Un infido tagliacarte
"Vedo che mi avete preso in parola." Colin scorreva i suoi fogli di appunti e i bozzetti della modista che Penelope gli aveva portato. La ragazza lo guardava incerta. Era molto agitata all'idea di trovarsi lì, sola, con Colin. La possibilità poi che potesse comparire Eloise da un momento all'altro la rendeva ancora più nervosa.
"Intendo quando vi ho detto di essere curioso sulla vostra preparazione. Sembra che abbiate lavorato a questo progetto ..."
"Quasi sei mesi sì, ma come avete potuto vedere voi stesso i risultati non sono stati molto incoraggianti. Forse potete dirmi dove ho sbagliato?"
"Non sono un esperto di moda, ma non credo che abbia a che fare con orli o stoffe, per lo meno posso assicurarvi che la maggior parte degli uomini non si accorgerebbe nemmeno di questi dettagli. Ovviamente se una ragazza indossa un vestito che le cade bene e si mostra curata e di bell'aspetto ha più possibilità di essere notata."
"Allora è una causa persa. È questo che state cercando di dirmi?"
Colin la fissò amareggiato. Penelope forse non era una di quelle dame che ti tolgono il fiato mentre passeggi per la strada alla loro semplice vista, ma di certo non era affatto sgradevole, anzi ora che la osservava da vicino, seduti sul divanetto del salottino privato del numero cinque di Bruton Street gli pareva molto più avvenente di quanto non ricordasse. Non riusciva a distogliere del tutto lo sguardo dalle sue labbra piene e carnose. "Affatto" si schiarì la gola cercando di ricomporsi.
"E' piuttosto una questione di sicurezza, credo, e di mostrare le proprie qualità. Cressida strappando il vostro strascico ha soltanto vergognato sé stessa. Di certo, Lord Debling starà lontano miglia da una donna che ricorre a tali bassezze. Io e Lord Debling non abbiamo mai conversato, ma cercherò di approfondire, tra amici comuni, per potervi aiutare. Ogni uomo ha i suoi punti deboli."
"Fate sembrare il tutto così semplice."
"Lasciate stare i bozzetti o gli schemi. Nel frattempo che io porto avanti la mia indagine parallela, possiamo fare un po' di pratica di conversazione. Per esempio, mettiamo che stiamo sorseggiando una limonata, provate a farmi un complimento per farmi capire che potreste essere interessata."
Indicò il buffet sul tavolino e le fece cenno con la mano di avvicinarsi. Penelope sistemò le carte e lo seguì sotto pressione. L'idea di dover fingere di corteggiarlo era alquanto bizzarra, anche perché in verità non pensava ad altro da quando l'aveva conosciuto all'età di soli sedici anni, ad Hyde Park.
"Sono certo che mi stupirete" la incoraggiò Colin.
Penelope si schiarì la voce e fece un profondo respiro, poi alzò lo sguardo. A quel punto le parole trovarono da sole una tortuosa strada per giungere dal suo cuore fino alla gola, quasi le avesse inavvertitamente evocate. "I vostri occhi ... sono di un blu assolutamente perfetto e splendono ancora più luminosi quando siete gentile."
Colin la osservò a disagio, Penelope l'aveva lasciato letteralmente senza fiato. Gli pareva di aver ingoiato un'oliva tanto sentiva la gola serrarsi a quelle poche e semplici parole.
Penelope si corresse imbarazzata. "O almeno direi questo se foste un corteggiatore."
Finalmente Colin riuscì a deglutire e riprendere controllo della propria laringe. "Ecco, siete stata un poco troppo diretta, forse."
Penelope annuì fingendo di bere per nascondere il proprio imbarazzo. Come le era venuto in mente di pronunciare quelle parole? Doveva togliersi dalla testa Colin e concentrarsi su Lord Debling. Prima che potessero riprendere il discorso udirono la voce di Eloise che parlava con Francesca in corridoio.
"Penso di aver corrisposto un ottimo servizio, non dovrebbe avere modo di lamentarsi."
Colin guardò Penelope agitato: ci mancava solo che Eloise venisse a ficcanasare come suo solito mentre provavano dichiarazioni d'amore! "Aspettate qui" le chiese e percorse a grandi passi il salotto fino a chiudersi la porta alle spalle.
Penelope finì la sua limonata. Udiva voci lontane nel corridoio, ma poiché non c'era affatto rumore di passi che si avvicinavano cominciò a girovagare per la stanza. Notò la mappa che Colin aveva tirato nel suo giardino stesa su un tavolino, accanto a un diario, scritto a mano, fitto, fitto in una calligrafia ordinata e precisa. Lesse il titolo solo per distrarsi.
