CAPITOLO TRENTAQUATTRO

Capitolo trentaquattro: il tocco di un dio.

"Cosa c'è di più forte
del cuore umano
che si schianta di continuo
e ancora vive."- Rupy Kaur

Missnöjd e Marthìn sedevano silenziosamente, uno davanti all'altra, attorno ad un tavolo in legno bianco.

Era il grande giorno, quello.
Finalmente avrebbero incontrato il capo di Città dei Santi per studiare un piano e Marthìn ne era entusiasta.

Quanto era passato da quando non vedeva la sua bambina? Aveva perso il conto dei giorni, troppo impegnato ad architettare la sua vendetta.

Shahrazād era l'unica cosa che di buono avesse fatto. Missnöjd gli aveva sempre detto che era un fallito e lui le aveva creduto per anni. Ma ora, davanti al tavolo, più la guardava e più realizzava che era lei la persona misera.

Era agitata e dannatamente silenziosa, non parlava quasi più e Marthìn non sapeva se esserne felice.

C'era stato un tempo in cui l'aveva amata con ogni fibra del suo corpo, in cui l'aveva venerata ed appoggiata in tutto; non importavano le cattiverie che gli aveva detto perché, semplicemente, lui l'amava.

O almeno l'aveva fatto.

Non era certo che il suo fosse ancora amore, forse più una dipendenza tossica. Una parte di lui pensava che senza Missnöjd si sarebbe perso o che sarebbe perfino morto.

Era una benedizione che Shahrazād non avesse preso le orme della madre, lo era davvero.

Si era chiesto cosa fosse andato storto con la moglie, con la figlia stessa. Non le aveva amate abbastanza? Ma cosa era, alla fine, l'amore?

Non era certo che la sua idea d'amore fosse giusta e salutare, aveva affettuosamente coccolato Shahrazād eppure, al tempo stesso, l'aveva sempre limitata per proteggerla.

Era solo una bambina, la sua bambina, indifesa e malata e lui l'aveva lasciata sola. Forse avrebbe dovuto permetterle di fare amicizia, magari con Klaus o con il ragazzino con cui spesso l'aveva vista giocare.

Come si chiamava?
Ricordava solo gli occhi, di quel ragazzino, e nulla di più. All'epoca Shahrazād dava l'impressione di essere felice, tranquilla, e poi un giorno si era semplicemente svuotata.

Qualcuno le aveva portato via tutta la sua vitalità, facendola divenire una perfetta Stanca.
Era così triste, per lui, l'idea di aver avuto accanto
una bambina vuota, inespressiva.

Per qualche tempo aveva pensato che fosse meglio per lei: nessuno l'avrebbe mai ferita se non avesse provato niente.

E per molto tempo aveva pensato, con fervida convinzione, che Shahrazād non provasse niente.
Ma non era così, era sicuro che la sua bambina si fosse sentita tremendamente sola e lui l'aveva lasciata alla deriva.

Un colpo alla porta ed essa si era aperta, rivelando un uomo sui sessant'anni con una lunga barba bianca.

L'uomo aveva fatto saettare gli occhi piccoli, sottili e neri sui due peccatori, esaminandoli con la testa lievemente inclinata.

Era arrivato, il capo era arrivato.

"Buongiorno,"

Missnöjd era stata attraversata da un lungo brivido di terrore nel sentire la voce dell'uomo: profonda e decisa, la voce di un assassino.

Non aveva affatto dimenticato la sua ultima conversazione con la dea Wyulma e non aveva di certo intenzione di farlo.

Non poteva, non doveva, fidarsi di quell'uomo.

Marthìn era scattato in piedi, offrendo un piccolo sorriso per poi allungare la mano verso l'uomo.

"Marthìn."

"Caspian."

Si erano stretti la mano, scambiandosi un lungo sguardo circospetto, entrambi troppo impegnati a studiarsi a vicenda per prestare attenzione all'ansiosa Missnöjd.

Non si sarebbe presentata, né avrebbe toccato quell'uomo. Non riusciva a guardarlo tanto era forte il disgusto che provava nei suoi confronti.

"Sono qui per parlare di vostra figlia," aveva lanciato un veloce sguardo a Missnöjd, sorridendole con finta benevolenza mentre andava a sedersi.

