7. Oltre lo sguardo
Mediana era una delle città più importanti della comunità magica mondiale. Essa ospitava sia una Congrega femminile che una maschile, entrambe di doni misti. Quella maschile era guidata dal Capo Magistro Gridoror, coetaneo di Soriana e suo grande amico.
Lionel era uno stregone della Congrega di Gridoror.
Il ragazzo era nato e cresciuto in un paesino di campagna vicino Mediana, si era trasferito alla Congrega quando aveva compiuto quattordici anni e si era sentito abbastanza pronto per abbandonare la madre e le sorelle più piccole.
Lionel era un compagno di classe di Roxen e Alexander e da quando il mostro aveva aggredito il guardiano della scuola, la sua tranquilla vita da studente-stregone era cambiata suo malgrado.
Aveva partecipato a quella strana prova di coraggio solo perché c'era Sara, la ragazza per cui aveva perso la testa. La situazione, però, era diventata improvvisamente più reale del previsto e quello che lui credeva una semplice svista del povero Jude, si era rivelata essere l'inizio di un disastro.
Era scappato insieme a Sara con l'intenzione di tornare in un secondo momento ad aiutare Roxen e Alexander, anche se era certo se la sarebbero cavata da soli. Lionel sapeva che non erano semplici adolescenti, peccato che loro non si fossero mai accorti che non lo era neanche lui. Ma non erano gli unici a non saper riconoscere un sovraumano, a quanto pare... Anche lui aveva decisamente sbagliato su Sara: fino a quella sera aveva creduto che fosse una normale adolescente scontrosa e invece si era rivelata essere una vampira.
Appena fuori il cancello della scuola l'aveva vista tremare e aveva pensato fosse stato per la paura, ma quando lei aveva smesso le erano spuntate improvvisamente due enormi ali nere, come quelle dei pipistrelli.
Lionel, nonostante fosse scosso da quella visione, aveva cercato di avvicinarsi a lei con cautela. Ma Sara, che sembrava non aver il pieno controllo di quello che stava accadendo al suo corpo, lo aveva guardato terrorizzata. «No, stammi lontano», poi se ne era volata via.
Il ragazzo si era sentito smarrito. Non aveva riconosciuto l'aura di Sara e, nonostante la ammirasse da lontano tutti i giorni, non si era accorto che fosse anche lei una sovraumana. Però, doveva ammettere che non si era sentito minacciato dalla sua improvvisa trasformazione, anzi, una piccola parte dello stregone aveva anche esultato quando aveva realizzato che era una vampira e quindi facente parte del mondo sovrannaturale, proprio come lui. Ma non capiva perché si fosse agitata tanto per le sue stesse ali. Lui, che mai aveva visto un vampiro in carne e ossa, dopo un primo momento di confusione, avrebbe solo voluto aiutarla, ma Sara era scappata e lo avevo lasciato solo con quella nuova scoperta.
A quel punto avrebbe voluto tornare indietro per aiutare Alexander e Roxen, ma la sirene della polizia lo avevano anticipato e così era corso a casa, alla Congrega.
Quella, evidentemente, era la serata delle sorprese, perché non appena rientrato, Gridoror lo aveva accolto riferendogli che un'ospite importante era venuta a far loro visita e che aveva richiesto il loro aiuto.
Lionel aveva pensato di essere in uno strano sogno da cui non riusciva a svegliarsi e aveva l'orrenda sensazione che da quel momento in poi la sua vita non sarebbe stata più tanto tranquilla.
Gridoror lo aveva condotto nella Sala Comune e lo aveva fatto accomodare su una poltrona davanti al camino scoppiettante. Quel camino era sotto l'effetto dell'incantesimo del fuoco perpetuo: un'illusione che non si estingueva mai e che dava l'impressione di rigenerarsi dalle sue stesse braci. Molti stregoni sospettavano che dietro quell'illusione si nascondesse un passaggio segreto che collegasse tra loro le due Congreghe di Mediana.
