente al suo. Potei sentire lo stress disperdersi nell'aria solo guardandolo.

Il mio ritmo aumentò abbinandolo al suo, e ci venimmo entrambi incontro. In pochi secondi, sentii l'impatto del suo corpo contro il mio e fu come se potessi finalmente respirare, quando non avevo nemmeno realizzato di star trattenendo il respiro. Sentii le sue braccia familiari avvolte attorno ai miei fianchi, le mie intorno al suo collo.

Ma dopo portai le mie mani sulla sua mascella e premetti le mie labbra sulle sue. Fu veloce e precipitoso, ma comunque pieno di passione e desiderio che era sempre presente quando ci baciavamo.

Quando ci allontanammo, mi strinse forte a lui e frugai la mia testa nel suo petto, lasciandomi sfuggire un respiro tremante. "Sono così felice di averti trovato. Dio, Harry, ero così preoccupata."

"Anch'io," disse, stringendo ancora di più le sue braccia attorno a me.

"Stai bene?" Chiesi, rimuovendo la mia testa dal tessuto della sua uniforme per accertarmi che lo fosse. Fortunatamente, non c'era nessuna marcatura o segni di dolore sul suo viso.

"Sì, sto bene," rispose sinceramente. "Tu?"

"Sì," dissi. Fisicamente stavo bene. Anche se mentalmente, ero nervosa, preoccupata e confusa.

"Bene," sospirò, osservandomi intensamente per confermarlo.

"D'accordo allora, andiamo via da qui. Hai una pistola?"

Annuii, sapendo esattamente cosa avrebbe chiesto. Liberai l'arma dal mio palmo sudato e la misi nella sua più larga, molto più capace della mia. "Come facevi a saperlo?"

"Ho visto Norman lungo il tragitto," disse.

Quindi sapeva che gli avevo sparato.

Sembrava impressionato, cercando di nascondere un sorriso orgoglioso mentre mi guardava. Ma non disse altro, entrambi sapevamo che ne avremmo parlato dopo. Non volevamo sprecare altro tempo.

Così riprendemmo il nostro piano. Era così rischioso, e non organizzato molto bene. Stavamo camminando alla cieca attraverso i corridoi con un'alta possibilità che le guardie potessero vederci in ogni momento. Ma era meglio stare qui fuori, nell'incerta oscurità insieme, che da soli nelle nostre celle dove eravamo incatenati fino alla morte.

"Okay, segui le mie indicazioni," disse Harry. "Ma aggrappati a me, dietro la mia uniforme o qualcosa del genere, e non lasciare andare la presa."

Annuii, seguendo le sue istruzioni, e agganciando un dito ai passanti della cintura. Non voleva perdermi di nuovo e anche io non volevo perdere lui. Guardai dietro di me, e dopo entrambi i lati, sentendo ma non vedendo nessuna guardia nei corridoi.

Respinsi i loro rumori e feci un passo dopo che lo aveva fatto Harry, la sua posizione attenta, quando sbirciò dietro l'angolo.

"Andiamo," sussurrò, e così feci.

Iniziò dalla direzione da cui ero arrivata, verso la persona sconosciuta che avrebbe potuto o meno essere davvero lì.

"Harry," sussurrai. "C'era qualcuno qui prima. Un altro paziente, penso," indicai in direzione del buio corridoio.

Assottigliò gli occhi per vedere. "Non vedo nessuno," rispose. "Deve essersene andato, ma terrò gli occhi aperti." E continuammo.

I nostri passi erano silenziosi e ci avvicinammo sempre di più al mio nascondiglio di pochi minuti fa. Ero ancora aggrappata ad Harry e aveva la pistola in entrambe le mani, come se fosse pronto per sparare in qualsiasi momento. Con lui avevo comunque paura, ma non arrivò nessun senso di disperazione insieme ad essa. Con lui mi sentivo il più sicuro possibile in una situazione come questa.

