chapter VI • the thing that should not be
ᶠᵉᵃʳˡᵉˢˢ ʷʳᵉᵗᶜʰ ᶤᶰˢᵃᶰᶤᵗʸ
ʰᵉ ʷᵃᵗᶜʰᵉˢ ˡᵘʳᵏᶤᶰᵍ ᵇᵉᶰᵉᵃᵗʰ ᵗʰᵉ ˢᵉᵃ
ᵍʳᵉᵃᵗ ᵒˡᵈ ᵒᶰᵉ˒ ᶠᵒʳᵇᶤᵈᵈᵉᶰ ˢᶤᵗᵉ
ʰᵉ ˢᵉᵃʳᶜʰᵉˢ˒ ʰᵘᶰᵗᵉʳ ᵒᶠ ᵗʰᵉ ˢʰᵃᵈᵒʷˢ ᶤˢ ʳᶤˢᶤᶰᵍ
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Ben presto era calata la notte, non avevamo avuto nessun aggiornamento da parte di Dustin e gli altri, la loro fase di elaborazione stava richiedendo più di quel che immaginassi. Eddie ed io c'eravamo limitati parlare per tutta la sera, fino a quando lui si era addormentato nella barca appesa al centro della stanza mentre io, come al solito, non riuscivo a chiudere occhio.
Non potevo non pensare a cosa sarebbe accaduto in quei giorni, come avrebbero fatto i ragazzi a combattere Vecna e a dimostrare l'innocenza di Eddie? Mi ero fatta molte domande e avevo pensato a tanti scenari diversi, ma non riuscivo ad immaginarne uno con un lieto fine; in ogni caso, la città avrebbe continuato a vedere Eddie come un assassino spietato, chi avrebbe mai creduto che ad uccidere Chrissy fosse stato un essere non visibile appartenente a un altro mondo? Nessuno.
Eddie era un ragazzo d'oro, l'avevo capito subito, e non meritava di dover vivere come un esiliato. Non sarebbe riuscito a prendere il diploma, avrebbe dovuto lasciare Hawkins, cambiare vita, rimanere nascosto. Non era giusto.
«Lilith, che ci fai sveglia?» domandò Eddie con voce impastata dal sonno mentre si stropicciava un occhio e con l'altro metteva a fuoco i numeri sull'orologio «sono le 3:56»
«non riuscivo a dormire» mi limitai a rispondere in quel modo, senza aggiungere dettagli che l'avrebbero sicuramente fatto preoccupare. Ero seduta poco distante dal punto in cui era la barca, avevo appoggiato la torcia su una delle casse di legno alle mie spalle per illuminare il quaderno appoggiato sopra le mie gambe. Per quanto volessi dormire e scappare per qualche ora dalla realtà, avevo passato le ultime ore a scarabocchiare qualcosa di non ben definito sul foglio davanti a me «se ti dà fastidio la luce mi sposto»
«non mi dà fastidio» si mise seduto facendo un grosso sbadiglio e appoggiò i gomiti sui lati della barca «ci hai almeno provato? A dormire intendo»
Strinsi la matita che tenevo in mano e ripassai con la punta sulle linee che avevo appena tracciato, Eddie riusciva a leggermi come un libro aperto, aveva capito che qualcosa non andava e la cosa iniziava a darmi leggermente fastidio.
Sentii i teli di plastica riposti nell'imbarcazione fare un gran rumore e poi dei piedi scontrarsi col pavimento in legno, infine con la coda dell'occhio vidi Eddie sedersi accanto a me.
«se mi avessero detto di aver visto Lilith Bower fumare dell'erba non ci avrei mai creduto» mi tolse dalle labbra la canna deforme che avevo preparato e acceso pochi minuti prima e se la portò tra le sue «con quella faccia da angioletto riusciresti ad ingannare chiunque»
«ah sì? Per come ricordo io, sei stato proprio tu a darmela. Quindi non dovrebbe sembrarti così strano»
«touché» esalò del fumo mentre con gli occhi socchiusi cercava di capire gli scarabocchi sul mio quaderno «Cristo, ma è un cazzo di cimitero»
«tu dici?» allontanai il quaderno per avere una visuale più simile alla sua e notai che aveva ragione. Non mi ero concentrata particolarmente su cosa disegnare, pensavo di star semplicemente disegnando qualcosa di semplice e senza un significato, come i tanti fiorellini carini che facevo spesso per riempire il bordo pagina, ma tra questi scarabocchi innocenti c'erano pure delle lapidi. Doveva sicuramente essere un brutto scherzo del mio inconscio «hai ragione, sembra un cimitero»
«e perché disegni un cimitero alle quattro di notte?» prese tra le dita la canna e la guardò come se si stesse chiedendo cosa diavolo avessi fumato per disegnare qualcosa di così macabro a quell'ora della notte. «dicono che sia io lo svitato, ma tu... potresti addirittura rubarmi il titolo»
«addirittura? Non penso di poter arrivare a tanto» non diedi troppo peso alle mie parole e forse sbagliai pure a sceglierle «non sarei mai in grado di fare quello che fai tu di solito. Salire sui tavoli, fare discorsi contro il conformismo sociale, provocare gli altri... non ne sarei capace»
«quindi pensi anche tu che io sia uno svitato?»
