Capitolo 42
HARRY'S POV.
Iniziò con un incubo.
I giorni si trascinarono attraverso urla penetranti, folli sussurri borbottati, interminabili minuti passati da solo, e i "troppo-brevi" minuti trascorsi con Rose. Dormire, fare colazione, pranzo, cena, poi dormire di nuovo insieme a delle schifose attività di gruppo che si alternavano. Era tutta una routine. Tutto ciò era insipido e noioso. Nulla era fuori dall'ordinario o almeno ciò che poteva essere ordinario in un manicomio per dei pazzi. Gli impiegati facevano il loro lavoro e i pazienti facevano qualunque cosa andasse fatta.
O almeno, era come se tutti accettassero il nostro piccolo e speranzoso gruppo di quattro. Ma noi ovviamente stavamo escogitando qualcosa dietro le quinte. Lori e Kelsey ci stavano discretamente fornendo di tutte le cose di cui avevamo bisogno con la massima cautela, mentre Rose ed io mettevamo su la miglior questo-istituto-fa-troppo-schifo-rimarremo-qui-per-il-resto-della-nostra-vita faccia. E dovevo dare più sostegno a Lori e Kelsey, perché loro stavano rischiando il loro lavoro per noi. Nonostante il mio atteggiamento, ne ero davvero grato, specialmente a Lori, della quale ero sempre stato grato. Anche se a volte la mia mente sbagliava, sembravano fare realmente il tifo per noi.
Ed ora avevamo un piano da mettere in atto. Era davvero rischioso, mettere in atto l'intero piano. Ma se avessimo avuto anche la più piccola delle occasioni per uscire da qui nelle prossime due settimane, l'avrei colta al volo. Perché ogni secondo torturante passato con la presenza di Rose mi faceva ricordare cosa sarebbe potuto succedere se fossimo rimasti. Dovevo tirarla fuori di qui e velocemente. Sebbene, il veloce, fu ciò che non ottenni. Ogni giorno eravamo sempre più confusi riguardo al percorso, con un'agonizzante pazienza, come viaggiare attraverso un fiume instabile e aspettare il momento giusto per trovare e scivolare lungo una cascata.
Fino a quell'incubo. Tutto iniziò a quadrare dopo quell'orribile e dannato incubo. Iniziò come tutti gli altri. Faceva freddo era buio ed io ero completamente ignaro di ogni pericolo in agguato nell'oscurità. Solo che questa volta avevo iniziato a correre. Non riuscivo a ricordare esattamente in che direzione e tutto ciò che riuscivo a vedere era il profilo debole degli alberi sfigurati. I miei piedi mi trasportavano con il vento che mi scompigliava i capelli e che soffiava sulla mia pelle. Correvo e correvo, come se ci fosse una gara, con una velocità che i miei polmoni fumanti potevano a malapena reggere. E qualcosa come una corrente elettrica mi caricava adrenalina attraverso tutto il mio corpo indolenzito. Iniziavo a sentire un'eccitante agitazione mentre sfrecciavo attraverso quella morbida erba sotto i miei piedi nudi. Il vento mi trasportava con lui mentre mi ruggiva nelle orecchie, ed il mio cuore batteva, ed io iniziavo ad andare sempre più veloce, veloce e veloce. Era trascorso molto tempo da quando non uscivo fuori, da quando ero stato rinchiuso e mi sentivo così invincibile in quel momento.
Rinchiuso. La mia mente esilarante ci pensò su. Rinchiuso? Dove ero stato e dove ero stato rinchiuso?
Wickendale.
Improvvisamente ricordai da cosa stavo fuggendo. I miei piedi veloci iniziarono a rallentare ed il mio sorriso entusiasta iniziò a svanire. C'era qualcosa che stavo dimenticando. C'era qualcosa che mancava. Le mie gambe rallentarono in una corsetta. Ora, i terrificanti alberi neri sembravano plasmare l'aspro cielo come per ricordarmi che fossi in pericolo. Iniziai a camminare. Un corvo volò basso dal cielo sopra di me e gracchiò nel buio come un altro avvertimento. Il mio cuore continuò a pulsare come un pazzo dentro al mio petto, ma non per la stanchezza. L'aria scendeva in fruste di nebbia. C'era una sensazione molto minacciosa nel viola trasparente dell'atmosfera. Mi faceva venire la pelle d'oca e mi faceva rizzare la peluria del mio collo.