Nonostante l'età era, obiettivamente, un bell'uomo ma c'era qualcosa in lui, qualcosa che Missnöjd aveva notato, di oscuro e pericoloso.

"Gabriele mi ha riferito di averla trovata, ecco. Pare che sia sana e salva, in una delle residenze di quei quattro mostri abbandonati dall'altissimo."

Caspian aveva sfiorato il crocefisso che portava al collo, una collanina in argento che era in suo possesso da anni e anni.

Marthìn aveva avvertito le spalle rilassarsi: Shahrazād era viva e incolume, per lui era già qualcosa.

Il tono pacato di Caspian aveva fatto la sua parte nel calmarlo, gli pareva un uomo estremamente tranquillo e buono.

Oh, se solo avesse saputo!

"Dovete sapere che anni fa ospitai uno di quei quattro abomini nella mia città, era come un figlio per me."

Caspian aveva concentrato lo sguardo sul pavimento, rammentando quei ormai lontano giorni. Le bugie erano così dolci a contatto con la sua lingua!

"Uccise mio figlio, lo torturò e alla fine lo lasciò morire dissanguato. Tommaso, si chiamava Tommaso. Era un bravo bambino, davvero, amorevole e vivace; aveva sempre voluto bene a Styrkur- è il nome di uno dei membri dei Quattro."

Tommaso, era molto tempo che Caspian non pensava al suo primogenito morto. Avrebbe ricordato per sempre, però, il suo corpo sventrato e pieno di sangue.

Così come avrebbe ricordato per sempre Styrkur, non era riuscito a manipolarlo ma con Seth: oh con lui aveva fatto davvero un ottimo lavoro!

Aveva tra le mani il fratello dei Quattro, o ciò che ne restava per lo meno, un'arma quindi potentissima.

Marthìn l'aveva guardato con una certa tristezza, pensando che Caspian potesse quindi capire il suo dolore.

Nulla di più sbagliato, ovviamente.

"Quale è il piano?"

Caspian s'era passato una mano tra i capelli cortissimi, fissando Marthìn con l'ombra di un ghigno a dipingergli il viso.

Sarebbe stato facile.

"Riprendere vostra figlia sarà la nostra priorità, ma vi aiuteremo ad una condizione." Aveva alzato un dito in aria, sotto lo sguardo consapevole di Missnöjd.

Lei era certa che quel momento sarebbe arrivato, un favore per un favore, giusto?

Marthìn si era sporto in avanti, sorridendogli a tal punto da mostrare tutte e due le file di denti, invogliandolo ad andare avanti.

"Dopo aver salvato vostra figlia vorrei poterla esaminare, nulla di troppo estremo ovviamente. Solo qualche piccolo test."

**

A Shahrazād si era bloccato il respiro in gola nel sentirlo parlare; Styrkur le pareva un serpente tentatore a tutti gli effetti e lei, che amava i peccati, se ne sentiva attirata.

Il ginocchio di Styrkur, ancora fermo tra le sue gambe, si era lievemente mosso in avanti, premendo con decisione contro una zona del suo corpo che era oh, così sensibile!

La schiena di Shahrazād s'era inarcata verso l'alto, facendo scontrare i loro busti con ritmo; cuore contro cuore.

"Fermami." Glielo aveva sussurrato con agitazione per poi andare a morderle l'orecchio.

Shahrazād aveva sentito piccole scosse elettriche percorrerle il corpo, irradiarsi lungo il profilo del collo fino a calare verso il ventre.

Voleva sentirle ancora, voleva sentire e basta.

"Perché dovrei?" Era uscito come un sussurro quasi strozzato, parole incerte che zoppicavano per uscire.

Styrkur aveva ridacchiato, scendendo verso il collo di lei. Odorava di frutta, la sua pelle arrossata per il sole e le efelidi rosse a disegnarle costellazioni ovunque.

Con l'indice ne aveva tracciato i percorsi, in trans, sfiorandola appena. Era così morbida e così sua da mandarlo fuori di testa.

Aveva poggiato le labbra sul suo collo, in un punto preciso, appena sopra le clavicole.

Le sue labbra si erano schiuse per andare a lambirle la pelle mentre con i denti le mordeva la carne, tirando leggermente verso di sé.