Mi rivolse uno sguardo confuso, quasi offeso. Mi resi conto di aver erroneamente parlato con esagerata leggerezza di un'etichetta che lui si portava dietro da tanto tempo, dimenticando che quel suo modo di essere diverso rispetto alla massa non era affatto ben visto alla Hawkins High.
«siamo tutti un po' svitati» non sapevo bene come fare a spiegargli che, quello che gli altri vedevano come un difetto della sua persona, qualcosa che lo rendeva non normale, io lo vedevo come l'esatto opposto «non lo sai che tutti i migliori sono matti?»
«questa mi è nuova» ed ecco che sul suo volto ricomparve quel sorrisetto che mi piaceva tanto
«Le Avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie» dissi esaltata, poter sproloquiare su un argomento a me familiare, di cui sapevo veramente cosa stessi dicendo ed ero certa delle parole che uscivano dalla mia bocca, mi sembrava quasi surreale dopo quei giorni passati ad ascoltare gli altri parlare di ciò di cui io non sapevo assolutamente nulla «Qui sono tutti matti. Io sono matto. Tu sei matta; C'è questa parte nel libro in cui il gatto Cheshire dice ad Alice che tutti sono matti e, anche se lei non vorrebbe esserlo, lo dev'essere per forza se si trova nel Paese delle Meraviglie. Sembra quasi un'analogia della situazione che stiamo vivendo, non trovi?»
Annuì e continuò ad ascoltare ciò che avevo da dire. Quando ero bambina mia madre mi leggeva sempre Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie e col tempo era diventato il mio libro preferito.
«leggere delle assurde avventure di Alice mi ha sempre aiutata a metabolizzare e accettare momenti in cui tutto sembra essere senza senso. Spesso, soprattutto in questi ultimi giorni, mi sento proprio come Alice; spaesata, e non riesco ad adattarmi subito alla realtà che sto vivendo. Sparo anche cazzate a non finire proprio come lei. Sto di nuovo parlando troppo, vero?»
«mi piace stare ad ascoltarti» ammise appoggiando la testa sulla mia spalla «ma preferirei farlo di giorno, la notte è fatta per dormire»
Seguirono attimi di silenzio in cui pensai che Eddie si fosse riaddormentato, ma non appena provai a sfiorare il figlio con la grafite, alzò la testa e parlò nuovamente.
«mi dici cosa c'è che non va?» mi sfilò quaderno e matita dalle mani e, dopo aver guardato il disegno facendo una smorfia, li appoggiò sulla cassa alle nostre spalle «ci siamo solo tu ed io qui, due svitati. È un posto sicuro, puoi dirmi cosa ti passa per quella testolina matta»
«ho paura di dormire» non aveva più senso cercare di negarlo. Eddie mi guardava con comprensione e in quel momento era l'unica cosa di cui sentivo di aver bisogno «e se ho un altro incubo in cui muore qualcuno? Se sognassi Dustin, Steve, Robin o Max che muoiono?»
«Lilith»
«e se fossi tu a morire?» domandai «io non voglio che tu muoia»
Con un braccio mi circondò le spalle e mi tirò vicino a sé. Mi strinse in un dolce abbraccio, teneva il mento appoggiato sulla mia testa e con la mano piena di anelli mi accarezzava la schiena per rassicurarmi.
«non moriranno solo perché tu dormi qualche ora» mormorò. Lo sentii annusare i miei capelli intrisi dell'odore dell'acqua del lago che il vento trasportava fino a dentro alla rimessa «e se sognassi che qualcuno si fa male, beh... potremmo avvisare gli altri e usarlo a nostro vantaggio. I tuoi sono sogni premonitori, no? Saremmo un passo avanti rispetto a Vecna»
Essere un passo avanti; sembrava un ragionamento perfettamente logico, eppure qualcosa mi diceva che, qualsiasi cosa avessimo tentato, il futuro non sarebbe cambiato, chi doveva morire, sarebbe morto. Avevo questa sensazione.
