CAPITOLO 20: Sole, cuore, amore


Niall indossò i suoi amati occhiali da sole, il cappello da baseball, mise sulla spalla il borsone e salutò sua madre che lo guardò con gli occhi fieri.
Maura rimase sulla porta ad abbracciare il figlio che per l'occasione si lasciò coccolare un po' e quando scorse l'auto della sua migliore amica avvicinarsi si allontanò appena.
«Appena arrivi...»
«Starò attento e ti chiamerò» aggiunse lui sbuffando mentre le sue guance si colorarono appena.
Guardò ancora una volta la madre, la sua casa e dopo un altro breve e veloce saluto salì in macchina aspettando la battuta della sua amica.
«Non mi dici nulla?» domandò sorpreso, ma forse era troppo presto per scherzarci su e così appoggiò la testa al finestrino e attese.
I pensieri di Niall vorticavano alla velocità della luce, in radio passò una vecchia canzone degli One Direction ma lui non se ne accorse mentre Sally iniziò a cantarla a voce alta.
Quello lo portò alla realtà e sorrise per vedere quel lato della sua amica che, spesso e volentieri nascondeva agli altri e... Beh, richiamato dalla musica e dal momento si affiancò anche lui.
«Se sapevo che stessi per metterti a piangere, testa di rapa, ti avrei portato la confezione maxi di fazzoletti» finita la canzone lo provocò e Niall non poté resistere e scoppiò a ridere, coinvolgendo anche lei.
Si erano separati da qualche ora e, mentre il cantante cercava di non farsi notare dalla gente per non richiamare attenzioni e altri gossip cercò di defilarsi e passare inosservato.
«I passeggeri del volo FR5718 sono chiamati ad avvicinarsi al gate 5 perchè a breve inizieremo l'imbarco» comunicò l'hostess al microfono e si vide una marea di gente sposarsi e Niall sorrise tra sé per quella buffa situazione.
Si guardò attorno in ansia, voleva che tutto rimanesse in silenzio stampa, usò il cellulare per informare la sua famiglia e Sally che stava per partire e lo rimise in tasca.
Non appena salì sull'aereo, si sistemò nel posto assegnato che, casualmente non aveva nessuno vicino, calò il cappellino da baseball davanti il viso e chiuse gli occhi, non prima di aver avviato la sua playlist da viaggio.
Niall rimase fermo ad osservare la sua migliore amica, spiazzata da quelle parole.
«Davvero credevi che sarei venuta a letto con te?» ripeté ancora e ancora aspettando qualche segnale e poi non ci riuscì più e gli mollò un ceffone.
«Ma che diavolo avete tutti?» domandò irritato e, solo quando ricordò di non aver risposto arretrò e ammise la verità.
«No, so che siamo amici e che nessuno dei due prova nulla per l'altro ma... sai c'era di mezzo l'alcol, io non ero tanto lucido e stavo a lagnarmi e tu eri così euforica e...» lasciò la frase senza riuscire a completarla e quando alzò gli occhi verso di lei sospirò.
«Siamo amici da più di dieci anni e dimmi... ci ho mai privato con te? C'è stato mai qualcosa che ti ha portato ad accusarmi di una cosa così...» e lei non si trattenne, Sally per la prima volta dopo anni svuotò il sacco lasciando l'amico bianco come un lenzuolo.
«Dovevo saperlo, cioè lo sapevo e solo che... sono stato davvero un idiota» alla fine ammise afflitto perchè non c'era nessuna scusante.
Sally voleva rimanere arrabbiata - a lungo - con lui ma non ci riuscì, era fatta così.
«Niall questa ragazza ti ha incasinato per bene la testa se tu sei arrivato a pensare che...»
«No, non è come pensi. Il modo in cui ho reagito è proprio perché c'è lei nella mia vita, se fosse successo io non sarei stato più in grado di guardarla e...»
«Ma non è successo!» esclamò lei con tono di voce alto, provava a far entrare nella testa del suo amico un po' di fiducia e autostima, ma era un testone.
Pian piano Niall le raccontò tutto, persino della scommessa ma non fu clemente con lui, si fece promettere di dire tutto ad Emma, ma allo stesso tempo una parte di sé sapeva che non ci sarebbe riuscito.
«E' una cosa seria?»
«No, o almeno non penso. So solo che mi ha stravolgo la vita in tutti i modi possibili senza lasciarmi il tempo per averne il controllo. Viaggia alla velocità della luce, credimi se ti dico che è la ragazza più straordinaria che ho mai conosciuto e allo stesso tempo così lontana e fuori dalla mia portata» confessò lui stropicciando gli occhi per poi passare le mani fra i capelli e lasciare la braccia scivolare sui fianchi.
«Sai, da quando ti conosco non ti ho mai sentito parlare così, nessuna ragazza è fuori dalla tua portata. Tu sei Niall Horan, fatti valere e dimostrale chi sei»
L'irlandese la guardava senza capire, dovette trovare tutta la calma per non spiaccicare l'amico alla finestra.
Era davvero un idiota e così, proprio come ai bambini, gli spiegò ciò che doveva fare.
«Falle conoscere il vero Niall Horan e non quello di facciata» le disse e, dopo quel discorso motivazionale lo aiutò a prepararsi.
Niall era frastornato per capire davvero cosa stesse succedendo, alzò il capellino, scostò gli occhiali da sole e si guardò intorno.
Tutto tacque, dal microfono si sentì l'hostess che li aggiornava sul volo comunicando loro che tra meno di mezz'ora sarebbero arrivati a destinazione.
Era calmo, almeno era quello che si disse eppure le sue mani iniziarono a tremare, il suo cuore prese a battere e tutte quelle sicurezze che dapprima gli facevano forza vacillarono.
Tutto quello cui riusciva a pensare era che non era stata una buona idea.



