Capitolo 16 - LE LACRIME DEL CUORE - terza parte
Come se fossero percorse dalla forza di un tremendo terremoto, le pareti della stanza, il pavimento, e il soffitto in prossimità di Alexandros, cominciarono a tremare. La roccia si spezzò, i grandi blocchi di pietra che componevano le mura, si separarono gli uni dagli altri, attirati violentemente verso il corpo del mezzodemone. L'intera cattedrale oscillò, dominata dalla potenza dell'incantesimo, mentre una grossa parte della stanza celeste del divino Emmaniel veniva sradicata dalla sua sede, seppellendo sotto tonnellate di pietra l'arcimago trasformato in demone.
Il tutto terminò in pochi istanti.
Dalle ampie fessure nel soffitto penetrava flebile la luce delle stelle, mentre l'immenso polverone, causato da quell'opera di distruzione, andava diradandosi. L'irreale silenzio che era calato in quel frangente, era disturbato soltanto dal respiro ansimante di Esgarth. Era provato dall'immane sforzo, ma saturo di gioia per ciò che aveva appena compiuto.
«Ce l'ho fatta, l'ho sconfitto!» esultò, accompagnando il tutto con una fragorosa risata.
«Io, il grande Esgarth, ho sconfitto da solo uno dei più potenti stregoni della Torre Scarlatta divenuto demone!»
Si crogiolava beandosi dell'impresa che aveva appena compiuto, qualcosa che l'avrebbe portato ben oltre il grado raggiunto finora.
«...il posto di Quinto Arcimago mi sta stretto, sicuramente questa mia vittoria mi farà scavalcare quell'inetta di Bella, e anche il posto di Hakurei potrebbe essere alla mia portata...»
Lo stregone farneticava sulle sue eventuali promozioni, non accorgendosi di quello che stava succedendo.
Alteria si era ripresa e con le sue esili braccia, si prodigava nel tentativo di rimuovere i quintali di pietra ove era stato seppellito il suo amato. Sarebbe andata anche oltre le sue capacità per liberarlo: percepiva chiaramente che, sotto quelle tonnellate di roccia, il cuore di Alexandros batteva ancora. Mentre stava per smuovere i primi ciottoli, venne imprigionata da una tremenda forza magica che la costrinse a bloccarsi.
«Credevi davvero che ti avrei lasciato agire indisturbata?»
Esgarth stava stringendo con i suoi poteri la giovane in una morsa al collo, che aveva come obiettivo di soffocarla. Thondaril, stretto nuovamente tra le sue mani, scintillava in modo sinistro.
«Racconterò che sei stata uccisa da Alexandros, la trovo una versione abbastanza convincente.» L'arcimago rise sommessamente prima di proseguire nel suo sproloquio: «Morta per mano dell'uomo che amava trasformato in un orribile demone. Non trovi che sia così melodram...»
Il braccio con cui Esgarth sorreggeva il suo scettro magico cadde a terra, tranciato di netto all'altezza dell'avambraccio.
Dal moncone il sangue schizzava copioso sul terreno, accompagnato da un urlo agghiacciante. Mentre lo stregone si disperava, inconsapevole ancora di ciò che l'aveva ferito, la forza di una tremenda esplosione spazzava via il tumulo dove era seppellito Alexandros.
«Non è così semplice eliminarmi, Esgarth!»
La voce del mezzodemone aveva assunto una connotazione ancora più bestiale. Le sue pupille cremisi balenavano come fiamme sferzate dal gelido vento della notte, dalle sue fauci in cui spuntavano aguzzi denti ferini, fuoriusciva un denso fumo nero dall'odore pungente. Alexandros spalancò le ali simili a quelle di un predatore notturno, ergendosi ancor di più in tutta la sua maestosità. La sua ombra, rischiarata dalla luce della luna, troneggiava sulla figura strisciante di Esgarth, accovacciato al suolo nel vano tentativo di arginare l'emorragia dovuta all'orrenda mutilazione. Il demone si compiacque nel vedere la sua vittima torcersi dal dolore, ma ancor di più pregustava quello che aveva in mente di fargli: perché la sua sofferenza era solo all'inizio. Tese le mani in avanti e con i suoi poteri di telecinesi bloccò l'arcimago in una stretta mortale sollevandolo leggermente da terra. Mentre dal braccio destro il sangue continuava a scendere come da una cascata, il braccio sinistro si torse in modo innaturale fino a frantumarsi all'altezza del gomito.
«Allora, come ci si sente ad essere vittima della propria medicina?» disse il mezzo demone, senza esser troppo sicuro di esser udito dalla propria vittima, che urlava in preda al dolore più straziante che avesse mai provato. Pochi istanti dopo fu la volta della gamba sinistra: il rumore delle ossa che stridevano giunse al culmine, quando la frattura di tibia e perone lesionò addirittura i tessuti dell'epidermide.
«Fermati, Alex, ti prego!»
Ma la supplica di Alteria non venne minimamente udita dall'ex stregone, la cui risata malvagia era talmente potente da coprire le grida disperate di Esgarth. Non rimaneva ormai più nulla della sua umanità, in quell'involucro di muscoli e pelle corazzata. Era solo un enorme concentrato di potere, dominato dalla malvagità del Quaresh, che si beava del dolore che provocava al suo bersaglio.