Gridoror si era seduto su una poltrona damascata e alla luce delle fiamme il suo viso era sembrato parecchio turbato.
«Lionel, l'ospite di cui ti ho parlato è Soriana. È venuta a chiedermi di ingaggiare il miglior stregone della Congrega per proteggere due persone molto importanti. E dopo aver valutato attentamente tra tutti i confratelli e le vostre capacità, credo che quello stregone debba essere tu».
Lionel si era sentito confuso, forse nello scappare aveva battuto la testa e non si era ancora ripreso.
«Signore, cosa state dicendo? Chi sono queste persone importanti?»
Aveva visto Gridoror sorridere, ticchettando la mano rugosa sul bracciolo della poltrona.
«Sono persone che conosci e che devono assolvere a un compito davvero molto arduo. Stanno scoprendo in questo momento di essere i prescelti di una Profezia che riguarda la salvezza dei Mondi».
Lionel era rimasto senza fiato. Dopo la shock della vera identità di Sara, doveva assorbire anche la notizia di una prossima Apocalisse, perché era di quello che si trattava quando veniva citata la salvezza dei Mondi. Lo sapeva bene lui, che aveva divorato libri e libri sulle profezie passate.
«Ma... ma io come dovrei proteggere due persone di tale portata? Insomma, posso essere il più preparato della Congrega, ma sono comunque un ragazzo, immagino che questi prescelti siano autorità nel mondo magico...»
Gridoror sospirò pesantemente, come se gli costasse davvero molta fatica parlare. «No, Lionel. Tu conosci i prescelti proprio perché sono tuoi coetanei e questo fattore è fondamentale affinché tu possa proteggerli più da vicino».
Quindi, pensò Lionel, non era per i suoi successi con la magia e la sua conoscenza del mondo umano e di quello sovraumano, ma il fatto di poter diventare una guardia del corpo senza destare sospetti. Si sentì un po' ferito nell'orgoglio, ma non poteva biasimare la scelta di Gridoror, i doni magici delle arti curative e dell'empatia con animali che possedeva potevano tornare utili in caso di necessità. Ma rimaneva la domanda: chi erano i prescelti?
Gridoror si era messo a ridere, decisamente più rilassato, facendo ballare la folta barba castana «Davvero non ci arrivi, mio caro Lionel? Ti facevo più sveglio».
Il Capo Magistro gli si era avvicinato con fare cospiratorio «Pensaci bene, non sta forse succedendo qualcosa di strano, in questo momento nella tua scuola? Non hai forse avvertito anche tu l'anomalia nel Velo? E non eri in compagnia di altri sovraumani prima di tornare a casa?»
Lionel era sbiancato di colpo. Non aveva dato affatto peso a Roxen e Alexander, aveva semplicemente pensato che fossero come lui e che non volessero dare nell'occhio, così come Sara, che sembrava non essere riuscita a controllare la propria trasformazione. Lui aveva dato la colpa al caso e invece, stando a quello che gli aveva appena detto Gridoror, non era così.
Con la mente in confusione, il giovane stregone aveva iniziato a fare domande a raffica, senza riuscire a fermarsi e all'idea che Sara fosse una dei due prescelti da proteggere, il suo cuore aveva accelerato appena un po', prima che Gridoror infrangesse il suo sogno.
«Sono Alexander e Roxen. Proprio in questo momento stanno parlando con la Sacerdotessa Milene. Sono stati scelti dalle divinità, perché sono dotati di forza e poteri straordinari e spiccano in particolar modo tra le fazioni di appartenenza nel mondo sovraumano. Avranno bisogno di qualcuno che li assista e guardi loro le spalle. Il nemico che dovranno affrontare è infido e loro, a detta di Soriana, sono troppo immersi in grattacapi personali per poterlo affrontare con astuzia. Tu hai studiato molto e conosci i testi delle più antiche profezie, sei intelligente e sei in grado di ragionare a mente fredda. Insomma io e Soriana pensiamo davvero che tu possa essere un valido aiuto per loro».
