OH CANADA
Era passata una settimana, da quando avevo sostenuto l'esame e ancora non avevo ricevuto risposta.
Mi era stato comunicato che sarebbe arrivata una lettera con i risultati, e quindi ogni volta che arrivava il postino, mi fiondavo verso la porta. Ma, sfortunatamente, erano sempre bollette e pubblicità indesiderata.
-Vedrai che arriverà.- mi rassicurava Laura ogni volta che controllava la posta.
Ma ogni giorno che passava, perdevo sempre di più la speranza. Forse non mi avevano accettato, o forse nemmeno mi avevano preso in considerazione.
Finché un giorno, mentre ero in camera, Laura venne a bussare.
Aprii la porta e me la trovai davanti, con un grande sorriso in viso e una busta con sopra il mio nome in mano.
La presi al volo e chiusa la porta dicendole -Grazie!-
Forse ero stato rude, ma volevo essere da solo nel momento in cui avrei ricevuto la notizia. Mi sarei scusato più tardi.
Aprii lentamente la lettera, ne tirai fuori il documento ed iniziai a leggere.
-Signor Chase, dopo un attenta valutazione del suo esame, siamo lieti di informarla che è stato ammesso alla scuola privata "Legion" di Long Island, New York!- lessi ad alta voce.
Uscii dalla stanza di corsa con la lettera in mano, e andai in salotto dove Bob e Laura stavano guardando la televisione.
-Allora?- chiese Laura speranzosa.
-Sono buone notizie?- chiese Bob.
Avevamo fatto passi avanti nel nostro strano e complicato rapporto parentale. Certo, c'era ancora dell'attrito, ma ci stavamo lavorando su.
-Ho ottenuto la borsa di studio! Sono stato ammesso!!- esultai
Laura corse ad abbracciarmi, felice del mio successo.
Bob invece, stoico come sempre, si alzò e mi diede solo la mano dicendo solo -Congratulazioni!-
Le lezioni sarebbero iniziate da lì a una settimana.
E fu la più lunga della mia vita. Sembrava non dovesse passare mai.
Passai una buona parte del mio tempo a leggere o ad ascoltare musica.
Mi svegliai una mattina, a metà di quella interminabile settimana, e andai in cucina a fare colazione. Bob e Laura erano al lavoro e sarebbero rientrati solo per pranzo, quindi fino a mezzogiorno ero per conto mio. Decisi di restare in pigiama e mi sdraiai sul divano guardando un po' di televisione e giocabdo col cellulare per tutta la mattina. Ero molto svogliato quel giorno.
Verso mezzogiorno Laura mi mandò un messaggio: "Scusa non riesco ad esserci per pranzo, ti arrangi?"
Replicai con un "nessun problema" e lei rispose con un "Non avevo dubbi, tvb". Non me la sentivo di dirle che TVB non lo dice più nessuno.
Andai in camera mia a vestirmi, presi 20 dollari e feci per uscire quando Bob aprì la porta.
-Stavi uscendo?- chiese
-Ahm, sì. Laura mi ha scritto che non viene per pranzo e mi ha chiesto se riuscivo ad arrangiarmi.- dissi
-Ah bene, mi aspetti? Devo solo poggiare questa.- disse riferendosi alla valigetta.
Lui voleva venire a pranzo con me? Era un bel passo avanti anche questo.
C'era un Burger King a pochi isolati da casa, quindi optammo per un'hamburger.
-Ordino io, va pure a prendere i posti.- mi disse Bob mettendosi in coda.
Annuii e andai alla ricerca di un tavolo libero. Quel giorno c'era molta gente.
Trovai un tavolo che si era appena liberato e lo occupau subito, e poco dopo arrivò anche Bob con due vassoi. Aveva preso due whooper con le patatine. E si era ricordato che io lo prendo senza formaggio.
-Allora, che hai fatto oggi?- chiese Bob scorrendo lo schermo del cellulare.
Si stava impegnando a stabilire una sorta di rapporto tra di noi, e pensai che fosse una cosa carina. Non volevo essere da meno, quindi mi impegnavo anch'io di creare un legame.
-Non molto.- dissi mettendomi in bocca un paio di patatine. -Al lavoro?- gli chiesi.
Mi guardò sorpreso. Non gli avevo mai chiesto del suo lavoro. -Ahm, bene. Solite cose sai...- rispose un po' imbarazzato.
-Ah, a proposito- disse passandomi una busta - È arrivata stamattina.- Sopra c'era il logo della mia vecchia scuola.
-Che cos'è?- chiesi, incuriosito.
-Aprila, dai.- mi incitò.
La aprii e ne estrassi il documento. Era una circolare della mia scuola, lessi attentamente fino ad arrivare alla riga in cui c'era scritto "L'allievo Caleb Chase, con la presente, non è più un studente della Pritchet High School di New York".
