AU: How it's started... (Parte 2)

Per farmi perdonare delle due settimane di assenza che ho fatto, vi propongo un piccolo alternative universe ambientato ai giorni nostri, e che vede le avventure di un aitante giovane avvocato ed una burbera cameriera di un bar (dal cuore d'oro), che tende più a versare il caffè sulla testa di chi la importuna che a servirlo... il tutto condito dai nostri spumeggianti protagonisti della Lega dei Condannati! Vediamo che ci aspetta... buona lettura!🔥

(A fine capitolo ho una domanda per voi, fatemi sapere poi cosa ne pensate!)

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Un lavoro, bene o male, definisce il genere di persona che vuoi diventare, o, per lo meno, mette sempre in evidenza il tipo di passione che ti spinge ad impegnarti al cento per cento delle tue forze: per esempio, un cuoco cucina perché ama abbinare nuovi sapori e mettere in pratica nuove ricette; un pompiere rischia la propria vita perché guidato dalla sua volontà di salvare ed aiutare la gente in pericolo; una scrittrice scrive perché appassionata di lettura da sempre, e trova affascinante inventare storie.

Ma Elyve, una ragazza come le altre, sento di non avere una vocazione simile. O meglio, una in particolare ce l'aveva: versare il caffè bollente addosso a chi, con espressione fintamente distratta, le toccava lascivo la porzione di pelle lasciata scoperta dalla gonna della divisa da cameriera. Si era beccata più e più volte rimproveri dal suo capo, ma Rhys, nonostante sapesse quanti problemi le dava quell'indumento, non aveva intenzione di cambiarla.

La ragazza era decisa a rendere pan per focaccia a chi osava infilare le sue luride dita sotto la soglia della gonna: avrebbe indossato jeans lunghi fino a quando Rhys non avrebbe compreso che il livello delle molestie stava salendo gradualmente.

E purtroppo non solo lei aveva questo tipo di problemi: la nuova cameriera, una bionda dagli occhi grigi che conosceva bene come le sue tasche, in quel momento stava trattenendo le sue labbra tremanti mentre un uomo sui quarant'anni, calvo ed avvolto in un completo elegante fatto su misura, la stava evidentemente importunando, poggiando la mano sul sue sedere quando passava accanto al tavolino. Probabilmente era brillo, anche se erano solamente le diciotto di pomeriggio, ma questo non giustificava il suo comportamento.

Ignorando l'occhiata di avvertimento che le lanciò Rhys, Elyve si mosse con passo pesante e sicuro verso la fonte del problema. Reggendo il vassoio con una mano, mentre l'altra si posava con fermezza sul fianco, domandò: «Mi scusi signore, so che preferisce trascorrere il tempo a tradire sua moglie piuttosto che passarlo in ufficio a rendersi utile per la società, ma come può ben vedere...» la ragazza si girò verso la collega, e silenziosamente le chiese una mano per ricordarsi il suo nome.

«Einslyn...» disse sommessamente l'altra, mentre si stringeva al petto il vassoio vuoto ed indirizzava il suo sguardo a terra. Aveva le gote rosse per l'imbarazzo.

«.... Einslyn non gradisce la sue attenzioni. Quindi, la pregherei di lasciarla in pace» concluse il suo discorso, prendendo poi il polso della bionda per portarla via da quella situazione. Conosceva il genere di disgusto che in quel momento stava provando, ma prima capiva che avrebbe dovuto reagire a quel genere di persona meglio era. Lyv era abituata a vedere gente sbronza, ma la giovane ancora no.

Dovevano fare un bel discorsetto.

«Ma chi ti credi di essere?» sbottò in risposta il signore. Si alzò velocemente, troppo per la sua stazza robusta ed il suo stato di ubriachezza, tanto che fece traballare il tavolo posto davanti a lui. Quando sia il mobile sia lui ripresero equilibrio, si mosse verso la castana e l'afferrò con maleducazione per un braccio.

La presa faceva male ad Elyve, tanto da farle contrarre il viso in una smorfia di dolore. «Signore, mi fa male...» mugolò, ma la sua frase venne spezzata metà dalla voce sprezzante dell'ubriaco.

«Piccola puttanella, tu non sai chi sono, e fidati che se lo sapessi a quest'ora mi staresti supplicando di risparmiarti» le urlò contro con cattiveria, stringendo la presa ulteriormente. «Ora, adesso tu mi servi come sei abituata a fare, e ti lasci spupazzare in segno di devozione e pentimento per le parole che ti sono uscite da quelle labbra, ti è chiaro?»