«Spiegatemi tutto, signore».
Così Lionel era venuto a conoscenza della Profezia e di ciò che essa concerneva.
Più ascoltava Gridoror più si convinceva di essere in grado di assumersi quel compito, proprio come aveva affermato il Capo Magistro. E senza mentire a se stesso, un po' sperava di riuscire a coinvolgere anche Sara. Se lei era una vampira ed era realmente affezionata a Roxen come dimostrava ogni giorno, non si sarebbe tirata indietro se le avesse chiesto aiuto per proteggere la sua amica. O almeno se lo augurava.
Quando Gridoror aveva terminato la spiegazione, Lionel si era impegnato solennemente a difendere e aiutare Roxen e Alexander nella loro missione.
«Solo una cosa, Lionel», aveva aggiunto il Capo Magistro. «Soriana mi ha chiesto di non rivelare la tua identità ai prescelti, ma solo per un primo periodo. È convinta che se riuscirai ad assolvere al tuo compito senza farti scoprire da loro, probabilmente nemmeno i nemici riusciranno a individuarti e questo potrebbe essere vantaggioso».
Lionel ne era rimasto perplesso, ma avendo piena fiducia nei due Capo Magistri, aveva accettato anche quella condizione.
Ora, dopo una notte insonne a studiare profezie e a fare castelli in aria su Sara, Lionel se ne stava appoggiato contro il muro d'ingresso dell'istituto, con un paio di occhiali da sole molto scuri, in attesa di vedere la ragazza spuntare all'orizzonte. La individuò non appena mise piede nel cortile. Gli sembrò che anche Sara stesse aspettando qualcuno, ma non gli importò. La raggiunse in poche frettolose falcate. «Ti devo parlare»
Lei lo guardò scocciata e cercò di scansarlo, ma Lionel la bloccò. Non si era mai trovato in una situazione simile con una ragazza. Non voleva forzarla, ma aveva bisogno che lo ascoltasse e gli dicesse quel che sapeva su Alexander e Roxen. Prima, però, intuendo che per Sara era imbarazzante, avrebbe dovuto tranquillizzarla sul piccolo incidente della notte scorsa.
«Sara, devi venire con me. So che sei una vampira, io sono uno stregone. È tutto ok».
A quel punto lei smise di opporre resistenza e Lionel riuscì a condurla nella scuola, nella zona del vecchio edificio, dove nessuno metteva più piede e soprattutto lontana da orecchie indiscrete. In realtà non sapeva bene cosa dirle, era già difficile ricordarsi di respirare in sua presenza, sarebbe stata un'impresa impossibile mettere insieme un discorso sensato!
Stava per indicarle quella che una volta era la biblioteca, quando lei aprì velocemente la porta di una stanza buia e lo spinse dentro. Lionel non riuscì a vedere nulla per diversi secondi, ma sentì Sara muoversi a pochi passi da lui. La cercò a tentoni e la chiamò più volte. Aveva il cuore in gola, non tanto per la paura, ma per il fatto di essere solo con lei. Finalmente.
Un rumore metallico lo mise in allerta. Trovò l'interruttore e quando la luce sfarfallò sulle loro teste, vide Sara trasformata. Questa volta però era solida, senza alcun segno di nervosismo.
Sovrastò Lionel minacciosa. I suoi occhi erano cerchiati di rosso e i suoi canini premevano rabbiosi contro il labbro inferiore.
Lionel indietreggiò, ma la fissò senza timore. Rimasero a scrutarsi per una manciata di secondi che parve infinita, finché lui non afferrò una sedia lì accanto e si sedette. Lei sembrò cogliere quel gesto come una resa e ritrasse i canini.
«Ti ha mandato Lui?»
«Lui chi? Gridoror? Lo conosci?»
L'ingenuità con cui Lionel aveva risposto fece sorridere Sara, che a sua volta si sedette, ma stando ben vicina alla porta e lontana da lui.
