Capitolo 20
Il vassoio col cibo di Harry giaceva abbandonato nell'angolo della stanza, come se facesse parte delle ragnatele. Il pavimento sottostante era cemento; freddo, grigio cemento. Le pareti erano costituite da mattoni scuri ed il soffitto era di un colore simile. Il materasso elastico era ricoperto da delle lenzuola bianche. C'era un piccolo cuscino posizionato su un lato del letto.
E questo era tutto. Un cuscino, delle lenzuola, ed un'uniforme; questi erano gli unici possedimenti che Harry Styles aveva ottenuto durante il suo tempo al Wickendale.
Molti pazienti, su richiesta, potevano ottenere un libro o una coperta in più o persino un poster se loro lo desiderassero davvero.
Ma lui non aveva chiesto ancora niente di tutte queste cose, lasciando la sua stanza quasi vuota.
Solo qualche momento prima, non ero consapevole di questo fatto, con il mondo che si scioglieva intorno a me, mentre assaporavo il bacio di Harry. Ma ora che quel bacio era stato interrotto, tutto mi sommerse.
Ogni dettaglio dell'edificio, ogni fessura e buco di questa struttura, ogni strato di polvere visibile. Perché questo non era semplicemente un mondo dentro al quale io ed Harry potevamo condividere il contatto delle nostre labbra; era un istituto mentale per i pazzi criminali.
Anche se era stato bello dimenticare le sovrabbondanti preoccupazioni e i misteriosi eventi che stavano avvenendo nella mia vita, mi ero lasciata trasportare troppo dal bacio, senza notare Rosemary. E tutti questi pensieri invasero la mia mente con una pressione esplosiva.
Cosa ne sarebbe stato di me, cosa ne sarebbe stato di Harry se la Signora Hellman lo avesse scoperto? Il mio cuore martellò contro il mio petto, mentre i miei nervi prendevano, ancora una volta, il sopravvento su di me.
"Merda," maledisse Harry, le prime parole che disse dopo due minuti interi. "È stato un bacio passionale, Rose Winters."
Mi girai verso di lui, e lo trovai a sorridere.
Sorridere.
"Harry, non ti rendi conto in che guai ci cacceremo?" Chiesi.
"Oh no, lo so. Siamo fottuti."
Lo guardai, disorientata. "Allora perché stai sorridendo?"
"Cosa?" Domandò innocentemente. "Solo perché ci cacceremo in un enorme guaio non vuol dire che non possa godermi il bacio."
Scossi il capo, stupita dalla sua indifferenza.
Voglio dire, anche a me era piaciuto il bacio. Probabilmente più di quanto avesse dovuto. Ma non riuscivo a dimenticare l'espressione di Rosemary. Lei ci aveva visti, aveva visto il corpo di Harry disteso sul mio. E da quel poco che la conoscevo, sarebbe sicuramente andata a dirlo alla direttrice. Era come se fossimo in classe e lei fosse la beniamina della professoressa. Aveva sempre cercato di essere come la Signora Hellman, dando ordini in giro solo perché era la più vecchia tra i dipendenti.
Ma non potevo neanche biasimarla. La colpa era mia, non sua.
Non potevo credere di essere stata così stupida. Il bacio non era stato programmato, ed il fatto che qualcuno avesse potuto scoprirci, non mi era nemmeno passato per l'anticamera del cervello.
Mi sarei dovuta fermare, avrei dovuto porre un limite. Non importava quanto tenessi ad Harry, sapevo che baciarlo in istituto non fosse consentito.
Ma i limiti e i principi morali si erano sciolti sotto l'incantevole veleno di Harry. Ma ora, tutto ciò che provavo era paura.
Avevo paura di ciò che avesse potuto fare la Signora Hellman, o di cosa avesse potuto farci fare da James. Stavo per lo più saltando a delle conclusioni, lei non si spingerebbe così oltre solo per un semplice bacio.
Giusto?
Sperai che Harry non fosse ancora giunto a queste conclusioni, ma, dal sorriso spensierato che stava ancora indossando, capii che non lo avesse fatto.
Il suo sorriso crebbe ulteriormente e, nonostante tutto, sorrisi anch'io. Permisi a me stessa di perdermi, ancora una volta, nei suoi occhi color smeraldo, prima di lasciare che tutto mi crollasse addosso.
"Devo andare via prima che la Signora Hellman venga qui, okay? Io ti ho solo portato da mangiare e poi sono andata via. Non è successo niente."
"Capito." Annuì.