Stava per rispondere con un bel "col cazzo", quando il calvo emise un verso strozzato e la lasciò andare.

Alle sue spalle, un altro uomo, il quale non sembrava superare i trent'anni di età e di bell'aspetto, lo aveva afferrato per il polso della mano libera e glielo aveva ritorto dietro alla schiena, in una posa del tutto innaturale, in modo da fargli male. Il viso dai tratti decisi e gli occhi blu come l'oceano, occhi che Elyve conosceva troppo bene, mandavano lampi. «Non sa che fingersi superiore e prendersela con le cameriere è segno di meschinità e di debolezza caratteriale? Dovrebbe lavorarci su, ma dubito che otterrebbe risultati duraturi»

«Piccolo insolente...!» se ne uscì ancora agonizzante l'altro, ma il giovane diede uno strattone al braccio, facendolo urlare.

«Ora» Keydan calcò bene il tono su quelle tre lettere, «chiederà scusa al proprietario del bar ed alle due fanciulle che l'hanno servita anche fin troppo bene per la persona che è, e risarcirà i danni pubblicizzando il loro locale gratis. Sbaglio, o è lei colui che dirige la grande catena di sponsorizzazione della nostra città?» lo stuzzicò, e continuò a parlare ignorando i mugolii di protesta dell'uomo. «A meno che non preferisca una condanna per molestie sessuali a cui, l'avviso, tutte le persone qui presenti hanno assistito in diretta. Questo potrebbe mandare in rovina la sua carriera, non le pare?»

«Và all'inferno» mormorò l'altro in risposta.

Fu in quel momento che Keydan perse le staffe. Si chinò all'altezza del suo orecchio, e sussurrò con voce maligna: «Si fidi e segua il mio consiglio, mezzo calzino senza palle. Altrimenti vedrà i cancelli dell'oltretomba prima che possa chiamare la prostituta di torno» lo minacciò, lasciando la presa e buttandolo a terra.

Il calvo si tirò in piedi e si aggiustò il nodo della cravatta, lanciando un'occhiata alle due ragazze ed al loro capo in lontananza. «Mi scuso per il mio comportamento inadeguato. La prego, mi faccia sapere quando incontrarci per porre gli affissi delle pubblicità»

Rhys fece solo un cenno con la testa. Dopo di che, l'uomo tirò fuori una mazzetta di soldi, li lasciò sul tavolino dopo aver preso la sua ventiquattrore ed infilò la porta, abbandonando quella sorta di ring verbale che si era creato.

La scena che si era svolta aveva avuto l'effetto di un congelatore: tutti si erano fermati per seguire ciò che stava succedendo, ma non appena il nervo centrale del problema di era dileguato, le persone ripresero a fare ciò che avevano lasciato a metà. C'era chi stava imboccando il proprio figlio con l'omogeneizzato mentre spizzicava un panino farcito, chi festeggiava il proprio compleanno con gli amici a base di drink analcolici e non, chi era nel bel mezzo di quello che aveva tutta l'aria di essere un appuntamento romantico.

Keydan si voltò verso le due ragazze, Einslyn nascosta dietro al corpo dell'altra cameriera. «State bene?» si avvicinò ad Elyve, e con una mano le prese gentilmente il polso, lo stesso che quell'essere non propriamente definibile uomo le aveva torturato con la sua forza bruta. «Ti uscirà un bel livido, Lyv»

La ragazza sfilò il braccio dalla sua mano ruvida, di cui ricordava il tocco dolce e delicato come se non fosse passato neanche un giorno da quella notte. «Non ti preoccupare, chiederò a mio padre di aiutarmi con una fasciatura»

Se Keydan se l'era presa per quel suo gesto, non lo diede a vedere. Si girò verso la bionda, e cordialmente chiese anche a lei se stesse bene. «Non si preoccupi neanche per me» mormorò timida, ma i suoi occhi color della tempesta rivelavano tutta la gratitudine che provava verso di lui. «Piuttosto, la ringrazio per quello che ha fatto per noi. Ha corso un bel rischio» si lisciò la gonna nera con fare nervoso, e prese a torturare la fede dorata che adornava l'anulare della mano sinistra. «Io, insomma, sapevo chi era, per questo non ho detto niente. Ho immaginato che, se mi fossi ribellata, lui si sarebbe ritorto contro di me. Cosa vale la mia parola, contro quella di un influente uomo di potere come lui?» parlò concitata, quasi come se quello che era accaduto fosse colpa sua.