Calle Varisco, Venezia, 20 febbraio 1815
Penelope si portò subito una mano alla bocca. L'aveva scritto Colin! Chi altri in casa Bridgerton poteva essere stato a Venezia negli ultimi mesi? Non aveva idea che tenesse un diario dei suoi viaggi. Si forzò di indietreggiare, ma le sue gambe non si mossero di mezzo passo. Quando mai le sarebbe capitata un'opportunità simile? Non sarebbe stato poi così riprovevole se avesse letto solo qualche riga. Infondo lui l'aveva lasciato aperto sul tavolino, in bella vista.
Un gentiluomo di Pavia mi aveva parlato di questa calle durante una partita a carte: sosteneva che portasse buona sorte attraversarla prima di cominciare una serata di gioco, quasi come un amuleto o un porta fortuna. Il pensiero in realtà mi ha divertito molto per cui questa mattina ho allungato la mia camminata fino al punto della mappa che mi aveva indicato. Quasi non credevo ai miei occhi: è davvero la strada più minuta che io abbia mai visto in vita mia, o 'Calle' come chiamano qui le vie. La nebbia si incanala mesta tra le strette pareti, tanto che fatico a vedere lo sbocco della strada. Riesco a malapena a stendere il braccio toccando da una parete all' altra e procedo così tastando i mattoni ruvidi sotto le dita. Per quanto ne so questa strada può sboccare nel cielo: chiaramente un effetto visivo della nebbia, ma pare davvero di poter arrivare alle porte del paradiso. Forse lo sventurato mercante di Pavia è venuto qui a depositare le sue preghiere e a suo modo lo comprendo. Quel piccolo angolo di Venezia pare contenere una forza magica, capace di far emergere i più intimi desideri, anche mai espressi. Chiudo gli occhi concentrandomi sulla brezza umida che proviene dal canale adiacente, lo sciabordio dell'acqua sulle sponde all'improvviso mi sembra quello del Times, nelle giornate più scure e grigie quando l'acqua pare ruggire con una forza propria, mi rammenta ...
Penelope emise un gemito di protesta quando si accorse che la pagina finiva nel bel mezzo della frase. Sapeva di non potere continuare oltre senza risultare vile, eppure le dispiaceva non sapere a quale illuminazione fosse arrivato Colin percorrendo quel piccolo calle e ricordando le sponde del lento fiume londinese. Era chiaro che quelle erano frasi che valeva la pena di leggere. Sarebbe stato un peccato che Colin le tenesse per sé. Dovevano essere lette, condivise.
"Cosa state facendo?"
Penelope si girò di scatto. "Colin!" Si allontanò dal tavolino spaventata dal tono minaccioso.
Colin recuperò il diario e lo chiuse riponendolo in un cassetto: " È vostra abitudine leggere gli scritti altrui?"
"Certo che no, ma era aperto sulla tavola e ..." Presa alla sprovvista non sapeva affatto come giustificarsi. Poi non capiva, perché si irritava tanto per un diario di viaggio? Non c'erano scritti chissà quali segreti, almeno non nel frammento che lei aveva letto.
"Per l'amor del cielo! E io che stavo cercando di tenere la vostra presenza qui segreta."
"Forse è meglio che me ne vada."
"Non ho detto questo."
"Allora perché mi rendete così difficile scusarmi?"
"Perché dovrei renderlo facile?"
"Perché sarebbe carino" rispose Penelope semplicemente.
Colin si girò di scatto con un'espressione talmente furiosa che Penelope indietreggiò di un passo. Era sempre stato gentile con lei, cordiale, non si era mai arrabbiato in sua presenza fino a quel pomeriggio.
"È quello che stavate pensando mentre leggevate il mio diario? Che sarebbe carino leggere i pensieri privati di qualcun altro?"
"No, Colin, vi prego!"
"Non c'è nulla che possiate dire e che possa in alcun modo giustificare il vostro comportamento" tuonò agitato sbattendo la mano sul tavolo. Il sussulto che ne seguì non era di rabbia, notò Penelope, bensì di dolore.
"Cosa... Oh, santo cielo!" imprecò Penelope osservando il sangue sgorgare dalla sua mano. Non sapendo cosa fare afferrò la cartina di Venezia e la pose sotto la mano di Colin, per impedire al sangue di scivolare sul pregiato tappeto dei Bridgerton.