****************



Emma aprì la porta nello stesso stato in cui si era buttata sul divano e rimase sbigottita per chi vi trovò ad aspettarla.
La sua mente si annebbiò, ogni più piccola conquista raggiunta in quei giorni svanì e lei rimase inerme senza proferire parola.
Aveva ragione lui, non era stata una buona idea. Niall si trovava davanti la sua porta e l'emozioni che vide trasparire sul suo volto furono le stesse delle proprie e, fu proprio quello che lo mandò in confusione, più di quanto in realtà lo era.

"Datti una svegliata Emma Marie Williams" gli urlò nella sua testa il suo io razionale, ma sembrava intorpidita.
"Sei vestita come una stracciona e in più te ne stai a fissarlo come un baccalà" la riprese di nuovo, ma nemmeno quell'insulto sembrò essere efficace.

Sentiva il cuore esplodere e ricomporsi allo stesso tempo, le stava succedendo qualcosa che nemmeno lei riusciva a spiegarsi, si sentiva fluttuare nell'aria come se non fosse davvero là, proprio di fronte a lui.
I suoi occhi azzurri imprigionarono quelli verdi di lei che presero vita, pur se erano gli stessi che l'avevano ferita e l'avevano portata a cadere nel baratro.
Le mani le formicolavano, le passò veloci sulla salopette e ancora nel suo stato di shock non parlò perché... che cosa avrebbe dovuto dire?

"Ciao Niall" le suggerì la sua voce, ma sembrava essere su un altro pianeta.