Facemmo un altro paio di passi e ci trovammo nel posto dove avevo sentito quello strano trascinamento. Ma il rumore non era presente questa volta. Harry si fermò davanti la porta alla quale ero stata accanto, e si avvicinò ad essa.

Perché stavamo andando qui dentro? Mi domandai. Ma dopo realizzai dove ci trovavamo. Questo non era solo un semplice ufficio o un ripostiglio. La porta- non lo avevo notato prima- era troppo grande e larga. Guardai in alto e lessi le lettere, difficilmente distinguibili, su di essa.

Reparto C.

Mi ero nascosta proprio accanto all'ingresso di questa parte sconosciuta del Wickendale, con una sola porta a separare me i più pericolosi criminali dell'Inghilterra, senza neanche saperlo.

"Pronta?" Sussurrò Harry prima di prendere la chiave dall'uniforme di James.

"No," risposi sinceramente.

"Neanch'io."

E con questo, infilò dentro la chiave e la ruotò lentamente, aspettando il crack di apertura della serratura. Quando sentimmo il suono, girò silenziosamente la maniglia. Riuscivo a sentire il battito del mio cuore nelle mie orecchie, mentre la parte dell'istituto più temuta, si stava rivelando a noi centimetro dopo centimetro.

Non sapevo cosa mi stessi aspettando. Grida, sussurri, lamenti, anime pericolose nell'angolo delle loro celle. Un esercito di guardie pronto quando avremmo aperto la porta. Ma non questo. Per qualche strana ragione, questo era molto peggio dell'alternativa.

Un. Silenzio. Mortale.

Non c'era assolutamente niente. Sembrava come se anche i rumori di fondo delle prese d'aria o delle tubazioni fossero assenti. Harry si girò per chiudere delicatamente la porta, ma non ci fu nessun altro movimento. Neanche l'aria fluttuò, così calma come il silenzio. L'oscurità inghiottiva la maggior parte del posto. Tutto ciò che riuscivo ad intravedere erano due file di celle. Ad illuminare le sbarre di metallo lucido c'era solo una luce d'emergenza alla fine delle due file, posizionata sulla parete così da creare delle ombre inquietanti. Non riuscii ad intravedere lo staff o nessun dipendente. Solo dei pazienti-troppo-silenziosi, fuori dalla vista nell'oscurità delle loro celle.

Io ed Harry eravamo immobili, riluttanti a muoverci. Qualcosa non quadrava.

Ma dovevamo andate avanti. Non potevamo semplicemente stare fermi e aspettare un movimento. Harry fece un passo silenzioso verso sinistra e copiai il suo movimento. Dopo un altro passo. Lentamente e cautamente passammo file identiche di celle con una luce identica alla fine e con un silenzio identico tra di esse. Sembrava che continuassero all'infinito, senza un cambiamento. I nostri passi rimasero silenziosi mentre superavamo una fila dietro l'altra.

Ma improvvisamente, vedemmo qualcuno. Mi fermai nei miei passi, ma Harry continuò ad andare avanti, trascinandomi con lui.

Quel qualcuno era un'altra guardia. Più seria e robusta rispetto a quelle che ero abituata a vedere nell'altra parte dell'istituto. Ma molto simile all'altra parte, annuì ad Harry, e poi passò senza fare domande. Pensava che Harry fosse una guardia.

Il nostro piano stava ancora andando a nostro favore.

E continuò ad essere così mentre ne sorpassammo un'altro paio. Nessuno riusciva a vedere il viso di Harry. Nessuno poteva essere identificato nel buio devastante. E mantenni le borse fuori di vista come prima, tra le mie mani, in mezzo a me e a lui. Nessuno se ne accorse.

Finalmente arrivammo ad una parte del Reparto dove non c'erano solo celle. Sembrava essere il corridoio principale, con quelle che sembravano essere delle porte di una mensa da un lato, e forse un bagno dall'altro . C'erano anche altre porte, ma non ero certa di ciò che ci fosse dietro di esse.