"Un'infermiera davvero premurosa!" commentò il giovane con voce tremante.
Penelope lo osservò preoccupata, era molto pallido. "Penso che fareste meglio a sedervi". Lui annuì e si lasciò scivolare sulla poltroncina adiacente.
"Forse seguirò il vostro esempio" annuì cercando di mostrarsi più coraggiosa di quanto non fosse. Il sangue le aveva sempre fatto girare la testa alla sua sola vista.
"Vi sentite bene?" domandò Colin perplesso. Quasi fosse lei a essersi tagliata.
Penelope allontanò la vista per un attimo dalla mano per riprendersi quindi cercò di pensare praticamente: "Dobbiamo trovare qualcosa per fasciare la mano." La carta non era assorbente e il sangue stava scivolando lungo la superficie, mentre tentava disperatamente di evitare che sgocciolasse dal bordo.
"Ho un fazzoletto in tasca" propose Colin.
Pen allora si allungò cercando di rovistare nel taschino del suo panciotto in cerca del piccolo pezzo di stoffa color crema dalle eleganti iniziali ricamate lungo i bordi. Il suo cuore pareva aver deciso di balzarle dritto in gola e fuggire da quel salottino.
"Vi fa molto male?" gli domandò mentre tentava di fasciare la ferita. Colin gemette, doveva aver premuto troppo forte. "No, non rispondete, è ovvio che vi faccia male."
Colin riuscì ad abbozzare un sorriso.
"Mi spiace, è tutta colpa mia."
"È colpa vostra se mi sono squarciato la mano?" Colin alzò gli occhi fino a puntarli dritti nei suoi.
"Se solo non foste stato tanto infuriato!"
"Non dite sciocchezze, Penelope. Se non mi fossi arrabbiato con voi lo avrei fatto con qualcun altro in un momento diverso."
"E, quando ciò fosse accaduto, avreste avuto chiaramente il tagliacarte a portata di mano per potervi ferire" mormorò lei.
Penelope intravide una traccia di divertimento nel suo volto, ma c'era molto di più: forse un pizzico di ammirazione e perfino vulnerabilità. Doveva senz'altro essersi sbagliata pensò in prima battuta, ma poi capì che Colin non sapeva di essere tanto bravo a scrivere e si vergognava perché lei aveva letto il suo diario.
Colin lasciò che tenesse premuta la ferita e poi sostituisse la fasciatura, scusandosi per il fazzoletto probabilmente irrimediabilmente danneggiato. Non erano mai stati così vicini prima di allora. Com'era possibile che non avesse mai notato quanto fossero grandi i suoi occhi? Sapeva che erano chiari e... anzi fino a quella mattina, non avrebbe saputo indicarne il colore. Era certo, tuttavia, che non lo avrebbe mai più scordato. "Penelope" riprovò a dire.
"Aspettate!" esclamò lei, con gli occhi che scintillavano di passione. "È stato imperdonabile da parte mia leggere il vostro diario. Mi sarei dovuta allontanare subito, ma quello che ho letto era meraviglioso. Mi sembrava di essere lì, di toccare i mattoni di quella piccola calle insieme a voi, di sentire la nebbia che mi pizzicava il naso."
Era bello vedere la sua amica così animata; pensare che tutta quell'eccitazione fosse stata provocata dal suo diario lo rendeva stranamente euforico. "Vi è piaciuto, perciò?"
"Infinitamente, Colin. Scusate devo saperlo assolutamente, dove vi ha trasportato la mente quella nebbia?"
"Alle mattine in campagna, quando esci dopo molti giorni di pioggia e percepisci quell'umidità nell'aria, niente di importante. La pagina che avete letto non credo fosse particolarmente elettrizzante."
"Affatto, avete descritto amabilmente quel vicolo, ho avuto la sensazione di potermi immergere nella stessa mirabile atmosfera che avete sperimentato a Venezia. Ho trovato brillante che mostraste ciò che ha mosso in voi quel paesaggio più dei dettagli fisici."
Colin sorrise sinceramente stupito, dunque Penelope trovava il suo diario brillante!
"È buffo l'effetto che può fare un viaggio a una persona. Ti fa apprezzare casa tua» le spiegò dolcemente.
Lei lo fissò interdetta. "Eppure continuate a partire..."
"Non posso farci nulla. È come una malattia."
Lei rise, un suono inaspettatamente musicale. "Non siate ridicolo, una malattia è dannosa. È chiaro che i viaggi vi nutrono l'anima!" Gli guardò la mano per controllare la ferita. "Va un po' meglio?"
