Capitolo 25: Lacrime Di Acquamarina (2/2)

«Nelle retrovie? C’è bisogno di me qui, non nelle retrovie. Perché non hai usato il fischietto? L’Evocatore serve per quello, Rose, e tu vieni qui, con un buco nella pancia, a dirmi di tornare indietro!»

«Non potevo usarlo! E se ti avessi distratto e qualcuno ti avesse ferito?» sibilò Rose. «Non volevo rischiare.»

Wulfric la fissò ansimando per un breve istante, poi scosse la testa.

«Qualunque cosa sia» mormorò, in tono più gentile. «Non posso tornare. Myr è in difficoltà. Non ho idea da quanto tempo stia combattendo con Morgaine. Mi ha detto di non avvicinarmi e io ho ubbidito, ma, se c’è una persona che dovrebbe andare a riposarsi, è lui. Se solo Nimueh gli desse una mano…»

Rose aggrottò le sopracciglia. Nimueh non era già lì?

TUM

Rose si aggrappò a Wulfric, e lui lasciò cadere la spada per sostenerla.

«Cosa…?» farfugliò il ragazzo, con voce strozzata.

TUM

Persero l’equilibrio entrambi e finirono a terra in un clangore di metallo. L’armatura di Wulfric era molto pesante e il ragazzo faceva molta fatica ad alzarsi. Rose cercò di aiutarlo, ma i loro sforzi erano inutili, dato che i rombi che attraversavano la terra erano diventati troppo frequenti.

I due restarono a bocca aperta, paralizzati dalla meraviglia, mentre contemplavano una figura gigantesca che emergeva all’orizzonte. Era alta almeno venti metri, dalla pelle color ebano e i capelli d’erba ricoperti di fiori. Indossava un vestito di muschio e corteccia che le ricopriva a stento il corpo curvilineo. Il naso camuso, i lineamenti seducenti da felino e i grandi, terrificanti occhi verdi che scandagliavano il territorio circostante parlavano chiaro: quella era Medb.

La Regina Eterna si trascinava dietro un pesante mantello che ricordava una delle immense colline erbose scozzesi, e sulla testa portava un’elaborata corona di radici, lungo la circonferenza della quale erano state incastonate degli agglomerati d’ambra grandi quanto il busto di un uomo.
Ogni volta in cui posava un piede a terra, il suolo tremava e si ricopriva di erba e fiori. Gli alberi al suo passaggio raddoppiavano di volume, i boccioli risplendevano di nuova luce e l’intero paesaggio recuperava vitalità. La Regina Eterna era energia pura, ed era la creatura più bella che Rose avesse mai visto. All’improvviso Rose comprese perché Myr avesse nutrito una fedeltà assoluta nei suoi confronti, e per tanto tempo non avesse voluto credere che potesse essere crudele. La sola presenza di Medb era sufficiente a riscaldare chiunque si trovasse nel suo raggio d’azione; gli animali non avevano paura di lei, anzi, la seguivano come bambini aggrappati allo strascico del Pifferaio Magico.

Rose se l’era immaginata come una massa oscura con due orbite verdi al posto degli occhi, simile al mostro che Alan tracciava ossessivamente nei propri disegni, e trovarsi di fronte a tanta bellezza, le fece crollare una delle poche certezze che aveva avuto fino a quel momento. L’unica cosa che Rose riusciva a percepire era che Medb era l’incarnazione stessa della Madre Terra, di tutto ciò che di più puro esistesse. E a quella purezza stessa era legata la sua inevitabile crudeltà: Medb non accettava mezzi termini. Era venuta a prendersi Avalon, e l’avrebbe fatto.

«Dio» sussurrò Rose, rendendosi conto solo in quel momento che stava stringendo la mano di Wulfric con tanta forza da fargli male.

Il ragazzo indicò una luce azzurra che si stava dirigendo verso Medb. «Guarda.»

Era la Dama, ed era così piccola. In confronto a Medb, era un moscerino; una nana bianca accanto a una supernova.

«Sorella!» gridò Medb, allungando una mano nel vuoto. La battaglia nella pianura era cessata. Amici e nemici, fate e Unholdan, stavano contemplando lo scambio fra le Daone Sith, mentre trattenevano il fiato. «Finalmente sei uscita dal tuo nascondiglio! Avevi forse paura di me?»

Dal terreno emerse una lunga striscia di legno che si annodò su se stessa fino a formare un bastone simile agli scettri magici che Rose aveva visto brandire da Geodfrith e Myr. Le bacchette e gli scettri aiutavano qualunque creatura magica a incanalare le proprie energie grazie al materiale di cui erano composte, che era un conduttore per i Sali. Nel caso di Nimueh e Medb, però, era diverso. Loro non necessitavano di Sali per sopravvivere, erano loro stesse due focolari di magia. Le bacchette erano una mera formalità. Forse anche a loro piaceva sentirsi parte del resto del popolo fatato di tanto in tanto, anziché ergervisi al di sopra.