Lionel si guardò attorno. Quella in cui si trovavano sembrava essere stata un'aula, c'erano ancora i segni delle lavagne attaccate ai muri e un paio di banchi rovinati accatastati contro le pareti. In quella zona della scuola non si andava mai, se non per lavori di gruppo nelle aule ancora praticabili.
– Non so a quale "lui" tu ti riferisca, ma non sono stato mandato da nessuno. Quando sono tornato a casa, ieri notte, mi sono state rivelate alcune cose e volevo solo una conferma da te». La fissò, scorgendo in lei turbamento.
I suoi occhi solitamente dorati, parvero oscurarsi fino a raggiungere una tonalità più simile al rame. Sara rimase in silenzio e Lionel lo prese come un tacito invito a continuare. Le raccontò ciò che gli aveva detto Gridoror, omettendo il proprio ruolo di protettore dei prescelti. Lei lo ascoltò con un'espressione di scherno stampata in faccia: non stava credendo a una sola parola.
Dopo poco lo interruppe alzandosi di scatto. Sfoderò nuovamente gli artigli e lo minacciò andandogli incontro. «Vivo da ormai centotrenta anni, non ho mai sentito parlare di Minaccia Primordiale o di Prescelti. L'unico essere di cui io abbia veramente paura è il Conte, se non ti ha mandato lui perché mi ha scoperta, allora cosa vuoi?»
I pensieri di Lionel si focalizzarono su due punti: l'età di Sara e questo fantomatico Conte da cui lei stava nascondendosi. Sapeva che la priorità da quel momento in poi avrebbe dovuto essere difendere i Prescelti, ma quel calore che gli partiva dallo stomaco e si allargava fino alla faccia gli fece capire che non solo voleva, ma doveva proteggere anche Sara.
Intenzionato a prometterle il suo aiuto protese una mano verso di lei, ma Sara gliela torse e lo fece cadere dalla sedia. Lionel boccheggiò sorpreso. Senza il tempo di riprendersi, rotolò su un fianco evitando un pugno.
«Perchè vuoi sapere di Xander e Roxen? Sei stato anonimo per tutto questo tempo pur sapendo che noi siamo sovraumani come te, perché te ne esci fuori proprio ora? Hai invocato tu il mostro?» Sara lo rincorse per tutta l'aula tentando di colpirlo, ma Lionel continuò a schivarla agilmente.
Quando si trovò con le spalle al muro cercò di farle capire che non era affatto un nemico, ma tutt'altro, intento com'era a far valere le sue ragioni non fece in tempo a bloccare la mano di Sara che lo colpì sulla testa, stordendolo.
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Doveva essere trascorso diverso tempo da quando era stato tramortito, perché quando Lionel aprì gli occhi, disorientato, avvertì sul viso il calore del sole di mezzogiorno, che illuminava la stanza.
Non si trovava più in quella vecchia aula, sembrava piuttosto un magazzino impolverato, pieno di cartelloni sporchi e arrotolati e banchi rovinati. Stando a tutte le ragnatele che ricoprivano le finestre, il personale scolastico doveva essersi dimenticato dell'esistenza di quel ripostiglio.
Lionel si abituò gradualmente all'odore di stantio e si guardò attorno alla ricerca di qualche piccolo animaletto che potesse aiutarlo: era legato e imbavagliato. Sara voleva proprio assicurarsi di tenerlo buono buono là dentro.
Sbuffò frustrato, neanche l'ombra di uno scarafaggio e i ragni parevano insensibili al suo richiamo. Provò a scivolare giù col bacino, cercando di trascinarsi verso un banco per fare rumore, ma in quel mentre la porta si aprì.
Sara lo sovrastò. Con espressione costernata si chinò a slegarlo. Sembrava decisamente più ben disposta, però ora era Lionel a essere riluttante a un contatto con lei.
«Xander mi ha confermato la tua versione. Scusa se ho dubitato di te e ti ho aggredito».
