Capitolo 20~The Messenger

[Chester]

Ogni tanto Chester se lo chiedeva.
Ma se lo chiedeva sul serio.

Non è che fosse il tipo di coglione che quando si chiedeva qualcosa continuava a farsi seghe mentali finché non trovava una risposta, per fortuna.
Più che altro era come se le domande gli ronzassero dentro la testa con addosso un mantello invisibile che si toglievano solo ogni tanto.

Però quella domanda il suo, di fottuto mantello, doveva averlo perso.

Come diavolo ha fatto questo posto di merda a diventare così importante?

Perché il Linkoln Park era, oggettivamente, un posto di merda.

Eppure in qualche modo quel maledettissimo parco giochi era diventato una parte di lui.
Una parte della sua fottuta vita.
Era diventato il nome della band, e la band era qualcosa di sacrosanto.
Ma non era solo quello.

Prima quel parco del cazzo era solo un posto dove andare quando si sentiva solo.
Adesso era qualcos'altro.

-Che canzone è questa?-
Mike si mosse contro la sua schiena per sistemarsi la cuffia nell'orecchio.

Chester ci mise un attimo realizzare che che stava parlando con lui.
Doveva seriamente smetterla di perdersi nei suoi pensieri così.

Sarebbe venuto il cazzo di giorno in cui non avrebbe saputo come cazzo tornare indietro.

-Come cazzo fai a non conoscerla? È Won't Get Fooled Again, dei The Who.-

-Non è che non la conosco, è che non mi ricordavo il titolo.-
Mike gli tirò una spallata, ridendo.

A Chester sfuggì un sorriso.

Fottuto ragazzino...

-Cretino... si può sapere che cazzo stai disegnando?-

Era curioso, Chester.
Erano lì, sotto il fottuto Muro del Pianto, schiena contro schiena e con una cuffia a testa da quasi un'ora.
Mike non aveva fatto altro che torturare il suo fottuto blocco da disegno con una biro blu per tutto il tempo.
Un foglio da disegno a righe.

Quando mai sono esistiti blocchi da disegno a righe, Cristo Santo?
Odio le righe.

-Non rompere Chazy, ho quasi finito.-

-Mi sto addormentando. Muovi quelle dannate mani e lavora.-

Chester sentì distintamente la mente di Mike registrare il doppio senso e cercare di convincere se stessa di non notarlo.
Ormai conosceva quel cretino troppo bene.

-Uffa Chester, che palle...-
Mike sbuffò e scrollò le spalle.
-Smetti di rompermi l'anima, ci sono quasi.-

Chester si appoggiò di più alla sua schiena e abbandonò la testa all'indietro.

Che due coglioni...

Prese in mano il telefono appoggiato sull'erba e fece partire la prima canzone dei Loverboy che gli capitò sotto tiro.

Queen of the Broken Hearts.

Non era male, come canzone.

-Questi sono i Loverboy?-

Chester sorrise fra sé e sé.
-Bravo Mickey, stai migliorando.-

-Ho solo un ottimo orecchio.-

Ridacchiarono tutti e due, come dei fottuti cretini.

Cristo, cosa cazzo stiamo diventando?

-Ho finito. Vuoi vederlo?-

-Na', è passato così tanto tempo che i miei occhi si sono offuscati e sono diventato troppo vecchio per apprezzare l'arte.-

Mike sbuffò.
-Girati, cretino.-

Chester ridacchiò e si girò.

Gli posò il mento sulla spalla e guardò il dannato blocco da disegno a righe che aveva in grembo.

A righe... seriamente?
Cazzo.

Il disegno era bello... ma Mike era fottutamente bravo a disegnare, quindi era ovvio che fosse bello.

Erano due ragazzi. Che si abbracciavano.

-Bello.-

Guardò meglio il foglio.
C'era qualcosa.

Era solo fottuto inchiostro blu, cazzo...
Però lo faceva sentire strano.

-Chi sono?-

-Noi.-
Mike si passò una mano tra i capelli, imbarazzato.
Borbottava, imbarazzato.

Dio, lo sto imbarazzando.
Adesso comincerà a farsi seghe mentali a manetta.

-Sai... io e te.-

Chester sospirò.
Gli diede un bacio sulla guancia.
-Sei fottutamente bravo, lo sai?-

-Grazie.-

-Sembriamo parecchio disperati però.-

Mike si rigirò il blocco tra le mani, come se vedere quei due

Noi due.

a testa in giù cambiasse qualcosa.

-Hai ragione...-

Il disegno tornò a testa in su, e Mike gli lanciò un altro lungo sguardo.

Chester non lo vedeva negli occhi: vedeva solo metà del suo viso, ma avrebbe tanto voluto vedere quelle fottute pozze nere e capire che cazzo gli stesse passando per la testa.

Un penny per i tuoi pensieri, Mickey...

-Ma noi in fondo siamo un po' disperati, no?-

-Na'... tu magari. Io sto fottutamente bene.-

Mike girò la testa e lo guardò, con un sorriso appena accennato sul viso.

-Ma davvero?-

-Certo, stupido.-
Chester gli diede un bacio a stampo e si senti arrossire.

Cristo, quando sono diventato così fottutamente gay?
Chester, santa merda, che cazzo di domande ti fai?

-Comunque si può sapere perché diavolo usi un fottuto blocco a righe? Non credevo nemmeno esistessero.-

Mike tornò a guardare il suo blocco con un sopracciglio alzato.

