chapter II • breathe
ʳᵘᶰ˒ ʳᵃᵇᵇᶤᵗ ʳᵘᶰ
ᵈᶤᵍ ᵗʰᵃᵗ ʰᵒˡᵉ˒ ᶠᵒʳᵍᵉᵗ ᵗʰᵉ ˢᵘᶰ
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‹‹Chrissy! Chrissy! Chrissy svegliati!››
Il corpo di una cheerleader che si alzava da terra. Eddie che urlava spaventato.
Le luci che sfavillavano. Le ossa degli arti di lei che si rompevano e gli occhi che implodevano.
Mi svegliai di soprassalto col fiato corto. Era già la terza volta che facevo quell'incubo a dir poco agghiacciante, il cuore mi batteva così velocemente che sembrava voler uscire dal petto, accompagnato da una sensazione veramente orribile, proprio come la prima volta che mi capitò di sognarlo tre giorni prima.
Feci un respiro profondo e cercai di calmarmi. Si trattava di una sequenza di immagini e grida degne di un film dell'orrore ma, era solo di un brutto sogno, non era reale, non doveva mettermi paura.
Allungai il braccio per accendere la lampada sul comodino e guardai la sveglia: le quattro e dodici del mattino. Affondai la faccia nel cuscino, non sarei più riuscita a dormire nemmeno quella notte, se provavo a chiudere gli occhi continuavo a rivedere quella scena.
Cosa potevo fare mentre aspettavo che arrivasse il mattino? Pensai di scendere in salotto per guardare la televisione, ma a quell'ora non andava in onda nulla di interessante, dovevo assolutamente passare dal Family Video dove lavorava un certo Steve che gli amici di Mike nominavano sempre, e noleggiare qualche VHS uno di quei giorni.
Non mi restava che prendere il mio walkman e ascoltare della musica. Feci passare le cassette che tenevo nella scatola nell'armadio, lì dentro c'era di tutto: pop, soul, rock, metal e più ne ha più ne metta. Mi piaceva scoprire nuova musica, qualsiasi genere fosse. Scelsi 'The Dark Side of the Moon' dei Pink Floyd, mi ricordava quando passavo i pomeriggi nella caffetteria sotto casa a fare i compiti e il proprietario ascoltava quell'album in continuazione e non faceva che ripetere che quello fosse il miglior album di sempre. Infilai la cassetta nel walkman, misi le cuffie e premetti il tasto play. Sulle prime note di Speak to Me, presi il mio blocco da disegno usurato e iniziai a scarabocchiarci sopra senza pensarci troppo. In momenti come quello mi rendevo conto di che persona poco originale fossi a scegliere i miei hobbies e le mie passioni; disegnare, leggere, guardare film e ascoltare la musica. Quelli erano i miei quattro passatempi a quali si aggiungeva occasionalmente la sala giochi. Nulla di particolarmente alternativo, ma andava bene così, non c'era nulla di male nell'essere una persona banale e, forse, proprio per compensare quel mio modo di essere, ammiravo tutto ciò che era stravagante.
Passarono ore e giunse il momento di andare a fare una doccia e prepararmi per la scuola. Pensavo che l'acqua calda avrebbe scacciato via del tutto quella sensazione ansiogena che l'incubo mi aveva creato, invece, come sgombravo la mente, quelle immagini tornavano. Continuai a pensarci anche quando scesi per fare colazione.
«buongiorno» salutai la signora Wheeler che, come ogni mattina, stava preparando la colazione per tutti, persino per il marito Ted che leggeva il giornale sorseggiando una tazza di caffè.
«oh, Lily, fammi un favore» con la spatola posò un pancake sopra la pila già nel piatto posizionato sul tavolo «sveglia Mike, si è addormentato un'altra volta nello scantinato»
«va bene» presi un pancake e iniziai a mangiarlo mentre scendevo le scale per andare al piano di sotto.
Da quello che avevo potuto vedere negli ultimi giorni, quello era il luogo di ritrovo di Mike e i suoi amici Dustin e Lucas. Sul tavolo notai una tavola da gioco con varie pedine e dei faldoni pieni di fogli, provai a sfogliarli per capire cosa li appassionasse così tanto da tenerli attaccati alla sedia per ore che sembravano infinite. Non ci capii assolutamente nulla.
«Mike?»
Proprio come aveva detto sua madre, si era addormentato sul divano. Presi una lattina di coca-cola ancora mezza piena lasciata sul tavolino assieme a tante altre vuote e ne bevvi un sorso, pentendomene l'istante dopo per quanto facesse schifo.
«Mike» lo chiamai ancora una volta picchiettando col piede sulla sua gamba «è mattina»
Non diede alcun cenno di vita, quindi pensai di lanciargli un cuscino dritto in faccia. Per lo spavento, rotolò giù dal divano.