Gli tese la mano e Lionel la guardò titubante. Non l'afferrò. Si alzò scuotendosi la polvere di dosso e la superò uscendo dallo sgabuzzino. Sara lo rincorse e si profuse in mille scuse, «Perdonami, sono sempre sospettosa a causa di persone malvagie della mia terra natìa, che perseguitano sia me che Alexander. Perdonami, davvero».
«Magari avresti potuto prima accertarti che ciò che ti ho detto fosse la verità e poi aggredirmi! Non so, un suggerimento per la prossima volta». Percorsero il lungo corridoio che li avrebbe portati all'ala nuova della scuola, senza guardarsi in faccia per un solo istante.
Sara si fermò. Lui la osservò arrossire mentre annaspava alla ricerca di un'ulteriore giustificazione e alla fine lei sembrò cedere all'evidenza del suo sbaglio.
«D'accordo, hai pienamente ragione. Ora, però, dimmi perché volevi informazioni su di loro?»
Lionel vide il personale scolastico salire le scale e non gli sembrò il momento giusto per un chiarimento. Avrebbero rimandato a un secondo momento.
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Nelle notti seguenti Roxen e Alexander si trovarono spesso a lottare fianco a fianco contro i mostri che infestavano Mediana. Roxen non poteva assolutamente dire di fidarsi del suo compagno, ma doveva certamente ammettere che fosse un valido aiuto. Il vampiro sapeva combattere sia con la spada che con la magia. Sembrava essere in grado di dominare soltanto l'elemento dell'acqua, ma Roxen percepiva qualcos'altro nella sua aura. Standogli accanto questa sensazione si acuiva sempre di più e questo la induceva a non abbassare la guardia.
Così mentre di notte assolveva al suo compito, di pomeriggio Roxen proseguiva con le lezioni di magia bellica di Algidea e spesso le due streghe erano uno spettacolo esilarante per le consorelle più giovani. La strega anziana si divertiva a far correre Roxen per tutto il giardino della Congrega; animava gli arbusti ispidi e li spingeva contro di lei, la accerchiava con piante rampicanti costringendola con le spalle al muro, fino a che Roxen non era costretta a prendersi tempo per analizzare la situazione e quindi abbattere gli avversari danneggiandoli gravemente usando meno energia possibile.
Il suo problema, come le ribadiva spesso Algidea, era l'impulsività. «Sei dannatamente impulsiva, non ti fermi mai a riflettere e non tieni conto dei possibili pericolo o trappole sfruttate dal nemico per distruggerti». Le aizzava contro fantocci di legno, molto molto agguerriti e veloci. «Devi imparare a ragionare in fretta e sfruttare tutto lo sfruttabile».
Roxen bofonchiava qualcosa a denti stretti e finiva con l'incendiare tutto, per poi andarsene su tutte le furie e con arti ancora fumanti.
Dopo questi insegnamenti che spesso si rivelavano essere veri e propri attentati alla sua vita, Roxen incontrava Soriana nel suo studio. Lì, piena di lividi e ustioni, studiava insieme alla Capo Magistra i segreti della magia antica, l'epoca in cui ogni strega era in grado di padroneggiare tutti i sette i doni e in cui le Congreghe, così come erano organizzate nel mondo di Roxen, non avevano senso di esistere.
Roxen era la prima strega dopo quattro secoli a essere nata con molti dei doni magici. Tempo addietro non era raro che una strega avesse la padronanza dei sette doni, ma gli dei ritenevano queste streghe troppo pericolose per la propria incolumità, temevano l'usurpazione dai loro troni sui Mondi e così cercarono di renderle innocue, separando i loro poteri nei grembi materni. Ma a volte la Magia faceva il suo corso, sfuggiva al controllo degli dei, più forte e libera di quanto desiderassero, e si convogliava in un'unica strega o in uno stregone. Non era mai un caso quando accadeva. La Magia sapeva che Caos e Distruzione stavano per giungere e innalzava la propria paladina a difesa delle dimensioni.