Quella visita la sconvolse a tal punto che le bloccò bocca e cervello, ma in realtà Emma sapeva benissimo cosa fare e dire ma non si era ancora decisa.
Sentì dei passi farsi vicino e di colpo ritornò in sé, non avrebbe permesso che lui entrasse nella sua vita più di quanto avesse già fatto.
Apparì sulla soglia della porta con la testa dentro e il corpo ancora fuori e gridò alla nonna - in italiano - che era per lei e che sarebbe arrivata tra un paio di minuti.
Ritornò nella stessa posizione di prima, ma stavolta era davvero lei che continuava a fissare quel viso e quegli occhi in cui si era persa così tante volte e che adesso faticava a ricordare.
«Ehi, ciao Emma» affermò Niall dopo un prolungato momento di silenzio, fu il primo a interrompere quell'atmosfera carica di tensione e ciò che avvenne dopo non era nemmeno minimamente vicino a ciò che aveva pensato.
«Ciao?» domandò con occhi furenti poco prima di mollargli uno schiaffo e lasciarlo come un salame a massaggiarsi la guancia.
Sally glielo aveva detto che doveva tenersi a debita distanza e ancora una volta avrebbe dovuto dirle che aveva ragione.
«Ma che cavolo avete tutti che dovete schiaffeggiarmi?» invece disse, scelta di parole sbagliata, frase altrettanto e accento assolutamente da evitare eppure lui infranse tutte le regole dell'amica.
Emma lo incenerì con lo sguardo, mise le braccia strette e le incrociò l'una all'altra e se ne rimase a fissarlo incoraggiandolo a parlare, o meglio era quello che voleva.
«Che diavolo ci fai qui?» domandò arrabbiata, cercava spiegazioni ma in quel momento perse la calma e le staffe.
«Che cosa ti è saltato in mente?Chi pensavi di essere per venire qui, a casa mia?» e continuò con quelle domande- insulto senza lasciarlo né parlare né spiegare.
Niall cercò di trovare tutta la calma possibile, ma quella ragazza lo faceva uscire pazzo e in più non gli lasciava nemmeno il tempo di dire qualcosa.
Alzò le sopracciglia come a invitarlo a continuare e quando lui aprì bocca ecco che incominciò.
«Sei impossibile» farfugliò velocemente, ancor di più per fermare ciò che aveva in mente e così, senza accorgersene le labbra di Niall si posarono su quelle di Emma.
Lui cercò l'ingresso ma lei si ostinava a stare ferma così lui prese a farle il solletico e quando lo lasciò entrare quel bacio dapprima innocente si trasformò in fuoco puro.
L'irlandese pensò di aver trovato il modo per farla stare in silenzio, ma mentre era perso nei suoi pensieri lei si staccò e così lui non vide arrivare il secondo schiaffo della giornata.
«Ora basta» affermò duro, prendendole i polsi e fermandola e, quando lei cercò di divincolarsi lui la incenerì.
«Mi lascerai spiegare ogni cosa e poi... se non vorrai più vedermi me ne andrò» disse d'un fiato con gli occhi incollati al suo viso lasciando lentamente le sue mani.
«Sei tu che hai sbagliato. Non ti devo niente e quindi ora vattene da casa mia e...», ma non riuscì a finire la frase che sentì la porta aprirsi e la nonna comparire guardandoli con occhi attenti.
E in pochi minuti la situazione si complicò, Emma voleva solo che lui sparisse e Niall desiderava solo chiarire, tuttavia i loro piani vennero stravolti.
«Emma che succede?» domandò la donna in italiano preoccupata da quel trambusto e quando la nipote cercò di spiegarle in breve l'anziana sorrise e la guardò con occhi divertiti.
«E' lui?» continuò ancora, ma la mora abbassò gli occhi e arrossì di colpo.
Oltre che sparire voleva anche sotterrarsi, la nonna non la stava aiutando e, mentre le due continuavano la conversazione in italiano, Niall se ne rimase a fissarle come un ebete perché non capiva.
Lui guardò più volte Emma, cercando un aiuto o una spiegazione ma lei sviò il suo sguardo e così mise le mani in tasca e cercò di essere indifferente, ma la sua ansia stava prendendo il sopravvento.
«Nonna non è il momento» affermò sbrigativa lei e poi passò dall'italiano all'inglese presentandola e che quella conversazione era finita.
Niall afflosciò le spalle, era davvero ferito, aveva fatto di tutto e lei non gli dava nemmeno la possibilità di spiegarsi. Dentro di sé sentiva montare una rabbia che poche volte aveva provato, chiuse gli occhi, sospirò e lasciò che quel terremoto si sprigionasse sui suoi passi.
Voltò le spalle e prese la stessa direzione con cui era arrivato, con la consapevolezza che nulla sarebbe stato più lo stesso. Alle sue spalle un vociferare si sprigionò ma lui non ebbe il coraggio di guardare, non aveva più nulla che lo tenesse legato a quel posto.
«Signor... Horan la prego si accomodi» disse in inglese e con tono di voce forte Anne, tanto che lui si fermò e si voltò sbalordito, mentre Emma sbiancò di colpo.
Sapeva che la nonna masticasse l'inglese, ma non avrebbe mai pensato che si sarebbe intromessa nella sua vita o meglio era quello che sperava.
«E la prego di scusare mia nipote per la sua maleducazione», la stessa che stava per ribattere, ma bastò un'occhiataccia e si rifilò facendo passare Niall.
I due si guardarono e, seppure in quel momento erano in lite i loro sguardi comunicavano la stessa cosa: erano nei guai e non sapevano nemmeno quanto.



