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Proprio come era accaduto il giorno prima, Claud si trovò seduto su una sedia, all'interno di una camera da letto, intento a fissare il corpo della persona con cui aveva trascorso la notte a fare sesso.

Le differenze principali tra le due situazioni erano che, innanzitutto, quella volta non si era trattato di lavoro e, in secondo luogo, l'amante era un uomo.

Il giovane sorrise passandosi un dito sotto il mento, mentre Daniel si svegliava e si tirava a sedere sul letto, affrettandosi a coprire le proprie parti intime con le coperte. Si celò fino alle spalle, arrossendo e rifuggendo dallo sguardo dell'altro; nonostante avesse ancora gli occhi gonfi e un'espressione spaesata, era chiaro che si sentisse in imbarazzo.

Il sorriso di Claud si allargò, mentre trovava un'altra netta differenza tra ciò che aveva vissuto il giorno prima e quello che gli si stava presentando in quel momento.

"C'è stato più di un guizzo" pensò, trattenendosi dal ridere. Non era la prima volta che faceva l'amore con Daniel, era una cosa già accaduta ai tempi in cui era stato direttore del Seraphim e poi aveva colto ancora un altro paio di occasioni, approfittandosi della facilità con cui il giovane cedeva alle sue avances. Non c'era mai stato altro, tra di loro, a eccezione del sesso, ma Daniel non era soltanto adorabile, era anche un tipo estremamente passionale e Claud si compiacque di avere ripreso le vecchie abitudini ricominciando proprio da lui.

-Ti copri? Sul serio? Dopo che stanotte ho ispezionato ogni singolo millimetro del tuo corpo?- gli chiese con voce milliflua, alzandosi dalla sedia. Si avvicinò al letto e poggiò un ginocchio sul materasso, mentre i capelli gli ricadevano davanti al viso, celandolo appena. Indossava soltanto un paio di slip eppure non sentiva freddo. Si mosse con la stessa grazia di un felino, gattonando sul letto, facendosi sempre più vicino al suo amante.

Daniel deglutì sonoramente e si tirò indietro, poggiando le spalle contro la testiera del letto. Claud non fu più in grado di trattenersi e rise, per poi sedersi sopra le coperte, limitando i suoi movimenti.

-Non sono abituato- balbettò il giovane e il panico rese la sua voce più tremula del solito.
-Uhm. Credo che i tuoi occhioni azzurri rendano impossibile resistere al tuo fascino- quella volta toccò a Daniel ridacchiare, ma Claud rabbrividì percependo con estrema chiarezza la tristezza che si celava dietro quel suono soltanto in apparenza gioioso.
-Non piaccio agli uomini- sussurrò il giovane e il suo amante dovette sforzarsi per afferrare il senso delle sue parole spezzate.

Claud si portò una ciocca di capelli dietro un orecchio, si distese al suo fianco, abbracciandolo in vita, in seguito invitandolo a stendersi con lui. Daniel sospirò, ma fece come l'altro diceva, ostinandosi, però, a non ricambiare il suo sguardo.

-Non ci credo che non esista al mondo qualcuno che ti piaccia- sussurrò Claud in un suo orecchio, sentendolo rabbrividire tra le proprie braccia.

Si aspettava di ricevere una risposta affermativa a quella sua insinuazione? Sì.

Magari credeva persino che l'interesse di Daniel fosse indirizzato proprio verso di lui?
Assolutamente, sì. Ne era praticamente certo, altrimenti non avrebbe saputo spiegarsi per quale motivo il giovane tendeva ad abboccare con tanta facilità ai suoi giochetti di seduzione.

-Non ho detto questo- mormorò Daniel e, finalmente, si volse per ricambiare il suo sguardo. Gli accarezzò la mandibola con la punta di un dito, lasciandosi solleticare dai peli ispidi della barba dell'amante. -C'è uno che mi piace- rivelò, arrossendo.
-E quello sono io-

A quelle parole Daniel rimase interdetto, ma poi si trovò a sorridere e scosse la testa.
-Quanta arroganza, Blake-
-Conosco le mie prede, signor Clark-
-Uhm. Forse-

Claud aggrottò la fronte, mentre Daniel tornava a rifuggire il suo sguardo.

-Perché io? Sei stato via tanti mesi. Mi hai quasi sempre ignorato. Come mai ieri sera non sei andato da Keith?- gli chiese e l'altro si irrigidì appena.
-Non è affar tuo. Ma dovresti saperlo: sono un tipo paziente- disse e il suo amante annuì.
-È vero. Lo sei stato con Jeffrey, adesso con Keith. Non sarebbe più facile se la smettessi di correre dietro a persone che non ti vogliono?- gli domandò a bruciapelo e Claud ridacchiò.

-Che è successo a L.A. mentre ero via?- domandò, cambiando discorso. Si alzò dal letto, avvicinandosi alla cabina armadio che si apriva sulla destra. Sparì al suo interno per qualche secondo, mentre Daniel si rannicchiava sotto le coperte, un po' stanco, ma soprattutto deluso da se stesso.