Con riluttanza arrancai attraverso la nebbia, superando l'erba e gli alberi che mettevano timore. Il pavimento si inclinò un po', in discesa verso qualcosa che a distanza sembrava acqua. I miei occhi sbirciarono attraverso la nebbia fitta, che iniziava a rivelare una sorta di lago. Anche esso, tuttavia, sembrava avere qualcosa che non andasse.
Ma non potevo ritornare indietro. Per cui mi avvicinai al bordo del terreno e rimasi lì per un momento, aguzzando le orecchie in cerca di suoni che avrebbero dovuto confermare i miei spaventosi sospetti. Guardai fuori, nel grigio pallido delle increspature sotto il crepuscolo, in cerca di un possibile predatore.
C'era qualcosa nell'acqua. Qualcosa di scuro che si espandeva come inchiostro. Decisi di fare un passo in avanti, i miei stivali schizzarono nel lago fresco. E poi un altro passo. E poi qualche altro, fino a quando l'immagine non divenne chiara mentre la nebbia si dissolveva. Erano i capelli a ventaglio di una donna, che galleggiavano come onde morte. Potei percepire il sangue prosciugarsi dal mio viso. E, Dio, non volevo girarla di pancia in su, perché sapevo che non fosse semplicemente una ragazza, ma una ragazza morta, la fonte della mia paura. Ma tesi ugualmente la mano e toccai il tessuto sotto le chiome scure. Trasalii mentre con riluttanza la giravo.
E poi urlai.
Ecco qual era la cosa che stavo dimenticando, il pericolo anonimo preoccupante. Gli occhi mi pizzicarono immediatamente e non riuscii a guardare a lungo. Lì giaceva Rose e la sua soffice pelle pallida, labbra rosse un po' socchiuse e bellissimi capelli scuri che si distendevano sotto l'acqua, rendendola somigliante a qualche sorta di dea. Ma al di sotto, ad iniziare dalla base del suo collo, c'era ciò che alla vista mi fece venir voglia di vomitare. La sua pelle era stata spellata dal suo corpo, una volta bello. Lei era tutta una polpa carnosa, come un animale macellato, ricoperta dalla profonda tonalità di rosso del suo sangue.
Il mio cuore sobbalzò e la mia voce urlò e cercai di girarmi ma la mia mente sognante non me lo permise. L'immagine restò. Rose, che era stata la mia forza per organizzare la fuga, era l'unica cosa che avevo fallito nel proteggere. E la mia punizione era vederla in quel modo, un bellissimo viso ma un groviglio morto di muscoli, vene e polpa.
O così fu, fino a quando le urla eruttarono fuori dal mio sogno ed entrarono nella mia coscienza non appena mi svegliai con un rauco grido strappato attraverso la mia gola. I miei occhi perlustrarono il buio alla ricerca di Rose, quella viva, ma trovai soltanto la mia cella polverosa e dei respiri pesanti.
Ma il sollievo fu abbastanza enorme. Sapevo che Rose fosse viva e che era nella sua cella proprio come le altre volte in cui si erano verificati questi miserabili sogni. Sarebbe andato tutto bene. Sapevo che Rose fosse al sicuro.
Sebbene, ciò che non sapevo era che, questo ultimo incubo orribile, avrebbe segnato l'inizio della nostra fuga.
ROSE'S POV
I giorni erano noiosi e non provavo nessuna emozione o gioia ma non provavo nemmeno dolore o infelicità. Mi lasciavo consumare dall'attesa. Volevo andarmene, andarmene ora, e la pazienza non era mai stato il mio punto forte.
Ecco perché mi elettrizzai quando Kelsey mi annunciò le sue novità. Non vedevo l'ora di dirlo ad Harry, quasi saltellando lungo il corridoio del Reparto. Probabilmente sembravo più pazza della metà dei pazienti qui.
Aprii le porte e mi diressi verso di lui, trattenendo difficilmente un sorriso. Mi salutò con un sorriso abbagliante. Dopo dei veloci saluti ed un piccolo bacio, volevo solo andare dritta al punto, ma Harry parlò per primo.
"Secondo te perché lo stanno facendo per noi?" Domandò.
"Cosa?" Dissi, perplessa dalla domanda casuale.
"Perché Kelsey e Lori ci stanno aiutando a fuggire? Stanno mettendo a rischio il loro lavoro e merdate del genere."