Roxen, non aveva ancora scoperto quanti e quali doni avesse. Nel corso della sua giovane vita le si erano manifestati improvvisamente e spesso all'occorrenza, in seguito a un suo forte desiderio. Perciò le lezioni di Soriana non la entusiasmavano più di tanto, per lei era inutile preoccuparsi di poteri che non era nemmeno certa di possedere. E poi era sempre più esausta, si addormentava irrimediabilmente sulla poltroncina di Soriana, dopo poche pagine lette. La Capo Magistra era costretta a svegliarla e a farle cominciare la lettura daccapo.
Ormai sembrava essere diventata una routine in cui lei iniziava a trovarsi a suo agio e forse, ingenuamente, non si preoccupava più così tanto del nemico. Lo aveva quasi accantonato in un piccolo angolo della mente, riducendolo a uno spauracchio o a volte identificandolo con i mostri che sconfiggeva ogni notte. Fu per quel motivo che quando si svegliò con dolorosi crampi addominali li attribuì ai terribili allenamenti imposti da Algidea e, nel tragitto verso scuola, pur percependo che l'aria era cambiata, non badò al fatto che fosse anche stranamente torrida per essere autunno inoltrato. Il colore del cielo, però, riuscì a catturare la sua attenzione e Roxen si fermò nel viale alberato. Si strofinò gli occhi più volte: tutti i colori sembravano aver perso improvvisamente la loro brillantezza, erano come quelli di una vecchia fotografia scolorita.
Sara le si avvicinò come ogni mattina e sfiorandole un braccio la chiamò. I colori tornarono accesi e Roxen pensò di essere solo molto stanca.
Una volta in classe fu colpita nuovamente dai crampi, ma questa volta furono così forti da provocarle le vertigini. Sara l'aiutò a sedersi e Alexander apparve alle sue spalle.
Lui si avvicinò e Roxen notò subito lo sguardo preoccupato che si scambiò con Sara. Non ci aveva mai fatto caso, ma i due sembravano conoscersi molto bene. Il sospetto che anche l'amica fosse una vampira si insinuò nella sua mente e le fece accapponare la pelle, ma una fitta molto più dolorosa delle altre la costrinse a piegarsi su se stessa. Stava così male che si accorse solo distrattamente di qualcuno che la sollevava per portarla in infermeria.
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Quelle fitte non erano dovute alle lezioni di Algidea. Sembrò piuttosto che qualcuno la stesse torturando. Il dolore le si propagò anche agli occhi. Fu come se tanti piccoli spilli le si conficcassero nelle pupille.
Sara l'aiutò ad adagiarsi sul lettino dell'infermeria e Alexander andò a chiamare il personale medico. Roxen si lasciò confortare dall'amica, mentre iniziava a presumere che un qualche demone mandato dalla Minaccia Primordiale le avesse lanciato una maledizione e ne fu terrorizzata. Non era pronta per affrontare maledizioni! Stupidamente aveva pensato che il nemico non ne fosse in grado, solo perché fino a quel momento aveva affrontato solo mostri di poco conto.
La dottoressa arrivò con calma insieme ad Alexander che, mentre la dottoressa si apprestava a visitare Roxen, insistette per rimanere ad aspettare, girato di spalle.
La strega sudava freddo. La dottoressa decretò che si trattava di un semplice colpo d'aria e le somministrò del collirio per gli occhi arrossati e una pastiglia per le fitte allo stomaco. Non appena uscì dall'infermeria, Alexander esplose in una nervosa risata di scherno. «Non ci credi neanche tu al colpo d'aria, giusto?»
Roxen tacque. Sara era ancora nella stanza. Alexander seguì il suo sguardo e capì.
«Sara, forse è il caso di chiamare le tutrici di Roxen. Resto io con lei, dillo anche ai professori».
Sara lo guardò dubbiosa, ma fece come le era stato chiesto.
«Sembra quasi che tu la comandi a bacchetta».
«Sembra quasi che tu sospetti qualcosa».