*****************



Nonna Anne si piazzò tra i due ragazzi e cercò di animare la situazione, ma in quel momento sia Niall che Emma avrebbero voluto scomparire eppure si trovarono a fare qualcosa che non avrebbero mai pensato.
Il pomeriggio passò velocemente tra chiacchiere, una merenda tipicamente siciliana e un bel caffè che andò a sostituire il te e una conversazione su toni leggeri.
Niall si alzò e presa la sciarpa e infilandosi il giubbotto fece per andarsene quando Emma lo fermò chiedendo ancora un minuto con lui.
«Che devi dirmi? Mi sembrava di aver chiarito tutto» obbiettò lui contrariato, stavolta non si sarebbe lasciato trattare allo stesso modo.
«Sai, non mi aspettavo nulla da questo viaggio o meglio almeno una cosa sì, che tu mi lasciassi parlare invece tua nonna è stata la donna che ha saputo capirmi di più, anche se non mi conosce nemmeno» affermò duro, sapeva che poteva ferirla, ma in quel momento fu l'ultimo suo pensiero.
«Mia nonna è troppo buona, vede il meglio nelle persone e...» quando si rese conto di ciò che aveva appena detto cercò di ritrattare, ma Niall si trovava già fuori dalla porta furioso.
Stavolta l'aveva combinata grossa, era bastato guardare sua nonna – che aveva ascoltato tutta la conversazione – per capirlo.
Che avrebbe dovuto fare adesso? Non aveva la più pallida idea, ma sapeva che forse dopotutto entrambi meritavano una spiegazione e un chiarimento.
Forse.
Emma a passi incerti cercò di rincorrerlo, aveva fatto poca strada, ma dopo aver passato il borsone da una spalla all'altra, estrasse dalla sua giacca il telefono, aprì la rubrica e scorse tra i vari nomi per vedere chi chiamare.
Stavolta era deciso.
«Niall» richiamò Emma affaticata, lasciando che lentamente le gambe si fermassero a semplici e lenti passi.
Non si era accorta di essersi messa a correre e, pur avendo il fisico non era abituata a correre soprattutto non senza aver fatto riscaldamento.
«Che vuoi?» domandò l'irlandese senza fermarsi e continuare per la sua strada, anche se in realtà non sapeva nemmeno dove stesse andando.
«Fermati un attimo» affermò lei, strattonando il suo braccio e tenendolo ferma con la propria mano che, al contatto con il suo corpo sembrava prendere fuoco.
Fu costretto a fermarsi, non avrebbe voluto ma lo fece.
Era andato fin là per chiarirsi e, nonostante ferito si promise che ci avrebbe provato.
«Ho sbagliato. Avrei dovuto lasciarti...»
«Cosa? Parlare magari?» interrompendola convenne lui accigliato perché pur se non avrebbe voluto si ritrovò ancora ad aggredirla, proprio come era successo qualche ora fa.
«Ricominciamo da qui. Ritorna con me e parliamo» cercò di mitigare lei, ma sapevano entrambi che, una volta entrati in casa non avrebbero avuto tempo per loro.
«Perché stavolta dovrei crederti?»
«Per quello che mi hai detto a Londra poco prima di partire per le vacanze» rispose lei sicura, forse come non lo era dalla loro discussione.
Niall sorrise appena, aveva ragione anche se detestava ammetterlo e, così, uno accanto all'altro rintronarono verso la casa della nonna in constante silenzio.
Erano pronti a tutto, ma non sapevano cosa in realtà gli aspettasse davvero.
Nel frattempo che lui si sistemasse, Emma e nonna Anne prepararono la cena, si scambiarono qualche battutina, ma l'anziana non aveva fatto un solo commento verso l'uomo che sua nipote
aveva portato a casa.
«Non mi dici nulla?» all'improvviso frustata si trovò a chiedere, detestava quando non aveva il controllo e soprattutto quando sua nonna si comportava in modo furtivo .
«Piccola mia...» sospirò e poggiò gli occhi sul suo viso sconvolto, solo per poi schiarirsi la gola e salutare il ragazzo alle sue spalle.
Emma sussultò, Niall sogghignò e la nonna sorrise consapevole che quei due erano destinati a stare insieme, proprio come Alice e Fred e come lei e il suo amato marito.
La cena passò in modo veloce, semplice e leggero, non ci furono conversazioni pesanti, si parlò in inglese anche se talvolta la nonna parlava in italiano dimenticando che Niall non capisse.
Era strano ma anche divertente.
Emma per la prima volta vide un lato della sua vita che non aveva mai preso in considerazioni, provò emozioni che la spaventarono e vide un futuro che sarebbe potuto essere, ma che senza dubbio non sarebbe avvenuto.

