chapter VII • pigs on the wing
ᴵᶠ ʸᵒᵘ ᵈᶤᵈᶰ'ᵗ ᶜᵃʳᵉ ʷʰᵃᵗ ʰᵃᵖᵖᵉᶰᵉᵈ ᵗᵒ ᵐᵉ
ᵃᶰᵈ ᴵ ᵈᶤᵈᶰ'ᵗ ᶜᵃʳᵉ ᵒᶠ ʸᵒᵘ
ʷᵉ ʷᵒᵘˡᵈ ᶻᶤᵍ⁻ᶻᵃᵍ ᵒᵘʳ ʷᵃʸ ᵗʰʳᵒᵘᵍʰ ᵗʰᵉ ᵇᵒʳᵉᵈᵒᵐ ᵃᶰᵈ ᵖᵃᶤᶰ
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Era passata almeno un'ora da quando avevamo provato a contattare Dustin e gli altri, eravamo rimasti seduti sul divano ad attendere impazientemente che il walkie talkie emettesse un qualsiasi suono, ma ancora non avevamo notizie. Complice del fatto che non ci fosse molto che potessimo fare, il tempo sembrava scorrere fin troppo lentamente.
Eddie era seduto con la testa appoggiata sulla parte superiore del divano, aveva passato del tempo ad osservare silenziosamente il soffitto pensando a chissà cosa, ma da qualche minuto aveva chiuso gli occhi. Pensai che fosse psicologicamente molto provato e che stesse cercando di darlo a vedere il meno possibile.
«sono due giorni che sei fuori casa e c'è un assassino a piede libero» disse Eddie sovrappensiero «i tuoi genitori saranno preoccupati per te...»
«non ci conterei più di tanto» mi misi più comoda sul divano e appoggiai la testa sulla sua spalla. Mai e poi mai mi sarei sognata di accoccolarmi ad un ragazzo che conoscevo solo da un paio di settimane, ma c'era qualcosa in lui che mi faceva sentire a mio agio, forse erano la sua spontaneità e la dolcezza velate dal suo modo eccentrico di presentarsi. Avrei potuto restare in quella posizione per il resto della mia vita. «mia mamma non è a Hawkins, quasi sicuramente non sa nulla di una studentessa morta»
«e tuo padre?»
«non ho un padre. Tecnicamente, se sono nata c'è un uomo che ha messo incinta mia mamma, ma non so nulla di lui. Siamo sempre state mia mamma ed io, potrebbe essere morto come potrebbe essere da qualche parte a viversi la sua vita»
«mi dispiace»
«non c'è nulla per cui essere dispiaciuti. E non lo dico per nascondere chissà quale trauma infantile perché alla festa del papà alle elementari ero l'unica bambina senza un padre. Semplicemente non mi è mai importato di avere o non avere un padre. Avevo un tetto sulla testa, stabilità economica e una mamma che mi voleva bene; non mi mancava nulla, andava bene così»
«anche i miei genitori non sono stati molto presenti» confessò senza entrare troppo nei dettagli. «sono stato praticamente cresciuto da mio zio, è un tipo tosto, sai? Ma adesso sarà preoccupato da morire»
Avrei voluto rassicurarlo, dirgli che presto avrebbero potuto riabbracciarsi, ma raccontare bugie non mi riusciva affatto bene.
«se non hai un padre e tua madre non è qui» riprese il discorso precedente «che ci fai a Hawkins?»
«questa è una bella domanda» ci avevo pensato più e più volte, ma ancora non avevo trovato una risposta esaustiva a quella domanda «mia mamma aveva del lavoro da fare e ha chiesto a un'amica di occuparsi di me per un po' per non lasciarmi a casa da sola. Questa è la versione ufficiale, ma so che è una cazzata. Lei non è il tipo di donna che fa le cose per delle ragioni così sciocche, c'è sicuramente un motivo se ha voluto che venissi in questa città e ce n'è anche uno se lei non mi ha seguita, e di certo non si tratta di lavoro. Devo solo scoprire cosa c'è sotto»
«e com'era la tua vita prima?»
Non mi dispiaceva raccontare di più su di me, non avevo nulla da nascondergli, però avevo il sospetto che quella di Eddie non fosse semplice curiosità improvvisa, l'impressione che stesse prendendo tutte quelle informazioni per valutare chissà cosa. Tuttavia, ero una persona veramente logorroica, avrei potuto raccontare vita, morte e miracoli a chiunque si fosse dimostrato un minimo interessato all'ascoltarmi.