-Non serve che ringrazi. Ormai sei alla Legion, non potevi essere iscritto anche alla Pritchet.- mi disse Bob.
-Grazie comunque.- gli sorrisi
-Nessun problema. - mi sorrise lui.
Quella settimana interminabile finì e arrivò il mio primo giorno alla Legion.
Partimmo da Manhattan alle otto, dopo aver caricato le mie due valigie sull'auto di Bob, ed arrivammo a Long Island verso le nove. Entrammo in segreteria a ritirare tutte le carte e ci avviammo verso i dormitori. Bob e Laura mi accompagnarono fino all'entrata dell'edificio, lì li salutai e andai alla ricerca della mia stanza, la numero 303. Era al secondo piano dell'edificio, misi la chiave nella toppa ed entrai. La prima cosa che mi colpii quando entrai, fu la grande finestra che davano sulla baia.
La stanza aveva due letti, posti sotto alla finestra, uno dei quali era già rifatto con delle lenzuola bianche e un copriletto viola. Pensai che era una strana associazione di colori. Entrambi i letti avevano un comodino posto sulla destra. Sulla parete opposta ai letti c'erano due scrivanie, e una delle due, come per i letti, aveva già alcuni libri e qualche penna sopra di essa. Nella stanza erano presenti anche due armandi singoli, ed immaginai che uno di essi, quello più vicino al letto già fatto, fosse già preso.
-Forza, meglio disfare le valigie!- dissi tra me e me, per motivarmi.
Mentre stavo mettendo via le felpe nell'armadio, qualcuno entrò dalla porta. Mi voltai e vidi un ragazzo medio alto, dai capelli neri, sfumati corti ai lati e lunghi sopra. Era un po' pallido.
-Hey, sei quello nuovo?- chiese avvicinandosi.
-Ahm, si. Caleb, piacere.- gli allungai la mano per salutarlo
-Max.- strinse la mia mano -Mi avevano avvertito che saresti arrivato.- sorrise.
Notai che aveva gli occhi azzurri chiari, molto chiari.
-Allora Caleb, da dove vieni?- chiese Max.
Mentre ero intento a disfare le valigie, si era seduto alla scrivania sfogliando un libro.
-Manhattan. E tu?- chiesi, per fare un po' di conversazione.
-Toronto. Dal grande nord.- disse sorridendo.
-Sei Canadese?- dissi sorpreso, ma devo essergli sembrato schifato, perché mi rispose -Ti da fastidio, "yankee"?-, ma lo disse in maniera scherzosa.
-Assolutamente no, ho sempre sognato un giocatore di hockey come compagno di stanza. L'hai mai visto un big foot?- scherzai anch'io. Si stava creando della simpatia, tanto da farmi pensare che potevamo diventare buoni amici.
-Oh sì più di una volta, Manhattan è in New Jersey, vero?- ribatté lui.
-Woah, questo era un colpo basso.- risi per la sua battuta.
Finii di mettere in ordine la mia roba, ma mi accorsi che mancavo le lenzuola e la roba per rifarmi il letto.
Mandai un messaggio veloce a Laura chiedendole di portarmele appena aveva tempo.
Quindi avevo praticamente finito di smistare la mia roba.
-Il letto non lo fai?- chiese Max e gli spiegai che mi ero dimenticato le cose per rifarlo e che la mia madre adottiva me le avrebbe portate più tardi.
-Brutt'affare.- commentò.
-Vabbé dai, non importa.- dissi.
-Allora, fai qualcosa adesso?- chiese scorrendo sul cellulare.
-No, oggi mi è stata data una giustificazione: posso saltare le lezioni per mettere apposto la stanza, ma visto che ho finito, pensavo di andare giù in spiaggia.-
-Ti spiace se vengo anch'io? Non ho molto da fare, e non ho nessuna voglia di andare a lezione.- mi chiese Max.
-Nessun problema! Forza, andiamo!- dissi. Era il primo amico che mi facevo lì, ed anche il primo in assoluto.
Scendemmo giù alla spiaggia, e siccome era una bella giornata, c'erano molti altri studenti là. Faceva molto caldo quel giorno, il mare era molto calmo e c'era una leggera brezza. Alcuni studenti stavano studiando in piccoli gruppi, altri invece stavano giocando con un frisbee mentre altri erano intenti in una partita di beach volley.
Io e Max preferimmo giocare per conto nostro, con una palla che ci eravamo portati dietro. A Max non stavano molto simpatici gli altri ragazzi, ma non volle spiegarmi il perché. Decisi di rispettare questa sua scelta.
-Sono stanco morto!- rise Max, lasciandosi cadere a terra.
-A chi lo dici!- mi sedetti sulla sabbia.
Mi lasciai andare all'ascolto delle onde, un suono che mi è sempre piaciuto, come vi avevo già detto.
Rimanemmo lì fino al tardo pomeriggio, chiacchierando e diventando ancora più amici.