Si sentiva sempre a quel modo quando finiva per cedere al primo uomo che mostrava un minimo di interesse nei suoi confronti. Era vero quanto aveva detto a Claud poco prima: Daniel sentiva di non piacere alle persone, sia per il proprio fisico, che per quel suo "difetto" nel linguaggio. Probabilmente c'era anche qualcos'altro in lui che teneva gli uomini a debita distanza, ma a quello non era ancora stato in grado di rispondersi.

Il suo amante tornò in stanza poco dopo, aveva indossato una lunga vestaglia di colore purpureo, che gli dava un'aria particolarmente snob.

-Allora?- lo incalzò Claud, tornado a stendersi al suo fianco. Si sollevò quasi subito su un gomito, fissandolo dall'alto, accarezzandogli il naso, l'arcata sopraccigliare, finendo per fare scorrere le dita tra i suoi corti capelli.

-Niente di particolare- disse Daniel, fissando lo sguardo sul suo petto.
-Keith? Sta sempre con quell'idiota di Evan?-
-Sì-
-Cristo! E Ryan? Ha già mollato?-
-Che intendi dire?-

Claud si morse l'interno di una guancia, preferendo eludere quella domanda. Ryan Doyle era uno degli amici più cari di Keith. Il giovane lavorava come accompagnatore al Seraphim, che era anche lo stesso posto in cui si erano conosciuti. Avevano subito percepito una forte intesa tra di loro, tuttavia quando Keith aveva incominciato ad avere problemi all'interno della propria relazione con Evan, a causa dell'ossessiva gelosia di quest'ultimo, Ryan era arrivato a chiedere aiuto proprio a Claud, implorandolo di sedurre il suo amico, affinché la coppia smettesse di essere tale.

Claud poi era stato travolto dagli eventi che, mesi prima, erano culminati con il suo allontanamento da Los Angeles, perciò aveva dovuto mettere da parte il "piacere", rimandando l'attuazione del piano che, era certo, lo avrebbe condotto alla conquista del cuore di Keith.

Tuttavia, gli accordi tra Ryan e Claud non erano di dominio pubblico, e il giovane comprese di essersi fatto sfuggire un'informazione di troppo. C'era solo da sperare che Daniel non fosse abbastanza sveglio da comprendere cosa lui avesse inteso dire.

-E Jeffrey?- disse Claud, cambiando di nuovo argomento. -Si è ripreso dalla delusione con il suo piccolo Theodore? Quel moccioso è davvero uno stronzetto. Fortuna che ha deciso lui per entrambi e l'ha mollato-
L'espressione di Daniel si fece cupa e il suo sguardo sembrò perdersi nel vuoto. Claud tornò ad aggrottare la fronte. Lo fissò con estrema intensità per qualche secondo, tentando di comprendere se l'altro si fosse reso conto di avere i suoi occhi puntati addosso, ma sembrava troppo preso dai propri pensieri.

-Allora?- lo incalzò e Daniel si riscosse, scrollò le spalle e sollevò il viso per ricambiare il suo sguardo.
-Cosa?-
-Jeffrey-
Il giovane serrò le labbra e arrossì ancora.
-Sta un po'... così- disse con un filo di voce, mentre sembrava che le parole gli si attorcigliassero in bocca.
-Uhm- fece Claud accarezzandogli una spalla con fare distratto.

-Tu, invece?- chiese Daniel e l'altro tornò a sorridergli, quella volta in modo freddo e distaccato.
-Mi sono rimesso in carreggiata-
-Morgan va dicendo in giro che se Jeffrey è riuscito a tenersi l'agenzia deve ringraziare te. È vero che sei riuscito a convincere sua madre a non portargliela via?- gli chiese curioso.
-Riviera ha la lingua troppo lunga, per i miei gusti. Dovrebbe impegnarla per soddisfare la sua ragazza stronza, invece di andare a fare pettegolezzi in giro- sibilò Claud.

Daniel si limitò a fissarlo senza dire nulla e l'altro si avvicinò tanto al suo viso da riuscire a percepire il suo respiro carezzargli la pelle. Claud azzerò la distanza che li separava, baciandolo, e il suo amante sgranò gli occhi, non aspettandosi quell'assalto. Tuttavia, si trovò a ricambiarlo nel giro di pochi attimi, prendendogli il volto tra le mani, mentre l'altro si solleva sui gomiti, ponendoli ai fianchi del suo viso, finendo per sovrastarlo, prestando attenzione a non schiacciarlo.

Daniel intrufolò le mani dentro la sua vestaglia, toccandolo con una sicurezza del tutto diversa da quell'atteggiamento schivo e di costante imbarazzo che lo caratterizzava fuori dall'intimità. Gli cinse una gamba con una delle proprie, inarcandosi sotto di lui, mentre lasciava scivolare la vestaglia sulle braccia dell'amante.