"Quanto la fai difficile" le disse il suo io, ma sapeva che convincerla diversamente era impossibile.
"Non è vero, so come andrà a finire e quindi che senso ha sperarci" rispose, consapevole di quelle parole e del suo immenso significato.
"La speranza è l'ultima a morire, non te l'ha detto nessuno?" domandò ironica la parte razionale che, guardando la sua espressione si mise a ridere.
"C'è anche il detto chi di speranza viva, disperato muore eh" si trovò a ricordargli e, quel dialogo ironico finì per essere pesante.
"Ed ecco Emma sono cinica e non credo nel per sempre Williams" e detto ciò lei tacque così come il suo io.

Erano giorni che si scontravano e le cose non erano cambiate.
Emma era ancora sovrappensiero, non si accorse che Niall si era avvicinato, lui non avrebbe voluto sfiorarla ma fu costretto a farlo quando sua nonna gli aveva detto di riferire un messaggio.
«Scusami non volevo...» affermò imbarazzato l'irlandese, tanto da diventare rosso e coinvolgere anche Emma.
Non era successo nulla, lui le aveva messo una mano sul braccio, ma era stato quel gesto che aveva scaturito in loro un ricordo e le emozioni ad esso legate.
I due erano ritornati in sala, portando la frutta e la mora le medicine della nonna, ma non riuscivano a guardarsi negli occhi e questo non sfuggì all'anziana che non smetteva di sorridere.
Ogni cosa fu sistemata, era giunto il tempo di andare a dormire e seppure con insistenza Niall aveva detto che sarebbe andato in albergo, Anne lo aveva fermato e ora si ritrovava sotto lo stesso letto di Emma e sua nonna.
«Siccome sei il primo ragazzo che Emma porta a casa ci sono delle regole» iniziò lei, facendo imbarazzare, vergognare e allo stesso tempo arrossire la nipote che ne stava a guardarsi i piedi con la testa bassa.
Era una conversazione normale, lo era davvero ma Emma avrebbe dovuto aspettarselo, era sempre di sua nonna che si parlava e dopo Shay era la persona con meno peli sulla lingua.
«Signora non si preoccupi, non mi fermerò a lungo, ero venuto solo per chiarire con sua nipote e la ringrazio per questa sistemazione, di certo non verrò meno alle regole della casa» ribattè serio e cercando di ammaliare la donna, ma lei aveva più anni e sapeva più cose di quanto i diretti interessati pensassero.
«Sarai anche riuscito ad ammaliare mia nipote, ma ragazzo mio con me sarà difficile perché conosco i tipi come te, ne ho anche sposato uno» aggiunse lei lasciando tutti di stucco, la situazione si faceva più intrigante, portando Emma a voler sotterrarsi e Niall a sparire.
Era imbarazzante. Lui cercava solo di essere gentile ed era finito per essere frainteso, ma era davvero così?
«Nonna, dai ti prego e tardi andiamo a...» rimediò Emma, cercando di scrollarsi da quel momento e da tutti per potersi buttare sul suo letto, chiudere gli occhi e dormire.
Sapeva di mentire a se stessa, non sarebbe riuscita a farlo sapendolo sotto il suo stesso tetto, ma aveva provato ad autoconvincersi.
La nonna la guardò e decise di lasciarla andare, lo voleva davvero ma quando i suoi occhi si posarono sullo sguardo di Niall non ci riuscì.
«Sarò breve per la gioia di tutti» affermò una seconda volta, portando l'attenzione dei due giovani su di sé.
«Sotto il mio tetto ci sono delle regole» ripetè, cercando di riprendere il filo del discorso, ma era difficile per lei, non aveva più l'età per certi discorsi o, almeno era quello che pensava.
«Ognuno dorma nelle sue camere, non voglio vedere pigiama striminziti o parti del corpo nude e quindi voglio pigiami che non lasciano immaginazione e poi... per l'amor di Dio non fate sesso sotto il mio tetto, né a casa mia e... se proprio non riuscite a togliervi le mani di dosso... usate il preservativo» finì la nonna la sua ramanzina, veloce e indolore, almeno era quello che pensava, ma sia Emma che Niall non riuscirono a guardarsi negli occhi e ognuno si avviò nelle proprie camere con il capo basso e gli occhi sbalorditi.
Emma era a dir poco imbarazzata, sua nonna l'aveva stroncata e in quel momento pensò a cosa avrebbe detto sua madre, per non parlare di suo padre e senza accorgersene finì per addormentarsi.
Era distrutta, ma non era quella la verità e lei lo sapeva.
L'irlandese, invece, passò una notte insonne, non riusciva a smettere di pensare alle parole della donna, non le regole, ma quello che le aveva detto un attimo prima. Ovviamente non nascose che, essere così vicino a Emma non era un bene e, se pensava a quella conversazione che avrebbero avuto il sonno finì per essere dimenticato.
Si lasciò cullare dal leggero vento e dal fruscio provocato dai rami degli alberi, tirò verso di sé le coperte e provò a dormire pensando che domani fosse un altro giorno.
E lo era per davvero?



