CAPITOLO 39
Un ufficio nell' ombra
Jennifer
Il suo sguardo cade su di me e poi sull'uomo di fianco «Jennifer, ti stavo cercando» ha usato il mio intero nome, non va bene.
Lo guardo, indecisa se restare dove sono o cadere nelle sue grinfie. Ma il suo sguardo serio sceglie per me, e con passo veloce mi avvicino a lui, che subito mi accoglie con il suo braccio intorno alla vita, in modo fin troppo possessivo.
«Jonathan non sapevo fossi qui» pronuncia lui, freddo come un iceberg.
Alzando lo sguardo, osservo postura rigida e la sua mascella serrata. Non riesco a capire in che stato è la sua ira, ma non l'ho mai visto così. «Già, anche per me è un piacere vederti capo», pronuncia ironico.
Lo sguardo di Matt cade su di me, e mi lascia un bacio sulla fronte, ma non sento il solito calore che mi trasmettono di solito le sue labbra. «Vieni con me, devo parlarti», sussurra al mio orecchio, facendomi tremare. Annuisco e senza voltarmi indietro lo seguo.
Mi afferra per un braccio e mi trascina per il corridoio che ho percorso prima, in completo silenzio. Anche se l'aura negativa che lo circonda parla per lui.
Si ferma davanti a una porta, la spalanca, e mi fa entrare in una stanza buia, tranne per la leggera luce della luna e di lampioni sulle strade che entra dalla finestra, quel tanto da farmi intravedere una scrivania, qualche mobile e per ultimo il viso serioso di Matt.
«Mi vuoi dire cosa ti prende?» gli chiedo e questa domanda sembra farlo alterare ancora di più. Cosa che stranamente m'infiamma il bacino e mi contorce lo stomaco.
Accende la lampada sulla scrivania e poi si volta a guardarmi adirato. E la luce calda della lampadina non fa altro che espandere il fuoco nei suoi occhi.
«Dimmelo tu!» esclama arrabbiato, avvicinandosi talmente tanto che sono costretta ad indietreggiare, per poterlo guardare negli occhi.
Lo guardo confusa mentre stropiccio la stoffa del vestito tra le mie mani «che cosa vorresti dire?».
Lui sbuffa e il suo viso diventa rosso dalla rabbia, ed è tutto per me. E cosa ho fatto ora? Non riesco proprio a capire. Sì mi sono allontanata, ma mi sembra un po' esagerato reagire così per una sciocchezza.
«Jennifer non ho voglia di giocare in questo momento, dimmi cosa facevi con Jonathan sul terrazzo», ordina secco e autoritario.
Lo guardo scioccata e allo stesso tempo confusa. Davvero? Mi sta dando la colpa perché quell'uomo è venuto ad importunarmi? «Sono uscita sul terrazzo per prendere un po' d'aria e dopo qualche minuto si è presentato lui, tutto qui», rispondo sinceramente, lasciando da parte il fastidio e il ribrezzo, che quell'uomo mi ha provocato.
Matt non sembra convinto dalla mia risposta, al contrario sembra ancora più teso e arrabbiato «non ti credo Jennifer, dimmi la verità!».
Le sue parole mi feriscono, e l'idea di farlo anch'io con lui, mi alletta e non poco, soprattutto dopo quello che è successo a Seattle.
«Cosa dovrei confessarti? Io non lo conosco nemmeno quel tipo! A cosa pensi Matthew? Sono curiosa...» continua a guardarmi negli occhi, improvvisamente senza parole. Faccio un profondo respiro e deglutisco, serrando i denti per non piangere.
«Io non sono te Matt, io una promessa la mantengo, ma se preferisci non credermi, fa lo stesso, io ho la coscienza pulita» chiarisco a denti stretti e senza fiato.
Il suo sguardo cambia all'improvviso e la sua mano cede e mi accarezza dolcemente la guancia. Ghiaccio e fuoco che si scontrano.
Cedo al suo tocco leggero, e piego la testa appoggiandola contro la sua mano, lasciandomi accarezzare dolcemente dalle sue dita affusolate. Cazzo quanto è bello.
«Ti avevo detto di non allontanarti, perché non mi ascolti mai?» mi chiede e sento tutto il suo controllo che traballa nella sua voce. Sorrido e il suo viso si china sul mio, facendo scontrare le nostre fronti.
«E tu, perché sei così autoritario?» domando con sarcasmo.
Una scintilla di malizia gli attraversa gli occhi e le sue braccia mi circondano la vita, marchiando la mia pelle al passaggio.
«Perché ti voglio», confessa come se non vedesse l'ora di dirmelo, e ce lo avesse sulla punta della lingua da giorni.
Le sue parole non fanno altro che alimentare il fuoco dentro di me, mentre le sue mani mi toccano e mi accarezzano sopra al tessuto del vestito, toccando punti sensibili. Dovrebbero spaventarmi, dovrei scappare via ora per rispettare i nostri paletti, invece rimango immobile, aspettando la sua prossima mossa.
I suoi occhi mi osservano attentamente, cercando di capire quanto in là si può spingere, e la verità è, che in questo momento vorrei solo che mi aiutasse a soddisfare il mio corpo, che tanto freme per lui.
«Scusami non ti avrei dovuto attaccare, ma appena ti ho visto con lui...non è una brava persona Jennifer» mi avvisa, anche se già lo avevo sospettato.