«riesci a sentire il battito del mio cuore?» continuò. Quel suo tentativo di farmi sentire in un posto sicuro stava andando a segno, il tono dolce con cui mi parlava e la delicatezza della sua mano sulla mia schiena mi trasmettevano tranquillità, anche se c'era ben poco da stare tranquilli «scommetto dieci dollari che se stai ad ascoltarlo ti addormenterai»
«Eddie...» sussurrai col viso nascosto contro il suo petto «la nostra non è una fuga d'amore. Tu sei ricercato per la morte di Chrissy ed io sono qui perché l'unica cosa vagamente utile che potrei fare è prendere del tempo nel caso qualcuno venisse a cercarti qui. Là fuori c'è un essere che ammazza gli adolescenti, non dovremmo-»
«una fuga d'amore mi piacerebbe» confessò ignorando completamente quale fosse il fulcro del discorso «mi rendo conto che è in corso una caccia allo svitato ma, per adesso, nascondermi è l'unica cosa che posso fare. E, per tua informazione, anche gli esiliati meritano di dormire»
⚄
Guardai dritto davanti a me, era giorno, eppure quel posto aveva un nonsoché di tetro. Non c'era assolutamente nulla che potesse suscitare quella sensazione di inquietudine che stava crescendo in me, era solamente un cimitero ben curato. Sembravamo esserci solo una ragazza dai capelli rossi raccolti in una coda ed io. Se ne stava seduta con le gambe incrociate davanti ad una lapide, ero abbastanza vicina da poter vedere che teneva una lettera tra le mani e, anche se vedevo le sue labbra muoversi, la sua voce non arrivava alle mie orecchie. Provai ad avvicinarmi ma i miei piedi non si mossero, erano come piantati a terra.
Poi ci fu un suono, un rumore che avevo già sentito da qualche parte. I rintocchi di un orologio spezzarono quel silenzio apparente. Da quel momento non c'eravamo più solo io e la ragazza, vicino a lei c'erano Steve, Dustin e Lucas; stavano urlando, chiamavano ripetutamente il nome della rossa, la scuotevano in cerca di una qualsiasi reazione da parte sua. Un senso di déjà vu mi pervase, quella scena era estremamente simile a ciò che era successo Chrissy nell'incubo che mi aveva perseguitata per una settimana, Vecna stava attaccando Max.
Sapevo che quello che stavo vedendo non era reale, per il momento, eppure ne ero terrorizzata come se stesse già accadendo davanti ai miei occhi, e non c'era nulla che potessi fare. Forse a farmi così tanta paura era proprio quello, il fatto che potessi assistere a quello spettacolo macabro e che, per quanto mi sforzassi di fare anche un solo passo in avanti, non mi era concesso interferire con ciò che stava avvenendo. Non potevo muovermi dal luogo in cui mi trovavo e la mia voce non sembrava raggiungere i ragazzi nonostante non fossimo tanto distanti; non ero altro che una semplice spettatrice. Sentire le loro grida colme di disperazione mi spezzava il cuore, sapere di non avere il potere di cambiare quella tragedia, mi distruggeva.
"vuoi sapere qualcosa del patto che sto facendo?"
Mi svegliai di colpo col cuore che batteva all'impazzata. Era successo di nuovo. Delle immagini agghiaccianti mi erano apparse in sogno. Cercai di regolarizzare il mio respiro, di ritrovare la calma e razionalizzare ciò che avevo sognato.
«Eddie?» lo chiamai spaventata. Quella notte mi ero addormentata tra le sue braccia, ma lui non era più lì, c'erano solo le sue giacche piegate sul pavimento come un cuscino improvvisato
La calma che avevo ricercato poco prima svanì nel nulla, nella mia testa iniziarono a balenare almeno dieci scenari diversi ed erano uno peggio dell'altro. Cercai di convincere me stessa che se gli fosse successo qualcosa io non avrei continuato a dormire indisturbata fino a quel momento e, di conseguenza, non poteva effettivamente essere accaduto nulla.
Mi affacciai alla finestra per assicurarmi che non ci fosse nessuno, dopodiché uscii per cercare Eddie. Non poteva essere così stupido da allontanarsi tanto dalla rimessa delle barche... almeno, così volevo credere.
Aprii piano la porta della casa di Rick Spinello e sentii subito dei rumori provenire dalla cucina. Pensai che chiamarlo per nome non fosse una buona idea, se si fosse trattato di una delle persone che gli stavano dando la caccia, l'avrei messo in pericolo.
Quella casa non era tetra e disastrata come me l'immagine di essa che mi ero costruita in testa, anzi era molto luminosa e anche parecchio ordinata, l'unica cosa che lasciava intuire che il proprietario non ci entrasse da molto erano le dita di polvere accumulate sui mobili. Era uguale ad una qualsiasi altra casa normale. Attraversai il salotto cercando di fare meno rumore possibile e poi vidi l'inconfondibile chioma riccia di Eddie.
