Capitolo 12

HARRY'S POV.

Non riuscivo a credere a James, cazzo. Chi si credeva di essere? Solo perché era una guardia non significava che potesse parlarmi in quel modo o comportarsi come se avesse qualche diritto su Rose, come se potesse dirmi cosa potevo e non potevo fare quando si trattava di lei; sole perché erano stati ad un appuntamento non significava che lei fosse sua. Ma non erano state solo le sue parole a seccarmi. Mi dava fastidio il modo in cui si fingeva innocente e galante quando in realtà era soltanto un codardo. Aveva ingannato Rose, ma non me. E sì, sapevo che i miei sospetti non fornissero abbastanza prove come avrei voluto, ma c'era qualcosa di strano in lui.

Anche se non aveva ucciso nessuno, stava tramando qualcosa. Ne ero sicuro; la mia certezza che fosse l'assassino si stava lentamente sgretolando. Rose aveva ragione, non avevo nessuna prova dei suoi crimini. James era solo una delle tante possibilità. Sarebbe potuto essere un dipendente di un altro piano; sarebbe potuto essere qualcuno che noi stavamo completamente trascurando. . .

Ma, assassino o no, James mi infastidiva.

Era solo un'irritazione in più che si andava ad aggiungere alla mia lista delle tante cose che odiavo di questo posto. Dovevo fuggire dal Wickendale, lo sapevo. Non potevo restare qui per il resto della mia vita. Avrei trovato una via d'uscita alla fine. Dovevo. Ma per il momento, avrei dovuto sopportare tutti gli orrori racchiusi in questa struttura: le guardie, il cibo di merda, la sporcizia, la polvere, e i terapisti irritanti. E chi lo sa, avrei potuto subire anche la terapia dell'elettroshock, o essere frustato; voglio dire, ero già stato in isolamento.

Ma per il momento, dovevo continuare ad essere l'uomo che aveva spellato delle donne; altrimenti mi avrebbero distrutto. Dovevo rimanere il paziente più pericoloso di questo reparto.

Wickendale era l'inferno; ed io dovevo essere il diavolo.

JAMES' POV.

Mi feci strada verso la mensa con il cuore che martellava contro il mio petto. Non riuscivo ancora a credere di essere stato così debole. Certo, Harry era molto forte, ma non avrei mai immaginato di poter tremare dalla paura a causa sua. Lui era spaventosamente forte e aveva quella rabbia che si irradiava dal suo corpo.

Tuttavia, riuscivo a capire il motivo per cui mi odiasse. Io ero soltanto preoccupato per Rose, e volevo che Harry le stesse lontano. Era pericoloso e non volevo che le accadesse nulla di male. Forse lui pensava che Rose fosse ingenua a fidarsi di me, ma non era presente nelle nostre conversazioni; lui non era presente durante le nostre passeggiate riscaldate dal sorriso di Rose; non era presente quando andavamo a cena e condividevamo storie di appuntamenti imbarazzanti.

E non volevo che lui facesse parte della vita di Rose, ma questa era una scelta sua, non mia. Quindi, per il momento, avrei dovuto soltanto tenere d'occhio Harry e assicurami che non le facesse del male.

Ma anche se le avesse fatto qualcosa, avevo la sensazione che non sarei stato in grado di fermarlo.

ROSE'S POV.

La mattina seguente, entrai attraverso le porte del Wickendale con un unico obbiettivo; ottenere un giorno di riposo. Lavoravo 12 ore per 5 giorni a settimana. Avevo i weekend liberi, ma  non erano sufficienti per farmi riprendere dagli eventi di questo frenetico, e in qualche modo, snervante istituto. Mi serviva davvero un giorno di riposo.

Ma solo il pensiero di dover parlare con la Signora Hellman mi rendeva nervosa. Dopo che mi aveva mentito su Cynthia ero preoccupata di rivederla. Non era una brava persona, lo sapevo molto bene. Per qualche strana ragione, nascondeva delle cose anche ai dipendenti e questo non era un buon segno.

Ma volevo davvero un giorno di riposo, così mi diressi verso il suo ufficio, circa dieci minuti prima che iniziasse il mio turno di lavoro. Spinsi di poco la porta per rivelare la Signora Hellman, seduta dietro la sua scrivania, mentre parlava al telefono con qualcuno.

"No, non voglio nessun giornalista qui. Può dirle di andare a cercare un altro istituto perché non io non la lascerò entrare al Wickendale, fine della discussione."

La persona dall'altro capo parlò, ma non riuscii a capire le sue parole.

"Va bene, sono contenta che siamo giunti ad un compromesso. Arrivederla," disse la signora Hellman prima di mettere giù il telefono. I suoi occhi ritornarono sul documento poggiato sulla sua scrivania.

Entrai nell'ufficio ed alzò lo sguardo dal suo lavoro.

"Posso aiutarti, Rose?" Chiese lei.

Annuii. "Sì. Mi stavo chiedendo se potesse concedermi un giorno di riposo. Ho lavorato molto ultimamente."

I suoi occhi ritornarono sul documento, irritata dalla mia domanda. Lei era l'opposto di Harry; lui ti guardava dritto negli occhi come se tu fossi la persona più importante del mondo. I suoi occhi di giada erano sempre premurosi e attenti, soprattuto quando era interessato alla conversazione.

"Per quale occasione?" Disse alla fine, con tono indifferente.

Cercai di trovare una scusa, un qualsiasi motivo ragionevole. Ma poi realizzai che ci fosse davvero un evento importante. La prossima settimana sarebbe stato il mio compleanno; l'avevo quasi dimenticato. "Sto per compiere ventun anni."