«Einslyn, non dirlo neanche per scherzo» la fermò la castana, con voce dura. «Non è la prima volta che glielo vedo fare, e tutte le ragazze che hanno subito trattamenti del genere se ne sono andate proprio per quello. Rhys ha cercato in ogni modo di fermarlo, ma quando ho capito che ogni cosa che diceva andava a vuoto, mi sono offerta io di servirlo, se si fosse ripresentato. Non è colpa tua se quel verme ti importuna»

«Aspetta un attimo» la interruppe il ragazzo al loro fianco. «Come sarebbe a dire che ti sei offerta tu di prendere gli ordini del suo tavolo? Dico, sei uscita fuori di senno?»

Elyve alzò le spalle. «Mi ritengo quella con più palle qui dentro. Non ho problemi a dire le cose in faccia, e Rhys lo sa. Anche se prima mi ha guardata male, so che è dalla mia parte» fece l'occhiolino all'uomo di colore con i lunghi capelli rasta, che li guardava e gli indicava di andare sul retro a discutere. Lei annuì e li trascinò nello spogliatoio.

Einslyn si lasciò cadere sulla piccola panca posta al centro della stanza, in mezzo a due file di armadietti addossati al muro, ma non fece in tempo a tirare un sospiro di sollievo che la porta che dava su un vicolo secondario si spalancò. Un ragazzo dalla chioma folta ed albina si precipitò verso di lei, con il fiatone ed il sudore che colava dalle tempie. Senza dire una parola, si gettò al suo fianco e l'abbracciò stretta, liberando un sospiro, come se avesse appena ricominciato a respirare. «Einslyn...» mormorò con voce roca e spezzata, «Rhys mi ha chiamato, e quando mi hanno detto che quell'essere schifoso ti stava mettendo le mani addosso non ci ho visto più e sono corso subito qui» si staccò da lei, e la ragazza vide due gocce salate che spingevano per uscire dalle iridi scure.

«Aid, amore, sto bene» lo rassicurò, facendogli una carezza sulla guancia nivea, ed indicò i due ragazzi dietro di lei. «Ci hanno pensato Elyve e Keydan a sistemarlo per le feste»

La castana si mise le mani sui fianchi. «Grazie per esserti preoccupato per me, eh» lo accusò con fare scherzoso, ma non fece in tempo ad andare avanti che il cugino era corso per abbracciare anche lei, e nel suo gesto ci vide tutta la preoccupazione che sentiva per loro. Rispose al suo abbraccio, e si lasciò cullare dal suo sentore di muschio. «Va tutto bene, Aidan, è tutto passato»

«Vedo che il tuo istinto da cugino iperprotettivo nei confronti di Elyve non ti è ancora passato» si intromise Keydan, con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni del suo completo.

«Ed io vedo che tu non riesci a smettere di girarle attorno, caro avvocato dei miei stivali» sbottò il bianco, allontanandosi dalla parente, e gli scoccò un'occhiata fulminante. «Si può sapere che ci fai qui?»

«Ero qui per prendermi un caffè, e per parlare con Lyv di una faccenda che riguarda noi due» rispose il giovane dagli occhi blu, sfidandolo con lo sguardo e con quel "noi due". «Sempre se ho l'approvazione del membro maschio della famiglia qui presente»

«Se con faccenda, intendi il fatto di averla lasciata sola, nel letto, la mattina di Natale ed essere scappato via come se non fosse successo niente, puoi scordarti di discutere con lei se non in mia presenza»

Quella frase fu come un flashback doloroso nella mente di Elyve. Si rivide abbandonata nel letto, tra le lenzuola sfatte, mentre si guardava attorno disorientata, alla ricerca di vestiti da uomo e con in testa una sola domanda: dov'era Keydan?

Solo qualche ora dopo aveva scoperto che il ragazzo se ne era andato, lasciandola da sola, nella casa di Clarky e Ariel, la coppia che generosamente aveva offerto loro riparo dalla tempesta di neve che aveva colpito la sera della Vigilia di Natale. Quello che in seguito aveva provato non era definibile a parole: rancore, odio, frustrazione ed anche dolore. Non solo si era data anima e corpo ad un ragazzo, ma ci aveva perso anche la verginità, credendo che fosse la persona giusta con cui farlo la prima volta. Ma era scappato, e di lui le era rimasto solo il profumo leggero sul cuscino ed il proprio cuore spezzato.