-Era l'unico che aveva un tipo di carta decente e non costava un polmone. Probabilmente hanno tipo sbagliato a stamparlo, o qualcosa del genere.-

-Odio le righe...-

-Lo so Chazy. Me lo hai ripetuto qualcosa come cinquanta volte negli ultimi quaranta minuti.-

Odio le righe.
Odio le righe.
Odio le fottutissime righe.
Chissà cos'altro nasconde quel dannato blocco...

Si mosse prima ancora di averlo deciso.
Staccò le cuffie a tutti e due, nel farlo.
Giusto perché aveva la grazia di un fottuto elefante.

Quella maledetta carta a righe sembrava quasi calda nelle sue mani.

-Ridammelo Chester!-

-Voglio vedere cosa disegni.-
-Ridammi il mio cazzo di blocco, porca puttana.-

Chester sorrise e cominciò a sfogliare le pagine con calma.
-Sei dolce quando imprechi, lo sai?-

-Vaffanculo.-

Anche io ti voglio bene, Mickey.

Il blocco era usato per meno di metà.
Il che, considerando che Mike ne aveva sempre almeno quattro di cominciati e vista la velocità con cui li consumava, significava che doveva avere al massimo due settimane.

Chester vide una decina dei Soldiers che Mike disegnava ovunque.
Uno era verde.
Un altro viola.
Uno arancione.

Uno rosa.

Che diavolo di senso ha un soldato rosa?

-Era l'unico pennarello che avevo sotto mano.-

Mike ora era nella stessa posizione in cui era stato lui fino a un paio di minuti prima, con il mento appoggiato sulla sua spalla e, per quello che Chester riusciva a vedere, un'espressione imbronciata stampata sulla sua dannata faccia da ragazzino.

Cazzo...

-Mi leggi nel pensiero adesso?-

-Hai fatto una faccia strana e stavi fissando il foglio come se ci fosse disegnata sopra una mosca morta. Leggere Sherlock Holmes non è del tutto inutile a volte.-

C'era un disegno a carboncino di un albero.
Quello sotto la finestra della camera di Mike, che era sempre stato morto per metà.

Che cazzo di albero è, tra l'altro?

C'erano citazioni di un po' di tutto scritte a caso in giro.

Mike scriveva in un modo maledettamente strano.
Le lettere si leggevano bene, ma era tutto così dannatamente caotico che si faceva fatica a capire in quale fottutissimo ordine andassero le parole.

C'erano un paio di personaggi in stile manga.
Di quelli paffuti, con la testa enorme, l'aria carina e coccolosa e l'espressione dannatamente pestifera.

Come si chiama 'sta roba?
Chibi?

C'erano un paio di scritte che parevano dei graffiti.
Fottuti graffiti veri su fottuti muri veri.

Questo ragazzo è un dannato genio.

Le uniche cose scritte decentemente erano in fondo a tutte quelle dannatissime righe.
Dopo pagine e pagine bianche, alla fine di tutto, c'erano delle canzoni.

Una in particolare attirò la sua attenzione.
Era l'unica a essere veramente incasinata. Piena di cancellature. Di parole scritte a metà e poi abbandonate al loro destino.

Chester sfiorò con le dita il macello di lettere scritte sulla carta.

I can say that you're the one
That battles always choose
But sometimes I realize
That I'm the one confused

Io questa roba la conosco cazzo.

-Questa...-

-Sì. È Breaking The Habit... cioè, è qualcosa del genere. È la brutta copia... più o meno.-

Crashing into walls
It never was your fault
So here we are again
And this is how it ends

È... no.
Chester, cazzo, non ci pensare.
Se continui finisce che ti metti a piangere, e non è proprio il fottutissimo caso.
Merda, devo smetterla.

Girò la pagina e promise a se stesso che avrebbe smesso di pensarci.
Non che servisse a qualcosa, comunque.

Nella pagina dopo c'era una specie di versione artistica di Blackbirds. Con una serie di merli appollaiati qua e là sulle dannatissime righe.

In quella dopo ancora c'era qualcosa che lui non aveva mai visto.
O sentito.
Una strofa sola.

-Oh già, quella è... non lo so. Mi manca un ritornello e... non riesco ad andare avanti.-
Mike gli pizzicò il braccio e si allungò per recuperare il blocco.
-Ora ridammelo.-

When you feel you're alone
Cut off from this cruel world
Your instinct's telling you to run
Listen to your heart
Those angel voices
They'll sing to you, they'll be your guide back home

Forse...
Che cazzo.

-Mi presti la penna?-

-Che cosa vuoi farci?-

Chester alzò gli occhi al cielo.

Non fare battute del cazzo.
Non fare battute del cazzo.
Non fare battute del cazzo.
Non in senso letterale almeno.

-Pensavo di usarla per disegnare una trappola del diavolo sull'altalena e evocare un cazzo di esercito demoniaco, perché?-

Ok. Forse era meglio il fottuto doppio senso.

-Dai, prestami quella dannata penna e basta.-

Mike gli passò la penna.

-Hai una musica in testa?-
Chester non vedeva bene la sua dannata faccia, ma avrebbe giurato che stesse arrossendo.

-Sabato. Quella che hai suonato Sabato.-

Eh?
Che cazzo ho suonato Sabato?

-Con la chitarra, Sabato sera, prima di andare a dormire.-

Oh. Giusto.