Distolsi i miei occhi dai suoi e mi girai, per uscire dalla cella e chiuderla dietro di me.
HARRY'S POV.
Mi sdraiai sul mio materasso elastico, guardando il soffitto crepato e soffiando anelli di fumo nell'aria. Era passata mezz'ora da quando Rose era andata via.
E sì, sapevo che la Signora Hellman mi avrebbe massacrato, e sì, stavo probabilmente impazzendo, ma ero felice. Almeno qualcosa del genere.
Ovviamente la preoccupazione, la paura e la rabbia offuscavano un po' questa felicità, ma nonostante tutto, era comunque presente.
Poiché finalmente, dopo mesi, avevo provato qualcosa. Non era il fatto che avessi dovuto baciare una qualsiasi. Era il fatto che questo qualcuno fosse Rose.
E in quel bacio, non importa quanto suonasse cliché, c'era stato qualcosa. Non ero neanche sicuro di cosa, ma avevo provato qualcosa che non sentivo da molto tempo. Non era neanche una questione fisica, ma qualcosa di più profondo.
Non appena sentii un rumore, la mia testa scattò di lato per scoprirne la fonte.
Era Brian.
"Vattene," comandai, irritato per aver interrotto i miei pensieri.
"Alzati, la Signora Hellman vuole vederti."
Merda.
L'accontentai immediatamente, tirandomi su a sedere mentre lasciavo cadere con noncuranza la mia sigaretta al suolo. Il mio stomaco affondò con il peso del terrore mentre deglutivo e mi alzavo malvolentieri.
Quindi Rosemary le aveva raccontato di noi, quella stronza.
Brian usò le sue chiavi per attivare il blocco, le barre tra me e il resto del Wickendale, scomparirono.
Uscii fuori nel pavimento in cemento e trascinai lentamente i miei piedi lungo il corridoio che Rose aveva percorso non troppo tempo fa.
La mia precedente felicità stava lentamente iniziando a svanire, come se stesse venendo sostituita dal piombo, rendendo ogni passo più difficile dell'ultimo.
Ma alla fine, dopo aver camminato attraverso una sequenza di ampi corridoi e di lunghi atri, raggiungemmo l'"ufficio" della Signora Hellman. Vi entrai, ed il mio cuore iniziò a battere velocemente.
Solitamente, avevo una sorta di quiete intorno a me, un'indifferenza che mi rendeva spensierato ma allo stesso tempo in grado di capire le cose. Ma ora, un'emozione sconosciuta si era appena abbattuta su di me, per la scena che avevo davanti. Pensai si trattasse di paura.
L'ostile direttrice era seduta dietro la sua scrivania, nel retro della stanza, un'espressione cinicamente divertita adornava il suo viso rugoso. E poi, di fianco a lei, c'era quella stronza di Rosemary.
Pile di documenti giacevano sulla scrivania in mogano, sulla quale vi erano incisi dei disegni astratti,creando delle decorazioni sul legno. Una parete era rivestita da quadri senza senso, l'altra da un grande armadio.
Ed infine, c'erano le due sedie di fronte la sua scrivania. Cuscini bordeaux erano fissati su di esse per chiunque fosse venuto in visita.
Immaginai una mamma con il suo figlio pazzo che chiedevano aiuto, che chiedevano l'accesso al Wickendale; immaginai un uomo e sua moglie seduti in queste sedie mentre piangevano a causa della malattia mentale di lei, che la stava distruggendo.
Ma ora, c'era solo una persona sulla sedia.
Rose.
"Siediti, Harry," disse la Signora Hellman; Brian rimase in piedi in un angolo della stanza, insieme ad un'altra guardia.
Quando mi sedetti sulla sedia, osai guardare Rose, i capelli ancora sciolti mentre cadevano intorno al suo viso in libere onde.
Lei stava guardando in basso, sul suo grembo, le sue labbra rosee e il suo viso possedevano un'espressione indecifrabile.
"Allora," la Signora Hellman iniziò dopo essersi schiarita la gola. "Rosemary mi ha raccontato che voi due vi siete dati da fare."
Nessuno di noi osò parlare, la verità era palesemente ovvia. Ma non sembrava che la Signora Hellman avesse già finito.
"Io ed altri dipendenti abbiamo notato già da un pezzo il vostro strano rapporto, un rapporto non consentito tra un paziente ed una dipendente. Per non parlare del fatto che pochi minuti fa eri nella sua cella, vero Rose?"
"Gli ho soltanto portato del cibo e poi sono andata via," disse Rose con voce debole. "Questo è tutto. Non sono sicura di ciò che Rosemary abbia visto."