Roxen era troppo debole in quel momento per poter intavolare un dibattito con Alexander sui suoi sospetti, perciò si abbandonò sul cuscino e lasciò sul comodino le medicine che le aveva dato la dottoressa. Neanche lei credeva che si trattasse di un colpo d'aria. Più i minuti passavano più le sembrava di essere vittima di un malocchio, pratica ormai in disuso da parecchie generazioni.
«Credo sia opera della Minaccia Primordiale». Affermò Alexander, che si sedette poco distante da lei.
«Credo anch'io che sia opera sua. Temo sia un malocchio o una fattura».
«Sai come liberartene?»
«No, ma Soriana e Algidea lo sapranno sicuramente».
«Hai molta fiducia in loro».
Roxen si voltò a guardarlo: aveva un colorito molto più pallido rispetto al solito e aveva la fronte imperlata di sudore.
«Tu non sei qui perché sei preoccupato per me. Sei stato colpito anche tu!» Roxen si alzò repentinamente mettendosi a sedere. Le fitte al ventre la fecero accartocciare su se stessa e rischiò di cadere. Alexander, però, la sostenne per le spalle e Roxen avvertì un'aura potentissima provenire da lui. Gli afferrò la mano, stringendogliela: era bollente.
«Dimmi la verità». Era un ordine che nascondeva una supplica.
«Sì, sta colpendo anche me». Lui aveva capito la vera domanda, ma aveva eluso la risposta sfruttando la situazione.
Roxen lo lasciò andare. Se voleva sapere qualcosa avrebbe dovuto fare domande più dirette. Stava riprendendo fiato da una piccola tregua datale dalle fitte, quando le palpebre si serrarono improvvisamente contro la sua volontà e se le sentì trapassare come da un ago seguito da spago rigido. Roxen urlò dilaniata dal dolore e con disperazione si portò le mani agli occhi, cercando di strappare quello spago invisibile.
«Roxen che succede? Che hai?» Alexander le afferrò le mani, trattenendole, ma lei non riusciva a parlare. Singhiozzava agitandosi sul lettino, poi, finalmente udì la voce di Soriana.
«Roxen! Piccolina!»
Roxen si sbracciò nella sua direzione e l'anziana l'accolse tra le sue braccia angosciata.
Alexander si fece da parte, ma Algidea gli si parò davanti con sguardo severo. «Chiama i tuoi amici, abbiamo bisogno anche del loro aiuto, poi venite da noi».
Lui annuì quasi intimorito e vide Roxen aggrapparsi con disperazione al collo della strega più anziana che, facendo un grande sforzo fisico, l'accompagnò verso l'uscita.
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Alla Congrega, Soriana e Algidea avevano predisposto un'infermeria improvvisata nella Biblioteca: avevano spostato tutti i mobili contro le pareti e adagiato Roxen sull'antico tavolo, nella speranza che la magia che impregnava la stanza potesse aiutarla a contrastare la maledizione.
Le Consorelle più giovani erano state fatte allontanare. Solo Giada non aveva voluto saperne di andare con le altre e Algidea l'aveva segregata in camera: se non voleva andarsene non avrebbe neanche messo piede fuori dalla sua stanza, questa era stata la sentenza.
Roxen continuava a essere febbricitante e nel delirio vide una strada, una fila di case, villette per la precisione, che si accavallavano una addosso all'altra, fondendosi per formarne una sola grande, dalle tinte pastello scrostate e le grondaie arrugginite. Qualcuno le passò accanto, la guardò torvo e poi cadde tramortito ai suoi piedi. Roxen non capì. Le girò la testa e gli occhi le dolsero terribilmente. Si chinò per afferrare la mano dello sconosciuto e si aprì una botola scoprendo delle scale che conducevano a un seminterrato. Era tutto buio e c'era un odore acre che le fece lacrimare gli occhi. Si asciugò il viso e sentì il ventre squarciarsi. Si aggrappò a un tavolino e trascinò con sé la sua foto e quella di Alexander.