Shahrazād aveva sentito la lingua di Styrkur creare piccoli cerchi nei punti in cui mordeva, il fatto che avesse una lingua biforcuta era stranamente piacevole.

Le sembrava quasi d'esser toccata due volte, con il doppio del piacere e della forza.

Le dita di Styrkur erano scivolate sotto il tessuto leggero della veste di lei, fermandosi sul suo fianco come a volere una conferma e lei, di tutta risposta, aveva sospinto i fianchi verso i suoi.

Lo scontro era stato elettrico, piacevole, spingendola a farlo ancora. Styrkur aveva grugnito al contatto caldo, andandole incontro con i fianchi in una gara di potere.

Voleva essere lui a dominare il gioco, a dominare lei, ma allo stesso tempo voleva vederla agire.

L'ennesimo contatto lo aveva scosso, facendogli rafforzare la presa che avevano i suoi denti sulla pelle di Shahrazād.

Aveva spinto i fianchi verso il basso, bloccando Shahrazād contro il materasso e prolungando il contatto fino a sentirla trattenere il fiato.

Gli piaceva il suono, l'espressione contratta che aveva e per Liv avrebbe fatto di tutto per assistere di nuovo a tutto ciò.

Aveva quindi fatto un leggero movimento circolare, sentendola mentre gli afferrava il braccio per poi emulare il movimento di lui.

Styrkur aveva spostato le dita, tracciando il profilo del seno di Shahrazād con più delicatezza del dovuto.

Voleva lasciare le impronte delle sue dita sulla sua pelle, voleva tracciarne la comparsa così che non lo dimenticasse.

Con le nocche aveva strofinato il pezzo di pelle appena sotto il capezzolo, abbandonando il suo collo per baciarle l'aureola e, infine, la zona più sensibili.

Shahrazād aveva smesso di pensare, riusciva sola a sentire. Un continuo ciclo di scosse elettriche e di piacere che la stavano annegando.

"Oh Vårdande santa, copritevi!"

Styrkur e Shahrazād si erano paralizzati, lei d'imbarazzo e lui, oh lui di puro fastidio.

"Sarà meglio che tu abbia un motivo serio per esser entrato in questa stanza, altrimenti giuro su Död che ti troverai senza coda." Styrkur aveva voltato la testa verso la porta della stanza, furioso e annoiato al contempo stesso.

Kyà si era grattato la testa, evitando lo sguardo dei due per concentrarsi sul pavimento.

Con Vårdande questo non sarebbe mai successo, ne era certo.

"Seth si è svegliato, dovremmo andare a vedere- magari vestiti e presentabili, non che mi dia fastidio eh; hai davvero delle belle clavicole Shahraz-"

Styrkur l'aveva interrotto, lanciandogli velocemente un cuscino mentre lei si affrettava a scansarsi per coprirsi.

Per qualche secondo erano rimasti tutti e tre in silenzio, Kyà offeso per esser stato colpito e Styrkur frustrato mentre Shahrazād si copriva con uno scialle.

Contro la spalla aveva sentito una mano relativamente piccola e, con una leggera confusione, aveva capito esser quella di Kyà.

Di sottofondo aveva percepito il ringhio soffocato di Styrkur, susseguito da qualche commento volgare.

"Non devi esser in imbarazzo, una volta ho beccato Vårdande farsi il bagno. Credimi, ho appena sostituito quel trauma con questo ricordo.

Certo: potevi scegliere qualcun altro al posto della serpe ma non ti giudico, se ci vedessi probabilmente lo lasceresti seduta stante."

Le aveva dato una leggera pacca di consolazione, facendola ridacchiare sommessamente mentre Styrkur spalancava le labbra, oltraggiato.

Shahrazād aveva quindi scosso la testa, tentando di concentrarsi sull'argomento principale: Seth.
Non sapeva dove Styrkur l'avesse precisamente lasciato, né come e in che stato.

Forse era ancora malato o magari si era ripreso, in qualsiasi caso avrebbe dovuto farsi aiutare da Kyà per fabbricare una lozione lenitiva.

Ancora non era convinta, però, che possedere il libro di Vårdande fosse un bene. Lei non era, dopotutto, una strega e usufruire delle formule della cartomante le pareva un furto.