"Non provare a mentire." Disse. "Rosemary è una dipendente molto attendibile, e credo più alle sue parole che alle tue. Avete speso una quantità terribile di tempo insieme da quando tu sei qui, e poco fa, eravate entrambi nella stessa cella; i tuoi capelli sono sciolti, Rose, ed Harry è tutto in disordine. Io sono la direttrice, so tutto ciò che accade qui."
Fanculo, siamo degli idioti.
"Sai cosa vi succederà ora, vero?" Domandò la Signora Hellman. "Tra le altre punizioni, sarai ovviamente licenziata, Rose."
Ed ecco quando la paura arrivò.
Rose non poteva lasciarmi, non potevo farcela senza di lei.
Come avrei potuto sapere come stava, come sarei stato capace di vedere il suo volto tutti i giorni se lei fosse andata via? E se la Signora Hellman avesse ordinato a James di farle qualcosa? Non sarei stato in grado di saperlo, rinchiuso qui dentro. Rose mi aveva promesso di farmi uscire da qui, ma come avrebbe potuto farlo se fosse andata via?
Non potevo lasciarla andare. Dovevo fare qualsiasi cosa per non farla licenziare, dovevo discolparla.
Ed improvvisamente, un'idea scintillò nella mia mente; mi avrebbe portato in una marea di guai, ma non mi importava.
ROSE'S POV.
La quiete della stanza era evidente tanto quanto la tensione. La Signora Hellman aveva appena espresso la sua decisione, che sapevo fosse inevitabile, ma io non volevo crederci.
Sarei dovuta andarmene. Avrei perso il mio lavoro, la mia futura auto, il mio affitto, i miei soldi. Avrei perso Harry.
I miei occhi si spostarono su di lui, osservando la sua reazione. La piega tra le sue sopracciglia era ritornata, ma non indossava un'espressione di paura o di tristezza. Il suo viso era pensieroso.
Riuscivo ancora a vedere il colore smeraldo dei suoi occhi, anche se non mi stava guardando, il suo sguardo si era spostato sulla direttrice.
"Signora Hellman," disse, riempiendo la stanza con la sua voce roca. "Non licenziate Rose. Non è stata colpa sua, è stata colpa mia. Io. . . io l'ho aggredita. L'ho baciata con forza, lei non ha fatto nulla di male."
Come se la stanza potesse diventare ancora più silenziosa, tutti i rumori svanirono. O forse c'erano, ma io ero troppo scioccata per sentirli. Spalancai la bocca, scioccata.
Non potevo lasciare che tutte le conseguenze delle nostre azioni ricadessero su di lui; era anche colpa mia.
Ma i suoi occhi si staccarono dalla Signora Hellman e si fermarono sui miei. E notai ogni dettaglio.
Il modo in cui le sue ciglia incorniciavano i suoi bellissimi occhi forestali, toccando leggermente la sommità della sue guance mentre sbatteva le palpebre. Quegli occhi che potevano rivelare tutto, bastava guardarli per leggere le sue emozioni. I suoi considerevoli zigomi e la sua mascella incorniciavano perfettamente il suo viso rigido. Vene prominenti mappavano le sue grandi mani mentre riposavano sul suo grembo, abbastanza forti da fracassare la testa di un uomo contro un muro di mattoni ma abbastanza delicate da accarezzarmi dolcemente il viso durante i nostri baci.
Il mio sguardo si spostò di nuovo sul suo viso, i suoi lineamenti addolciti. Stava mordicchiando l'interno del suo labbro inferiore, i suoi occhi nervosi mentre guardavano dentro i miei. Sembrava molto più giovane del solito come se fosse un ragazzino perduto, che stava ammettendo di aver fatto una brutta cosa davanti a sua madre.
Ma lui continuò a guardami negli occhi ed io non riuscii a trovare la forza di distogliere lo sguardo. Se gli occhi potessero parlare, quelli di Harry mi starebbero implorando qualcosa.
Ci fu un piccolo movimento della sua testa, così piccolo che dubitavo che la Signora Hellman l'avesse notato. Ma io sì. Era come se lui mi stesse dicendo che andava tutto bene, che lui sarebbe stato bene.
Come se dicesse, lasciamelo fare.
"Bene, in questo caso disporrò una punizione diversa." Fu la Signora Hellman a rompere il silenzio.
Rimasi seduta in attesa, chiedendomi cosa diavolo gli avrebbe fatto.