«Eddie»
Come lo chiamai, sobbalzò lasciando cadere la lattina che teneva in mano sul pentolino con cui stava cercando di cucinare e gran parte di quella roba gialla che stava provando a cucinare finì direttamente sul gas.
«porca troia!» esclamò cercando di salvare il possibile raddrizzando il pentolino, rinunciando solo qualche secondo dopo «e il nostro pranzo è andato...»
Eddie sospirò e si pulì le mani nei pantaloni di jeans con fare nervoso. Era girato di spalle, non riuscivo a vederlo in viso e avevo come l'impressione che stesse cercando di nascondermelo. La serenità che aveva dimostrato il giorno pima pareva completamente scomparsa, come se in quelle poche ore che erano passate dalla nostra ultima conversazione fosse successo qualcosa che l'aveva turbato.
«qualcosa non va?» provai a domandare.
«per un attimo ho pensato che qualcuno ci avesse trovato» ci fu un momento di silenzio in cui se ne stette a guardare fuori dalla finestra con le mani appoggiate sul lavandino. La sua voce aveva un tono più serio, sembrava essere più profonda e distante «forse sarebbe meglio che tu non stia qui, se dovessero veramente venire qui a cercarmi, ti troveresti in una posizione molto scomoda»
«pensavo ne avessimo già parlato» o forse l'avevo solo pensato senza metterlo al corrente di quei miei pensieri «sono coinvolta anche io in questa situazione e voglio davvero essere di una qualche utilità. Non importa se succede qualcosa che mi mette in una posizione scomoda, ho deciso così»
Finalmente si voltò e mi guardò in faccia. Forse mi credeva folle e se fosse stato nei miei panni se la sarebbe andata a gambe levate non appena avesse compreso la gravità della situazione. Forse l'avrei fatto anche io se si fosse trattato di un'altra persona, una persona con cui non avevo sentito quella insensata connessione immediata che avevo percepito stando con lui al nostro primo incontro.
«non cercare di convincermi ad andare via, te lo chiedo per favore»
Borbottò qualcosa di incomprensibile e scrollò le spalle per scacciare il malumore.
«hai...» esitò «hai avuto uno dei tuoi incubi?»
Annuii e prima che potessi dire nulla Eddie mi prese per mano e mi guidò fino al divano in salotto. Ci sedemmo uno accanto all'altra e rimanemmo in silenzio per qualche minuto, l'atmosfera si era fatta più tesa, lui era più teso; continuava a far girare gli anelli che portava alle dita e a muovere nervosamente la gamba, parlare di quell'argomento doveva riportargli alla mente ciò che aveva vissuto qualche sera prima nel suo caravan e ciò gli provocava uno stato di agitazione.
«se riesci a descrivere quello che hai visto, forse possiamo provare a fare qualcosa per impedirlo» nonostante fosse un argomento delicato pure per lui, aveva un tono molto dolce e comprensivo nei miei confronti «potremmo essere ancora in tempo»
Iniziai a raccontargli quello che avevo sognato. Parlarne fu più facile di quel che potessi immaginare, pensavo che dire ad alta voce le immagini che si ripetevano nella mia testa sarebbe stato più spaventoso; ero convinta che così facendo le avrei rese reali anche se avrebbero potuto non esserlo, che parlandone avrei reso quell'evento inevitabile. Eppure, ero piuttosto tranquilla, la mia voce non si spezzò nemmeno una volta, cercai di essere il più precisa possibile con le descrizioni del luogo, e delle sensazioni che mi aveva provocato. La paura che avevo provato quella mattina quando mi ero svegliata sembrava essersi dissolta lasciandosi dietro solo tracce di una sincera preoccupazione.
«questa volta era un po' diverso...» riflettei «Solitamente vedevo solo delle immagini, come se stesi guardando un film, ma questa volta... era come se io fossi lì, presente sulla scena, e non potessi fare nulla per aiutarli»
Con la coda dell'occhio lo vidi battere l'indice della mano destra sopra al suo ginocchio, il suo sguardo era perso, riuscivo a intuire che i suoi pensieri stessero vagando alla ricerca di una possibile idea su quale potesse essere il significato di quel cambiamento nei miei sogni. Quasi mi venne un colpo quando con un gesto brusco prese il walkie-talkie e iniziò a richiamare l'attenzione di Dustin.
«quella testolina di culo non risponde» sbuffò lasciando cadere il walkie-talkie sul divano. Fece un respiro profondo per calmarsi e intrecciò le sue dita con le mie «andrà tutto bene. Capiremo perché hai quegli incubi, capiremo perché sono cambiati proprio ora e impediremo allo stronzo di uccidere qualcun altro»
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