«che cazz- sei impazzita?» si drizzò in piedi sbattendo violentemente il cuscino sul divano
«era solo un cuscino!» esclamai divertita per la reazione eccessiva che aveva avuto «la colazione è pronta»
«arrivo» sbuffò
«Mike» mi fermai prima di salire le scale «fossi in te mi cambierei prima di sederti a tavola, l'odore non è dei migliori, riesco a sentirlo persino da qui!»
«Lily!»
Scappai al piano di sopra prima che potesse lanciare qualcosa con l'intenzione di colpirmi.
L'atmosfera in casa Wheeler mi piaceva, la signora Wheeler era una madre amorevole coi figli e non solo, aveva un bellissimo rapporto anche con gli amici di Mike e con me; Nancy era una giovane donna intraprendente e gentile; Holly, la piccola di casa, era semplicemente adorabile quando giocava con la lavagnetta luminosa; e Mike lo consideravo quasi un fratello minore, mi divertivo a punzecchiarlo, le sue reazioni erano semplicemente esilaranti. L'unica pecora nera della casa era il signor Wheeler, una persona noiosa e insignificante, mi chiedevo veramente come fosse riuscito a sposarsi con una donna come Karen.
In pochi giorni eravamo giunti a quello che era un equilibrio a dir poco perfetto, mi ero integrata e mi sentivo già parte della famiglia.
«vai a scuola senza i libri?» Mike scendendo dalle scale mi lanciò lo zaino che avevo scordato al piano di sopra, dopodiché andò a sedersi al tavolo per mangiare i pancake preparati dalla madre «questa sera torno tardi»
«giocate ancora a quello stupido gioco?» domandò con disinteresse suo padre
«non è stupido» rispose Mike alzandosi da tavola. Mi fece cenno di seguirlo fuori «noi andiamo»
«non fate troppo tardi!» si raccomandò la madre
Mike ed io ci fermammo davanti all'auto di Nancy, aspettando che uscisse di casa per accompagnarci a scuola.
«quindi la vostra combriccola gioca a quel gioco, come si chiama... Dungeons and Dragons?» chiesi. Lui e Dustin avevano una maglietta identica con la scritta Hellfire Club e un diavolo rosso stampati sopra, la stessa maglietta che aveva anche Eddie il giorno che l'avevo incontrato nel bosco «anche Eddie Munson gioca con voi?»
«vuoi scherzare? Lui è il capo»
Avrei dovuto immaginarlo, Eddie sembrava molto più grande rispetto a quei ragazzini.
«dopo un semestre di gioco, stiamo per raggiungere il termine della sua campagna» trovavo affascinante che un gioco riuscisse ad unire e appassionare le persone, spingendole a creare un gruppo
«interessante...» mormorai «giocherete fino a tardi?»
«finché non sarà finita la partita. Perché tutte queste domande?»
Perché continuo a sognare una ragazza che muore davanti a Eddie Munson.
No, non potevo certamente rispondergli in quel modo. Mi avrebbe preso per una pazza e volevo evitarlo.
«pura curiosità»
⚄
All'entrata della scuola Mike ed io ci separammo con l'intenzione di ritrovarci più tardi per pranzare assieme. Forse avrei dovuto trovare degli amici della mia età e non essere sempre la zavorra dei fratelli Wheeler.
«hey» una ragazza dai capelli a caschetto arruffati chiuse l'armadietto accanto al mio «sei un'amica di Mike?»
«diciamo di sì, sua madre è amica della mia, sto a casa sua per un po'» trovare un'amica poteva essere più facile del previsto «tu sei...?»
«Robin, Robin Buckley. Siamo nella stessa classe di storia» sorrise appoggiandosi con la schiena contro gli armadietti «stai a casa sua quindi? Allora conoscerai sicuramente Henderson e Sinclair»
«beh, sì...»
«scusa, sembro invadente, vero?» una cosa era certa, parlava tanto. «è che quei ragazzini sono i figli del mio amico Steve. Non nel senso che sono suoi figli veri, più dei figli acquisiti. Gli fa da babysitter insomma»
Feci fatica a trattenere una risata.
«Steve... l'avrò sentito nominare almeno venticinque volte nel giro di tre giorni»
«quei ragazzini lo venerano proprio» sospirò
Mentre parlavamo il mio sguardo cadde su una ragazza dai capelli rossi che usciva dall'ufficio di Ms. Kelly, sembrava agitata, quasi impanicata. Mi chiedevo cosa succedesse mai in quella stanza, i ragazzi ne uscivano devastati e sul punto di piangere.