***************



La mattina era iniziata presto e nonna Anne con il sorgere del sole era già in piedi per preparare un'abbondante colazione, lasciando ai due quasi piccioncini il tempo di riposarsi.
Le sveglie dei rispettivi telefoni suonarono più volte, nessuno se ne curò e solo quando la luce del sole riempì la stanza Niall ed Emma decisero di alzarsi.
«Ma che...» affermò, strozzandosi appena quando prese il telefono tra le mani e si accorse che erano le dieci passate.
Scese lentamente dal letto, con gli occhi ancora impasticciati dal sonno si avviò verso il bagno e si sistemò, ricordandosi solo dopo che non era sola.
Poco distante da lei ecco che comparve Niall, che stropicciava gli occhi e con una mano si districava i capelli rendendoli ancora più disordinati.
All'inizio ebbe un attimo di smarrimento e solo quando ebbe un flash delle ultime ore, capì che si trovava in Italia, a Marzamemi, e non in Irlanda.
«Ohm... Ehm... io» iniziò a farfugliare spostando i suoi occhi dal viso di Emma al suo corpo, pur se indossava un normale pigiama, ma che di certo non nascondeva le sue perfette forme e poi...svegliarsi e ritrovarsi sotto lo stesso tempo era qualcosa di così... intimo.

"Idiota, come se non fosse mai successo!" constatò la parte razionale e il cantante dovette dargli ragione.
"Cosa ha di diverso stavolta?" continuò, ma Niall non poteva rispondere, non quando si trovava davanti lei.
"Ah beh, che non siete ubriachi, che non siete a Londra e..." affermò, ma se prima non era nervoso lo diventò dopo a quelle parole.

Emma lo guardò in modo divertita perché adorava sempre vedere il rosso delle sue guance, l'espressione cambiare, diventare imbarazzata e quel suo leggero corrugare le sopracciglia.
«Penso che questa parte possiamo anche saltarla» disse lei con tono fermo, più di quanto in realtà avrebbe voluto.
«Ci siamo svegliate di buon umore eh!» la provocò lui, ma lei alzò le spalle e gli fece una linguaccia prima di lasciargli il bagno e dirgli che in cucina lo aspettava la colazione.
«Se avessi mangiato avrei potuto dirti di evitare latte e cinismo, ma in questo caso te lo dico lo stesso... Si diventa intolleranti e tu mi sembra che lo sei già troppo»
Emma lo guardò contrariata ma non poteva essere arrabbiata, non quando i suoi occhi la contraddicevano, perché non smettevano di cercarlo e una volta trovato se ne rimanevano ad ammirarlo, come a voler immortalare quel momento.
Fecero colazione in modo veloce e sbrigativo nel più totale silenzio, ognuno con il proprio telefono tra le mani e con gli occhi bassi.
Avrebbero dovuto parlare, quella situazione si era creata per quel motivo, ma nessuno dei due voleva fare il primo passo, eppure qualcuno avrebbe dovuto.

"Sei una fifona" le disse la sua io, ma Emma fece finta di non averla sentita.
"A volte vorrei che ti ritrovassi un po' del coraggio di Shay" continuò imperterrita.
"E a cosa mi sarebbe servito? Avrei sofferto di meno? Sarei stata più felice?" domandò contrariata, ma sapeva già quale fosse la risposta, la stessa che non ci mise molto ad arrivare.