Un altro uomo ci si avvicinò. Cercammo di comportarci casualmente, dirigendoci alla fine del lungo corridoio con dei passi lenti che davano la finta illusione che non andassimo di fretta.

Ma questa volta, il trucchetto non funzionò.

Quest'uomo sembrava più intelligente degli altri, trasmettendo un'aura importante.

"Scusami, Signore. Dove stai portando questa paziente? Le celle sono da quella parte," domandò, indicando la direzione da dove eravamo venuti.

"La sto portando al bagno," rispose semplicemente Harry, allontanandosi dall'uomo.

Lui annuì ma sembrava scettico, esaminandoci più attentamente rispetto agli altri. E, in cambio, notò qualcosa che gli altri non avevano notato.

"Dove sono le manette?" Chiese.

Harry agì prima che l'uomo potesse unire i pezzi, usando il suo braccio per spingerlo contro la parete.

"Tu chiama aiuto e prendi la tua pistola ed io schiaccerò il fottuto grilletto," disse Harry con una voce calma ma minacciosa, cercando di non attirare ulteriori attenzioni. Spinse la pistola sotto il mento dell'uomo innocente mentre la guardia alzò le mani sopra di lui in segno di difesa.

"Bene," disse Harry. Con una mano inchiodò l'uomo e con l'altra raggiunse la fondina sul fianco della guardia, rimuovendo una seconda pistola e porgendola e me.

La accettai. Una volta che fummo entrambi armati, Harry capovolse la sua pistola, tenendo ferma la testa della guardia, e spinse l'estremità della pistola sulla sua testa.

La guardia perse i sensi per il colpo, scivolando a terra. Ero completamente affascinata; o Harry era nato per fare questo, o lo aveva già fatto prima.

"Sbrighiamoci prima che arrivi qualcun altro," disse, conducendomi in fondo al corridoio.

Vedemmo un'altra guardia, che di nuovo annuì solamente e continuò per la sua strada. Doveva ancora notare l'ombra del corpo steso senza sensi a terra, dietro di noi.

Camminammo attraverso le mura, girammo in un angolo, e ci avvicinammo ad un'area polverosa e ovviamente molto meno visitata. Qui, nel retro di un vicolo cieco, vedemmo il ripostiglio che presumibilmente doveva essere la chiave per la nostra fuga.

Ci mise un po' Harry per aprire la porta, rovistando una decina di chiavi per trovare quella giusta. Ci riuscimmo al settimo tentativo, la porta alla fine si aprì, rivelando ancora più forniture. Entrammo nella stanza, cercando l'uscita che aveva descritto Kelsey. Lì, nel retro, c'era una botola di legno sul pavimento.

"Eccolo," disse Harry con stupore.

Eravamo qui. Ma prima di emozionarci ancora di più, un'altra guardia ce lo impedì all'ingresso della stanza.

I dipendenti erano come delle formiche in questo posto.

"Cosa state - " iniziò, ma il click di Harry che piegò la pistola lo interruppe.

La mirò verso l'uomo in pochi secondi. L'uomo alzò le mani in difesa, indietreggiando lentamente e paurosamente. Non era una guardia forte, non faceva questo genere di cose. Sembrava invece un semplice dottore o un guardiano, ed aveva paura.

"Fai finta di non averci visto, e non ti farò saltare il tuo fottuto cervello," disse Harry.

Il mio stomaco si agitò e pregai Dio che fossero solo chiacchiere. Non avrebbe sparato ad un uomo innocente, giusto? O lo avrebbe fatto?

Il povero ragazzo indietreggiò con una paura tremante, girandosi e sparendo fuori dalla vista dopo un paio di passi.

"Lo dirà agli altri, faremo meglio ad andare prima di venire inondati da guardie," mi disse Harry.

"Sì," concordai.