"Davvero?"

Annuii.

"Buon compleanno," mi disse in tono distaccato, senza neanche un accenno di sorriso sulle sue labbra.

La ringraziai e poi aspettai che prendesse una decisione.

"Non so, Rose," mi rispose. "Ultimamente ho permesso a troppe persone di prendersi una vacanza e non sono sicura che possiamo permetterci che lo faccia qualcun altro. Ci sono molti nuovi pazienti e abbiamo bisogno di un aiuto extra." Disse. "James che se ne è andato per una settimana intera all'inizio di agosto e -"

"Perché James se ne è andato per un'intera settimana?" Domandai senza riflettere.

"Aveva organizzato un viaggio per il suo compleanno, penso sia andato in America con degli amici o qualcosa del genere," disse. "Ma mi ha informata un mese prima," mi disse, e, anche se era seduta, sembrava che mi stesse squadrando dalla testa ai piedi.

Erano passati già due mesi dal mese di Agosto. Mi lasciai calmare da questa informazione, poiché allora, io e James non avevamo molta confidenza, per cui non mi sentii in colpa per non avergli fatto gli auguri.

Ma c'era qualcos'altro che era accaduto all'inizio di agosto ma non riuscivo a ricordarmi cosa.

Per cui scacciai via il pensiero, rivolgendo di nuovo l'attenzione al mio capo.

"Non fa niente, mi dispiace averla interrotta dal suo lavoro," dissi, prima di girarmi ed uscire dall'ufficio. Non aggiunse neanche una parola mentre uscivo, e ciò mi fece incazzare. Non mi aveva davvero concesso qualche giorno di riposo per il mio compleanno? Sul serio?

Decisi di non darci troppo peso. Avevo problemi più importante a cui pensare ed arrabbiarmi non mi avrebbe aiutata a risolverli. Così, invece di ritornare nel suo ufficio e chiedere una pausa da tutta questa pazzia, decisi di andare nell'ufficio di Lori per cominciare la giornata.

Non appena entrai in infermeria, Lori mi accolse con un gran sorriso; era sempre così gentile ed ero grata di lavorare con lei e non con la Signora Hellman.

Recuperai delle vettovaglie e l'aiutai a medicare alcuni pazienti. L'orologio ticchettava ed io non vedevo davvero l'ora che iniziasse la mia pausa.

E per pausa intendevo incontrare Harry. Tecnicamente, non era una pausa, la mia pausa pranzo era dopo la sua, ma sembrava lo stesso una sorta di scappatoia. Lui era così diverso da tutte le altre persone che avevo conosciuto. La sua intera presenza sembrava essere viva di elettricità e ciò lo rendeva impossibile da descrivere ma allo stesso tempo impossibile da dimenticare. Che avesse ucciso o meno delle persone non eliminava l'attrazione che provavano tutti quelli che lui sceglieva di richiamare nella sua oscurità; io ero sicurissima di far parte di questa cerchia. Voglio dire, lo pensavo persino mentre svolgevo il mio lavoro.

Fortunatamente, non dovetti lavorare ancora per molto poiché mi fu concesso di andare in mensa. Finalmente.

Camminai attraverso i corridoi e per alcuni atrii per arrivarci, attraversando le porte della grande stanza. Immediatamente, i miei occhi trovarono il nostro tavolo, ma prima che potessi raggiungerlo, percepii una mano leggera toccarmi il braccio. Roteai su me stessa e vidi James nella sua posizione vigile dietro di me, un piccolo sorrisetto sul suo volto. "Hey."

"Ciao," lo salutai.

"Uhm, mi stavo solo chiedendo...voglio dire, ci siamo divertiti molto l'ultima volta, così io uhm, vorrei sapere se ti andrebbe di uscire di nuovo con me?" Mi domandò lui.

Fui leggermente scossa dalla sua domanda, anche se non sapevo il perché. Per qualche strana ragione non mi aspettavo mi chiedesse di nuovo di uscire.

"Dove dovremmo andare?" Domandai.

"Magari alla fiera di sabato," disse lui, la proposta suonò più come una domanda.

Non sapevo cosa fare, la voce di Harry, presente nella mia mente, mi avvertiva di fare attenzione. Dovevo essere prudente. Non volevo essere nascosta nel seminterrato come gli altri corpi -

I corpi! Ecco che cosa aveva di famigliare l'inizio del mese di agosto. Ora sì che quadrava tutto; mi ricordai improvvisamente delle parole di Kelsey. Mi aveva detto che all'inizio di agosto c'era stata l'uccisione dei corpi, nascosti nel seminterrato. Uno scienziato forense era venuto qui ad eseguire dei test, ed era giunto alla conclusione che il decesso fosse avvenuto intorno al tre di agosto. James non poteva essere l'assassino, lui era fuori paese in quei giorni. Fui sollevata da questa scoperta, il pensiero di andare alla fiera con lui divenne più allettante.

"Verrò sicuro," gli sorrisi.

"Figo." Sogghignò.

"Figo," replicai, felice di non dovermi preoccupare di James. Dopo, avrei detto ad Harry di non guardarlo più come se volesse ucciderlo.

Parlando di Harry, dov'era?

Girai la testa e per poco sobbalzai, la presenza di Harry mi sorprese. Si trovava a pochi metri di distanza, come se fosse appena entrato. O perlomeno, era quello che speravo.

Ma guardandolo meglio, i suoi pugni stretti, la sua mascella serrata e le sopracciglia corrugate per la rabbia, capii che avesse ascoltato gran parte della conversazione e. . .non sembrava affatto felice.

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