-Te la ricordi? Come cazzo fai a ricordartela? È Giovedì, Cristo. Non me la ricordo nemmeno io.-

Mike fece spallucce.
-Ho una buona memoria. E poi non sei l'unico che ogni tanto registra di nascosto.-

Chester sbuffò e rimase a pensare un attimo e a cercare di ricordarsi cosa cazzo avesse suonato Sabato sera prima di andare a dormire, prima di cominciare a scrivere.
La sua scrittura faceva cagare, rispetto a quella di Mike.

When life leaves us blind
Love keeps us kind
It keeps us kind

Cristo, sto diventando sdolcinato.

-Come ti sembra?-

Mike restò zitto, e Chester decise di prenderlo per un fottuto invito ad andare avanti.

In fondo cosa cazzo ho da perdere?

When you suffered enough
And your spirit is breaking
You're growing desperate from the fight
Remember...

Ricordati cosa?
Che cazzo scrivo adesso?
Autobiografico?
Uhm...
Vada per l'autobiografico.

Remember you're loved
And you always will be
This melody will bring you right back home

-È...-
Mike bofonchiava. Non era una cosa che faceva spesso.
Più che borbottare, ma comunque raramente.

-Un fottuto disastro?-

-Bellissima.-
Gli abbracciò il torace, mandando a fanculo quei dieci centimetri scarsi d'aria che erano rimasti tra il suo petto e la schiena di Chester.
-Maledettamente bellissima.-

Chester chiuse gli occhi per un attimo.

Cazzo.

-Grazie.-

-Parla di...-

-Sì.-

Non lo lasciò nemmeno finire.
Era ovvio che parlasse di loro.

Perché anche se sono fottutamente perso come un cieco, lui mi riporta sulla strada giusta.
E io non dovrei pensarle queste cose...

Mike gli lasciò un bacio sui capelli.
-Adesso mi ridai il mio blocco?-

-Uhm? Sì. Tieni.-

Sentì le braccia di Mike scivolargli via di dosso e gli rimise il blocco tra le mani.

Era dannatamente imbarazzato.
Troppo dannatamente imbarazzato.

Cristo, sembro una maledetta ragazzina.

-Non so quanto vada bene. Forse ti toccherà cambiare qualcosa.-

-No, mi sembra che funzioni.-

Mike gli sorrise.
Era così dannatamente...

Chester. No. Non pensare la parola con la D.
Cattivo tossicomane rincoglionito del cazzo.
Non sono un tossicomane.
Sì che lo sei.
Sto provando a smettere.
Buona fortuna, coglione.
Ma io da quando parlo da solo?
Oh, vaffanculo.
Piove.

-Piove.-

-Davvero?-
Mike guardò il cielo.
-Gesù... hai ragione.-

Cominciò ad alzarsi. Chester sentì la sua schiena diventare fredda.

Merda.

Si sporse e infilò due dita in uno dei passanti dei suoni jeans, tirandolo di nuovo giù.
-Stiamo qui un altro po'.-

-Ci prenderemo la polmonite, Chazy.-

-Chissenefrega.-

Mike sorrise e gli accarezzò i capelli.
-Dai andiamo.-

Chester chiuse gli occhi e contò fino a quattordici.
-Andiamo.-
Si tirò su. Offrì una mano a Mike e lo aiutò ad alzarsi.
-Pesi un fottuto quintale, Michael.-

-Cosa? Io sono perfettamente in forma, sei tu che sei mezzo anoressico.-

-Non sono un cazzo di anoressico! Io mangio. Non e colpa mia se ho il metabolismo di un dannato coniglio.-

Restarono fermi per un attimo che sembrò una fottuta eternità.
Immobili come stoccafissi sotto la pioggia che cominciava a cadere sul serio.
A fissare le loro maledette dita ancora intrecciate.

Chester strattonò appena Mike.
-Andiamo.-

Mike lo guardò interdetto per un attimo.

Riuscì a leggere distintamente lo stupore e la preoccupazione nella sua espressione.
E realizzò una cosa.

Non siamo mai stati in giro tenendoci per mano, cazzo.

-Ti da fastidio?-

Mike arrossì.
-No... no, figurati... voglio dire: sei il mio ragazzo, non mi dispiace per niente se... è solo che se ci vedono...-

-Sta piovendo. E poi a quest'ora non c'é mai un cazzo di nessuno in giro.-

-Ok... ma sei sicuro?-

È così carino quando fa l'insicuro...
Ma che...
Cazzo Chester, smettila.

Gli si avvicinò di più. Gli baciò la guancia, vicinissimo alla bocca.
Dovette alzarsi quasi in punta di piedi per farlo.

Dio, è fottutamente alto.
Ok, sì, sono solo cinque cazzo di centimetri...
Ma ha diciassette anni.
Magari cresce ancora.
E io mi troverò a dover saltare per arrivargli alla faccia...
Maledizione.

-Fidati di me Mickey. Non ci vedrà nessuno. Non fare il cagasotto... al limite possiamo sempre dire che con la pioggia sugli occhiali non vedo un cazzo e che mi stai evitando di sfracellarmi la faccia su un fottuto palo.-

Mike sorrise. Arrossì un po'.

Ma Cristo Santo. Come si può pretendere che io mi dia un cazzo di contegno quando ho davanti questa faccia?

-Ok.-

-Bravo il mio ragazzo...-

Risero tutti e due.

Questa cosa è assurda...