Il viso di Keydan si indurì. «Non sono affari tuoi, Aidan, quindi ti prego di astenerti dal commentare e di permettermi di risolvere la questione con tua cugina»

In tutto ciò, Einslyn si era limitata ad osservare il gruppetto, spostando le iridi chiare da una agli altri due come se stesse assistendo ad una partita di tennis. «Tu... sei Keydan? Quel Keydan? Quello per il quale ho dovuto consolare la mia migliore amica per una settimana intera?» la sua incredulità si stava trasformando in rabbia, tanto che si era avvicinata al ragazzo agitando un pugno per aria. «Ma io ti disintegro, altro che ringraziamenti! Non ho mai visto Elyve piangere davvero, e poi arrivi tu e lei scoppia peggio di una fontana!»

Per quell'uscita infelice, la castana le scoccò un'occhiataccia e si mise tra i due ragazzi, i quali sembravano volersi mettere le mani addosso a vicenda. «Fermi tutti, qui. Per prima cosa» indicò il bianco, «io non ho il bisogno del permesso di nessuno, sono in grado di capire da me se qualcuno ha la possibilità di potermi parlare. Secondo» spostò l'indice teso in avanti da Aidan a Keydan, «hai meno di due minuti per convincermi ad affrontare questo discorso con te»

Aidan, capendo che qualunque cosa avesse fatto, nulla avrebbe fermato la sua cuginetta, quindi prese la moglie tra le braccia e la condusse verso l'uscita, dopo aver preso la sua borsa con dentro i cambi. «Rhys ha dato la giornata libera ad entrambe, quindi io ed Einslyn ce ne andiamo da qualche parte per dimenticare quest'orrendo accaduto» spinse la ragazza oltre la soglia della porta. «Come un tribunale, oppure andiamo direttamente da quel pezzo di merda e lo sbatto direttamente io in prigione»

La voce del bianco si spense con la chiusura della superficie in legno, ed allora Keydan si rivolse ad Elyve, trovandola in posizione di difesa: gambe leggermente divaricate, braccia incrociate davanti al seno, espressione seria. Sorrise, perché quella posa la utilizzava sempre in passato, e un'ondata di nostalgia lo pervase. A quel tempo ero facile ignorare la forte attrazione che provava per lei, usando come scusa l'odio che suo padre, Kian, gli aveva infuso nelle vene nei confronti della loro famiglia: quando si è piccoli, si dà per scontato che ogni cosa dica un genitore sia giusto, ed era stato così anche per Keydan. Kian gli aveva detto che non avrebbe mai dovuto avere a che fare con Jeremy e sua figlia, e aveva seguito il suo ordine.

Ma in quel momento, e non solo in quello, il ragazzo faticava a starle lontano. Decise quindi di giocare a carte scoperte, rischiando il tutto per tutto. O la va, o la spacca. Mal che vada, io ci ho provato, si convinse.

«Se in meno di due minuti riesco a convincerti ad ascoltarmi, verresti a cena con me, stasera?»

•• ••

«Spiegami come diamine hai fatto a convincermi» borbottò la castana, mentre sorseggiava del vino rosso per non digrignare i denti per il nervoso.

Keydan sorrise, la soddisfazione che brillava nei suoi occhi. «Grazie alla mia impareggiabile eloquenza, mia cara. Non sono avvocato per niente» le spiegò poggiandosi alla parte bassa del divano che in quel momento fungeva da schienale per entrambi. «E poi, sii sincera: anche tu volevi affrontare questa conversazione»

«In realtà volevo approfittare della tua serie quasi infinita di film in dvd» sospirò Lyv, facendo ridere l'uomo al suo fianco.

La sera dell'incidente al bar, i due ragazzi si erano dati appuntamento a casa di Keydan. Il figlio di Kian non voleva discutere di un argomento così delicato per entrambi davanti ad un ristorante a cinque stelle: avevano bisogno di intimità, e di essere totalmente liberi di urlarsi contro senza essere soggetti ad occhiate stranulate e di rimprovero della gente che li avrebbe accerchiati. Se doveva essere sincero con se stesso, avrebbe voluto anche baciarla quella sera, e non lo avrebbe mai potuto fare in pubblico. Aveva quindi deciso di prendere due piccioni per una fava, e l'aveva invitata a casa sua.