Lui confermò, per qualche motivo non gli interessava più nulla della mano. Non voleva terminare quella conversazione, se l'avesse fatto, di sicuro lei avrebbe inventato una scusa per rincasare e una parte di lui avrebbe voluto tenerla inchiodata a quella sedia con le mani nella sue per un'intera vita: quale terrorizzante pensiero!
"Sono felice che abbiate apprezzato quello che ho scritto."
"Penso di averlo apprezzato tanto perché traspare quanto a voi sia piaciuto scriverlo."
Non aveva mai pensato a quel passatempo come un'attiva che potesse dargli giovamento, ma in effetti si era perso anima e corpo in quei libretti, soprattutto se non aveva qualcuno a cui rispondere via lettera o se si sentiva solo. Era un modo per raccontare i suoi viaggi a sé stesso, per poterne recuperare il ricordo una volta tornato, non aveva nemmeno mai preso in considerazione l'idea che qualcuno potesse provare piacere a leggerli.
"È bello avere qualcosa nella vita che dia uno scopo al tempo" aggiunse Penelope incoraggiante.
"Voi cosa fate per dare uno scopo al vostro tempo?" Colin avrebbe tanto voluto sollevarle il mento per poterla guardare negli occhi, ma si impose di non muoversi.
"Nulla di particolarmente eccitante, leggo per lo più." Penelope continuava a guardare la mano offesa di Colin senza osare alzare gli occhi su di lui. "Ogni tanto ricamo, ma non sono molto brava. Dovreste essere grato per i vostri viaggi, se devo essere sincera, vi invidio un poco."
Colin sospirò cercando di studiare attentamente le sue parole. "Eppure...Non si può viaggiare per sempre. Le parti più belle di un viaggio sono la partenza e il ritorno, mi mancherebbe troppo la mia famiglia se dovessi decidere di trasferirmi definitivamente. Tenere un diario di viaggio è stimolante, ma quando torno a casa non ho comunque niente da fare. "
"Lo trovo difficile da credere" scosse la chioma Penelope.
"Spero che ciò che sto per dire non suoni insensibile o offensivo visto che, alla fine dei conti, ho ben poco di cui lamentarmi. Lo dico a voi perché spero capirete."
"Potete dirmi tutto, Colin" avrebbe tanto voluto prendergli la mano, ma ora che la ferita era legata e pareva sanguinare meno non vi sarebbe stato alcun motivo plausibile, per cui Penelope rimase composta.
"A volte mi sembra di non avere alcuno scopo nella vita. Sono stanco di essere ritenuto un uomo affascinante con la testa vuota."
"Nessuno mi ha mai riferito un pettegolezzo del genere e di certo penso di averne sentiti o letti veramente moltissimi in questa anni dal mio debutto."
"Pensate alla Whistledown. Se ritenesse che ci fosse altro in me, oltre al mio fascino leggendario, non pensate che ormai lo avrebbe detto?"
Penelope raccolse ogni energia dentro di lei per mantenere la calma e non parere una perfetta idiota. "È davvero importante ciò che pensa Lady Whistledown?"
"È uno spaccato della nostra società, che ci piaccia o meno."
"Stiamo veramente discutendo dell'insoddisfazione che provate per la vostra vita da uomo più apprezzato di Londra?" Penelope sbattè gli occhi incredula. Non aveva fatto che tessere le sue lodi su quel dannato giornale dal primo giorno che l'aveva scritto e anche nei giorni più bui, quando aveva dovuto ricorrere a quelle colonne a spese di sua cugina, non aveva esitato, pur di salvarlo da una vita di bugia e diniego e ora lui passava il tempo a lamentarsi?
"Ho sbagliato a credere che avreste capito" replicò scontroso.
"Avete più di tutte le persone che conosco, ma se non ve ne rendete conto forse avete ragione, allora la vostra vita è inutile. Se volete cambiare la vostra vita, per l'amor del cielo, fatelo! Siete giovane, ricco e siete un uomo." La sua voce si incrinò nell'esplicitare quel pensiero. "Potete fare tutto quello che volete."
"Non è così semplice" commentò Colin risentito.
"Invece, lo è. La prossima volta che vorrete lamentarvi della vostra situazione, provate a mettervi nei panni di una zitella senza speranza per un giorno. E, quando avrete capito che effetto fa, potremo tornare a parlarne." Senza aspettare una sua risposta, Penelope si alzò in piedi e abbandonò il salotto, lasciandolo inerme su quel divanetto a fissarla quasi provenisse da un orizzonte differente.
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