-Per fortuna che Joe non ci vede.-

-Già... adesso andiamo o dobbiamo aspettare che venga giù il fottuto diluvio universale?-

Mike sospirò.
-Andiamo.-

Si incamminarono sotto la pioggia.
In silenzio.
Tenendosi per mano come due adolescenti del cazzo in piena tempesta ormonale.

Non che non lo fossero sul serio...
La pioggia, poi, faceva molto scena da libro young adult.

Non che Chester avesse mai letto una di quelle merdate.
Figurarsi.

Cominciò a piovere più forte. Lui cominciò a non vedere un cazzo per davvero.

Almeno non fa fottutamente freddo...
Siamo a Maggio, cazzo. Non deve fare freddo.
Elka poi odia il freddo.
Elka...
Cazzo.

-Che giorno è oggi?-
Non gli piaceva pensare a Elka quando era con Mike.
Le voleva bene.
Ma si sentiva dannatamente in colpa.

-Il 14.-

Merda.

-Perché?-

-Niente. Mi è appena venuto in mente che Elka mi ha chiesto se la accompagno a fare un'ecografia domani dopo la scuola.-

Merda.

-Non so se dovrei andarci.-

-Perché no? È tuo figlio, non sei curioso di vederlo?-

-Ovvio che sono curioso, cazzo, ma... io e lei non siamo mai stati assieme. E poi a quella stronza di sua madre non sono mai andato a genio.-

-Chazy, Gesù Cristo, le hai messo incinta la figlia: non è che puoi pretendere che ti adori.-

Cazzo. Giusto.

-Non mi sopportava nemmeno prima.-

-La conoscevi anche prima?-

Chester sospirò.
Adesso non vedeva più decisamente un cazzo.

Dovrebbero inventare dei fottuti tergicristalli per occhiali...

-Lunga storia.-

-A che ora devi andare?-

-Alle tre.-

Sentì Mike ridacchiare e strattonarlo un po' verso destra.
Forse stava per andando a sbattere contro qualcosa.

-E a che ora torni?-

-Che cazzo ne so? Verso le quattro, credo. O giù di lì. Perché?-

-Perché se non piove ho un'idea di cosa potremmo fare dopo.-

Chester sorrise sentendo il tono di Mike.
Il suo maledetto tono da genio.

[Joe]