«incredibilmente noiosa. Mia mamma ed io abitavamo in un appartamento sopra ad una caffetteria poco frequentata di Boston. Ogni tanto uscivo con degli amici, ma la maggior parte dei pomeriggi li passavo seduta ad un tavolino con il proprietario della caffetteria a fare i compiti» mentre raccontavo di quanto poco emozionante fosse la mia vita a Boston, con l'indice iniziai a seguire le linee nere dei piccoli pipistrelli tatuati sull'avambraccio di Eddie «quando sono partita mi ha regalato tutta la discografia del Pink Floyd, diceva sempre che sono la rock band migliore di sempre. Entrare nella caffetteria, sedermi ad un tavolino sentendo per l'ennesima volta The Wall e chiacchierare con Tom, è forse l'unica cosa che mi manca veramente di Boston»
«adesso è il momento in cui mi dici che questo Tom è un uomo di mezz'età che ti vede quasi come una figlia»
«un uomo di mezz'età?» alzai la testa dalla sua spalla per guardarlo in faccia e corrugai le sopracciglia «Tom non ha nemmeno trent'anni»
«ah, è così?» borbottò con un'espressione offesa in volto «stai cercando di farmela pagare perché quella sera ho incontrato Chrissy?»
«sei scemo?»
Mi rifiutavo di credere che mi stesse veramente facendo quella che aveva tutta l'aria di essere una scenata di gelosia, non poteva aver frainteso quello che avevo detto, non poteva aver creato un film nella sua testa su una presunta relazione tra me e un semplice amico che vedevo quasi come un fratello maggiore. Dopo attimi di silenzio, sotto il mio sguardo a dir poco incredulo, sul volto di Eddie si formò un sorriso.
«mi piace quell'espressione confusa che fai» fece per allungare una mano sulla mia testa nel tentativo di tirarmi nuovamente vicino a sé, ma si fermò quando l'espressione confusa che a lui piaceva tanto si tramutò in una arrabbiata. Un bambino. Si comportava proprio come un bambino incredibilmente stupido «non te la sarai mica presa...»
«sei uno stronzo» afferrai il lembo della federa di uno dei cuscini del divano e glielo schiaffai in faccia, dopodiché mi alzai e presi il walkie-talkie per provare a contattare nuovamente Dustin, ma come premetti il tasto per iniziare a parlare mi accorsi che c'era qualcosa di strano, non aveva emesso alcun tipo di suono. E allora realizzai, eravamo veramente due stupidi. «questo coso non funziona»
«come?»
«Dustin ci ha lasciato un walkie-talkie scarico, per questo non rispondeva nessuno» ripetei. Faticavo a credere che quel ragazzino potesse essere stato così distratto e noi così scemi da non accorgercene subito «dobbiamo trovare delle batterie»
Ebbe così inizio la nostra disperata ricerca, dimenticai completamente di dover essere arrabbiata con Eddie per quello scherzo idiota. Riuscimmo a recuperarne un paio dal telecomando del televisore e, come le inserimmo nello spazio apposito, sentimmo subito la voce di Dustin. Sembrava agitato, farfugliava qualcosa su un codice rosso.
«Dustin, sono Lily!» dissi quasi urlando, sentirlo così irrequieto aveva messo ansia pure a me. «c'è una cosa che dovete sapere»
«non adesso Lily! Non è il momento! Abbiamo un codice rosso»
Continuava a ripetere quella frase come un disco rotto, cercai con preoccupazione lo sguardo di Eddie, avevo la sensazione che quel fatidico codice rosso potesse riguardare Max, ma avevo troppa paura per domandarlo. Mi sfilò il walkie-talkie dalle mani tremanti e lo portò vicino alla bocca.
«Henderson, è importante» affermò mantenendo il più possibile la calma «riguarda la rossa»
«Dustin!» alla conversazione si aggiunse pure Robin «musica! Provate la musica!»
Eddie provò più volte di richiamare l'attenzione del ragazzino, ma ci avevano tagliati fuori dalla comunicazione. Non avevamo fatto il tempo, non eravamo riusciti a fargli sapere del mio incubo prima che diventasse realtà.
«Max... lei...» non riuscivo nemmeno a dirlo ad alta voce, le parole non mi uscivano dalla bocca. Mi spostai vicino alla finestra e incrociai le braccia al petto, in quel momento mi sentii inutile e tremendamente in colpa, una ragazzina sarebbe morta da un momento all'altro perché non ero stata abbastanza attenta da accorgermi che il walkie talkie avesse le batterie scariche. Iniziai a stringere le dita attorno alle mie braccia fino a bucare la pelle con le unghie. Ero una buona a nulla.
«ehi» le mani inanellate di Eddie si posarono sulle mie, allentando la loro stretta fino a che le lasciai scivolare lungo i fianchi. Cercò di darmi un po' di conforto accarezzandomi dolcemente la schiena «hai sentito Robin, forse hanno trovato una soluzione»
«forse» ripetei scostandomi dal suo tocco «forse vuol dire che molto probabilmente si tratta solo di un tentativo alla cieca che non porta a niente. Se mi fossi accorta prima che quel coso non funzionava, saremmo riusciti a contattarli prima e magari avrebbero trovato una soluzione certa»
Cominciai a camminare avanti e indietro per il salotto, non riuscivo a non pensare che fosse in parte colpa mia. Mi portai le mani tra i capelli e mi fermai a riflettere.
«ci dev'essere una ragione se ho questi incubi, no?» chiesi, era più una domanda rivolta a me stessa che a Eddie «se non posso aiutare le persone coinvolte, allora perché? Perché continuo a sognare cose che non possono essere evitate?»
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