Vorrei chiedere di più, ma il mio corpo febbricitante mi annebbia la mente. Sono solo una bambola di pezza tra le sue mani.
«Mi perdoni?» domanda a pochi centimetri dalla mia bocca, accarezzandomi con il suo respiro.
«Non lo so» farfuglio, per poi inumidirmi le labbra, facendo scorrere gli incisivi sul labbro inferiore, attirando il suo sguardo proprio lì.
I suoi occhi brillano e mi sorride maliziosamente, attaccandosi sempre di più.
«Jennifer Miller Dallas...» pronuncia lentamente il mio nome, sottolineando il suo cognome, la nostra unione. «Sono così egoista e pazzo di te, che se non ti posso avere io, non ti avrà nessun altro» sussurra prendendomi il mento, per costringermi a guardarlo.
Deglutisco e arrossisco, mentre le mie mani raggiungono le sue guance leggermente ispide, dalla barba di qualche giorno, lui si irrigidisce, ma si lascia accarezzare.
«È tardi Matt, io non do seconde possibilità» biascico, anche se il mio corpo e totalmente contrariato dalle mie parole.
Mi osserva con fare indagatorio, stringendomi ancora di più a lui, mentre una sua mano, lentamente scende sulla mia schiena, fino a posarsi sui miei fianchi.
«Perché è così difficile provarci con te?» mi domanda e la sua voce sembra quasi una supplica. Davvero gli faccio questo effetto e gli provoco queste sensazioni?
Sorrido e scuoto la testa, mentre il suo profumo mi inebria i sensi. «Perché se fosse così facile, smetteresti di provarci» i suoi occhi si illuminano, mentre io mi rendo conto di quello che ho detto.
E dire che non ho bevuto tanto. Ma a quanto pare il mio controllo voce-mente è completamente andato.
Perdo qualche battito mentre lo osservo, gli occhi fiammeggianti che sembrano spogliarmi, la bocca stesa in un sorriso che potrebbe far innamorare qualsiasi donna. E il suo corpo che sembra fremere attaccato al mio, come se solo il mio tocco lo rendesse febbricitante. La vera incarnazione del mio diavolo dagli occhi verdi.
In pochi secondi la sua bocca cade sulla mia e la sua lingua mi chiede il permesso, che accetto, ricambiandolo. Le sue mani raggiungono il mio sedere e mi sollevano, obbligandomi a incrociare le gambe dietro la sua schiena.
Senza staccarsi dalle mie labbra mi posa sul bordo della scrivania, mentre con la mano libera fa cadere tutti gli oggetti personali di qualcuno, per terra.
Le sue mani raggiungono le mie cosce scoperte dal vestito, che ormai si è sollevato, mentre la sua bocca raggiunge il mio collo, provocandomi gemiti sommessi.
«Matt...» sussurro, ma lui non si ferma, e una sua mano sale sulla mia schiena nuda, fino ad arrivare alle spalline del vestito, iniziando a giocarci. «Matt...» lo richiamo ancora con un sussurro. Si ferma e mi prende il viso fra le mani, guardandomi negli occhi e io mi sciolgo ancora un po'.
«Ti prego non rovinare questo momento» mormora e io mi ritrovo a guardarlo incantata, osservando il suo viso illuminato dalla tenue luce della lampada.
«Io non sono così» ammetto e lui mi sorride dolcemente, spostandomi dal viso delle ciocche di capelli, che durante il nostro momento si erano attaccate alle guance.
«Così come Jenny?» cerco di distogliere lo sguardo dal suo, ma lui me lo impedisce.
«Dimmelo» richiede autoritario.
Deglutisco e sento le mie guance tornare rosse e bollenti «sai di solito non faccio cose del genere, soprattutto in un luogo pubblico», pronuncio sconvolta.
Lui mi guarda e scoppia a ridere, per poi sprofondare con il viso nel mio collo, baciandolo e assaggiandolo come se fossi il suo gusto di gelato preferito.
«Be mettila così, siamo in una nostra proprietà e io sono tuo marito, credo che non ci sia niente di male» mormora con tono convincente.
Sollevo il viso da me, obbligandolo a guardarmi negli occhi «sul serio? Sai di sotto ci sono come un centinaio di persone e noi...non siamo una vera coppia» gli faccio notare con ironia.
Lui ride con me, e poi dice una cosa che cambia tutto.
«Tu sei mia moglie Jennifer, e non solo perché lo dice lo stato di New York, tu sei mia» mormora dolcemente.
L'aria sembra evaporare dai miei polmoni e non faccio nemmeno in tempo a rispondere, che la sua bocca si rimpossessa della mia e tutte le mie difese e i dubbi cadono, in un attimo.
Le sue mani mi abbassano le spalline del vestito, rivelando il mio seno scoperto dal tessuto. Mi guarda meravigliato, ma abbasso lo sguardo arrossendo, mentre lui accarezza dolcemente il capezzolo e mi appoggio al suo petto, per attutire i miei gemiti.
Le mie mani raggiungono la sua giacca, che lui lascia cadere per terra, insieme al mio autocontrollo. Cerco di slacciare i bottoni della sua camicia, e sono quasi tentata di strapparla...quando qualcuno bussa alla porta, interrompendoci.
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