-mi stai prendendo per il culo, michael? perché se mi stai prendendo per il culo me la paghi.-
«no, non ti prendo in giro joe... magari.»
-non ci posso credere.- sbottò joe strofinando il naso nel cuscino -quindi, riassumendo: ieri ti ha accompagnato a casa tenendoti per mano e fatalità tuo fratello stava anche lui tornando a casa proprio in quel momento... dio mio, non credevo che il cretino fosse così romantico... come hai potuto aspettare tutto questo tempo per parlamene? credevo fossimo amici io e te...-
«non mi stava accompagnando a casa, stavamo andando da lui, ma poi è arrivato jason e ha mandato tutto a quel paese... te l'avrei detto stamattina, se ti fossi degnato di venire a scuola.»
-non è colpa mia se ho la febbre.-
«a me sembra che tu stia fin troppo bene...»
-è solo che le news sulla mia otp mi fanno sempre sentire meglio.-
mike sbuffò e bofonchiò qualcosa tipo sì, certo... o forse più tipo otp un cazzo.
«comunque non c'era niente di romantico, joe. è solo che con la pioggia chester non ci vede perché gli si bagnano gli occhiali.» continuò mentre una scarica di statica attraversava l'altoparlante del telefono.
"maledetto tempo di merda..."
«stavo solo cercando di farlo arrivare a casa senza che si rompesse la faccia.»
-bro, queste cazzate vanno bene per tuo fratello, ma non puoi pensare di usarle per fregare me. comunque come l'ha presa jason?-
si sentì un sospiro e forse anche un'imprecazione soffocata fra i denti.
«come vuoi che l'abbia presa? ha riso, mi ha fatto l'occhiolino e mi ha detto aspetta che lo sappiano mamma e papà
-uhm... classico da fratellino. se l'é bevuta alla fine?-
«non credo. non ha ancora vuotato il sacco solo perché gli ho promesso cinquanta dollari.»
"da quando mike shinoda può permettersi di allungare mazzette a suo fratello?"
joe decise di sorvolare. meglio non farsi domande su certe cose.
-ce li hai cinquanta dollari almeno?-
«certo che non ho cinquanta dollari...» ribatté mike a voce stranamente più bassa «mi hai preso per la fottuta zecca di stato?»
-linguaggio, mike. modera i termini.-
"e poi dice che chester non lo sta influenzando. ma per favore."
«hai cambiato nome in steve rogers, sei diventato alto, biondo e figo e non me l'hai detto?»
"eh?"
-ehm... no?-
«allora sta' zitto joe. soltanto capitan america può dirmi di moderare il linguaggio.»
joe scosse la testa.
-dio, mike. mi stai diventando gay per davvero.-
«non rompere le palle, joe.» sbottò mike.
-sì, sì, certo... come farai con quei cinquanta verdoni comunque?-
«non ne ho bisogno... jason non si ricorda nemmeno cos'ha mangiato ieri a colazione: dagli una settimana e se ne dimenticherà.»
-io non ne sarei così sicuro. è tuo fratello, mickey: è geneticamente programmato per rovinarti l'esistenza.-
sentì mike ridacchiare.
«già, me lo ripeto sempre anche io...»
rideva, mike. rideva. era bello sentirlo di nuovo allegro, dopo il macello che era successo con chester e tutto il resto. gli pareva di parlare di nuovo con il mike che era arrivato a settembre da los angeles tutto gasato e abbronzato.
bei ricordi quelli.
«comunque sai qual è stata la cosa di gran lunga più traumatizzante?»
-illuminami, mickey.-
«era con una ragazza.»
joe si alzò dal letto e iniziò a girare in tondo per la sua stanza. di solito si muoveva sempre mentre era al telefono con mike, non sapeva perché. forse era lo sforzo emotivo di gestire tutte le informazioni che gli venivano sparate addosso senza pietà che richiedeva un movimento fisico per essere scaricato... o qualcosa del genere
-chi, tuo fratello? be', guarda il lato positivo: se lui ha una ragazza anche tu hai qualcosa con cui ricattarlo.-
«non era la sua ragazza, citando lui: ci sta lavorando. ma non è stato nemmeno il fatto che fosse con una ragazza... è che credo fosse una fangirl, o qualcosa del genere. appena sono entrato jason è andato in bagno, e la prima cosa che ha fatto lei è stata guardarmi, sorridermi, e chiedermi se chester è il mio ragazzo. io le ho detto di no, che è solo il mio migliore amico e lei sai cosa mi ha risposto?»
si sedette sulla scrivania e passò il telefono nella sinistra.
-no, mickey, cosa ti ha risposto?- chiese
«aww, secondo me siete veramente dolcissimi insieme... siete così carini! sembrate usciti da una fan fiction! ma ti rendi conto?»
joe scoppiò a ridere come un malato di mente. "mike che fa il falsetto è troppo forte..."
-il team bennoda cresce ogni giorno che passa...- farfugliò mentre ancora cercava di smettere di ridere.
«bennoda? seriamente joseph? uno shipname? ma che cavolo di problema hai tu?»
-problemi ne ho tanti...- disse joe trattenendo le ultime risate –ma questo non c'entra niente con i miei problemi: dovevo trovarvi uno shipname. in quanto fanboy era un mio preciso dovere morale.-
«ok, ma... bennoda? Almeno potevi pensarne uno di carino...» sbuffò mike.
-l'alternativa era mikester... o al massimo shinnington, che faceva decisamente troppo inglese. e poi cos'ha bennoda che non va? è carino.-
«ma per favore... tu sei malato.»
joe scoppiò a ridere un'altra volta.
-grazie mickey. comunque... come vanno le cose fra voi due?-
«vanno ... bene, credo. mi sembra che stia meglio e... gesù, so già che mi farai diventare scemo, dopo che avrò detto questa cosa, ma... sto bene anche io joe. lui mi fa stare bene.-
-dio, la mia glicemia... di a mia madre che le ho voluto bene...»
mike sbuffò.
«piantala.» disse.
-sì, ok. la pianto. come mai non siete in giro assieme oggi pomeriggio?-
«chester doveva andare con elka a un'ecografia, quindi ci vediamo più tardi.»
-oh. gli hai detto di portare a casa le foto?-
joe si alzò dalla scrivania e fece un paio di giretti, poi andò a sedersi sul davanzale della finestra.
«sì, gliel'ho detto.»
-sono stra curioso, sai? non vedo l'ora di vedere mary lee!-
«mary lee? da dove ti è uscito?» chiese mike «e poi come fai a sapere che è una femmina?»
-sesto senso.- affermò joe ridacchiando -così come sapevo che tu e chester sareste finiti insieme fin dal momento in cui l'hai visto, adesso so che la figlia del tuo ragazzo è sicuramente una bambina.-
«certo, certo... come vuoi... mai perché mary lee
-non lo so... mi piace e basta credo. perché, a te non piace?-
«non è così male. ma in ogni caso il nome non lo scelgo mica io, quindi...»
-sì, sì. però puoi sempre proporre...-
mike sospirò e un'altra scarica di statica attraversò la linea. "perché dovevo nascere proprio in una città persa in culo agli stati uniti con un clima così schifoso? ci sono talmente tanti temporali che il telefono prende da schifo anche quando c'é il sole... o forse prende poco e basta..."
joe guardò fuori dalla finestra: effettivamente non era la giornata più bella nella storia della città. forse nemmeno dell'ultimo mese.
-cosa combinate oggi pomeriggio?-
«niente di particolare... ho un'idea in testa, ma mi serve che non piova. tu hai della vernice spray acrilica da prestarmi per caso? se é nera è meglio.»
"vernice spray nera? a che cavolo gli serve la vernice? no... no, non lo voglio sapere."
-l'estate scorsa ho ridipinto una bici e credo che me ne sia rimasta un po' in garage. prova a passare dopo, così vediamo.-
-ok, grazie.-
joe sentì una voce urlare dall'altra parte e sentì mike sbuffare.
«scusa joe, mia madre mi sta chiamando. ci vediamo dopo, ok?»
-tua madre è a casa? di venerdì pomeriggio?-
"questa poi... i suoi non ci sono mai nel week end..."
«la sua compagnia questo week end ha il centesimo anniversario di fondazione o qualcosa del genere, quindi hanno deciso di regalare un paio di giorni liberi a tutti i dipendenti... il che vuol dire niente simpatiche gite in altri stati per questo fine settimana.»
-oh. vi toccherà stare attenti allora.-
«già... scusami, ora devo proprio andare.»
-ok, buona fortuna...-

[Mike]