Si stava appropriando di nozioni non sue e non sapeva se fosse un bene, ma era stata Vårdande stessa a volere che lo facesse, non doveva quindi preoccuparsene.

"Mentre il tuo animale da compagnia blatera," aveva iniziato Styrkur con una nota di fastidio ben percepibile, "che ne dici di incamminarci? Voglio togliermi questo problema di torno il prima possibile."

Shahrazād aveva annuito mentre Styrkur le afferrava le gambe per infilarle le scarpe. Avrebbe voluto dirgli che sarebbe stata in grado di farlo anche da sola ma una piccola parte di lei le diceva che il suo era più un gesto d'affetto che di carità.

L'aveva quindi lasciato fare mentre l'aiutava ad alzarsi, sostenendola dai fianchi e indirizzandola verso la porta.

"Io non sono un animale da compagnia!" Aveva sbottato Kyà, camminando il più velocemente possibile per raggiungerli.

Le gambe umane erano strane, troppo lunghe e poco gestibili. Se si fosse trasformato in gatto sarebbe stato più facile, nonostante avesse la paura che Styrkur l'avrebbe allegramente preso a calci.

"Perchè non vai a fare le fusa a qualcun altro?"

Shahrazād aveva roteato gli occhi, assistendo silenziosamente al battibecco dei due.

Sua madre forse aveva avuto ragione nel dirle che gli uomini erano facilmente distraibili, irritabili e occasionalmente sciocchi.

Al ricordo aveva sorriso, quasi divertita, prima di scontrarsi contro qualcosa. Si era tenuta il viso con una mano, colta alla sprovvista.

Era certa che in quel punto del corridoio non vi fosse un muro, era quindi una persona. Si era data mentalmente della stupida per non aver prestato attenzione a gli odori circostanti.

Se si fosse concentrata avrebbe potuto evitarlo.

Dall'odore aveva capito d'essersi scontrata contro Kyà il quale, con nonchalance, aveva preso a boccheggiare.

"Perchè, vuoi che le faccia a te? Potevi dirlo prima! Vieni qui, ragazzone." Kyà era balzato in avanti, pronto ad abbracciare Styrkur che, in preda al panico, aveva preso a soffiargli contro.

Shahrazād aveva fatto per intervenire, volenterosa di andare a constatare che Seth stesse bene quando si era sentita stringere il petto da una fastidiosa morsa.

Per qualche secondo non era stata in grado di respirare correttamente, il fiato le aveva ostruito la gola, soffocandola.

Aveva portato entrambe le mani contro il collo, tossendo e spalancando le labbra in un disperato tentativo di incanalare ossigeno.

La stretta al petto si era intensificata, se possibile, dandole l'impressione che qualcuno le stesse aprendo lo stomaco a forza per scavarle nella cassa toracica ed afferrarle il cuore.

Alle orecchie le erano giunte delle voci soffocate, impercettibili e lontane che bisbigliavano o forse, forse urlavano.

La testa aveva preso a girarle velocemente, se fosse stata in grado di vedere avrebbe percepito l'ambiente circostante roteare ed inclinarsi.

Aveva sentito la bile salirle in gola e rimanervici bloccata, assieme al suo respiro, strozzandola. Stava morendo? Di certo non era così che se lo immaginava.

Eppure qualcosa le diceva che non stava affatto soccombendo alla vita, c'era qualcos altro lì vicino a lei.

Si sentiva schiacciata da una presenza invisibili ma potentissima, completamente avvolta da uno spesso velo immaginario che la stava soffocando.

Per Sover, cosa diamine le stava accadendo?!

Le sue gambe avevano ceduto, facendola cadere a terra in preda a gli spasmi.

Aveva quindi realizzato: Sover.

La sua presenza non era mai stata così forte e così dolorosa, che ci fosse quindi un altro dio? No, riconosceva l'odore di Sover, la consistenza della sua anima contro il petto e la sua voce.

"Ho bisogno di te, bambina mia." E la presa sul suo cuore s'era interrotta.

A T T E N Z I O N E
Questo capitolo non è granché, è stato scritto durante un after quindi mi scuso per la qualità.

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