6- Sotteranei

Presi il biglietto e quando lo lessi rimasi senza parole:

Ciao, so' dov'è il libro
Venite nei sotterranei
alle 17:00.
Potrebbero esserci problemi. Mettetevi
Qualcosa di comodo.
Portate un portafortuna.
Roger

Rimasi di stucco: i primi tre righi erano "normali", sapeva dove era il libro.
Ma le vere domande cominciarono dopo: problemi tecnici? Vestiti comodi?
Portafortuna?.
Tutte quelle domande iniziavano a farmi fare male alla testa.
Porsi la lettera alle mie amiche, che rimasero in silenzio per un po'.
«Abbiamo qualcosa di comodo?» chiese Jasmine
«Abbiamo un porta fortuna?» chiese Samira.
Senza saperlo, mi feci rossa in viso, la vergogna pervase.
Presi un respiro profondo e dissi tutto d'un fiato:
«iohodellecamicedauomoperchemipiacestarecomodaquandostosola»
Ovviamente, le mia amiche non capirono un accidenti di quello che dissi, così, ripete il tutto più piano:
«io ho delle camice da uomo e delle cose da uomo perché quando sono sola, mi piace stare comoda e leggere, non giudicatemi, o vi butto fuori dalla finestra»

Jasmine scoppiò a ridere, mi stavo per arrabbiare quando anche Samira scoppiò a ridere.
Smisero di ridere e Jasmine disse: «anche io ho delle magliette da uomo!»
Samira, balzò in piedi dalla sedia «Anche io!».
«secondo me non dovremmo vergognarci, siamo nel 1945,mica nel medioevo!» disse Samira.
Aveva ragione.

Ora, toccava da chiarire la faccenda del portafortuna.
«ma secondo voi a che ci serve, il portafortuna? Io non ci credo nemmeno alla Fortuna!» disse Samira mentre si aggiusta i capelli rossi con delle mollettine colorate.
«Non lo so, ma Roger è strano, sapete, meglio accontentarlo»
«questo è poco ma sicuro» aggiunsi con un risatina.

Le ore passavano, erano ormai le quattro e un quarto del pomeriggio e ancora non avevamo trovato il portafortuna.
«Magari vuole ricattarci» disse Jasmine
«Non credo.... Che aspetto ha un portafortuna?» chiese Samira.
«È un oggetto per te caro, una collana, un anello o un braccia-»
Prima di finire la frase, fui interrotta da Jasmine, che si Alzoʼ dal divano con uno scatto invidiabile da un maratoneta.
«CI SONO! I nostri portafortuna sono i regali dei nostri padri!»
«Jasmine, sei un genio!» gridai abbracciandola.
Prima di abbandonarci, i nostri padri ci avevano dato una collana, un anello e un bracciale.
A me è capitato l'anello e lo mostrai  alle mie amiche.

Era di opice nero, con sopra un simbolo di un teschio, non so quanto ciò si possa definire "portafortuna" ma almeno era un inizio.
Non lo avevo mai tolto, sin dal primo momento che mia madre me lo ha dato,al posto di mio padre, che era morto, non l'ho mai più tolto.
Quel giorno, ironia della sorte, mamma mi raccontò che il giorno in cui mio padre me lo regalò, lui morì sul lavoro.
Era un muratore, e una trave gli cadde in testa e lui cadde dal 5°piano di un palazzo che stava costruendo.
Avevo solo 4 mesi.

Jasmine posò sul tavolo una collana, con una pietra di lapislazzulo attaccata ad un cordino blu.
Lei diceva sempre che le ricordava il cielo, a me, invece, non ricordava un fico secco.

Infine,fu  il turno di Samira, che posò sul tavolino una braccialetto  sul tavolino.
Era ricoperto da Alghe che, magicamente, non si staccavano nel tempo.
Per finire lo stile da ambiente marino protetto, il tutto era ricoperto da piccolissime conchiglie.

Il tempo, però scorre, e in men che non si dica l'orologio segnò le quattro del pomeriggio e noi non avevamo la più pallida idea di dove si trovassero i sotterranei.

Ci preparammo in fretta e furia con degli abiti da lavoro da uomo, più che altro era un "abito" da muratore,che mi riportarono in mente mio padre. Avevamo sopra di esse delle magliette sgargianti e delle bretelle.
Sperammo vivamente di non incontrare nessuno nella via.