Con suo grande stupore, Elyve aveva scoperto due cose: la prima, che Keydan ci sapeva fare con i fornelli, preparando una cena da far sbavare chiunque, anche un critico gastronomico di alta fama mondiale; la seconda, che non era rimasto indifferente al vestito nero, semplice ed elegante, che si era messa.

Voleva far colpo? Non lo sapeva. Voleva mostrargli cosa si era perso la prima volta? Assolutamente si.

Voleva anche indurlo a saltarle addosso? Oh diamine, anche.

Ma solo se l'avesse convinta delle sue motivazioni per essere scappato dopo quella notte.

«Forza, allora» esordì Keydan, girandosi completamente e mettendosi a gambe incrociate davanti a lei. «Abbiamo avuto tutta la durata della cena per rilassarci e per prepararci, quindi direi che, prima di addentare il dolce, dobbiamo parlare»

Elyve annuì, e si permise un'altra volta di bearsi della bella figura che faceva semplicemente vestendo un paio di jeans neri ed una camicia bianca con le maniche arrotolate fino ai gomiti. Era davvero bello da far sbavare anche una suora, e lei che sapeva cosa si nascondesse sotto quegli strati di stoffa poteva ben dirlo. Ma in quel momento doveva tirare fuori tutta la rabbia che provava davvero nei suoi confronti. Bastò, come sempre, il ricordo dell'abbandono subito per farle vedere tutto rosso ed annebbiato.

«Perché?» gli chiese con voce rotta. «Perché mi hai lasciato sola, quella mattina?»

Il ragazzo davanti a lei sospirò, e si passò una mano tra i capelli già mossi, scompigliandoli ancora di più. «So che non ci crederai, ma ci sono stati degli imprevisti. Due per la precisione, e non sai quanto mi penta di quello che è successo» mormorò, e tirò fuori il coraggio per prendere la sua mano tra le proprie. Il contatto con le due dita lunghe ed affusolate calmarono la tempesta interiore che lo stava scombussolando dentro, riuscendo a portare avanti un discorso di senso compiuto. «Quando quella mattina sono uscito, ero andato a cercare un mezzo qualsiasi -che fosse anche un apecar, non mi importava-, pur di poterti riportare in città e riuscirti a confessare che non volevo che raggiungessi tuo padre. Che volevo passare il Natale con te, ovunque, ma con te»

Nonostante quelle fossero le parole più dolci che qualcuno le avesse mai rivolto, Elyve non si fece addolcire e lo incalzò con le domande. «Ed allora cosa ti ha trattenuto dal tornare a prendermi? Ti sei pentito? Ti sei chiesto se era giusto nei confronti di tuo padre, tradirlo in quel modo?»

«Cosa? No, assolutamente no!» Keydan mise le mani davanti , scuotendole in modo scomposto. «Non potrei mai pentirmi di quella notte. È stata in assoluto la migliore e la più bella di tutta la mia vita»

«Ed allora cosa?»

«Quando sono arrivato a valle, ho scoperto che mio padre mi stava aspettando per tornare a casa. Non ho fatto in tempo ad inventarmi una scusa, che mi aveva trascinato in macchina e mi aveva riportato alla villa senza lasciarmi neanche parlare» confessò, e poi le sue gote si tinsero di un rosso che mossero qualcosa nel cuore di Elyve. Non glielo aveva mai visto fare, e lo trovò maledettamente tenero. «In più, avevo paura»

«Paura?»

«Paura di quello che sentivo, a livello sentimentale. Insomma, penso che fosse chiaro che per te provavo e provo un'attrazione che supera i limiti del consentito»

«Chiaro?» ripeté allibita Elyve, mollando il calice di vino sul tavolino dove poggiavano i resti della loro cena. «Ma se da piccoli non facevi altro che prendermi in giro, e quando eravamo adolescenti mi stuzzicavi sempre e mi dicevi che ero grassa!»

«Da ragazzo ero un'imbecille»

«Felice che tu te ne sia accorto, anche se un po' in ritardo sulla tabella di marcia»

«Comunque» riprese Keydan, «mi sono sempre domandato se il mio interesse andasse oltre alla pura attrazione fisica, oppure se volevo solo togliermi lo sfizio di dirmi "ti sei portato a letto la figlia di Jeremy. Bravo, dongiovanni che non sei altro!"» Elyve alzò un sopracciglio, ma lo lasciò continuare. «Dopo quella notte, e solo quando mio padre mi ebbe trascinato a casa, seppi darmi una risposta. Penso di voler dare un senso a quello che abbiamo passato assieme, che non sei stata una notte di sesso e basta. Sono sicuro di voler con te quella che generalmente le persone della nostra età vogliono: una relazione seria e duratura»

A quelle parole, ad Elyve sembrò che le sue corde vocali si fossero aggrovigliate, perché l'unica cosa che fu in grado di dire fu: «Una... relazione? Con... me?»