"Perché sanno che non meritiamo di stare qui. Kelsey è la mia migliore amica e mi vuole fuori di qua, e Lori aveva accennato qualcosa sul fatto di andare in pensione quando lavoravo con lei. Forse vuole tipo fare quest'ultima cosa contro la Signora Hellman prima di andare via."
Harry annuì mentre prese in considerazione il tutto. Mi ero fatta questa domanda molte volte, sperando che non si trattasse di una trappola o di una messa in scena; poiché a causa di tutto ciò che era successo, non ne sarei rimasta stupita. Ma credevo che Kelsey e Lori volessero davvero aiutarci.
Approfittai del silenzio di Harry per parlare della notizia. "Ho la chiave," sussurrai.
"Tu cosa?" Domandò, immediatamente un sorriso attraversò il suo viso.
"Kelsey me l'ha data. Abbiamo un piano, abbiamo la chiave, Lori ha le nostre borse per quando andiamo via. Harry siamo pronti per fuggire dal Wickendale."
Delle increspature si formarono sotto i suoi occhi e il suo sorriso era uno dei più ampi e abbaglianti che avessi mai visto. "Questo è fottutamente fantastico," disse, tirandomi in uno stretto abbraccio caloroso. "Finalmente usciremo fuori di qui," sussurrò al mio orecchio.
Risi per il suo entusiasmo. Ma io non ero così entusiasta. Ed Harry doveva averlo notato, doveva aver sentito l'assenza nella mia risata ed il mio piccolo nervosismo.
"Che c'è?" Chiese, allontanandomi da lui per guardarmi negli occhi. "Cosa c'è che non va?" Sembrava un po' deluso che non condividessi la sua gioia.
"È solo. . .non lo so, sono soltanto spaventata. Sento come se non possa andare tutto così liscio, ma se poi invece ci riuscissimo? La polizia comunque ci seguirà fino al giorno in cui moriremo, Harry."
"Lo so," rispose silenziosamente. "Ma è meglio scappare lì fuori che rimanere rinchiusi qui. Dobbiamo farlo dopo tutto la merda che ci ha fatto passare la Signora Hellman, per cui, è giunto il momento di darle ciò che si merita."
Annuii, ma non ne ero ancora convinta. Ma c'era ancora qualcosa di rischioso coinvolto nel nostro piano e non volevo mandare tutto all'aria. Certo, ero entusiasta dall'idea di assaporare la libertà, ma stavo anche avendo un crollo nervoso.
"Rose, giuro su Dio che usciremo fuori di qui," il tono di Harry venne fuori soffice e rilassante. "Magari qualcosa andrà storto, ma farò di tutto per far sì che tutto vada bene. Usciremo fuori da questo dannato edificio e ti proteggerò in tutti i modi, d'accordo?"
"E dopo che saremo scappati?" Chiesi.
"Dopo che saremo scappati, correremo. Semplicemente correremo e correremo per miglia, e quando finalmente saremo abbastanza lontani, prenderemo un aereo e andremo da qualsiasi altra parte. Stavo pensando alle Fiji, magari, o alle Bahamas. Da qualche parte fuori dal continente e da qualche parte tropicale dove possiamo fare sesso sulla spiaggia e bere Pine Colada. Nessuno sentirà parlare dei due fuggitivi di Londra, e saremo al sicuro e felici. Che te ne pare?" Chiese, asciugando l'unica lacrima sulla mia guancia con il pollice.
L'idea era ovviamente solo un suo sogno e non un futuro realistico, ma sorrisi comunque. I segreti e l'omicidio imminente di Harry si dissolvevano in momenti come questo, e sapevo che non ci fosse persona migliore di lui per fuggire da un'istituto mentale.
"Sembra perfetto," risi.
Una guardia mi lanciò un'occhiataccia, ma non fece nulla riguardo la mia vicinanza ad Harry.
A nessuno importava davvero che fossimo dei pazienti, ma in fondo in fondo, sapevano che li sarebbe importato tra pochissimo tempo.
"Allora, Kelsey quando ha detto che dovremo mettere in atto il nostro piano?" Mi domandò Harry.
"Domani. Sia Lori che Kelsey sono pronte."
Riuscivo a sentirlo muoversi accanto a me e lasciarsi sfuggire un sospiro. "Merda," disse. "Fuggiremo dal Wickendale domani?"
"Sì," dissi con più disinvoltura di quanto ne avessi in realtà.
Domani io ed Harry saremo fuggiti da un manicomio.
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