Anche la gamba destra si spezzò all'altezza del ginocchio, mentre l'arcimago stava per perdere coscienza per l'eccesso di dolore a cui era stato sottoposto.
«Eh no, così non è più divertente» esclamò Alexandros, rendendosi conto che era giunto il momento di porre fine alle sue sofferenze. Sul dorso della mano destra si materializzò una spada di ghiaccio pronta ad infilarsi nella carne dello stregone, ridotto ormai ad un invertebrato.
La lama si infilò nella morbida carne tagliandola come burro, trapassando il debole corpo. Il sangue fuoriuscì come un fiume che rompeva gli argini, inzuppando la fredda arma incantata. L'odore del liquido carminio solleticò i sensi animali del mezzodemone destando in lui una terribile sensazione: non era di perfido stregone quell'aroma, ma sangue di giovane innocente.
Alteria si era frapposta a difesa di Esgarth ed era stata trafitta al posto suo. Alexandros estrasse la propria arma indietreggiando di un passo, la sua orrenda immagine si rifletteva negli occhi nocciola della ragazza, gonfi di lacrime. Vide se stesso, quello che era diventato. Il grottesco corpo dall'aspetto repellente sembrava deformarsi sempre più, sotto il peso delle sue azioni malvagie.
«Che cosa ho fatto?» disse con voce tremante, mentre un rigurgito di vomito gli torse l'esofago, facendolo tossire.
«A-alex...» balbettò la ragazza che a fatica si reggeva sulle proprie gambe. Il sangue dalla profonda ferita si diffondeva a macchia d'olio sull'intonsa camicetta.
«Che cosa ho fatto?»
Alexandros fece un altro passo indietro, cercando di sfuggire alla ragazza che avanzava vacillando verso di lui cercando di toccarlo.
«A...a...alexan...»
Alteria era pallida con il viso impregnato di sudore. Tremava in preda a brividi di freddo, mentre arrancava in direzione del demone che l'aveva ferita in modo mortale. Lui, d'altro canto, non poteva fare altro che assistere impietrito alla scena. Il dolore per quel gesto lo penetrava nelle viscere; la rabbia e l'odio che alimentavano il Quaresh scomparvero, lasciando spazio solo all'autocommiserazione e al pentimento. Le gambe della ragazza infine cedettero e Alexandros riuscì a prenderla prima che toccasse il suolo. Dolcemente l'adagiò sulle proprie ginocchia.
«Erano mesi che aspettavo questo momento...» la voce della ragazza si fece eterea, quasi impalpabile. «Sai, ho sempre adorato sdraiarmi sulle tue gambe... mentre leggevo.»
«Non sforzarti, ti prego. Forse riesco a curarti.»
Alexandros provò a catalizzare la sua energia curativa sulla ferita della giovane, le cui forze andavano scemando. In quelle condizioni, quel genere di magia, gli risultava impossibile da applicare. Quel corpo era in grado solo di offendere e non di difendere o prendersi cura di ciò che amava. Il demone maledisse se stesso per la condizione in cui versava. Avrebbe voluto strapparsi di dosso quella rugosa corazza violacea che componeva la sua epidermide, infliggersi mille volte il dolore provato dalla ragazza che lentamente stava morendo tra le sue braccia.
Le braccia del suo carnefice.
Alteria sorrise, come se l'avanzare della nera signora verso di lei non la spaventasse. Il dolore per la ferita, la disperazione per la morte che sopraggiungeva inesorabile, non la tangevano minimamente. Era soltanto lei, tra le braccia dell'uomo che amava, in un mondo che sfuggiva dalla cruda realtà. Quando perse definitivamente i sensi il suo volto era calmo e serafico: sembrava felice.
Una lacrima cadde sulla sua morbida pelle. Il mostro piangeva.
Nella mente di Alexandros scorrevano, trasportati dalle onde del destino, i ricordi del tempo passato. La morte dei genitori, l'arrivo alla Torre Scarlatta, il duro addestramento, il lungo viaggio alla ricerca della verità, l'incontro con Lothor, il sacrificio di Vanessa, erano stati soltanto un grottesco contorno ai momenti passati insieme. Era stato in grado di riconoscere quella felicità soltanto ora, nel momento in cui era perduta per sempre.
Un'altra lacrima cadeva sul pacifico corpo di Alteria, illuminato dalla luce del firmamento. Se solo se ne fosse accorto prima, forse il suo destino sarebbe stato diverso.
A cosa era servito tutto ciò? Accanirsi su Emmaniel non aveva riportato in vita i suoi cari, non avrebbe mai rivisto il loro sorriso.
Piangeva copioso Alexandros, detestandosi per aver deliberatamente ignorato i suoi sentimenti nei confronti di quel piccolo fiore dai biondi petali.
All'improvviso, la luce del cielo che rischiarava il corpo della ragazza si fece più intensa, tanto abbagliante da illuminare a giorno la cima della cattedrale.
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