Keydan sorrise, e quel gesto si colorò di una sfumatura dolce. «E con chi se no? Ti ho appena reso noto che provo qualcosa per te, se non sbaglio»

«Si, ma io... insomma, Keydan, la situazione è più complicata di quello che è» dal suo tono, la ragazza sembrava cercare una scusa per potergli dare lo stesso due di picche che aveva ricevuto lei sei mesi prima, ma la verità era un'altra. Aveva paura che, se Jeremy l'avesse scoperto, avrebbe cercato di separarli. «I nostri padri si odiano, come faremo a vivere una relazione con i loro fiati sul collo?»

In risposta, l'altro la prese per i fianchi, conducendola a cavalcioni su di sé. L'abbracciò, e posò un bacio sulla clavicola lasciata scoperta dalla scollatura dell'abito che indossava. «In questi mesi ho avuto la possibilità di riflettere su come avremmo affrontato questa questione» mormorò, le labbra che sfioravano la pelle della ragazza. «E mi sono detto che, se c'è qualcosa in cui credo, mi butto, costi quel che costi» alzò lo sguardo, incontrando quello verde di Elyve, che lo guardava con le iridi bagnate. «Io credo in questa relazione, credo in noi due. E voglio mandare al diavolo i nostri padri, non me ne importa un accidente del loro odio reciproco. Noi non centriamo niente con loro, per cui siamo liberi di frequentarci. Tu credi in noi?»

La risposta che ricevette il giovane superava di gran lunga la più rosea delle sue aspettative: la bocca rossa della ragazza premette sulla sua, ed entrambi si permisero di sospirare. Era passato troppo tempo dall'ultima volta che avevano assaporato le labbra l'una dell'altro, e sembrò loro di poter tornare a respirare. Quel contatto dolce ed innocente si trasformò in qualcosa di più: i respiri accelerarono, i movimenti si fecero frenetici, il bacio divenne intenso. Ben presto, il corpo di Elyve si ritrovò incastrato tra la moquette del pavimento ed il fisico asciutto ma muscoloso del ragazzo, con la bocca rossa per gli innumerevoli morsi che Keydan le aveva inferto con suo sommo piacere.

«Quindi» sospirò il figlio di Kian, mentre assaggiava il suo collo con morsi e baci bollenti, «lo devo prendere come un sì?»

«Ti serve un'altra dimostrazione per prenderla come un sì? Non ti basta baciarmi e lasciarmi succhiotti?» gli domandò retorica, scatenando un'altra risata da parte del partner.

«Se servono a mostrare a tutti chi è la mia ragazza, allora non mi serve altro»

«E chi è questa pazza che ha deciso di rovinarsi la vita mettendosi con te?»

«Quella che ora si subirà ore di torture per avermi provocato con quest'ultima battuta» le sussurrò all'orecchio, e le solleticò il lobo, facendola ridere per il solletico.

Il resto della notte la passarono dicendosi tutto senza dire niente.

Spero davvero che questo piccolo AU vi sia piaciuto quanto è piaciuto a me scriverlo, e spero anche di essermi fatta perdonare per la mia inattività nelle ultime due settimane. Di che si tratta? Si può interpretare come un continuo in terza persona di un altro alternative universe che avevo scritto nel 2018, quello ambientato durante le festività natalizie. Pensavo fosse una cosa carina continuarlo, e penso ci farò anche una terza parte, che concluderà questa vicenda.

Nel frattempo, ho pensato ad una proposta: vorrei sentire da voi quale altro tipo di AU potrei scrivere sui personaggi della Lega dei Condannati. Scatenate la vostra fantasia! Dopo aver raccolto le vostre proposte, mi organizzerò in modo da pubblicare regolarmente i capitoli la domenica e sbizzarrirmi a scrivere nuove avventure durante la settimana. Così evito di sbadigliare troppo quando sono davanti allo schermo🥱🙄

Spero che vi sia piaciuta la sorpresa, quindi vi auguro una buona serata, ed al prossimo aggiornamento!

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