-Si può sapere dove cazzo mi stai portando?-
Mike sbuffò.
-Al Linkoln... avanti Chazy, te l'avrò già detto venticinque volte.- disse.
-Mike, cazzo, avevamo appuntamento davanti al Linkoln. Ci siamo incontrati lì.-
Ok, magari Chester non aveva poi tutti i torti, ma non era stava colpa sua se non era riuscito a fare quello che doveva fare prima delle quattro e mezza.
-Facciamo una deviazione: devo fermarmi da Joe a prendere una cosa.-
Quanto meno, il tempo sembrava che reggesse: Gesù, non c'era il sole, ma c'era quella specie di velo di nuvole che fa sembrare il cielo bianco e opaco e vagamente luminoso, quindi, in linea di massima, non sarebbe dovuto piovere.
-E non potevi andarci prima?-
-Mia madre mi ha costretto ad aiutarla a preparare il polpettone.-
Mike si accorse solo tre o quattro secondi dopo che Chester era fermo in mezzo al marciapiede qualche metro più indietro e che lo stava guardando male.
-Seriamente Mike? Tua madre ti ha costretto a fare il fottuto polpettone? A te neanche piace il polpettone.-
-Non è vero che non mi piace il polpettone...-
-Però quando lo faccio io non lo mangi.-
Mike alzò gli occhi al cielo: ma cosa poteva aver fatto di male nella sua vita? Il suo migliore amico era un cretino, il suo ragazzo era uno stronzo e la sua ex migliore amica non gli parlava da mesi...
-Chazy, lo sai che ti voglio un mondo di bene e lo sai che cucini come un Dio, ma i polpettoni non sono il tuo campo.-
Chester lo guardò male per un altro paio di secondi, poi chiuse gli occhi e prese un respiro profondo.
-Fanculo.- sbottò –Muoviti il culo Shinoda. Andiamo dal cretino prima che cambi idea.-
Mike sorrise, e non capì bene se lo stesse facendo tra sé o sé o se stesse sorridendo a lui. Chester era pallido quel giorno... ma d'altra parte era sempre pallido. Aveva i capelli un po' in disordine e gli occhiali un po' storti sul naso ed era... be', Mike di solito passava le sue giornate a ripetersi che non doveva fare pensieri da ragazzina, ma... be', al diavolo: Chester era bellissimo.
Si diressero verso casa di Joe in religioso silenzio, camminando fianco a fianco, vicini, ma non troppo vicini, e con le mani rigorosamente in tasca... non che Mike fosse felice di quel dettaglio, ma dopo l'esperienza del giorno prima era piuttosto sicuro che fosse meglio evitare.
-Alla fine ieri sei riuscito a convincere la piattola a stare zitta?- chiese Chester dopo più o meno mezzo isolato.
-Sì.-
-Come hai fatto?-
Mike ridacchiò e lo ringraziò profondamente per aver spezzato quel silenzio assurdamente imbarazzante. Lo ringraziò per esistere e per essersi preso una sbandata proprio per lui. Espresse anche la sua immensa felicità per come le cose stavano andando avanti bene tra di loro... be', ovviamente non disse niente ad alta voce, ma l'idea era quella.
-Gli ho promesso cinquanta dollari.- fu l'unica cosa che disse per davvero –Nella speranza che entro una settimana se ne dimentichi.-
-Na', cinquanta bigliettoni non si dimenticano. Mio fratello ogni tanto mi ricorda ancora che quando avevo otto anni mi ha prestato dieci dollari per comprare il regalo per la festa del papà...-
Ridacchiarono entrambi, e Mike si chiese vagamente perché ultimamente ogni cavolo di volta che si vedevano lui si sentiva così tanto una tredicenne, e si chiese ancora più vagamente se anche Chester si sentisse così. Magari no... in effetti Chester non sembrava il tipo propenso a sentirsi come una tredicenne innamorata, ma se c'era qualcosa che davvero Mike sapeva di lui era che non era quasi mai quello che ci si aspettava che fosse, quindi alla fine magari sì.
-Be', speriamo che Jason sia un po' meno sveglio di tuo fratello allora.- bofonchiò –Con Elka com'é andata?-
-Alla grande!- esclamò Chester.
All'improvviso sembrava stranamente entusiasta.
-Pare che vada tutto bene... e indovina un po? È una femminuccia!-
Mike per poco non scoppiò a ridere: il giorno in cui avesse capito come cavolo faceva Joe a imbroccarle sempre tutte gli avrebbero dato un premio. Ok, sì, con due sessi fisicamente possibili c'era sempre il cinquanta per cento di possibilità di indovinare, ma Gesù: era sicuro al novantanove per cento che quel cretino del suo migliore amico avesse venduto l'anima a qualche demone per riuscire a diventare così. Tutto stava nel capire quale.
-Davvero?-
-Già... dopo ti mostro le foto. Cristo Mickey... la mia bambina!-