«Non ho nessuna paura, Medb» rispose Nimueh, la voce altrettanto potente, malgrado le dimensioni ridotte. Si fermò a circa trenta metri dalla sorella. Rose intravide il luccichio della sua bacchetta di ghiaccio. «Provo solo compassione per te.»

«Compassione?» Medb scoppiò a ridere, e la terra tremò con una tale forza che Rose cominciò ad avere la nausea. «Non vorrai mica trasformare questa battaglia in un’accorata riunione di famiglia» continuò, scuotendo la testa. «Non posso glissare sulla tua ennesima offesa. Dovresti sapere che io non tengo a nient’altro se non alle fate.» Guardò Nimueh di sottecchi. «Dimmi, da quand’è che non ti rechi nell’Oltremondo? Sei così debole. Sei talmente legata a questo patetico mondo da non volertene distaccare per un solo istante?»

«Alla mia minima distrazione tu ne avresti approfittato per invadere Avalon, sorella. Non credere di poter ingannare me. Ti conosco troppo bene» mormorò Nimueh, senza perdere la calma. «In ogni caso, è davvero ironico sentir provenire tali parole di spregio nei confronti di questo mondo proprio da te, che ne desideri a tal punto la venerazione da aver trasformato la tua gente in mostri senza cervello.»

Medb le rivolse un sorriso tagliente, mostrando i denti simili a sassi candidi. «Non mi avete lasciato scelta. Finvarra ha abbandonato la Terra e ha portato con sé la magia. Tu non vuoi più interferire. Chi resterà a guidare gli umani? Vuoi davvero che questo mondo venga privato del tutto della magia, sorella? Sarebbe un luogo arido, governato solo dalla ragione.»

«Solo perché tu non riesci a comprenderla, non significa che sia un male. Medb, per favore, non siamo costrette a combattere. Puoi lasciar perdere questa battaglia in qualunque momento, e io ti accoglierei a braccia aperte. La verità è che tu tieni a questo mondo, non lo vedi? Vuoi che la vita qui prosperi: è nella tua natura la vita, come lo è nella mia. Ma non devi essere così rigida. Se gli umani non vivono come pensi che dovrebbero fare, non significa che ne abbiano il diritto e che non possano decidere da soli. Hai fatto molto per loro in passato, ma ora è tempo di lasciarli andare.»

«Gli umani sono degli ingrati. Hanno sputato sulle loro origini, si sono dimenticati di ogni cosa, ma io non sono indifferente come te e Finvarra. Non lascerò che si rovinino con le loro stesse mani! Mi riprenderò questo mondo, e farò in modo che torni tutto com’è giusto che sia. Se nessuno vuole ascoltarmi, non ho altra scelta se non spingerli a farlo. E tu farai lo stesso, sorella.»

Dunque era stato quello lo scopo dell’attacco. Medb voleva Nimueh fra le sue fila, gli Unholdan. Fino ad allora la Regina aveva aspettato il momento propizio, l’istante esatto in cui la Daone Sith avversaria sarebbe stata vulnerabile… e Myr gliel’aveva fornito.

Rose scosse la testa. «Non possiamo permettere che accada.»

Avrebbe voluto dire a Nimueh di scappare, ma Wulfric, la trattenne. Sarebbe stata solo un’idiozia mettere il dito in quel combattimento.
Per un solo istante, a Rose parve che la Dama la guardasse con occhi tristi. Anche lei era consapevole di non essere in grado di tenere testa a Medb, in quelle condizioni.

Vai, Rose. Porta via Wulfric. Scappa da qui.

La voce della Daone Sith risuonò nella sua mente, e Rose strinse l’uovo contenente il liquido magico.
Un istante dopo, Medb caricò un attacco. Era talmente grande che i suoi movimenti risultavano lenti, però la forza con cui abbatté il suo scettro su Nimueh fu devastante. Lo scudo lucente che la Dama aveva eretto attorno a sé andò in frantumi, e dovette scappare per non restare imprigionata fra le dita di Medb.
Rose seguì i suoi movimenti col cuore in gola, la presa sull’uovo che si rafforzava.

Scappa, ripeté la Dama.

Medb riuscì ad afferrarla, incurante del fulmine blu che la Daone Sith le aveva scagliato contro. Si incise un pollice con una delle sue unghie affilate, e una cascata di linfa verde ricoprì Nimueh. La Dama si divincolò, creando una bolla azzurra protettiva attorno a sé, ma il sangue di Medb era come un acido, e la divorò in pochi istanti.

Nimueh gridò, mentre la sua sagoma cominciava a deformarsi. Il suo vestito azzurro scomparve, così come la sua pelle diafana, che venne sostituita da uno strato di pelo ispido. La Dama cadde carponi, mentre le sue mani diventavano zampe adornate da artigli, e lo stesso accadeva ai suoi piedi, che si allungarono, diventando simili a quelli di un lupo.