-Quindi nella tua vecchia scuola eri un piantagrane.- disse Max. Gli avevo raccontato del trasferimento e dei guai che avevo avuto nella mia scuola precedente, e lui mi aveva raccontato del perché ero alla Legion.
-Già, credo che molti alla Pritchet abbiano festeggiato quando me ne sono andato.- dissi
-Ti capisco.- rispose lui -A Toronto non avevo molti amici. Ha facilitato di molto il trasferimento. Ora abito con mio padre a Brooklyn. Sai i miei, sono separati.-
Mi dispiaceva per lui, voglio dire, non dev'essere bello avere un genitore da una parte e uno dall'altra: non sai mai cosa fare, soprattutto se il rapporto tra i due non è dei migliori, ti senti come chiamato a prendere pe parti di uno o dell'altro.
-Hey, non azzardarti a compatirmi!- mi disse come se mi avesse letto nel pensiero.
-Non ci pensavo nemmeno!- risi.
Passamo altri dieci minuti lì a goderci la brezza e il rumore delle onde.
-Hey Max, posso chiederti una cosa?- esordii dopo un po'.
-Fa pure!- rispose lui.
-Quando sono stato qui, il giorno dell'esame, sono andato a sbattere contro una ragazza.- gli raccontai dell'incontro avvenuto nei corridoi dei dormitori.
-Vediamo... Sì, l'ho vista qua e là in giro per la scuola. Ma non c'ho mai parlato.- disse
-Beh, è già qualcosa.- dissi -Forse faremo meglio a tornare in camera. Comincio ad avere fame!- dissi.
-Ci credo! Abbiamo saltato il pranzo!- rise lui alzandosi e tendendomi la mano, per aiutarmi ad alzarmi.
-Allora, come funziona qui?- chiesi -Dove si può mangiare?-
-Beh ce la mensa della scuola, oppure ce un piccolo locale non lontano dai dormitori. Decidi tu.- mi diede libertà di scelta.
-Andrei volentieri a vedere la mensa, se per te non è un problema.- scelsi.
La mensa era una grande sala posta non lontano dai dormitori.
Quando entrammo notai subito un grande bancone, di quelli che si trovano in tutte le mense più o meno, ed era posto sulla parete opposta all'entrata. Sulla nostra sinistra c'era un grande tavolo su cui erano posti i vassoi. Max mi spiegò che su quel tavolo al mattino c'era il buffet per la colazione, mentre per il pranzo e la cena si veniva serviti al bancone. Sulla destra invece non c'era una parete, ma una fila di porte finestre che davano sulla baia, dato che anche la mensa era posta in vicinanza della spiaggia.
Prendemmo i nostri vassoi e andammo verso il bancone. Io presi una fetta di pizza, delle patatine fritte e una Sprite da bere. Max invece optò per una cena più salutare: del pollo fatto alla piastra, un insalata e una bottiglietta d'acqua.
-Sei una vergogna.- scherzai -Con tutta il ben di Dio che c'era a quel bancone tu te ne esci con del pollo e un insalata!-
-Hey, io voglio tenermi in forma!- rise.
Mentre eravamo intenti a mangiare e a chiacchierare, buttai l'occhio verso l'entrata della mensa, ed il mio cuore perse un battito: eccola, la ragazza dagli occhi argentati. Era appena entrata assieme ad un'altra ragazza, una sua amica pensai.
-Hey, eccola!- dissi a Max. Lui si voltò a guardare e sorrise.
-Forza, hai un'occasione! Valle a parlare!- mi incoraggiò.
-Come "valle a parlare"? E cosa le dico?- chiesi
-Beh potresti iniziare con un "Ciao, come va?", ti sembra abbastanza?- rise
La guardai da lontano -Nemmeno si ricorderà di me.- dissi.
-Vai là e scoprilo.- continuava a incoraggiarmi.
Alla fine mi arresi e andai verso il loro tavolo. Credo di essere stato un bagno di sudore. Sapete, non esiste nulla di così eccitante e al tempo stesso terrificante, di fare il primo passo con una ragazza. Ma alla fine presi coraggio e mi buttai.
-Ciao!- dissi, quando arrivai al suo tavolo.
Si voltarono entrambe lei e la sua amica. La ragazza bionda mi guardò sorpresa ed esclamò -Hey, ma tu sei il ragazzo del corridoio!- rise divertita.
-Già.- risi a mia volta. Si ricordava di me, era già un passo avanti.
-Scusami ancora per quella volta, ma ero di fretta. Non te la sei presa vero?- rise
-Macché, tranquilla. Piuttosto, ahm... non so come ti chiami.- dissi un po' impacciato.
Non avevo mai parlato con una ragazza, o meglio ci avevo provato, ma la mia reputazione mi aveva messo in una cattiva luce.
-Già, che scema.- mi tese la mano -Mi chiamo Annabeth.- disse sorridendo.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top