Represse un sorriso... erano secoli che non lo vedeva così felice. Probabilmente non lo aveva nemmeno mai visto così felice, se proprio bisognava dirla tutta.
-Mi piace vederti così felice.- borbottò fra sé e sé.
-Grazie. Sai... in fondo forse ce la posso fare. A non essere un padre di merda, dico. In fondo a me i marmocchi piacciono.-
-Sarai un papà stupendo...-
-Elka ha detto che le piacerebbe che venissi anche tu la prossima volta.- borbottò Chester. Suonava stranamente incerto, e lui non era mai incerto.
–Quella stronza di sua madre si rifiuta di accompagnarla.- continuò -Lei odia gli ospedali e tu... be', ti adora e vorrebbe che fossimo con lei tutti e due.-
Mike ci pensò per un attimo, poi scosse la testa.
-Non so se sia il caso, Chazy, in fondo è vostra figlia: io che c'entro?-
-Be', tu sei il mio dannatissimo ragazzo, e a Elka piaci. Ma non sei mica costretto, stai tranquillo. Se non vuoi venire non venirci. A dire il vero fa strano anche a me andarci, solo che io ci devo andare.-
-No, va bene...- sospirò Mike dopo aver perso qualcosa come quindici secondi abbondanti a pensarci. -Ci vengo... basta che mi prometti che ci troveremo una copertura e che ti impegnerai a mantenerla. Il discorsetto che mi ha fatto ieri mio fratello sugli svantaggi dell'omosessualità mi è bastato e avanzato.-
Chester ridacchiò.
-Ti lasci fare i discorsetti dal mocciosetto?- disse prima di mollargli un pugno fin troppo entusiastico sul braccio -Che schifo di fratello maggiore sei?-
-Sono uno di quelli che ascoltano. Ora potresti, per favore, smetterla di sfottermi?-
-Agli ordini Mickey.-
Chester gli diede un altro pugno, ma stavolta decisamente meno violento.
-Uhm... grazie per aver rispettato la mia spalla.-
-Di niente piccolo.-
-Piccolo da dove è saltato fuori?-
Mike si accorse solo dopo di quanto la sua voce sembrasse terrorizzata. Gesù, sembrava un imbecille.
-Mickey, rilassati... ti sto prendendo per il culo. Tra l'altro sei un fottuto lampione...- ridacchiò Chester.
-Non sono un lampione...- bofonchiò Mike -Sei tu che sei basso.-
-E che cazzo. Sono già anoressico, non posso essere anche basso, porca puttana.-
Mike rise, mentre tentava di costringersi mentalmente e fisicamente a trattenere l'impulso di baciarlo in mezzo alla strada. Che poi, per inciso, non è che baciarlo avesse smesso di essere strano. Non riusciva a farci l'abitudine e ogni tanto, quando era veramente molto stanco, sperava di non abituarcisi mai.
-Ok, ok. Però non sono così alto.-
-Hai un anno di meno e sei più alto di me, Cristo!-
-Non è colpa mia.-
Quando raggiunsero casa sua, Joe li stava aspettando davanti al garage. Indossava un pigiama intero talmente enorme che sembrava una specie di Kigurumi di Totoro, aveva una coperta di lana rosa salmone legata attorno alle spalle come un mantello, era pallido come un cadavere, i suoi capelli sembrava sembravano appena usciti da una centrifuga e nel complesso era una delle cose più ridicole che Mike avesse mai visto in vita sua. Chester non si fece nessunissimo problema a ridergli in faccia.
Li lasciò a beccarsi sul vialetto, mentre lui entrava in garage a cercare la vernice. Ci mise circa tre minuti a trovarla, ma quando tornò fuori Joe sembrava già sul punto di maledire Chester, i suoi figli e i figli dei suoi figli.
-Joe, datti una calmata. Potrebbero essere anche figli miei, ti ricordo.- disse mentre usciva dal garage con una borsa con piena di bombolette spray. Fortuna che doveva essergliene avanzata solo un po'.
-Sì, certo. Soprattutto visto e considerato che voi due ancora siete in prova.-
-Idiota, vorrei farti notare che nel nostro caso quello non centra niente.-
-Sì, sì, Chester, certo. Tanto lo so che hai solo paura di prenderlo nel cu...-
-Joe!- sbottò Mike.
Riuscì a percepire esattamente il momento in cui l'espressione di Chester cambiò da divertita a vagamente terrorizzata. E probabilmente, per tenerla ferma al vagamente ci volevano dosi di autocontrollo spaventose... si diede dell'idiota almeno una ventina di volte: perché non aveva zittito Joe prima? Gesù, era un completo coglione... e adesso Chester fissava il vuoto e probabilmente stava ricordando cose alle quali cercava di non pensare da quasi tutta la vita e lui si sentiva in colpa...
-Grazie per la vernice.- borbottò –Andiamo Chazy.-
Gli diede una pacca sulla spalle e Chester parve riscuotersi.
-Sì.- bisbigliò –Sì, andiamo.-
L'ultima cosa che Mike sentì prima che di essere fuori portata d'orecchio fu Joe che diceva Ma che cavolo ho detto di così male?