Guardai Harry per mostrargli il mio dispiacere, ma lui stava guardando la Signora Hellman.
Lei spostò lo sguardo tra me ed Harry come se stesse percependo la nostra ansia; il destino di Harry era in bilico tra le sue mani rugose.
"Legatelo alla scrivania."
Le guardie dovevano essere abituate a queste procedure, poiché Brian ed un altro uomo, afferrarono immediatamente le braccia di Harry.
Lui guardò preoccupato i due uomini, la paura evidente sui suoi lineamenti. Gli sbottonarono la parte superiore dell'uniforme, lasciando scoperto tutto il busto.
Sussultai quando loro lo tiravano e lo spingevano verso il basso, per farlo inginocchiare.
La Signora Hellman si alzò ed io smisi completamente di respirare non appena tirarono fuori le manette, agganciandole alle sue mani, per poi poggiarle sulla scrivania
"Cosa gli state facendo?" Chiesi, ma nessuno sembrava ascoltarmi.
La Signora Hellman si avvicinò all'armadio presente nella stanza . Si prese il suo tempo per fissare qualsiasi cosa si trovasse lì dentro, prima di afferrare qualcosa.
Quando si allontanò dall'armadio, osservai il bastone nelle sue mani.
Oh, merda.
"Lo frusterai?" Domandai, la mia voce più alta e acuta di quanto intendessi.
Solo pochi secondi fa, lui era seduto accanto a me, sano e salvo mentre poggiava sui quei cuscini bordeaux. Ed ora, era indifeso e legato, sul punto di subire una delle punizioni più dolorose.
"Non ho intenzione di frustarlo." Disse la Signora Hellman, venendo verso di me con la frusta in mano mentre il resto della stanza rimaneva in silenzio.
"Sarai tu a farlo."
I miei occhi si spalancarono e il mio cuore martellò contro il mio petto. Volevo vomitare.
Non potevo farlo. Sapevo che la Signora Hellman lo stesse facendo per mettermi alla prova, ma non importava quanto entrambi volessimo che io rimanessi qui, non potevo ferirlo in quel modo.
"Fallo, Rose. Me lo merito." Disse Harry, lo sguardo della Signora Hellman provocò dei brividi lungo tutta la mia spina dorsale.
Avrei potuto accettare la falsa storia di Harry, avrei potuto accettare tutto, ma questo no.
"No. Io. . . io non riesco a frustare qualcuno, Signora Hellman."
Specialmente Harry.
I suoi occhi divennero più scuri quando rifiutai il suo comando. Probabilmente non era abituata ad essere rifiutata dalla gente.
"Bene." Disse, la sua voce era monotona. "Guardie, allontanatela dall'ufficio."
I due uomini si allontanarono da Harry, e, prima che sapessi cosa stesse succedendo, afferrarono entrambe le mie braccia.
"Lasciatemi stare!" Urlai.
Harry si voltò, nonostante le sue restrizioni, solo un lato della sua faccia visibile dalla mia posizione nella stanza.
"Non la toccate, cazzo!" Gridò, i muscoli delle sue braccia sporgenti mentre cercava di liberarsi.
Il silenzio precedente della stanza fu rimpiazzato da un rumore caotico. Harry urlò mentre le guardie mi trascinavano fuori, la paura di quello che stavano per fare ad Harry fece urlare anche me.
"Toglietevi di dosso! Non fate del male ad Harry, è stata colpa mia; io l'ho baciato!"
Queste parole sfuggirono dalle mie labbra sotto forma di grida, ma la Signora Hellman le ignorò.
Harry stava urlando, io stavo urlando, e le guardie stavano urlando per cercare di farmi collaborare, mentre io mi muovevo e agitavo nella loro presa.
Ma la Signora Hellman restò in silenzio.
Guardai Harry. Riuscii a vedere la pelle della sua schiena nuda e delle sue braccia, i rigidi muscoli tesi sotto la sua pelle abbronzata, la sua faccia girata di lato per cercare di vedere la mia.
L'immagine di lui si fece sempre più distante mentre venivo allontanata dall'ufficio.
Ma riuscivo ancora a vederlo.
Il mio sguardo era fisso sulla sua schiena, così nuda e vulnerabilmente esposta.
Ma improvvisamente, una sottile corda nera attraversò la mia vista, l'oggetto scese sulla pelle di Harry con grande forza. La sua schiena si inarcò dal dolore mentre lui gridava. La linea della frusta fu sostituita dal sangue di Harry.
E quella fu l'ultima cosa che vidi prima che la porta di legno venne sbattuta.
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