Niall aveva finito, mise nel lavello le sue cose e fece per andarsene ma si fermò e rimase alle spalle della ragazza, ma si ricordò che odiava quando i suoi amici lo faceva e ritornò sui suoi passi.
Stava per sedersi quando raccolse da terra un piccolo foglio bianco con una calligrafia ordinata e pulita, non capì molto perché era in italiano, ma riconobbe subito il suo nome e sorrise.
Emma ritornò dalle nuvole al sentire quel suono di voce così familiare e quando si rivolse verso Niall arrossì per essere colta in fragante.
«Che c'è?» domandò innervosendosi e passando una mano tra i suoi capelli mori per poi lasciarli cadere sulle spalle, un gesto che non passò di certo inosservato all'irlandese.
«Cercavi tanto di evitarmi che hai fatto cadere questo, un messaggio di tua nonna per te che riguarda me» rivelò sogghignando facendo inasprire ancora di più quel visino che lui adorava vedere sorridere.
Lei glielo strappò dalle mani e lesse avidamente arrossendo visibilmente subito dopo, non era possibile che sua nonna le avesse scritto quello.
Niall si avvicinò, era troppo curioso, ma il suo parlare italiano era limitato ai saluti e a qualche parolina imparata di sfuggita durante i suoi tour.
«Che dice?» non riuscendo a trattenersi chiese, ma sapeva che non avrebbe ricevuto risposta, non se questo significava avere una conversazione con lui.
Era reticente, non avrebbe voluto ma si rassegnò e gli tradusse tutto il biglietto, facendo arrossire anche lui non prima di aver spalancato bocca e occhi.
«Tua nonna è incorreggibile!» esclamò divertito, più di quanto avrebbe dovuto essere, ma adorava quella donna e... non gli sarebbe dispiaciuto passare del tempo con lei.
«E non hai incontrato il resto della famiglia» disse sorridendo, accorgendosi subito dopo del valore e del significato di quelle parole.
Niall fece finta di nulla, stava per andarsene consapevole che avesse bisogno dei suoi spazi ma una mano tremante lo fermò e due occhi verdi lo guardarono quasi a supplicarlo.
Lui non ritirò il braccio e nemmeno lei tolse la mano, rimasero così, per un instante che sembrò infinito a guardarsi e a chiedersi cosa dovessero fare.
«Dobbiamo parlare» affermarono all'unisono, consapevoli che quella conversazione era stata rimandata a lungo.
Si avviarono nelle proprie stanze per cambiarsi e magari uscire un po' al sole, dato che quel giorno nella bella Marzamemi, nella provincia di Siracusa, tra Pachino e Noto, il tempo fosse uno dei migliori, nonostante il freddo e l'inverno.
Non doveva fermarsi era quello che si era ripetuto per tutto il tragitto, testa bassa, un passo dietro l'altro e cammina, ma ogni premessa fatta svanì.
«Manterrai la parola data a tua nonna?» domandò con un filo di voce, sapendo già quale fosse la risposta.
«Non lo so, in questo momento l'unica cosa che voglio e... cambiarmi e sederci per parlare il resto si vedrà»
«Da cosa? Da come tu rimarrai ferma sulla tua convinzione o da me che cerco e faccio di tutto per spiegarmi?»
«Da tutto Niall» rispose Emma, lasciando il corridoio, infilandosi nella propria camera e chiusa la porta vi si appoggiò le spalle scivolando fino a sedersi a terra.
In che casino si era cacciata? In uno bello grosso, ma ciò che la spaventava era il non avere la forza di affrontarlo o quella di riuscirci.
Era complicata.
Emma Williams era semplicemente complicata nel complicarsi.