«No!» gridò Rose, divincolandosi dalla presa di Wulfric. «No…»

Vattene, adesso, mormorò la Dama, prima di ritirarsi dalla sua coscienza. Trova Finvarra… lui…

La voce della Daone Sith si spense.

Wulfric la abbracciò, e Rose si abbandonò alla sua stretta, scossa dai singhiozzi. Nimueh era diventata uno dei mostri di Medb. Erano soli. Non era rimasto nessun altro a proteggere Avalon.

«Rosemary! Wulfric!» chiamò una voce familiare, strappandoli da quel momento di disperazione. Gli Unholdan stavano esultando. Il caos generale aveva permesso a Myr di allontanarsi dalla battaglia e raggiungerli.

Non appena Rose lo vide, con l’armatura semi distrutta e un braccio in panne, provò una rabbia lacerante. L’unica volta in cui era stata così furibonda era stata quando suo padre aveva distrutto la vita dell’intera famiglia; e allora anche Myr stava facendo lo stesso. Si era fidata di lui. Gli aveva voluto bene. E lui li aveva traditi.

«E’ tutta colpa tua!» gli urlò contro. Se solo fosse stata in grado di affrontarlo, gli avrebbe scagliato contro tutta la propria magia. Ma era debole e ancora ferita, e Myr sarebbe stato un avversario imbattibile anche se lei fosse stata in pieno possesso delle sue forze.

Il maestro si bloccò come se l’avesse pugnalato. I suoi occhi bicolore erano colmi di disperazione, ma Rose ormai sapeva che di quello che delle emozioni che mostrava non ci si poteva fidare. Erano solo bugie. Myr faceva solo quello che gli era comodo. Aveva fatto incarcerare il suo migliore amico. Le aveva cancellato la memoria per impedirle di parlare. Le sue azioni contavano più di qualunque stupida giustificazione avesse potuto tirare fuori dal suo cappello magico. E adesso Rose era stanca di essere comprensiva.
Aveva abbandonato la sua famiglia, si era votata a quel mondo dove era riuscita a ricominciare, e lui aveva spazzato via i suoi sforzi, solo perché si era convinto di essere nel giusto.

«E’ questo che volevi? Avalon distrutta? Un altro mostro immensamente potente nella presa di Medb?» ringhiò Rose. Si liberò da Wulfric con una spinta e conficcò la spada nel terreno, allargando le braccia. «Complimenti! Sei davvero un grande eroe. Morgaine aveva ragione su di te, Myr. Distruggi tutto ciò che tocchi, con i tuoi brillanti piani. E’ l’unica cosa che sai fare, invece di essere contento per quello che hai, una fottuta volta!»

«Rose» mormorò il Mundbora anziano, cercando di avvicinarsi. Il suo volto era accartocciato in un’espressione di sofferenza. Rose sperava che le sue parole gli facessero male come il sale sulla carne viva. A cosa diavolo servisse vivere in eterno se non si riusciva nemmeno a vedere più in là del proprio naso, Rose proprio non lo sapeva. Se Myr aveva bisogno di una prova per la propria umanità, ce l’aveva proprio davanti, in quel preciso momento. «Mi dispiace. Ti giuro, tutto quello che ho fatto è stato solo per…»

«Per noi?» lo interruppe Rose, sputandogli contro quelle parole come se fossero state acido. «Non dire stronzate. Tutto questo l’hai fatto solo per te, perché volevi vendicarti delle Daone Sith!» La sua voce si spezzò. «Io ero felice ad Avalon. Stavo cominciando a stare meglio. E tu hai distrutto ogni cosa!»

Che la sentisse l’intera Avalon, ormai non le importava più.
Aveva detto a Myr quello che doveva. Non c’era tempo per sentimenti come la vendetta: Rose non avrebbe permesso alla voglia di farla pagare a Myr di diventare più importante della sopravvivenza di Avalon. Certe cose non si potevano sacrificare, nemmeno per qualcuno che si amava.

Rose prese Wulfric per mano e, prima che Myr potesse raggiungerli o che il ragazzo si sottraesse, estrasse l’uovo dal borsello, graffiandosi il dorso della mano contro una superficie pungente.

Scagliò l’artefatto magico a terra, e vennero avvolti da un vapore bluastro, che li divorò, facendoli dissolvere nell’aria assieme a sé. Rose non sentì alcun dolore, se non quello che già le dilaniava il petto. L’ultima cosa che vide del mondo degli umani fu Myr che si allungava verso di loro, una mano tesa e la bocca spalancata in un grido di supplica.

FINE SECONDA PARTE

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N/A: spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Ecco il finale della seconda parte :) La terza sarà interamente dedicata all'Oltremondo e alla ricerca di Finvarra, con l'aiuto di una persona dimenticata da tanto tempo.

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