Sei l'innocenza di cui ho bisogno
Aveva gli occhi dipinti come rugiada quando la immaginavo.
Magari avessi potuto averla accanto a me nei primi tempi, avrei disegnato accuratamente ogni lato incavato del suo volto, i capelli spenti e le labbra pallide che agli occhi miei erano gli attributi fisici più belli del mondo dopo che conobbi lei.
Un mare di lentiggini la delineava come ragazzina, mia, accanto ogni notte la sognavo.
Ed il desiderio di scappare insieme da quel mondo era più forte che mai.
Quello fu un giorno terribile al campo. Pioveva, l'umidità impregnava l'aria ammazzandole ogni speranza di sopravvivenza. Perfino Klaus cercava ossigeno e si sentiva colpevole nell'esserne così affamato data la sua posizione rispetto a quelle loro, degli internati.
Era passata una settimana da quando cominciò a lavorare nel campo e giurò sulla sua pelle che avrebbe preferito tornare a combattere con le armi al fronte.
Ora, il suo turno composto dalle sei ore mattutine, implicava che il soldato dovesse pattugliare la zona di campo femminile e perlustrare come al solito cucine e lavori a loro dediti.
Cercava spesso lo sguardo di qualcuno, si sentiva anche lui solo nonostante non potesse proprio ammetterlo.
Klaus era un galantuomo, sua madre gli aveva insegnato ad essere sempre gentile con le ragazze come un nobile cavaliere, rispettandole come rispettava lei.
Ma un gentiluomo non si permetteva di spiare una donna, di non mancarle dei suoi spazi, eppure lui violò questa regola varie volte e sempre per la stessa donna, colei che incontrò la prima volta di sfuggita in cucina.
Anche se indossava un fazzoletto, dalle sopracciglia aveva notato un caratteristico rosso ramato, splendido. Non aveva mai conosciuto alcuna ragazza con le caratteristiche di lei, non gliene era mai importato realmente.
Non pensava mai all'amore che poteva trasmettere verso una persona sola, praticamente viveva di amore materno, famigliare, amichevole, che condivideva con poche persone a lui speciali.
Probabilmente perché il padre lo tartassava con la storia della famiglia, della copula, quasi costringendo il figlio a sposarsi a breve data la sua età matura.
Un'altra ragione che lo convinse ad arruolarsi fu proprio quella di sfuggire ad un qualche matrimonio combinato che i suoi genitori avrebbero potuto organizzare senza indugi, in fondo loro figlio era perfetto dal loro punto di vista.
Verso mezzogiorno, il giovane soldato era poggiato ad una parete esterna di una baracca, il legno umido per la scorsa pioggia incollava a sé la sua divisa, mentre il terriccio appena infangato attorno alla struttura lasciò un'evidente impronta dello stivale quando egli piegò la gamba per darsi più equilibrio.
Il fiato corto era dovuto alla scena pietosa che era subito a vedere quasi ogni ora, continui lamenti, continue urla dei suoi colleghi; voleva almeno un attimo di pace.
Per tutta la settimana non fece altro che sfogarsi col suo nuovo e peccaminoso vizio, l'unico che riusciva a confortarlo e farlo sentire meno solo ogni giorno.
Sfilò dalla tasca una delle sue sigarette - ne aveva comprate a bizzeffe - portandola lentamente verso la bocca, stufo.
La accese ed assaporò fino in fondo l'odore caratteristico di tabacco che non lo infastidiva più.
Lasciò divenire intrisa di fumo la sua divisa, i suoi capelli, le mani, finché non la gettò a terra per cominciarne una seconda l'attimo dopo.
Copiosamente, tirò fuori nuvole di fumo erse verso il cielo torbido e, scemando, si unirono ad esso.
Mai prima di allora i suoi polmoni furono macchiati di nero catrame, nonostante la sua mente da anni lottava per espellere idiozie e miti che il nazismo gli aveva inculcato.
Non vi era armonia nella sua anima.
Un secondo dopo, poco prima che finisse la pausa, l'occhio di Klaus cadde alla sua destra dove vi era una ragazza sola, seduta a terra e con le ginocchia al petto, beccandola nel fissarlo insistentemente.
Ella guardò altrove e Klaus non ne diede importanza, lasciando passare ciò che - in quella realtà - era un comportamento inammissibile, un affronto, una sfida tra classi di uomini completamente opposte.
Abbandonò la baracca per ricominciare il turno, controllando fugacemente ogni internata che svolgeva il proprio lavoro.
La giornata trascorse lenta, all'orizzonte vi era visibile solo il tramonto e dei raggi caldi battevano sul campo sperando di dargli un minimo di colore e calore, conforto soprattutto.
Klaus notò nuovamente quella ragazza e ciò che catturò del tutto la sua attenzione fu che ella, di colpo, abbracciasse la donna che si era impadronita dei pensieri del soldato da giorni.
Le guardò bene e sembravano felici. Come potevano esserlo..?
La ragazza era sporca dalla testa ai piedi, dei tagli alle braccia contrastavano la sua pelle pallida, non indossava un fazzoletto come l'amica ed i suoi corti capelli erano neri e spenti a differenza dello sguardo fiducioso che ora poneva verso l'amica.
Ella sorrise scaturendo una smorfia prima buffa all'altra, poi un'occhiata dolce e, forse, compassionevole.
Ora che Klaus la guardava sorridere poté ammettere che quella donna era veramente bella, pura.
Non riuscì a sentire i loro discorsi ma questi finirono in un lampo e le due corsero verso la loro baracca, ignare del ragazzo ancora impalato sul posto a qualche metro da loro.
Un suo collega scosse i suoi pensieri, qualche pacca sulla spalla ed il solito saluto nazista prima di dirigersi verso la propria dimora, sconsolato e con solo tanta voglia di sprofondare nel letto soffice e fresco.
Dopo aver cenato, si bloccò di fronte alla finestra della sala, catturato dalla bellezza della luna piena. Essa era circondata da milioni di stelle, un vero e proprio dipinto che terminava con una fila di pioppi sullo sfondo; uno schizzo di cui sua madre sarebbe stata interessata nel dipingere e rielaborarlo a propria fantasia ed umore.
Klaus si rincuorò nel pensarci, nel tirar fuori altri dolci ricordi prima della guerra.
Non aveva realmente sonno, solo la stanchezza premeva sulle sue gambe. Ciononostante, restò ancora per un tempo indefinito ad ammirare lo spettacolo fuori dalla finestra, ora nella sua spoglia camera, con le ginocchia al petto e la schiena poggiata su un cuscino alzato, come faceva da bambino quando non voleva andare a dormire.
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