[***]

Il Linkoln Park era deserto, quando Mike e Chester ci arrivarono. Sembrava quasi più deserto del solito, e Mike lo trovò parecchio strano, perché insomma: non c'era mai un'anima di giorno, e non c'era nemmeno in quel momento, quindi era tutto esattamente come era stato le altre volte.
-Vuoi fare un graffito?- chiese Chester mentre si guardava quietamente attorno.
Ci avevano messo circa dieci minuti ad arrivare lì, ma non avevano parlato molto... e ok, non che ci fosse granché da dire, ma fino a qualche minuto prima era sembrato così allegro e invece ora... Mike gli sorrise, giusto per vedere se riusciva a tirarlo su: in fondo provare non costava niente, no?
-Ci sei arrivato adesso?-
Provò a sembrare ironico, e si sentì un eroe quando vide un minuscolo sorriso piegargli le labbra. Non era molto, d'accordo, ma era qualcosa.
-No. Lo sospettavo da prima, ma adesso è diventato fottutamente ovvio.-
-Sì, Chazy: voglio fare un graffito.-
-Li sai fare?-
Mike trattenne l'istinto di sbuffare: Gesù, certo che sapeva fare un cavolo di graffito, mica ci voleva una laurea... che poi, esisteva una laurea per fare i graffiti? Perché se esisteva, lui la voleva.
-Sì, più o meno.- disse alla fine.
-Che muro?-
Si guardò attorno. In realtà aveva deciso nel momento esatto in cui aveva avuto l'idea, ma un po' di scena non stava mai male.
-Sul Muro del Pianto.- dichiarò.
-Intanto è il Fottuto Muro del Pianto.- precisò Chester -E poi non puoi fare un graffito lì. Su quello si scrive e basta.-
-E da quando noi seguiamo le regole?-
Chester lo guardò un attimo, con un'espressione stupita stampata in faccia. Gesù se era bello... e sì, Mike ormai si era arreso sul non pensare cose da ragazzina.
-Sai...- disse –Mi fai andare fuori di testa quando ti ribelli al sistema.-
Era una sua impressione, o la sua voce si era abbassata di qualcosa come un'ottava abbondante? No... non doveva pensarci. Aveva una missione da compiere e, per quanto non avesse nessuna intenzione di negare che gli sarebbe piaciuto, non potevano passare tutto il pomeriggio a baciarsi come due quattordicenni.
Camminarono nel silenzio più assoluto fino a davanti al Muro. Gli unici rumori che rompevano il vuoto totale che avvolgeva il parco erano le loro scarpe che schiacciavano l'erba e le foglie secche, il vento leggero che frusciava fra i rami degli alberi e qualche raro uccello probabilmente mezzo depresso che canticchiava fra sé e sé.
C'era una calma talmente surreale che Mike si chiese se non si stesse sognando tutto quanto.
Non si era mai accorto di quanto grande fosse il Muro del Pianto: era lungo quasi venti metri e alto cinque.
-Cosa vuoi disegnare?- chiese Chester, spezzando quella sottospecie di calma cosmica.
Forse quello era semplicemente l'unico posto in cui l'universo raggiungeva il suo equilibrio... il che era parecchio paradossale, visto che era letteralmente un parco giochi per squilibrati.
-Il Soldier.- rispose semplicemente Mike.
-Già, ovvio...-
-Secondo te... secondo te dove starebbe meglio?-
Chester guardò il muro per un po', poi scosse la testa e indicò un punto alla loro sinistra, verso la fine.
-Fallo dove ti pare.- disse –Basta che non lo metti là.-
-Perché? Cosa c'é là?-
-C'é la Nuvola.-
Mike seguì il suo dito e si avvicinò al muro. C'erano dei nomi, e delle date, scritti con l'indelebile sul cemento armato. Alcuni erano vecchi di anni.
-Cosa sono?-
-Sono... sono nomi di gente morta.- sussurrò Chester.
Si avvicinò a lui e gli passò un braccio attorno alla vita, come se volesse rassicurarlo. Aveva un'espressione strana in viso... forse c'era anche qualche suo amico lì sopra.
-Gente che frequentava questa merda di posto e che in un modo o nell'altro ci ha lasciato la pelle. Quando qualcuno muore, il primo che lo sa scrive il suo nome lì. Ogni tanto, qualcuno viene a ripassare il nome di un suo amico e ripassa anche gli altri. Nessuno va perso. Chiamano quel pezzo di muro Nuvola. È praticamente il maledetto cimitero del Linkoln.-
Mike passò una mano sul cemento freddo e stranamente asciutto, sfiorando quei nomi con una sensazione strana nel petto. Una specie di presentimento, anche se non sapeva di cosa.
-Non so neanche se sono più traumatizzato o più triste.- borbottò.
Gesù, gli veniva da piangere. Perché doveva essere sempre così emotivo?
Chester gli abbracciò dolcemente la schiena e gli posò la guancia sulla spalla.
-Shh...- gli disse piano –Andiamo a fare quel graffito, ok Mickey?-


ANGOLINO NERO PER UN'ANIMA NERA
E... ok, credo di essere l'unica deficiente che aggiunge lo spazio autrice quattro giorni dopo aver pubblicato, ma che ci volete fare... il 3 di Gennaio stato ancora recuperando sonno dall'ultimo dell'anno, quindi... quindi sì. Avevo sonno e non c'avevo palle di aggiungerlo (scusate l'espressione).
Credo che la canzone l'abbiate vista tutti, no? In questo capitolo (che è probabilmente il più fluffoso della ff) abbiamo The Messenger... e battete un colpo se non sono l'unica che praticamente piange ogni volta che la sente.
Direi che c'é stato un bel progresso rispetto alla prima volta che si sono parlati, non credete? Avreste mai pensato che sarebbero arrivati qui? E... niente. Ormai siamo vicini alla fine: mancano solo altri tre capitoli, più l'epilogo e il contenuto speciale, quindi tempisticamente vi aspettano altri tre lunghi mesi di tortura :)... anche se poi in realtà fosse mai come adesso ho avuto voglia di pubblicare tutto su un colpo e poi aspettare che mi arriviate sotto casa con i kalashnikov... ma niente spoiler...
Ci leggiamo il 17,
Con affetto

Cursed_Soldier

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