Claud sorrise, gli afferrò la vita, schiacchiandoselo contro, per poi gettarsi di lato, tirandoselo dietro. Daniel si sedette a cavalcioni sulla sua pancia e si fece scivolare tra le dita la cintura che gli legava l'indumento, sciogliendone il nodo. L'altro osservò con estrema attenzione ogni suo singolo movimento e iniziò ad accarezzarlo, scorrendo dal basso verso l'alto, partendo dai fianchi, fino ad arrivare al petto, stuzzicandogli i capezzoli. Si alzò a sedere sul letto, prendendone uno tra le labbra, morse con delicatezza mentre l'altro mugulava di piacere e gli stringeva le spalle, lasciandosi sfiorare la pelle delle braccia dai suoi riccioli biondi.

Claud gli leccò il centro del petto, salì sul collo, il mento, tornando a riappropriarsi della sua bocca. Con una mano gli afferrò un fianco morbido, stringendo con tanta forza da piantargli le unghie nella carne, mentre con l'altra gli strizzava una natica e poco dopo scivolava con due dita più in basso, facendosi spazio nel suo corpo. Daniel gemette a piena voce e reclinò il capo all'indietro, spingendo il bacino in avanti, strofinando il proprio sesso contro quello del suo amante, ostacolato in parte dalla stoffa degli slip.

Improvvisamente parve che non ci fosse più spazio per curiosità, domande, interrogatori. Claud pensò soltanto per un secondo che stava rimandando ancora il momento in cui sarebbe tornato a dare la caccia a Keith, ma era sempre stato dell'opinione che ogni lasciata era uno spreco enorme, senza contare che aveva bisogno di recuperare, di rifarsi dopo i mesi in cui aveva intrattenuto rapporti sessuali quasi sempre con donne e soltanto per soldi.

Era bello tornare a stringere tra le braccia il corpo caldo, meno morbido, di un uomo. Riscoprire quelle parti così simili alle sue, ritrovare quella sintonia tra pelle e gemiti, fatta di gesti a volte poco gentili, ma complici, armonici. Fare l'amore con un uomo, anche soltanto per dare sfogo ai più bassi istinti, era una cosa totalmente diversa. Claud vedeva in quello una sincronia che non poteva esistere tra uomo e donna, dove la natura che caratterizzava l'uno e l'altra era troppo diversa e distante.

Daniel gli infilò una mano negli slip, prendendo il suo sesso nel palmo, e Claud ansimò; il suo sorriso si fece malizioso e soddisfatto mentre si spingeva maggiormente con le dita nel suo corpo, arrivando a toccare un punto che fu in grado di farlo tremare.

Il giovane ex modello si sporse con un braccio verso il comodino che si trovava a destra del letto, ne aprì il primo cassetto a tentoni, così come si mosse al suo interno, tirandone fuori, dopo qualche secondo, un preservativo.

Smise di stimolare il suo amante, che invece lo spinse contro il materasso, mentre Claud apriva la bustina e l'altro gli toglieva del tutto la vestaglia, per poi sfilargli anche gli slip: iniziò a baciargli il petto, scendendo verso la pancia, l'inguine. Afferrò l'elastico dell'indumento con i denti, tirando verso il basso e infine si aiutò con le mani, per rimuoverglielo del tutto, mentre Claud indossava il preservativo.

"Perché stai perdendo tempo?" ancora ansanti, dopo avere fatto di nuovo l'amore, Claud si trovò a domandarsi per quale motivo stava continuando a rimandare il momento in cui sarebbe dovuto uscire da casa propria e tornare alla vecchia vita.

"Devo passare da mia madre. Da Jeffrey. Vedere Ryan e tornare a puntare su ciò che più mi preme: Keith" si disse, ma poi si volse verso Daniel che stava disteso al suo fianco, di lato, il corpo scoperto, gli occhi chiusi, il respiro che poco per volta stava tornando regolare.

"Uhm. Gran bel sesso, ma non ti interessa un cazzo di lui. Perché perdi tempo? Il sesso non è mai una perdita di tempo. Okay, ma adesso che sei soddisfatto e appagato..." tuttavia non ebbe modo di terminare quel pensiero ambiguo, dai possibili risvolti poco piacevoli, poiché il suo cellulare iniziò a vibrare. "Avevo impostato la suoneria..." si disse, ma poi si rese conto che il rumore proveniva da dentro il cassetto del comodino posto a sinistra del letto e le rughe sulla sua fronte si fecero più profonde.

Lì dentro aveva lasciato il cellulare che aveva usato durante la trasferta a New York: in fondo a un cassetto, dove pensava che sarebbe stato bene, dato che non aveva intenzione di utilizzarlo più. Si decise a recuperarlo un attimo prima che smettesse di squillare e lesse il nome del chiamante: Boka.

Deglutì e premette il tasto di risposta, ma prima che potesse portarlo all'orecchio, l'apparecchio vibrò più a lungo e, infine, si spense.

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