Allo scoccare delle quattro e mezza, partimmo verso la ricerca della diritta via verso i sotterrai scolastici.
Chissà perché c'erano quei sotterranei, forse, servivano per metterci dei "ragazzi difficili" che più che difficili erano impossibili.
Probabilmente se qualcuno ci avesse viste conciate così, ci avrebbero rinchiuso lì dentro dandoci delle pazze.

Fortunatamente, non trovammo quasi nessuno studente nelle vie, solo qualche ragazzo intrattenuto dai professori per qualche problema disciplinare, che, assorto nei loro pensieri, ci ignoravano, come se fossimo presenze invisibili

Jasmine

Che ci crediate o no, facemmo il giro di tutta la scuola e, dopo aver girovagato a vuoto per circa trenta minuti, trovammo una porta, nascosta dietro un mucchio di scatole.
Era di ferro e piena di ruggine, probabilmente non la  ristrurava  nessuno da almeno cinque anni.
Sopra di essa, si poteva osservare un cartello con delle lettere sbianchite "vietato l'ingresso ai non autorizzati". Non credo fossimo autorizzate.
Una Scritta con un pennarello indelebile , citava la parola "sotterranei"
«Che si fa?, non possiamo entrare!» dissi.
«Non so cosa stia succedendo, ma io so che troveremo le risposte che cerchiamo, in un modo o nell'altro, so che qui scopriremo la verità» replicò Jasmine.
Anche io sentivo la stessa sensazione, come di attrazione, ma allo stesso tempo ne avevo paura, ma si sa, ogni umano ha paura del cambiamento, soprattutto se è strano e inaspettato.
Presi un respiro profondo e spinsi la porta, che fece talmente tanto rumore che sarebbe stata capace di allertare la dirigente,per fortuna (o sfortuna), non c'era nessuno.

Dopo la porta, si osservava una scalinata, che, con mio stupore, era ben illuminata.
Dopo aver sceso le strette scale, la fila, guidata da Jasmine (non so con che coraggio) e finita da me, si ritrovò nei sotterranei.

Jasmine

Quelli che mi aspettavo come una prigione buia e umida, in realtà era tutt'altro:
La luce illuminava il tutto, cioè unpiano che non cambiava molto dagli altri.
Delle porte circondavano i lati, come se fossero aule, dentro di esse, però, c'erano soltanto banchi e sedie di scorta.
Probabilmente, a quel posto, si addiceva di più la parola "magazzino" che "sotterraneo".

Svoltammo l'angolo, aprimmo una porta di ferro arrugginito, ci ritrovammo in una stanza lunga stanza.
Stavolta la descrizione "sotterraneo" calzava a pennello.

L'unica cosa che salvava quel posto dallo scompiglio, era una flebile luce che illuminava la stanza il minimo indispensabile.

Avevo paura lo ammetto, però più andavo avanti, più la voglia di continuare aumentava.

Ad un certo punto, quando fummo arrivate quasi alla fine della stanza e l'ansia mia assaliva a livelli stratosferici, successe ciò che cambiò la nostra vita per sempre.

All'improvviso, la luce si accese completamente, rivelando tre signore, di spalle, mi tornò in mente il sogno che avevo fatto, e se fosse così...
Le cose non si mettevano affatto bene.

La signora di sinistra, aveva dei capelli neri legati in uno chignon, quella di mezzo, aveva un taglio di capelli che mi ricordava... LA DODDS.
Lo sapevo che quel insegnante non me la raccontava giusta, già dai primi giorni, cominciava a prenderci di mira, come se fossimo chissà quale perioco.
Accanto alla Dodds, una signora bassina, molto, bassina, con una corporatura grassoccia aveva i capelli bianchi, ancora più corti di quelli del insegnante di matematica.

Si girarono, rivelando i volti rugosi.
La Dodds, mi squadro' con sguardo assassino.
«Ssssstate per morire Ssssssuquallide ragazze»
disse quella di destra.

Io e le mie amiche ci guardammo, stupite.
Non sapevo cosa stava succedendo, ma, di sicuro, stavamo per cacciati in un mare di guai.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top