Ritornammo nel ripostiglio, valutando un possibile modo per fuggire. Il tunnel era ricoperto da una botola di legno ed era avvitato al suolo, così da non sapere come entrarci.

"Merda," sospirò Harry.

"Sparaci su," suggerii. "Le guardie verranno a trovarci comunque, meglio non farci trovare invece che aspettare di trovare una soluzione migliore."

Le sopracciglia di Harry si aggrottarono, mentre prendeva un secondo per pensarci. "Hai ragione," concordò. "Tappati le orecchie."

Feci come mi era stato detto mentre Harry mirò e sparò. Un buco fu fatto sul legno mentre andò in frantumi, delle schegge andarono in tutte le direzioni. Come il vetro, alcuni pezzi frastagliati erano rimasti attaccati a terra, così io ed Harry li tirammo via. Ora invece della botola in legno in fondo al ripostiglio, c'era un grande buco che portava nei sotterranei. Era troppo buio per dire quanto profondo, enorme o lurido fosse.

"Vado prima io," disse Harry. "Voglio assicurarmi che sia sicuro."

Se fosse sicuro o meno, era la nostra unica opzione, ma non protestai il suggerimento di Harry.

"Okay," annuii, guardandolo abbassarsi nel grande buco.

"Passami una torcia," ordinò, e iniziai velocemente a frugare in una delle nostre borse.

Le mie mani avvolsero l'oggetto dandolo a lui per farlo accendere.

Si chinò e fece luce intorno a lui. "Sembra tutto apposto," disse. "Vieni dentro."

Si mise sulle sue mani e sulle ginocchia e iniziò a strisciare, lasciandomi lo spazio per entrare. Anche se, chiusi prima la porta del ripostiglio, con il rumore dei passi veloce delle guardie non tanto lontani, e rimisi le borse sulle spalle. Queste due cose stavano davvero diventando fastidiose.

E dopo fui dentro, piedi, ginocchia e gomiti sullo sporco.

"Stai bene?" Domandò Harry, girando la testa per guardare dietro di lui.

"Sì," risposi.

Così iniziò a strisciare attraverso la sporcizia e io lo seguii. Ma cazzo, se era uno spazio stretto questo.

Vidi la luce della torcia di Harry indirizzata avanti, e cercai di controllare il mio respiro. Eravamo così dannatamente vicini, non dovevo andare in iperventilazione a causa dello stretto spazio, e rallentarci. Ci trascinammo sempre più avanti sullo sporco, mentre pensavo a tutto tranne che all'ambiente. Le pareti sembravano delle grotte, e potevano crollare e seppellirmi viva in ogni momento. Mi concentrai sul mio respiro, ispirare ed espirare, mi concentrai sugli stivali di Harry davanti a me, mi concentrai sulla luce alla fine del tunnel. Non prestai attenzione a nessun' altra immagine, vista o rumori.

Improvvisamente, Harry si fermò per zittirmi. "Ascolta," disse, entrambi ci fermammo per ascoltare.

L'espressione preoccupata sul viso di Harry, causata da quel che aveva sentito, mi terrorizzò oltre ogni immaginazione. Perché se Harry era spaventato, era sicuramente qualcosa di grave.

Ascoltai e aspettai, ma non c'era nulla. Solo silenzio.

Dopo, da una parte lontana nel tunnel, vicino l'entrata da dove eravamo venuti, ci fu quel rumore simile ad un trascinamento. Quello che avevo sentito quando stavo cercando Harry. Era un po' diverso ora che strisciava qui invece che su qualcosa di concreto, ma ugualmente spaventoso.

E poi ci fu qualcosa di più di un suono raschiante. Era lontano, riecheggiando a noi attraverso le pareti sporche, in uno dei più deboli sussurri.

Un'inquietante, sconvolta, voce sottile disse, "Rose."

Fu allora che io ed Harry realizzammo di non essere soli nel tunnel.

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