*************



Marzamemi, il paesino in cui Niall si trovava e quello in cui Emma era nata e cresciuta non era altro che un piccolo pittoresco borgo marinaro, che in estate attirava tantissima gente, ma in inverno era più vuoto di un teatro a fine riprese.
La sua caratteristica era l'impronta settecentesca conferitale dalla famiglia Villadorata, che è facile da notare per i suoi spazi, le chiese e le case dei pescatori tanto che molti di essi possiedono uno stile unico e originale.
Questo almeno era quello che Emma spiegava a Niall durante la loro visita della piccola città, qualcosa che nessuno dei due voleva davvero, ma che erano costretti a fare.
Si trovavano davanti l'imponente palazzo del Principe di Villadorata quando Niall obiettò dicendo che quel posto era meraviglioso ed Emma che era come tanti altri.
«Se odi tanto questo posto perché ci vieni?» sbottò l'irlandese gesticolando con le mani e costringendola a guardarlo negli occhi.
«Perché è qui dove sono nata e cresciuta e...»
«Questo non giustifica perché ci ritorni non appena puoi» constatò lui, sapeva perché lo facesse o quanto meno ne aveva un'idea, ma voleva sentirglielo dire.
Forse spingerla in quel modo non era giusto, ma Niall era frustato, quella situazione non la reggeva più.
Doveva fidarsi di lui e, se in passato l'aveva fatto lui sperava che accadesse di nuovo.
Emma sviò l'argomento e dopo averlo portato un po' in giro, si trovarono poco fuori la città, non lontano dal chioschetto "La Diga" a passeggiare con lo sfondo del mare calmo, cristallino e dannatamente romantico.
«Sarebbe bello se qualche volta smettessi di nasconderti» disse lui senza guardarla mentre lasciava scivolare i suoi piedi sulla spiaggia.
«Potrei dire la stessa cosa» replicò lei alzando gli occhi e sfidandolo a dire il contrario.
«Io avrò tanti difetti, di certo il non fidarmi della gente è uno bello grosso ma almeno ci provo, ma tu Emma... sembra non voler fare nemmeno questo sforzo»
«Stai dicendo davvero?» ammise con tono di voce alto passando il peso da una gamba all'altra cercando un appiglio per concludere la conversazione, ma era bastato uno sguardo per capire che non sarebbe finita lì, non stavolta.
«Non mi hai mai lasciato il tempo di spiegarmi, ti sei fatta una tua idea senza permettere a nessuno di dirti il contrario»
«Sarà anche vero, ma tu come avresti reagito?» fu costretta a chiedere, voleva che la vedesse dal suo stesso punto di vista, ma sembrava che quel legame che li unisse in quel momento era spezzato.
«Ti avrei lasciato spiegare» ribatté convinto, ma lo fece titubante e lei se ne accorse.
«Cazzate! Avresti reagito come me, esattamente, nello stesso modo e solo che è facile parlare quando le cose succedono agli altri»
«E' successa a me, anzi a noi e quindi sì, mi tocca da vicino» confessò, lasciandosi andare,se lei avesse voluto il cuore ecco che lui glielo avrebbe messo.
«Ti avevo fatto una promessa, prima di partire, ti avevo detto quelle parole eppure tu, nonostante ciò hai deciso di credere a ciò che ti faceva comodo. Pensi che io non mi sia sentito ferito? Pensi che non ci stessi male, ma sapevo fossero solo bugie, notizie estrapolate da un contesto più ampio»
«E allora Niall qual è la verità?» urlò in modo quasi isterico con gli occhi lucidi e la voglia di scappare, ma stavolta i suoi piedi rimasero ben piantati a terra.
Emma Williams stavolta avrebbe affrontato la situazione e a testa alta.
Camminarono per un po', si sentivano solo i loro respiri in sincronia con lo sbattere delle onde sugli scogli e quel tempo che sembrava rimanere incatenato a quel momento.
I due erano testardi, volevano la stessa cosa ma avevano paura di raggiungerla ed era innegabile perché bastava guardarli per capirlo.
Gli occhi azzurri di Niall spesso la guardavano di sotterfugio e quelli verdi di lei lanciavano uno sguardo lontano per poi soffermarsi alla figura vicino a sé.
D'un tratto entrambi ricordarono un grande insegnamento, la loro famiglia era stata la prima a spronarli e ora, non stavano di certo rispettando quella promessa.
Si avvicinarono al piccolo muro che separava la strada dalla spiaggia e si sedettero facendo oscillare i piedi e, quando la situazione sembrò calmarsi iniziarono la loro tanto agognata conversazione.








Spazio d'autrice:

Buona seraaaaaa ^_^

Questo capitolo mi piace, ma nonostante averlo letto miliardi di volte continuo a trovare che qualcosa non va, magari in una vita futura durante la revisione cambierò qualcosa. Beh, abbiamo più di un incontro che senza dubbio attendevamo o no? Non nascondo che da quando ho deciso che Emma avesse origini italiane e il rapporto con sua nonna fosse così stretto ho sempre amato poter scrivere su di loro. Ehm,... di certo non pensavo a questo ma a volte le cose avvengono da sè. E che ne pensate dell'incontro tra nonna Anne e Niall? Di certo i nostri Nemma non se la stanno passando bene, o forse sì... è l'inizio di qualcosa di più grosso o la quiete dopo la tempesta?

Uh Uh non posso dirvi nulla pur se fremo di farlo, una sorpresa.... questa storia ha molti capitoli in progetto, non so se rimarranno o diminuiranno, ma sicuramente avveranno ancora delle belle.

Noi... noi ci vediamo la prossima settimana, dobbiamo continuare questo capitolo e sapere di più ;)

Claire

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top