Aprì gli occhi e capì di aver sognato tutto. Accanto a lei Soriana recitava formule che sembravano preghiere e Algidea pestava erbe magiche curative.
La ragazza era madida di sudore e debole, ma riuscì a chiamare l'attenzione di Soriana: doveva assolutamente riferirle ciò che aveva visto nel delirio.
Sia la veggente che Algidea l'ascoltarono con attenzione e quest'ultima prese una mappa della città e gliela mise davanti.
«Con il pendolo potresti trovare il luogo che hai sognato». Le porse un filo di rame con un ciondolo a forma di stalattite nero.
Ogni gesto che Roxen compiva le costava fatica, ma afferrò il pendolo e lo lasciò oscillare sulla mappa per sette volte, finché il ciondolo non si fermò in un punto preciso, senza staccarsi più dal foglio. Il punto designato sulla mappa si colorò di rosso, Algidea lo guardò soddisfatta.
«Bene, penserò io ad avvisare gli altri».
«Gli altri?»
Algidea guardò tentennante Soriana, che annuì sommessamente.
«Tu e il vampiro avete degli aiutanti, mettila così. Una volta finita questa faccenda vi spiegheremo tutto».
Roxen si abbandonò nuovamente sul cuscino. Se fosse stata in forze avrebbe sbraitato sputando fuoco: odiava essere tenuta all'oscuro.
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Lionel miscelò il contenuto di due flaconcini in una piccola ampolla. La agitò finché il liquido non divenne blu e un po' di vapore sbuffò dal beccuccio. Lo porse ad Alexander, che lo bevve tutto d'un fiato, disgustato.
Lo stregone continuava a evitare Sara e qualsiasi cosa lei tentasse di dirgli. Lei aveva tradito il loro patto, ma la colpa era solo sua che, nonostante gli avesse dato una botta in testa e lo avesse rinchiuso in uno sgabuzzino, le aveva comunque concesso fiducia. Forse ho la Sindrome di Stoccolma.
Lionel tornò a guardare Alexander: la pozione che gli aveva preparato avrebbe dovuto rallentare i sintomi della fattura per un po', guadagnando il tempo necessario per cercare il colpevole, o almeno era quello che si augurava. Non si sentiva un gran protettore in quel momento e avrebbe fatto di tutto per rimediare alla sua inettitudine.
Ma non era quello il momento di rimproverarsi: vide Alexander boccheggiare come se gli mancasse l'aria e diventare ceruleo. Lo aiutò a uscire dall'infermeria e Sara li seguì tempestandolo di domande, come se lui sapesse chi era stato e avesse i poteri per per togliere una fattura.
«Sei tu che dovevi proteggerli! Fa' qualcosa!» Strillò lei, serrando una mano sul cellulare.
Lionel si fermò. Con un braccio intorno alle spalle di Alexander, dovette contare almeno fino a dieci prima di risponderle, ma per la fortuna di Sara in quel momento arrivò Algidea, che stava venendo loro incontro dall'ingresso.
«Ragazzi, Roxen ha trovato il punto in cui è stata fatta la fattura. Spero siate abbastanza svegli e coraggiosi da poter affrontare il nemico». La donna li squadrò velocemente prima di voltar loro le spalle e affrettarsi verso l'uscita.
Alexander si staccò da Lionel e, tra un colpo di tosse e l'altro, la seguì senza emettere un solo lamento.
Angolo autrice
Volevo chiedere scusa ai nuovi lettori che troveranno un po' di incongruenze con i nomi dei protagonisti. Prima usavo i loro diminutivi anche nella narrazione, poi alcuni lettori mi hanno fatto notare che essendoci tanti personaggi si confondevano, quindi ho deciso di cambiare la cosa e usare solo i loro nomi propri o il genere a cui appartengono.
Perdonate la confusione, ci sto mettendo mano ogni giorno andando avanti! Grazie per la lettura!
Votate e commentate se volete
Anna
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