«un'altra dei figli di Steve» commentò Robin «e, a proposito di Steve, non è che per caso ti andrebbe di conoscerlo? Io e lui lavoriamo insieme al Family Video e sono sicura che gli piacerebbe conoscerti»
«ma quanti figli ha questo Steve?» domandai ridendo, contando la ragazza dai capelli rossi eravamo già arrivati a quota cinque, possibile che un ragazzo che, da quanto avevo capito, aveva già terminato le scuole superiori, fosse amico di così tanti ragazzini?
«sono veramente in ritardo» si sistemò meglio lo zaino in spalla facendo una risatina «ora devo andare, ma un giorno dovresti assolutamente passare Family Video!»
Robin mi salutò velocemente e, mentre lei si allontanava, io finii di prendere i libri per la lezione di letteratura e mi avviai verso l'aula.
«Lilith»
Chiusi gli occhi e imprecai mentalmente, dopodiché mi voltai verso la donna dai capelli corvini.
«vieni, entra pure» disse facendomi cenno di avvicinarmi al suo ufficio. Non avevo via di scampo. Entrai nella stanza e mi sedetti su una delle sedie mentre lei si accomodò su quella dietro alla cattedra «ho come l'impressione che tu stessi evitando il nostro incontro»
«ho avuto un po' di cose da fare e me ne sono dimenticata» una scusa veramente banale e poco credibile «poi diciamo che vedere ragazzi che piangono uscendo dal suo ufficio non è molto incoraggiante»
«ci sono molti ragazzi che faticano ad aprirsi e, quando lo fanno, questo suscita delle reazioni. È del tutto normale» cercò di spiegarmi rimanendo sul vago «io sono qui semplicemente per ascoltarvi, non c'è nulla di spaventoso in una chiacchierata»
Annuii. Non c'era nulla su cui darle torto.
«allora, Lilith»
«Lily» la corressi «preferisco essere chiamata Lily»
«va bene, Lily. Ho avuto modo di vedere la scheda dei tuoi voti nella vecchia scuola, hai delle materie in cui spicchi particolarmente ed altre che sono leggermente sotto la media» riguardò il foglio su cui erano stati stampati i miei voti scolastici, sapevo benissimo che erano più le materie in cui ero scarsa che quelle in cui eccellevo «nulla che non si possa recuperare in vista del diploma, ovviamente. Non ho nulla di particolarmente allarmante da segnalare, perciò...»
Mise il foglio dentro ad una cartelletta gialla e incrociò le mani sul tavolo.
Ed ecco che partono le domande personali. Pensai, sapendo che ad aspettarmi c'erano domande sul mio trasferimento. Dovevo solo mettere su una bella facciata, fingere che la mia vita fosse perfetta, e tutto sarebbe filato liscio come l'olio.
«tu e la tua famiglia vi trovate bene qui a Hawkins?»
«non c'è male. Certo, non è come vivere in una metropoli, ma c'è una bella atmosfera»
«sei riuscita a farti qualche amico?»
«sì» risposi mentre con le dita contavo le persone che avevo conosciuto «ho conosciuto un po' di persone»
Ms. Kelly annuì, dopodiché si fece più seria.
«per caso ti sono capitati episodi di insonnia, emicrania, sangue dal naso o incubi?» rimasi a guardarla, confusa da quei quattro fattori, troppo precisi per essere parte di una domanda di routine. Lei, notando la mia espressione perplessa spiegò ciò che voleva intendere con quella domanda «negli ultimi tempi tra gli studenti si stanno verificando molti episodi di questo genere, crediamo si tratti di stress, perciò cerchiamo di tenerne traccia.»
Le immagini che avevo sognato quella notte mi ritornarono alla mente ed erano ancora più vivide di quella mattina.
«no, niente» mi venne spontaneo rispondere con una bugia ma, quando me ne resi conto, cercai di renderlo meno evidente «nel senso, capita di avere qualche incubo ogni tanto ma penso che sia una cosa del tutto normale, no?»
Sapevo perfettamente che fare occasionalmente dei brutti sogni la notte non fosse assolutamente nulla di strano, mia mamma me l'aveva spiegato tante volte quando ero bambina; ma sapevo anche che quello non era il mio caso. Incubi ricorrenti che preannunciavano morte erano tutto al di fuori che una cosa normale.
«certo» la donna sorrise in modo rassicurante «beh, se tutto va bene, non ti trattengo oltre. È stato un piacere conoscerti Lily, puoi tornare qui quando vuoi se dovessi sentirne il bisogno»
Sorrisi a mia volta e mi alzai dalla sedia, portandomi in spalla lo zaino.
«Ms. Kelly» prima di uscire dalla stanza mi voltai nella sua direzione, ci avevo pensato per tutto l'incontro, non potevo più trattenermi dall'esprimere quel pensiero veramente sciocco che mi passava per la testa «ha proprio una bella collana»
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